Temo tu non abbia letto tutti i miei messaggi all'interno dei quali cerco di spiegare la mia concezione connotativa di "appoggio"
Sì, ho letto solo quello iniziale e mi è sembrato così.
Temo tu non abbia letto tutti i miei messaggi all'interno dei quali cerco di spiegare la mia concezione connotativa di "appoggio"
Sì, ho letto solo quello iniziale e mi è sembrato così.
Esempio VERO: io avrei trovato un posto come banchista presso un'azienda piuttosto rinomata (e in diverse zone d'Italia). Questo individuo immaginario ha bisogno di soldi? Sarebbe disposto a/avrebbe la possibilità di trasferirsi in un'altra città d'Italia? Che titolo di studio ha?
Ah, dimenticavo, bisogna ovviamente considerare il fatto che un colloquio va fatto e devi essere selezionato.
Non ho capito bene questo passaggio, me lo puoi spiegare in un'altra maniera?
Nel mio thread parlavo delle nostre responsabilità a proposito di risoluzione dei problemi, nel senso che "curarci" dipende da noi e da nessun altro. Mi sembra di capire che questo per te sia un tasto dolente, perché al contrario vorresti un maggiore sostegno, principalmente pratico, dagli altri. Forse anche questo forte desiderio può essere rintracciato nella tua infanzia. Forse ti sei sentito a lungo trascurato, messo da parte in favore di altro. Quindi ora ricerchi quella cura che ti è mancata, vorresti recuperare quel tempo, senti che ti mancano dei tasselli, come dei pezzi di un puzzle che ti lasciano in sospeso e ti fanno percepire un grande senso di vuoto e solitudine. Il punto è colmare questi spazi vuoti. Come colmarli? Potresti provare a recuperare i pezzi andati perduti all'origine, dalle persone che se li sono tenuti con sé. Ma sono pezzi malandati dal tempo, scoloriti. Che magari si porterebbero dietro i soliti problemi di un tempo. Potresti invece crearne di nuovi tu, dei nuovi pezzi del puzzle per un risultato d'insieme che abbia un nuovo respiro e una nuova bellezza, che sappiano veramente di te e di quello che sei.
Non ho capito bene questo passaggio, me lo puoi spiegare in un'altra maniera?
Certamente, anzi scusami se non sono stato sufficientemente chiaro.
L'esempio che ho fatto è frutto di una posizione aperta che ho trovato presso un'azienda in questi giorni (banchista). Alla luce della mia "presunta facilità" di trovare soluzioni concrete per altre persone, ho cercato di spiegare come vi siano diverse variabili soggettive da considerare e ho fatto un elenco. Le domande che ho posto in seguito al fine di delineare un profilo di queste "persone immaginarie" concernono in senso stretto le diverse variabili già citate in senso lato (livello economico, livello di istruzione ecc.). Spero di essere stato più chiaro e scusami ancora
Nel mio thread parlavo delle nostre responsabilità a proposito di risoluzione dei problemi, nel senso che "curarci" dipende da noi e da nessun altro. Mi sembra di capire che questo per te sia un tasto dolente, perché al contrario vorresti un maggiore sostegno, principalmente pratico, dagli altri. Forse anche questo forte desiderio può essere rintracciato nella tua infanzia. Forse ti sei sentito a lungo trascurato, messo da parte in favore di altro. Quindi ora ricerchi quella cura che ti è mancata, vorresti recuperare quel tempo, senti che ti mancano dei tasselli, come dei pezzi di un puzzle che ti lasciano in sospeso e ti fanno percepire un grande senso di vuoto e solitudine. Il punto è colmare questi spazi vuoti. Come colmarli? Potresti provare a recuperare i pezzi andati perduti all'origine, dalle persone che se li sono tenuti con sé. Ma sono pezzi malandati dal tempo, scoloriti. Che magari si porterebbero dietro i soliti problemi di un tempo. Potresti invece crearne di nuovi tu, dei nuovi pezzi del puzzle per un risultato d'insieme che abbia un nuovo respiro e una nuova bellezza, che sappiano veramente di te e di quello che sei.
È un discorso molto ampio. Comunque no, pensando al mio passato non mi giudicherei un bambino trascurato. Facevo di tutto per stare fuori casa e avevo meno bisogno di qualcuno rispetto a oggi. Il punto è che il mio percorso era segnato, come quello della maggior parte dei bambini e delle bambine nelle società occidentali.
Io non ho bisogno di qualcuno che faccia le cose per me, a volte io sento il bisogno di una guida, di un sostegno pratico, di sentirmi meno solo. Purtroppo non ho sempre le risposte a qualsiasi esigenza e vorrei qualcuno che mi aiutasse a trovarle, così come quando sto male e in preda ai dolori, qualcuno che si occupasse della mia salute mentale...ripeto, è un discorso molto lungo che cercherò di analizzare da PC magari
Grazie per la risposta
Ciao Zaraki, perdona il lieve ritardo nella risposta.
Sì, potrebbe esserlo, anzi ne abbiamo anche discusso. Ma senza lavoro si può fare poco e in più non viviamo nella stessa città, anche se lei ambisce a trasferirsi qui da me.
Ascoltami, questa, comunque, è una prospettiva di futuro. Non hai il deserto del Gobi davanti, dunque ti invito a puntare, per quanto ti è possibile, a risolvere gli ostacoli che si frappongono.
La risoluzione pragmatica di ciò che si frappone come ostacolo potrebbe fornirti un obiettivo; e tra il lasciarti andare a un desiderio autodistruttivo e il puntare a un obiettivo, è meglio la seconda, se hai prospettive.
Cosa potresti fare per riuscire ad andare a vivere con lei?
- lavoro.
- affitto.
- acquisto immobile, nuovo o da restaurare, in centro o in periferia.
L'ennesima delusione, lungo da spiegare. Diciamo che mio padre avrebbe dovuto darmi un orientamento in ambito lavorativo, ma non ha fatto nulla. Mia madre prima aveva preso le mie parti, ma non so cosa le avrà detto mio padre. Fatto sta che io non ho ancora ricevuto né scuse e, cosa molto più importante, alcuna spiegazione. Visto che urlare e discutere mi fa star male, li ignoro totalmente e loro fanno lo stesso.
[...]
Ad esempio, per la questione lavorativa di cui parlavo sopra, lei mi ha risposto semplicemente con: "non puoi far affidamento su di loro, mi dispiace. Cerca di guardare avanti". Ma secondo te/lei/loro/voi io non capisco questa cosa? Non so di dover andare avanti comunque? Però, permettimi che mi rode moltissimo, considerando che è l'ennesima prova del menefreghismo dei miei genitori e che, considerando la situazione lavorativa attuale, la cosa mi butti parecchio giù!
La cosa ti rode perché sei un tipo sanguigno e non te la fai passare. Stai sul pezzo, come hai detto tu stesso: tendenzialmente sei estroverso, sarei anche io così, ma sono comunque più fredda di te.
Riguardo ai tuoi genitori, tieni conto che un figlio ha un imprinting istintivo nei loro confronti. Se tu sei sanguigno, ovviamente l'imprinting è molto forte, per questo non riesci a staccartene e ti rode; anche se la rabbia in definitiva ferisce principalmente te.
Ho letto una bella frase a riguardo una volta, non mi ricordo chi sia l'autore, a grandi linee recitava: "La rabbia è come un tizzone ardente che tieni chiuso nella tua mano nell'attesa di lanciarlo addosso al tuo nemico, ma nel frattempo brucia la tua mano."
In pratica fa male a te e non a chi verso cui la rivolgi, dunque non raggiunge il suo obiettivo, e inoltre brucia la tua mano, per cui è per amor proprio che alla fine dovresti lasciar andare il tizzone, per amore della tua mano.
Le emozioni sono una brutta bestia, feriscono chi le prova.
Assolutamente, ma lei lo capisce molto bene. Il punto è che crede che qualsiasi risposta, considerando che sto male, non servirebbe a nulla (e in parte è così). Io le ho spiegato che quando auspico una risposta, mi aspetto un aiuto concreto e non delle frasi di circostanza.
Quello che cerchi, a quanto ho capito, è un aiuto pragmatico o, in alternativa, almeno un aiuto, diciamo, "tecnico".
Però non è detto che chi a cui ti rivolgi ne abbia la capacità.
Ci sono tante cose che vorrei cambiare di me. Intanto vorrei essere più paziente, vorrei cercare di essere sempre razionale e di non prendermela con le altre persone a causa della mia frustrazione (cosa che è emersa anche qui sul forum, un mio commento a proposito delle reazioni che alcuni utenti mi avevano inviato). Vorrei pensare a me e fregarmene di più degli altri, cercare un equilibrio che mi consenta di affrontare le cose senza essere colpito da uno tsunami chiamato ansia. Vorrei anche sentirmi meno in colpa per tutto ciò.
Ascolta, se a riguardo, come ho scritto, cerchi qualcosa di più "tecnico" rispetto ai consigli di circostanza, ti invito a leggere il recente thread dell'utente Diverso: "Tutto sulle emozioni: a cosa servono?"
Ignoro cosa tu intenda con attenzione divisa.
È una tecnica per creare distacco da certi aspetti emotivi, l'unica che conosco. Se vuoi ne discutiamo, però ti invito prima a leggere il thread che ti ho suggerito perchè è collegata concettualmente.
Ciao Zaraki, perdona il lieve ritardo nella risposta.
Ma figurati, anzi nuovamente grazie e scusami tu, la giornata di ieri è stata piuttosto impegnativa.
Mostra di PiùAscoltami, questa, comunque, è una prospettiva di futuro. Non hai il deserto del Gobi davanti, dunque ti invito a puntare, per quanto ti è possibile, a risolvere gli ostacoli che si frappongono.
La risoluzione pragmatica di ciò che si frappone come ostacolo potrebbe fornirti un obiettivo; e tra il lasciarti andare a un desiderio autodistruttivo e il puntare a un obiettivo, è meglio la seconda, se hai prospettive.
Cosa potresti fare per riuscire ad andare a vivere con lei?
- lavoro.
- affitto.
- acquisto immobile, nuovo o da restaurare, in centro o in periferia.
Quello che cerchi, a quanto ho capito, è un aiuto pragmatico o, in alternativa, almeno un aiuto, diciamo, "tecnico".Però non è detto che chi a cui ti rivolgi ne abbia la capacità.
In parte sono d'accordo con te, tuttavia mi ritengo una persona estremamente razionale e non sono un sognatore, dunque questa prospettiva futura posso metterla sullo stesso piano di un desiderio improponibile del tipo: "in futuro mi piacerebbe diventare pilota di linea". Ovviamente non è la stessa cosa, ma se per diventare pilota dovrei iniziare un percorso universitario di ingegneria, d'altro canto l'eventuale acquisto o affitto di un immobile, sarebbe la conseguenza di una paga lavorativa "vera" (=non stage o part-time) e ora come ora, in considerazione del mio bagaglio formativo ed esperenziale, la cosa risulta piuttosto difficile. Capisco il tuo punto di vista, lo condivido in teoria ed lo considero giusto, ma quando uno ha uno stato mentale precario in un ambiente famigliare straziante è molto difficile pensare positivamente in una società insicura e antimeritocratica come quella italiana. Quindi la combo estremo realismo + situazione mentale e ambientale precaria + "bel paese" = io (e molti altri) che sto di me**a.
Non sono un tuttologo, quindi non penso di avere le capacità di poter rispondere a qualsiasi quesito o richiesta, ma ho dalla mia intraprendenza, curiosità e soprattutto "amore". Quest'ultimo aspetto significa, ad esempio, che quando ho trovato un concorso per titoli al quale poter partecipare, il giorno stesso l'ho condiviso con la mia ragazza invitandola a fare altrettanto. Per non parlare dell'esempio che ho già fatto in precedenza. Quindi, a meno che tu (amico, genitore, ragazza, conoscente ecc.) non sia un completo imbecille, la "capacità" di poter "aiutare in maniera concreta" ce l'hai (SE VUOI --> perché poi la questione è sempre quella, sono circondato da persone menefreghiste? Capisco lo sconosciuto, l'imbroglione, una persona qualunque, ma allora che significa essere amico/genitore/fidanzato?)
Mostra di PiùRiguardo ai tuoi genitori, tieni conto che un figlio ha un imprinting istintivo nei loro confronti. Se tu sei sanguigno, ovviamente l'imprinting è molto forte, per questo non riesci a staccartene e ti rode; anche se la rabbia in definitiva ferisce principalmente te.
Ho letto una bella frase a riguardo una volta, non mi ricordo chi sia l'autore, a grandi linee recitava: "La rabbia è come un tizzone ardente che tieni chiuso nella tua mano nell'attesa di lanciarlo addosso al tuo nemico, ma nel frattempo brucia la tua mano."
In pratica fa male a te e non a chi verso cui la rivolgi, dunque non raggiunge il suo obiettivo, e inoltre brucia la tua mano, per cui è per amor proprio che alla fine dovresti lasciar andare il tizzone, per amore della tua mano.
Le emozioni sono una brutta bestia, feriscono chi le prova.
Ascolta, se a riguardo, come ho scritto, cerchi qualcosa di più "tecnico" rispetto ai consigli di circostanza, ti invito a leggere il recente thread dell'utente Diverso: "Tutto sulle emozioni: a cosa servono?"
È una tecnica per creare distacco da certi aspetti emotivi, l'unica che conosco. Se vuoi ne discutiamo, però ti invito prima a leggere il thread che ti ho suggerito perchè è collegata concettualmente.
Questa è una bellissima frase, soprattutto mi ci ritrovo al 100%. Ti dico "chapeau" perché è la cosa più vicino alla mia persona che tu potessi affermare. La domanda è come fare per fregarmene? Posso dire che a casa le cose vanno un pochino meglio da quando ho iniziato a ignorare i miei, però va detto che il mio modo di fare era la conseguenza di una rabbia e una frustrazione che avevo dentro. Ora che sono più tranquillo a volte ho la tentazione di comportarmi normalmente con mia madre, poi mi do uno "schiaffo mentale" e continuo ad andare avanti per la mia strada. Dovrei approfondire questa tecnica di cui mi hai parlato.
In ogni caso, grazie per il tuo suggerimento, andrò a dare un'occhiata alla discussione menzionata, anche se richiederà un po' di tempo vista la sua lunghezza
Grazie mille
In parte sono d'accordo con te, tuttavia mi ritengo una persona estremamente razionale
[...]
Capisco il tuo punto di vista, lo condivido in teoria ed lo considero giusto, ma quando uno ha uno stato mentale precario in un ambiente famigliare straziante è molto difficile pensare positivamente in una società insicura e antimeritocratica come quella italiana. Quindi la combo estremo realismo + situazione mentale e ambientale precaria + "bel paese" = io (e molti altri) che sto di me**a.
Non ti dico che hai torto, Zaraki, la difficoltà è grossa, me ne rendo conto, figurati, dovrei essere l'ultima che si permette di parlare, però qui il focus non sono io, il focus è come tirarti fuori da una situazione che ti va stretta al punto da indurti a formulare un desiderio come quello del titolo del thread.
Ascolta: io ho una coppia di amici, tutti e due laureati, lei lavora al bar e lui in una specie di cantiere, attualmente vivono in affitto da parecchi anni, lui ha abbandonato completamente l'idea di cercare un lavoro attinente al suo titolo di studio, lei invece lavora al bar, ma ogni tanto si informa su altre possibilità.
Tu e la tua ragazza non potreste fare qualcosa del genere? Ti cerchi un lavoro banale che ti dia un introito e quello attinente al tuo percorso di studi prima o poi arriverà, ma intanto vai in affitto con lei e ti tiri fuori da casa dei tuoi, che ti macina l'anima.
Poi dopo essere uscito da casa dei tuoi, ed esserti ripreso e stabilizzato per un periodo, potresti pensare ad altro di più concreto.
I miei amici vivono in affitto da parecchi anni, e in realtà a loro va bene così. Per me l'affitto sono soldi buttati, perché con la stessa rata ci paghi un piccolo mutuo, poi però non ti ritrovi alla fine con un pugno di mosche in mano, bene o male ti ritrovi con un piccolo capitale in mattone.
Se hai genitori alle spalle, che se per un mese per motivi x salti la rata, possono coprirti, come nel caso dei miei amici, non è un grosso rischio, ora non so come si comporterebbero i tuoi.
Ad esempio, alla mia coppia di amici tempo fa gli avevo girato l'annuncio di una casetta a 40.000 euro, fuori centro si trova ancora qualcosa su queste cifre penso, poi se una persona è in grado di non chiamare l'operaio anche per piantare un chiodo, la spesa non va tanto su.
Sarebbero stati poco più di 20.000 euro a testa; da quando gli ho girato l'annuncio, con quello che spendono di affitto sarebbero già fuori del mutuo probabilmente.
Certo bisogna fare patti molto chiari, magari anche scritti, ognuno si accolla la sua parte di pagamento separatamente e se la coppia si lascia, viene tutto subito rivenduto ed il ricavato equidistribuito.
Potrebbe essere un'idea, Zaraki? O pensi che anche questo sia come sognare di fare il pilota?
Non sono un tuttologo, quindi non penso di avere le capacità di poter rispondere a qualsiasi quesito o richiesta, ma ho dalla mia intraprendenza, curiosità e soprattutto "amore". Quest'ultimo aspetto significa, ad esempio, che quando ho trovato un concorso per titoli al quale poter partecipare, il giorno stesso l'ho condiviso con la mia ragazza invitandola a fare altrettanto. Per non parlare dell'esempio che ho già fatto in precedenza. Quindi, a meno che tu (amico, genitore, ragazza, conoscente ecc.) non sia un completo imbecille, la "capacità" di poter "aiutare in maniera concreta" ce l'hai (SE VUOI --> perché poi la questione è sempre quella, sono circondato da persone menefreghiste? Capisco lo sconosciuto, l'imbroglione, una persona qualunque, ma allora che significa essere amico/genitore/fidanzato?)
I tuoi genitori probabilmente meritano un capitolo di discussione a parte.
La tua ragazza, invece, potrebbe essere semplicemente poco pragmatica. È tipico delle nostre generazioni, è una cosa comune al giorno d'oggi.
Bene o male, la gente studia sui banchi fino a molto avanti con l'età e va a perdersi un po' quell'atteggiamento pratico di risoluzione dei problemi. Una volta si andava "a bottega", quindi si sviluppava un senso pratico che poi si rifletteva anche come impostazione mentale, con i suoi pro e i suoi contro. Oggi no.
Io capisco il tuo pragmatismo, Zaraki, ma al giorno d'oggi è raro.
Questa è una bellissima frase, soprattutto mi ci ritrovo al 100%.
lo immaginavo
La domanda è come fare per fregarmene? Posso dire che a casa le cose vanno un pochino meglio da quando ho iniziato a ignorare i miei, però va detto che il mio modo di fare era la conseguenza di una rabbia e una frustrazione che avevo dentro. Ora che sono più tranquillo a volte ho la tentazione di comportarmi normalmente con mia madre, poi mi do uno "schiaffo mentale" e continuo ad andare avanti per la mia strada. Dovrei approfondire questa tecnica di cui mi hai parlato.
In ogni caso, grazie per il tuo suggerimento, andrò a dare un'occhiata alla discussione menzionata, anche se richiederà un po' di tempo vista la sua lunghezza
Come fare a fregartene è il motivo per cui ti ho invitato a leggere la discussione sulle emozioni, per poi parlare del come, ovvero della tecnica dell'attenzione divisa.
A grandi linee, io ci ho risolto un problema di ira simile al tuo. Mi scontravo anche io spesso, non che non venissi pesantemente provocata, però non ero distaccata, disidentificata. Poi, almeno, ho imparato a mettere un certo distacco tra me e chi mi provocava.
Grazie mille
Figurati, si chiacchera!
Garden Inizio con il dirti che queste non sono "chiacchiere", anzi, qualsiasi discussione costruttiva che mi offre uno spunto di riflessione è il motivo che mi induce a scrivere sul forum e a confrontarmi con persone come te ergo ti ringrazio nuovamente.
Detto ciò, penso che sia una riflessione valida la tua, anche se non mi riuscirei mai a immaginare nelle vesti dei tuoi amici. Francamente, i loro li considererei dei sacrifici che non valgono la candela, però ognuno decide della propria vita. Inoltre, con una cifra come quella da te citata probabilmente qui si riuscirebbe ad acquistare forse un box in periferia.
In ogni caso, allontanarmi dalla quotidianità di questa casa non significa necessariamente trasferirmi dall'oggi al domani altrove, infatti, prima del COVID, l'assidua frequenza all'università mi aveva giovato molto, per questo mi sto incanalando verso questa prospettiva (che è presente da anni in me): allontanarmi il maggior numero di ore da questa casa. Ma non è facile...
Ho letto prima di pranzo la discussione, mi ritrovo molto nelle parole di Diverso e non ho potuto fare altro che mettere "mi piace" all'intervento di papaveroviola (mi pare si chiamasse così). La questione legata all'ansia è alla base della mia discussione ed era alla base della psicoterapia che intrapresi tanti anni fa e che ho tentato di "riprendere" (con un altro terapeuta) con scarsi risultati fino alla scorsa estate. Magari dirò la mia a proposito della mia ansia anticipatoria, ma a questo punto mi conviene scrivere proprio sul thread in questione.
As I said, il problema non è nella presa di coscienza, ma nel riuscire a gestire quest'ansia e i pensieri a essa associati. Questo è il problema principale ed è da qui che posi l'accento domandando quale potesse essere la funzione della consapevolezza per la risoluzione di tali problematiche.
Garden Inizio con il dirti che queste non sono "chiacchiere", anzi, qualsiasi discussione costruttiva che mi offre uno spunto di riflessione è il motivo che mi induce a scrivere sul forum e a confrontarmi con persone come te ergo ti ringrazio nuovamente.
Dici? Mi fa piacere, a me fa compagnia discutere.
Detto ciò, penso che sia una riflessione valida la tua, anche se non mi riuscirei mai a immaginare nelle vesti dei tuoi amici. Francamente, i loro li considererei dei sacrifici che non valgono la candela, però ognuno decide della propria vita.
Nemmeno io riuscirei a immaginarmi nelle loro vesti, ma più che altro perchè mi rendo conto con frustrazione che non ne avrei le forze, almeno non per come sono presa adesso; però fortunatamente ho alcune "uova nel paniere" che potrei mettere a frutto.
Inoltre, con una cifra come quella da te citata probabilmente qui si riuscirebbe ad acquistare forse un box in periferia.
Io non so dove abiti e per privacy non te lo chiederò, però ti invito a dare seriamente un occhiata ai vari motori di ricerca online a riguardo, prima di dare per scontata la cosa; ovviamente inserendo le dovute chiavi di ricerca.
Chissà, potrebbe sorprenderti: pensa che la casetta che avevo trovato ai miei amici non era nemmeno in periferia. Lui era anche interessato, ma lei non ci sentiva.
In ogni caso, allontanarmi dalla quotidianità di questa casa non significa necessariamente trasferirmi dall'oggi al domani altrove, infatti, prima del COVID, l'assidua frequenza all'università mi aveva giovato molto, per questo mi sto incanalando verso questa prospettiva (che è presente da anni in me): allontanarmi il maggior numero di ore da questa casa. Ma non è facile...
Si capisce, però se devo essere sincera stare in casa con i genitori, anche se non sono eccessivamente disfunzionali, ma solo parzialmente, può comunque essere un "veleno". Se stai fuori tante ore, riduci la dose di "veleno", ma comunque non è salutare.
Dici che hai problemi psicologici, ma non hai mai verificato se a vivere davvero tranquillo avresti gli stessi problemi.
Ci sono tutte delle dinamiche psico emotive, e di tensione latente, anche inconscie, che si portano avanti in certe situazioni e che solo staccandosene possono davvero guarire.
Io per vari motivi che non sto ad approfondire ho provato entrambe le esperienze, da sola e a casa con i miei. Da sola per varie circostanze non avevo riscaldamento d'inverno, acqua calda, lavatrice, frigo, cucino con fornetto da campeggio, e mi piove in camera... e Dio che bene che si sta! Quando sei per conto tuo puoi organizzare i tuoi ritmi, puoi costruirti dei ritmi, e non hai nessuno che interferisce.
Una "pianta" non può crescere se i tuoi ci passano sopra con il "rasa erba" ogni volta che gli gira. Commentini velenosi, urla, irrazionalità, provocazioni, silenzi o quant'altro, è un "rasa erba" che non crea un clima sano, poi ti ammali.
C'è chi lo trova il suo habitat ideale e ci prospera, dipende dai caratteri, ma se tu manifesti problemi psicologici significa che per te, sano non è.
Per cui: hai detto che "quello che fanno i miei amici li consideri sacrifici che non valgono la candela", però guarda che la salute è impagabile Zaraki.
Allontanarti per davvero (e non a ore) da un ambiente malsano, è un balsamo per la psiche. Se materialmente ce la fai, se pensi che saresti in grado di reggerne il ritmo, forse non sarebbe così male, prima di rischiare di peggiorare a livello di salute psico-fisica.
Poi come tu stesso hai detto, "ognuno decide della propria vita", io posso dire la mia, ma poi l'ultima parola spetta a te.
La questione legata all'ansia è alla base della mia discussione ed era alla base della psicoterapia che intrapresi tanti anni fa e che ho tentato di "riprendere" (con un altro terapeuta) con scarsi risultati fino alla scorsa estate. Magari dirò la mia a proposito della mia ansia anticipatoria, ma a questo punto mi conviene scrivere proprio sul thread in questione.
As I said, il problema non è nella presa di coscienza, ma nel riuscire a gestire quest'ansia e i pensieri a essa associati. Questo è il problema principale ed è da qui che posi l'accento domandando quale potesse essere la funzione della consapevolezza per la risoluzione di tali problematiche.
Non ho mai applicato l'attenzione divisa sull'ansia, perché in generale non sono ansiosa, l'ho usata sull'ira e ha funzionato. Se vuoi, puoi sperimentarla sull'ansia e poi trarrai le tue conclusioni.
A grandi linee, hai afferrato il concetto di lente emotiva, identificazione e disidentificazione del sé? La tecnica serve a creare un distacco tra il sé e la lente emotiva, con lo scopo di "risvegliarti", alias "estrarre" il sé dall'identificazione con la stessa.
In pratica, come dice il nome stesso, devi stare in attenzione divisa, ovvero devi creare un "osservatore", cioè una parte di te da un angolino della tua mente, deve osservare in silenzio e senza giudicare tutto quello che fai: come ti muovi, cosa provi, cosa dici, ecc. Non valutarlo o giudicarlo, solo osservarlo in modo neutrale.
Se riesci a stare in questo stato di attenzione divisa mentre si manifesta una tua lente emotiva, o carica emotiva, è estremamente probabile che avvenga un tuo distacco dalla stessa.
È parecchio fastidioso stare in attenzione divisa mentre magari si è arrabbiati, ma i risultati pagano. Almeno a me hanno dato frutto. Non so con l'ansia; come ho detto, non rientra più di tanto tra le mie problematiche.
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