Una storia come tante, o forse no

  • Io questo non l'ho mai fatto, ho sempre voluto il suo bene. Sempre, era quanto di più caro potessi avere al mondo.

    Preciso che trovo sbagliato e quindi pregiudicante alla base di tutto che lui non volesse scendere da te per primo se aveva così bisogno di vederti, ma dovevi essere invece tu ad andare da lui...


    Detto questo, sono certa della sincerità dei tuoi sentimenti e che tenessi molto a lui (lo si capisce da come questa storia ti abbia coinvolto) ma di capitale importanza è che il tutto (nel bene e nel male) si è svolto in modalità esclusivamente virtuale. Per quanto possa essere coinvolgente non vi siete mai visti e questo è il problema principale per me che forse va a ridimensionare i grandi sentimenti così come le umiliazioni, i litigi, e via e via...

  • Juniz È ciò che tento di ricordarmi ogni volta che mi attribuisco tutte le colpe di come sono andate le cose. Sì, è stato tutto eccessivo per un contatto virtuale, dal tipo di sentimento esternato ai litigi, e indubbiamente abbiamo sbagliato entrambi. Ma in tutta onestà mi viene difficile ridimensionare la gravità dei litigi e delle parole dette. Per quanto riguarda i sentimenti, un bel ridimensionamento in realtà l'ho fatto, ma a maggior ragione non riesco a giustificare o minimizzare certe sfuriate, proprio perché anzi, dietro a uno schermo, diventa anche più facile dire un po' tutto ciò che si pensa senza curarsi troppo di come determinate frasi possano giungere all'interlocutore. Non riesco a limitare il danno solo perché è rimasto tutto su un piano più astratto. Come dire, differentemente che dai sentimenti che hanno bisogno di un riscontro più fisico, il ricorrere alle offese mi dà invece un'idea più ampia e concreta della personalità di qualcuno.


    Oggi ne ho parlato con mio fratello, ha trovato parecchie assurdità in tutta questa storia, ma anche lui si accoda a tutto ciò che mi avete detto anche voi. Non che non valutassi già le vostre parole o che ne volessi una ulteriore conferma, tutt'altro. Mi avete aiutata tantissimo in questo ultimo mese e mezzo e non so nemmeno come ringraziarvi, ma appunto, di fronte a un parere così unanime c'è poco spazio per altre interpretazioni.


    Sì, il fatto che non sia poi voluto mai venire significa molto, che non era nemmeno disposto a metterci del suo. E fondamentalmente si arrabbiava per un incontro che non arrivava anche a causa sua.

  • Adesso hai "solo" bisogno di un po' di tempo per far sedimentare tutto e metabolizzare quanto successo,

    Sulla "teoria" sei arrivata benissimo da sola, perché ti rendi conto concretamente di tutte le contraddizioni e le storture del caso, la parte emotiva ci metterà un pochino di più a mettere la parola fine a questa storia... :)

  • Ma in tutta onestà mi viene difficile ridimensionare la gravità dei litigi e delle parole dette.

    Scusami mi sono espressa male. Intendevo dire che il vostro litigare lo vedo già insito di una dinamica di dipendenza virtuale piuttosto che di una conoscenza virtuale che si sarebbe interrotta spontaneamente proprio per via delle offese; come ebbi a dire le volte precedenti, di fatto, avete avuto una storia con veri e propri "tira e molla" sul piano del coinvolgimento emotivo. Questo certamente non per minimizzare le sue offese in quanto "virtuali", ma come hai detto tu, è un po' troppo eccessivo questo attaccamento verso una persona mai vista, almeno, nella teoria, poi nella pratica so che è diverso e comprendo che il confine fra virtuale e reale possa divenire labile, siamo dopotutto esseri umani.


    Ho avuto una relazione a distanza (mai risolta, quindi, rimasta diciamo un ibrido fra virtuale e reale) con larghi periodi di virtualità (lunghi anche 6-12 mesi) e lungi da me giudicare, anzi, proprio per questa esperienza so bene che il fatto che vi sia uno schermo dietro non disumanizza la persona né la portata dei propri sentimenti, ma ho anche imparato (e questa persona la conosco in tutto da ben dieci anni) che la virtualità non è un modo di relazionarsi con l'altro, ma è un relazionarsi con se stessi usando l'idea dell'altro... C'è sempre un quid che manca finché si è dietro un telefono, è un conoscersi sempre a metà, è sempre una illusione...

    DALI :hibiscus:

  • Juniz "Relazionarsi a se stessi usando l'idea dell'altro". Cavoli, hai ragione! Che poi appunto è sempre una nostra idea, il frutto di una serie di fantasie. Quindi creiamo una fantasia su misura per noi e attraverso di essa muoviamo il nostro universo emotivo. Si può dire allora che ci infatuiamo di noi stessi, di una nostra macchinazione, di una trasposizione? Di una serie di considerazioni che non hanno molto a che fare con l'altra persona? Non ci avevo mai pensato ma, se analizzo tutto quello che è successo, mi ci rispecchio al 100%. Infatti credo proprio di essermi legata all'idea che mi sono fatta di lui, alla mia idea appunto, che non corrisponde alla sua persona, ma nel mio caso, comunque particolare, a delle considerazioni che sono andate anche a smuovere una serie di emozioni appartenenti al mio passato (e parlo di quando ero giovanissima) e che a un certo punto ho iniziato addirittura ad associare a lui.


    Se penso che adesso mi ritrovo a rimpiangere i "vecchi tempi", quando era dolce e presente e a me nemmeno piaceva perché lo reputavo inopportuno (e lo era), sono portata ad analizzare la situazione da una prospettiva completamente diversa.


    Ho fatto un macello mi sa. E provo a spiegarlo, ma non è facile. Ho trasposto in qualche modo su di lui, e soprattutto sui nostri primissimi contatti (che nemmeno ho vissuto con tutta questa grande partecipazione), delle emozioni che ho iniziato a provare solo in un secondo momento, dopo "essermi dichiarata", ma che in verità sono nate anni prima che lo conoscessi. Ho sostituito le emozioni di indifferenza con una serie di considerazioni postume che hanno riscritto i nostri primi "approcci" ma che non c'entrano proprio con lui. Solo con me. Sì, è solo una dipendenza, nulla di più.


    Io vi faccio un esempio, perché così il quadro della mia idiozia è al completo.


    Una delle nostre prime conversazioni ha riguardato un viaggio che ha fatto in Egitto anni fa. Era un discorso come un altro e poco me ne fregava, detto molto onestamente. Quando mi sono resa conto di essermi "innamorata di lui", ho fatto di quei racconti qualcosa di magico, perché quella egizia era la civiltà che più di tutte mi aveva affascinato ai tempi della scuola. E dire affascinato è dire poco. Ma io ho associato a lui esattamente quelle mie emozioni di bambina, molto forti. Ho voluto ritrovare qualche parte di me, di familiare, in lui. Non riesco più a guardare "la mummia" del 1999, film che ho sempre amato per i motivi di cui sopra che ho visto a 9/10 anni, perché ora lo associo a lui. Come se quelle emozioni scaturissero da lui e non fossero nate in un altro momento.


    Se penso a lui, io non penso a delle emozioni nuove. Io penso alle emozioni del mio passato che gli ho attribuito. Penso a tutto ciò che riconduce a me e me soltanto.


    Non c'è nulla a pensarci così bene che sia così autentico. E prima ancora che imputarne la causa al rapporto virtuale, io la imputo al fatto che me lo sono fatto piacere quando non mi piaceva. È andata così, non c'è altra spiegazione.


    Non abbiamo tutte queste grandi affinità, solo per i caratteri siamo agli antipodi. E non si tratta di contrari che si incastrano bene.


    Paoletta90 forse riuscirò più facilmente ad assorbirla ora che sto meglio riflettendo sull'origine della mia ossessione. Che poi sempre di ossessione si parla. Per me è quasi assurdo, e vi parlo con tutta l'onestà di cui sono capace, che siamo passati da frasi come "uscivo e guardavo la luna chiedendomi se proprio in quel momento sarebbe arrivato un tuo messaggio" a "rompi meno i c∙∙∙∙∙∙i, già il fatto che ti rispondo ancora è oro colato e ti faccio un favore". Posto sempre che nonostante questa cattiveria ancora si aspetta che vada da lui. "Se vuoi conoscermi, sai dove abito", parole sue.


    Ammetto che mi viene da piangere all'idea che io sia così fuori dai suoi pensieri, anche se, vedete, non capisco mai fino a che punto. Non che ora abbia più molto senso, comunque. Sono stati due giorni strani, di grandi alti e bassi. Alternavo momenti di leggerezza ad altri in cui non riuscivo nemmeno a respirare. Ho fatto una fatica enorme a trattenermi dal piangere perché non ero nemmeno a casa e non potevo sfogarmi. È anche vero che sono in pieno ciclo e in questi momenti sono estremamente più emotiva. Direi quasi un'altra persona. A volte mi sembra un totale estraneo, altre volte tutto ciò che potrei mai volere dalla vita. Ed è tutto così banale. Ne uscirò, però. Persino la mia sofferenza non mi pare autentica. O meglio, soffro sì, ma per i motivi sbagliati. Forse sto male perché ho perso il contatto con quella parte di me che avevo ritrovato. Avrebbe perfettamente senso.

  • Si può dire allora che ci infatuiamo di noi stessi, di una nostra macchinazione, di una trasposizione? Di una serie di considerazioni che non hanno molto a che fare con l'altra persona? Non ci avevo mai pensato ma, se analizzo tutto quello che è successo, mi ci rispecchio al 100%. Infatti credo proprio di essermi legata all'idea che mi sono fatta di lui, alla mia idea appunto

    Non credo che ci infatuiamo di noi stessi, ma ogni incontro (virtuale o reale) come prima cosa muove dentro di noi delle emozioni e questo è naturale. Ma le emozioni da noi provate non vengono dall'esterno come possa sembrare in un primo tempo ma sono dentro di noi, l'esterno (l'altra persona) è funzionale a suscitarle.


    Dunque l'infatuazione/innamoramento (virtuale o reale) è sempre una relazione che avviene con l'idea dell'altro a mio avviso, saranno poi le fisiologiche delusioni a mettere in discussione la fase di idealizzazione e a spingere verso nuovi equilibri.


    Dalla mia esperienza di virtualità posso dire che questa, al netto dell'idealizzazione che caratterizza ogni incontro come dicevo, fa si che ciascuno viva inavvertitamente chiuso nel suo mondo di proiezioni, questo in mancanza di un'immediatezza e di un presente da vivere nel qui e ora. In sostanza è sempre tutto in potenza, è sempre in discussione, in fase di valutazione, perché si può solo "parlare" ma il parlare, il confrontarsi su qualsiasi tema, non corrisponde a conoscersi perché manca l'esperienza.


    E quindi è più difficile superare paure, ansie, instaurare un "attaccamento sicuro" e si innesca un circolo vizioso di "attaccamento insicuro".


    Nella mia esperienza ad un certo punto, anche se ci eravamo già incontrati condividendo periodi medio-lunghi di convivenza, quando tornai giù non siamo più riusciti a vederci e restammo totalmente bloccati. Ormai troppo dipendenti dalla virtualità per dire basta, ma troppa paura, ansia e insicurezza per incontrarci in maniera serena, e in mancanza di una "realtà" la virtualità non poteva che esacerbare la tossicità della situazione ormai giunta all'assurdo. Infatti è finita nel peggio dei modi.

    Quando mi sono resa conto di essermi "innamorata di lui", ho fatto di quei racconti qualcosa di magico, perché quella egizia era la civiltà che più di tutte mi aveva affascinato ai tempi della scuola. E dire affascinato è dire poco. Ma io ho associato a lui esattamente quelle mie emozioni di bambina, molto forti. Ho voluto ritrovare qualche parte di me, di familiare, in lui.

    Sono ipotesi interessanti, anche io ai tempi ne feci molte per spiegarmi l'origine del sentimento, cercando di capirne la sostanza, più o meno vera, più o meno illusoria...


    A distanza di molti anni posso dire che pormi certe domande ed essersi data certe risposte, risposte che sono state "punti di passaggio" e mai degli assoluti in quanto ogni volta analizzavo di nuovo il tutto (dall'inizio alla fine) a distanza di qualche tempo, approdavo a nuove comprensioni.


    Dopotutto le relazioni sono questo percorso di conoscenza che, oltre la relazione stessa, rivela aspetti più grandi della vita e dell'esistenza e il nostro rapporto con essa. Anche se un sentimento può essere illusorio, è comunque vero ed autentico nel momento in cui la persona lo sperimenta, l'illusione deriva soltanto dall'essere approdati a una comprensione ulteriore sempre passando dall'illusione. Per intenderci: la felicità di quando eravamo bambini di fronte una qualsivoglia banalità, poniamo aspettare Babbo Natale il giorno della vigilia, non è meno autentica perché da adulti non vi si crede più.

    Non c'è nulla a pensarci così bene che sia così autentico.

    Un ultimo consiglio sempre per "esperienza personale".


    Negare tutto in blocco può capitare quando si realizza di come ci si è illusi, vuoi per un'infatuazione, vuoi per la virtualità. Ma l'illusione non è inutile, è la spinta a una maggiore comprensione di noi, della vita, dell'amore e degli altri che senza la stessa illusione non si potrebbe raggiungere.


    Ti passo una cosa che ho realizzato sulla mia pelle: l'indifferenza totale verso una persona non è un'evoluzione, anche in un rapporto tossico.


    Ognuno ha il suo percorso ma io non sono mai riuscita ad annientare ogni sentimento in me anche se ho capito che eravamo inguaiati in una cosa che non sarebbe più uscita dalla virtualità, e anche con il peso della consapevolezza che la virtualità era un palliativo e ci stavamo illudendo. Vi sono quindi molti aspetti indubbiamente illusori in queste relazioni siffatte, ma rimane (o dovrebbe rimanere) un aspetto umano che anche il "mezzo" (virtuale) non ha contaminato del tutto.


    Tutto questo per dire che se dovessi provare nei suoi confronti qualche slancio d'amore, o un sentimento, come se lui ti fosse comunque appartenuto e fosse ancora parte di te, "nonostante tutto" e nonostante la consapevolezza della parte illusoria, sei umana e va bene così, anzi, meglio che sia così.

  • Juniz sono del tuo stesso parere, alcune persone più di altre sono capaci di far emergere qualcosa, sentimenti ed emozioni, che vivono solo dentro di noi. Hanno il potere di portarli in superficie, e certo attraverso una serie di considerazioni, idee che sono tutte frutto dei nostri pensieri, delle nostre proiezioni, di tutto ciò che pensiamo di poter trovare in quella persona.

    Per quanto le due situazioni possano essere simili, un incontro di persona resta sempre più immediato. Si proietta comunque qualcosa su quella persona in particolare, ma credo si idealizzi un po' meno, per il fatto che ci scontriamo subito con la realtà, con l'esperienza di cui parli. Nel virtuale questo non esiste affatto, prova ne è che nel reale puoi capire relativamente presto se una persona fa davvero al caso tuo. La conosci, impari ad apprezzarla, senti la sua voce, vedi come ti guarda, senti il suo profumo. Va tutto di pari passo, non c'è un'idea da far corrispondere. Tutta quella chimica che è alla base di un incastro "perfetto" la sperimenti subito. Chimica che noi spieghiamo in altri modi, che ci fa sorgere quell'attrazione che passa attraverso il modo di essere, di porsi, ecc. E per quanto questo esista anche nel virtuale, perché uno scambio c'è sempre, di fatto non possiamo mai sapere se poi dal vivo quella persona "emette" le stesse vibrazioni che ci hanno fatto provare un interesse e che la rendono appunto attraente. Pensiamo che il tutto sia dovuto a una bella mente, a un bel viso, ma tutto ciò che ci fa apparire bello e interessante chi ci sta di fronte è proprio ciò che "emette" e tramite uno schermo purtroppo si emette ben poco.

    E' tutto, come dici tu, in potenza, ma il rischio di rimanerne delusi è altissimo, perché tutti nel virtuale immaginiamo quella persona a modo nostro ed è davvero difficile che quell'immaginario poi vada a corrispondere alla realtà e proprio per una questione di probabilità, di statistica. Prenderci al primo colpo è davvero arduo, è come fare un terno al lotto. Lasci lì a caso tre numeri, tre numeri che ti convincono, che per te hanno una loro ragione di venire fuori, ma poi è davvero così? Ecco, un incontro di successo nel virtuale è un colpo di fortuna, nulla più.

    La maggior parte delle persone che ho conosciuto che si sono approcciate a qualcuno che viveva lontano, poi al momento dell'incontro si sono rese conto che non c'era nulla di tutto quello che avevano immaginato. E la maggior parte delle storie che hanno avuto un esito più felice erano perlopiù storie costruite nel reale.

    A differenza mia, tu mi sembri una persona molto più intraprendente, ferrata, razionale, responsabile. Tu hai saputo comunque metterti in gioco, hai corso il rischio, hai fatto un passo che io non ho fatto mai. Anche se non è andata così bene, se il virtuale era più "bello" del reale, tu comunque hai avuto modo di capirlo.

    Io invece vivo di scuse. Mi dico, "è solo una mia idea, non esiste nella realtà". Mi ci cullo, me ne voglio convincere, perché nonostante tutto e tutte le cattiverie del mondo, questa maledetta idea che ho di lui è quanto di più reale esista per me. E ho sempre avuto paura di arrivare al punto di doverla smontare, per quanto ci fossero così tante cose sbagliate già all'interno dei nostri discorsi, del nostro modo di condividere le nostre conversazioni, per tutti quei litigi stupidi, che poi così stupidi non erano.

    Era evidente come vedesse il male ovunque, come facesse di ogni mia esperienza qualcosa che esisteva in sua funzione. Ero convinta che fosse quella persona che non avrei mai perso, e invece l'ho persa eccome e senza nemmeno incontrarla.

    C'è una parte di me profondamente sbagliata che nonostante tutto spera di avere una seconda possibilità. Teoricamente potrei riprendermelo quando voglio, il che è un discorso orribile. Mi basterebbe fare un biglietto e dirgli "giorno x sono da te". Ma sono fin troppo orgogliosa, la dignità l'ho già messa sotto i piedi abbastanza e mi ci sono pulita anche le scarpe e non lo farò mai. E mi dico che è la cosa migliore che io possa fare non vederlo e non cercarlo più perché non si può cercare una persona che ha scelto di abbandonarti, che fino al giorno prima, per quante discussioni ci fossero, era sempre lì presente e poi per non so neanch'io cosa ha deciso di prendere così bruscamente le distanze. Mi dico che non si può cercare qualcuno che ti dice " se ti scrivo ti faccio un favore". Qui siamo tutti concordi nel dire che probabilmente ha dei problemi relazionali, ma io non sono da meno. Questi ultimi tre giorni sono stati quanto di più orrendo potessi vivere, non solo per una condizione fisica che amplificava la mia emotività, ma anche perché non ho proprio avuto modo di sfogarla.

    Certo che è tutto autentico, anche se irreale. Ormai passo da una considerazione all'altra, me ne dico così tante che non so neanch'io dove sia il filo logico. Il fatto è che quando l'ho "conosciuto", è stato davvero come una luce nel bel mezzo del niente. Sono perfino arrivata a considerarlo un miracolo, qualcuno mandato da dio solo sa dove per darmi una seconda possibilità, una nuova occasione, qualcuno che come ti dicevo mi faceva entrare così in contatto con il periodo più felice della mia vita in cui mi sembrava di ritrovare me stessa.

    Mi impongo di non cercarlo, ma la tentazione c'è. Conoscendolo mi manderebbe a quel paese perché per lui ora esiste solo l'incontro, l'incontro senza un dialogo, il che è una contraddizione.

    A volte penso di averlo già messo da parte, ma ci penso sempre, costantemente. Non sono una persona che rinnega quanto ha vissuto, anzi sono d'accordo con te, tutto, anche le esperienze più dolorose, servono per farci capire qualcosa di noi stessi. Di ciò che vogliamo. E proprio per questo c'è sempre un fondo di bene in ogni situazione. Esiste sempre un fondo d'affetto, lo so, è quello che conservo per la maggior parte delle persone che non fanno più parte della mia vita, ma ce ne sono anche altre, poche, che mi sembra quasi di non averle mai nemmeno conosciute. E questo è strano, perché non mi hanno lasciato niente, nonostante l'affetto, nemmeno nel bel ricordo.

    Ho paura che possa essere lo stesso con lui un giorno, nonostante pensi anche che sia tanto meglio così. Mi sembra un deserto senza di lui, posto che se lo incontrassi potrei addirittura provare repulsione al primo sguardo. Io non gli perdonerei mai tutto quello che mi ha detto con quella leggerezza. E tornare a scrivergli per parlare del più e del meno con quelli eccessi di affetto e nomignoli idioti non serve a nulla. Non so nemmeno cos'è che mi manca, so solo di essere profondamente confusa per qualcosa che poteva essere tutto (in un altro periodo della mia vita) e che sarebbe stato sicuramente niente. Ma quel "sicuramente" è ciò a cui mi aggrappo di più.

  • A differenza mia, tu mi sembri una persona molto più intraprendente, ferrata, razionale, responsabile. Tu hai saputo comunque metterti in gioco, hai corso il rischio, hai fatto un passo che io non ho fatto mai.

    Come ti dissi, è una storia durata diversi anni, poi interrotta (molto male) per altri anni e -colpo di scena - ripresa più di recente (2021) seppur con una maggiore consapevolezza e serenità da parte di entrambi, ma con un blocco riguardo il ri-vedersi in real peggiore del passato e poi mai superato (e anche se la persona la si conosce già, dopo anni di interruzione, rivederla sarebbe il minimo per un nuovo inizio). Per quello comprendo bene quanto sia perniciosa la virtualità nei suoi aspetti sempre in potenziale, in fase di valutazione, i perenni dubbi, il non riuscire a dire basta ma neanche a cambiare lo stato delle cose. E' una macerazione.


    Nel percorso e le sue fasi sono passata dall'essere una ventenne a una trentenne ed è per questo che oggi ti sembro responsabile, ma ti assicuro che facendo un rewind, gli errori commessi non si possono contare, e all'inizio non lo ero affatto (responsabile) e di dico di più, è solo grazie all'incoscienza e alla follia che riuscimmo a strapparci delle bolle reali alcune volte all'anno (in proporzione, ti assicuro, è veramente poco), infatti non ti sto a raccontare quale fosse il prezzo di tutto questo: litigate e i relativi traumi reciprocamente causati all'interno di suddette bolle. Con blocchi e sblocchi da parte mia. Una vera violenza.


    Per cui dal mio punto di vista, non penso tu sia meno intraprendente o ferrata di come ero io ai tempi, anzi... sì, sei un po' inguaiata in una dipendenza virtuale, ma hai una capacità di giudizio che io non avevo: infatti partivo all'arrembaggio, e quando ho avuto più capacità di giudizio, stranamente, non sono riuscita a incontrarlo (come lui me dopotutto).


    Certamente rimane la differenza sostanziale e fondamentale che tu non l'hai mai visto.

    E che lui non scenderebbe per principio. Nella mia esperienza tale principio non vi è.

    Altra cosa: io l'ho vissuta (della ripresa ti parlo) in modo relativamente sereno perché ho l'esperienza alle spalle, e quindi un po' sapevo i punti nevralgici e i rischi a cui ero in parte preparata (ricadere in un limbo): mentre tu li stai sperimentando tutti assieme adesso.


    Scusa se ho spostato l'attenzione su di me, spero comunque tu possa trovare spunti utili dalla mia esperienza.


    C'è una parte di me profondamente sbagliata che nonostante tutto spera di avere una seconda possibilità. Teoricamente potrei riprendermelo quando voglio, il che è un discorso orribile. Mi basterebbe fare un biglietto e dirgli "giorno x sono da te". Ma sono fin troppo orgogliosa, la dignità l'ho già messa sotto i piedi abbastanza e mi ci sono pulita anche le scarpe e non lo farò mai.

    Spero che anche qui la mia esperienza possa servirti d'aiuto: comprendo tale speranza e ti dirò è tipica di quando rimane un irrisolto. Ti dicevo che non è mai un'evoluzione giungere all'indifferenza totale perché, in verità, abbiamo bisogno di risolvere (a prescindere dallo stare assieme) le relazioni che ci hanno coinvolto così tanto. Solo la "pace" con se stessi e con l'altro (sempre dentro se stessi) è ciò che funziona, non l'indifferenza.


    Io non ho avuto bisogno di spezzare il limbo facendo la pazzia di prendere un aereo e andare, nella consapevolezza che l'avrei messo (e mi sarei messa) in molti disagi (anche pratici intendo) né avrei risolto i problemi di base, al massimo li avrei scavalcati temporaneamente, ma era più un gesto catartico a cui ho pensato molto. Un mio caro amico mi consigliò in extremis di farlo offrendomi il suo appoggio (sono un soggetto fobico e viaggiare mi causa alcuni problemi) ma io gli risposi che non sentivo più il bisogno di quella catarsi, vi sono arrivata per altre vie, e quindi ho fatto pace con la situazione che non abbiamo saputo/potuto risolvere. Rimane il sottile dispiacere di non poter abbracciare chi hai amato, ma anche questa è diventata una prova "spirituale" per me.


    Ho parlato ancora di me, ma c'è una ragione. Come avrai notato: non c'è orgoglio in ciò che ho scritto, nemmeno la traccia. L'orgoglio non serve a nulla credimi, è solo una barriera che ci impedisce di fare il nostro percorso di evoluzione, prima o poi la vita ci chiama al superamento di questo orgoglio e non lo dico come frase da baci perugina, è davvero così. Se vuoi andare da lui fallo, MA CHE SIA PER TE e non un favore che faresti a lui, deve essere un'azione che per quanto sbagliata è meglio del non agire di cui conosci già gli effetti... deve essere la catarsi che nel mio caso non si rese necessaria ma nel tuo, dato che non l'hai mai visto, potrebbe invece avere un qualche senso. Prendi precauzioni e fatti nel caso accompagnare da qualcuno di fidato.


    Inoltre, dovrai essere consapevole che lui è una persona molto problematica con problemi relazionali importanti, perché non è normale che lui non voglia venire, ti scrivo queste parole solo perché sento che ormai ci sei dentro e necessiti in un modo o l'altro di uscirne, e che lui ha tirato fuori forse una tua "problematicità" con cui ora farai i conti, l'incontro quindi non rappresenta di per sé una soluzione, così come un "riprenderlo" (virgoletto), che vuol dire confortare l'attaccamento a lui che si è sviluppato.

    DALI :hibiscus:

    Modificato una volta, l'ultima da Juniz ().

  • Juniz ti ringrazio moltissimo per aver condiviso questa esperienza, non è sempre facile mettere a nudo la propria anima, e trovo molti punti in comune con te. Sto imparando tanto anche attraverso questo confronto, perché mi dà modo di riflettere su alcuni aspetti che prima, nel mio ripensare e analizzare, comunque non avevo considerato.

    Siamo più o meno coetanee, anno più anno meno non fa molta differenza, e probabilmente a vent'anni avrei preso anch'io la situazione più di petto. Non è nemmeno una questione d'età, anche se crescendo si impara a valutare con maggiore criterio e a essere meno "avventati", ma di sicuro è una fase della nostra vita in cui siamo più disposti a sperimentare. E a vent'anni indubbiamente mi sarei sentita di correre il rischio. Anzi, il rischio non l'avrei nemmeno visto. E questa è una di quelle situazioni in cui il rischio lo vedo, letteralmente.

    Proprio stasera abbiamo avuto un contatto. Il problema con lui, che non mi fa nemmeno capire che direzione prendere, è che è assolutamente sconclusionato. Mi ha chiesto maggiore serietà e concretezza se sono davvero intenzionata a conoscerlo, perché il mio titubare (e per delle buone ragioni, che mi offre di volta in volta) per lui è un atteggiamento immaturo. E già questi giudizi mi mal dispongono. E' proprio l'esatto opposto, dal momento che vedo red flags ovunque. Mi ha detto di non essere più lo stesso con nessuno da quando mi ha conosciuto, ovviamente la colpa del suo modo di essere è mia. E' da quando lo conosco che non fa altro che dirmi che non si trova bene con nessuno, ma in qualche modo sono sempre io la causa di tutti i suoi mali. Ma tralasciando questo, il discorso che faceva era fondamentalmente giusto, diceva di vedersi e poi decidere che fare. Nel frattempo, però, diceva di non sentirsi assolutamente, posto che per lui recuperare è difficile e che non vuole essere coinvolto nella mia quotidianità. Allo stesso tempo diceva che tutto poteva essere e non si sentiva di giungere a delle conclusioni affrettate. Non so quante volte mi ha detto che questa situazione l'ho creata solo io, che mi sono bruciata qualcosa che poteva essere un grande cambiamento nella mia vita (un plauso alla presunzione!) e anche nella sua. Alzare un muro per lui è un bene per entrambi e soprattutto per la sua serenità, per freddare gli animi anche se "il suo è freddo da un pezzo". Salvo poi aggiungere che restare appeso all'idea di un incontro gli fa male. Non capisco se ci tiene, se non ci tiene, se è una presa di posizione, se non gli importa, se gli importa così tanto che ne soffre e vuole limitare quella sofferenza. Ogni volta che parlo con lui rischio una sincope. Naturalmente per lui il mostro di tutta questa storia sono io, guarda con sospetto la mia vicinanza, dubita sempre che da parte mia ci sia un intento serio e non so quante volte gli ho detto che se non avessi avuto intenzione di conoscerlo non avrei mai nemmeno esternato il desiderio di incontrarlo. Vedo punizioni e ricatti anche per quel periodo in cui non potevo raggiungerlo per degli impedimenti che non dipendevano affatto da me. Lui ha bisogno di prove su prove, mi sfianca. E non si può certo dire che non abbia creato dei disagi, anzi, certo non lo reputo la causa delle mie problematicità, che ci sono, ma dipendono da altro e si ripercuotono anche su di lui per questo suo modo di rapportarsi a me.

    Quando abbiamo parlato di neurodiversità, io sono andata subito a documentarmi. Sono l'ultima persona al mondo a essere in grado di fare una diagnosi dato che sarei capace di diagnosticarmi un tumore al cervello al primo mal di testa leggendo su dottor google, ma a parte queste note di colore, io ci ho trovato praticamente la sua descrizione. E anche questo mi preoccupa, sebbene all'inizio non sembrasse affatto e anzi mi era facile rapportarmi a lui, ma a poco a poco è venuto fuori un carattere assolutamente imprevedibile. Dipendente a suo modo ma instabile, afferma e nega quanto dice, progetta e si tira indietro. Certe scenate di collera... non si fermava mai, nemmeno quando lo pregavo di smettere e non tanto per me, quanto perché andava così tanto fuori di testa da farsi del male (psicologicamente intendo). E io sto pagando proprio per questo, perché non ha saputo gestire la sua emotività.

    Certo se decidessi di incontrarlo, ma sono sempre più del parere di lasciar perdere, non ci andrei da sola. Perché io mi aspetto questa persona anche dal vivo, e non saprei come gestirlo.

  • E anche questo mi preoccupa, sebbene all'inizio non sembrasse affatto e anzi mi era facile rapportarmi a lui, ma a poco a poco è venuto fuori un carattere assolutamente imprevedibile.

    Perché gli asperger -in quanto sovente soggetti intelligenti e brillanti- hanno una strategia adattiva detta "camaleontismo/masking"; è solo quando la relazione diviene più intima e coinvolgente che appare la rigidità, o la difficoltà alla reciprocità, gli estremismi, gli atteggiamenti oppositivi, la difficoltà a gestire le proprie emozioni.

    non si fermava mai, nemmeno quando lo pregavo di smettere e non tanto per me, quanto perché andava così tanto fuori di testa da farsi del male (psicologicamente intendo).

    Potrebbe trattarsi di "meltdown" e può essere terribile.

    No, non si fermano io ho una certa esperienza a riguardo e l'unica è non discutere più, non opporre argomenti e opinioni ma rimanere sereni e centrati e lasciare che si calmino.


    Se è nello spettro, il rapporto non potrà essere paritario, a meno che lui, piano piano, non diventi consapevole di sé, sono persone che necessitano di essere guidate all'interno della relazione. A parte questo, bisogna essere coscienti delle proprie forze per affrontare il tutto, il rischio che vi facciate entrambi molto male è matematicamente certo.

    DALI :hibiscus:

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      • fuoripiove
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    3. la huesera

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      • ladyparsifal
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    3. leila19

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      • stefania19944
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    3. Fibonacci

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      • farfalla78
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    3. Gray