Spossatezza mortale legata al lavoro, come si spiega?

  • Ciao a tutti. Non ho mai scritto in questo forum, ma di tanto in tanto mi è capitato di leggervi perché da sempre soffro di ansia legata a vari contesti.


    Il problema per il quale mi piacerebbe confrontarmi con voi però è legato alla mia sfera lavorativa. Si tratta di un ufficio pubblico nel quale sono entrata 2 anni fa a seguito di un concorso e dopo molto studio e dedizione. Formalmente avevo studiato per diventare altro, ma alla fine si è rivelato un lavoro adatto perché ho potuto mettere in pratica le conoscenze acquisite all'Università. Sono un'impiegata, ma mi piace (o dovrei dire piaceva) il fatto che faccio anche orientamento e aiuto le persone a migliorare le proprie vite. Il tutto procedeva in maniera accettabile, non posso dire bene, perché il lavoro mi ha sempre stancato in maniera esagerata più degli altri colleghi e dopo essere tornata dall'ufficio non ho quasi mai avuto energie per fare altro che poltrire sulla poltrona o andare a dormire con le galline. Purtroppo però da un po' di tempo è arrivata una figura, una coordinatrice, la quale ha aumentato in maniera enorme il carico con una serie di adempimenti burocratici estenuanti per ogni piccolo compito e la mia situazione mentale e fisica è precipitata e sono al limite. A questo punto aggiungo qualche elemento per aiutarvi a inquadrare la mia persona. Sono una persona introversa, introspettiva, riflessiva, analitica, vigile e con una consapevolezza spiccata di quanto mi circonda nell'ambiente circostante comprese le voci, gli atteggiamenti, il contesto non solo spazio - temporale, ma anche in termini di dinamiche relazionali e quant'altro ci sia là fuori. Sono curiosa e amante del sapere e mi piace studiare, esaminare, capire anche spaziando in discipline che non mi appartengono per formazione e esperienza.


    Per quanto riguarda l'ansia, la stessa è stata quasi sempre scatenata da situazioni sociali, di eccessivo affollamento e laddove dovessi essere valutata per la mia performance come all'università. Ho sofferto anche di una forte fobia di guidare che sono riuscita a risolvere da sola dopo molto tempo e pazienza.


    Sono lenta nei processi, nello studio e nelle decisioni ma ho notato che spesso arrivo più in profondità degli altri o trovando prospettive inaspettate. Sono assolutamente inadatta al multitasking e cerco silenzio per capire e ricordare quello che mi serve per completare un compito.


    Ho avuto un background personale e familiare molto travagliato, ho cambiato molte volte il mio contesto di vita, studio e lavoro prima per scelte imposte da altri e poi per decisione mia. Ho 40 anni e sono single convinta. Soffro di una patologia cronica sistemica autoimmune che di tanto in tanto mi dà molto da penare e tendo anche a somatizzare i disturbi psicologici.

    Tendo per esempio a ritirarmi o ad aggredire quando le situazioni sociali diventano incandescenti o intollerabili. Non riesco invece affatto a controllare la mia emotività o ad agire con furbizia nei confronti degli altri. Spesso so e analizzo capendo come mi posso comportare, ma sempre da osservatore esterno.


    Qualcuno direbbe che sono pessimista, ma io preferisco pensare che quando si vive tanto (non necessariamente dal punto di vista anagrafico) la statistica non mente.


    Ed ora torniamo al contesto lavorativo. Lavoro in front office e in ufficio con più colleghi all'interno di un ambiente che non lascia possibilità di ritiro e privacy. Il fatto però è che da qualche tempo il carico è aumentato ed io già faticavo a tenere il passo. A casa arrivo distrutta e spesso penso che vorrei addormentarmi e non svegliarmi più, solo per poter avere (assurdamente) un po' di pace. Fatico a dormire con costanza e bene oppure mi addormento dopo il lavoro e dormo per tantissime ore. Ma il giorno dopo non sto affatto meglio. Magari mi sveglio anche riposata, ma dopo poche ore di lavoro inizio ad andare in confusione, non riesco a concentrarmi e a ricordare tutto quel che devo fare e mi sento completamente prosciugata. Ho iniziato ad allontanarmi dall'ufficio tra un utente e l'altro, ma ciò non mi aiuta. Ho la bocca secca, guardo il cellulare per distrarmi, ma l'attenzione vacilla e attendo ansiosamente solo che passi il tempo per poter andare a casa a sdraiarmi. Piango spesso in questo periodo e mi sento inadeguata rispetto alle richieste. Sono anche appena tornata dalle ferie durante le quali sono stata bene, dormendo e rilassandomi. Al momento di dover tornare al lavoro ho iniziato ad avere incubi relativi all'ufficio. Come accennavo la burocrazia si è appesantita (e non si tratta neppure di cose importanti) e sono stata rimproverata più volte di non aver fatto tutto quello che la coordinatrice ha voluto e introdotto come procedure. Ciò mi infastidisce e urta terribilmente perché se possibile mi impegno più di altri in quanto conscia dei miei limiti e ho iniziato a litigare con questa persona (sottolineo che non si tratta di un funzionario o dirigente ma di persona messa lì dai primi a fare il lavoro sporco, ma che difatti non ha responsabilità o emolumenti corrispondenti a quanto fa e decide). Ma vengo trattata come se le mie dimenticanze ed errori fossero dovuti ad una mia volontarietà o desiderio di metterle i bastoni tra le ruote, quando invece è solo che non posso decidere quando e come fare il mio lavoro, in quanto sono stati decisi da lei e qualcun altro e si tratta di ritmi e decisioni non parametrati sulla mia persona e la mia unicità. Mi manca l'autonomia e la possibilità di personalizzare il mio tiro a seconda del contesto e della persona con le sue personali esigenze. I ritmi sono incalzanti e anche quando ho la persona di fronte ho degli improvvisi blackout, il pensiero si fa viscido e rifaccio le stesse domande perché non riesco a trattenere niente. Eppure faccio finta di nulla, clicco con il mouse come se stessi inserendo i dati. La mia mente è un caos e sempre più lentamente porto a termine il mio appuntamento che gli altri hanno terminato da un pezzo. Alla fine la persona si alza, finalmente corro in bagno, trattengo le lacrime oppure vorrei accasciarmi a terra lì e addormentarmi.


    Ecco quel che sto patendo e posso intuire quel che mi infastidisce e pesa dell'ambiente di lavoro, ma una spossatezza così non me la spiego. Faccio anche sport (ma ahimè da qualche tempo solo nel w.e.) e spesso con molta intensità, ma non ho mai avvertito questi sintomi a causa di una fatica esclusivamente fisica.


    Grazie a chi vorrà leggere e fornirmi qualche prospettiva.

  • Qubit

    Approvato il thread.
  • Formalmente avevo studiato per diventare altro, ma alla fine si è rivelato un lavoro adatto perché ho potuto mettere in pratica le conoscenze acquisite all'Università

    Partiamo da qui, per quanto alla fine non ti dispiace il tuo lavoro rimane comunque un ripiego, un qualcosa di abbastanza classico in Italia. Studi per qualcosa poi la realtà è un'altra ed occorre fare di necessità virtù.

    Ed ora torniamo al contesto lavorativo. Lavoro in front office e in ufficio con più colleghi all'interno di un ambiente che non lascia possibilità di ritiro e privacy. Il fatto però è che da qualche tempo il carico è aumentato ed io già faticavo a tenere il passo.

    Anche qui, sfatiamo il concetto che tutti i lavori sono uguali. Io lavoro nel pubblico ed è devastante, c'è stata un'evoluzione/involuzione netta sulla professione, lavorare in questo settore nel 2023 non è la stessa cosa di 4/5 anni fa.

    Non solo, qui occorre avere oggettivamente una predisposizione e quando spesso mi capita di parlare con gli utenti, molti mi confessano "io proprio non riuscirei", ne parlano riferito al mio lavoro ovviamente.

    Io ti confesso che mai come quest'anno, nonostante abbia avuto finalmente il contratto indeterminato, dovrò fare delle scelte.

    La prima è se continuare a rodermi il fegato con questo lavoro, lo do ormai per assodato, so che il lavoro è quello, stringo i denti e cerco un equilibrio extra lavorativo (cosa complicata a causa del malessere che mi provoca il lavoro stesso).

    Altra ipotesi è cambiare tutto, ma sappiamo perfettamente cosa implicherebbe nel periodo attuale, i rischi rimangono molto alti.

  • Anche qui, sfatiamo il concetto che tutti i lavori sono uguali. Io lavoro nel pubblico ed è devastante, c'è stata un'evoluzione/involuzione netta sulla professione, lavorare in questo settore nel 2023 non è la stessa cosa di 4/5 anni fa.

    Dipende soprattutto da quando sei entrato. I più "vecchi" (intesi come anzianità del posto) li hanno lasciati in buona parte nel "vecchio regime" del "lavoro per finta".


    Di contro quasi tutti quelli entrati negli ultimi 10 anni, in particolare negli ultimi 5 (come dici tu): devono sopperire a tutti i gap di produttività di tutti gli altri. Un inferno. Sottopagato.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Anche io sospetto che i miei problemi possano essere determinati o acuiti dal lavorare con il pubblico. Tuttavia, non ho la possibilità di confrontarlo con un altro lavoro svolto da dipendente in back-office. Ero autonoma e mi barcamenavo, ma mi piaceva poter avere la possibilità di gestirmi da me e poter lavorare da casa. Nel pubblico a volte mi pare che alcuni ti vogliano prosciugare, sono assai polemici, chiedono, pretendono e sebbene riesca apparentemente a soddisfarli, non ho un feedback e talvolta mi sembra di aver solo perso tempo. Però le persone ti danno anche tanti stimoli e sono infinitamente più interessanti del dover scrivere un atto amministrativo. A me sembra incredibile però che con un lavoro come il nostro che tocca tanti punti delicati e dura abbastanza, non si possa avere intimità e più quiete. Alla fine il nostro non è un ufficio di pura burocrazia dove le persone rispondono ed è morta lì. Fino a qualche mese fa nutrivo molta più soddisfazione ed avevo più tempo per seguire le persone e le pratiche. Ora invece che mi stanno con fiato sul collo, non ho il tempo di respirare, rilassarmi, di sentire l'essere umano seduto di fronte a me. Dicono che il nostro lavoro è critico e dobbiamo ascoltare le persone, ma difatti conta sempre e solo la quantità. Ovviamente la velocità è inversamente proporzionale alla precisione e non solo devo trottare con un passo che non mi appartiene e rimanere sempre indietro, ma mi rimproverano pure se sbaglio qualche virgola. Mi sento svuotata, a volte arrabbiata, ma il più delle volte abbattuta, con pensieri neri di giorno e gli incubi ancora peggiori di notte. E' vero che fanno molta distinzione tra i nuovi arrivati e quelli che vi lavorano da tempo. Quest'ultimi son sempre rilassati, ridono e scherzano mentre io muoio giorno dopo giorno. Oggi sono rimasta quasi tutto il giorno a letto leggiucchiando, tormentandomi e piangendo.

  • Ciao, intanto ti abbraccio.

    Se vai a leggerti il mio thread di qualche giorno fa troverai dei parallelismi.


    Forse facciamo più o meno lo stesso lavoro (apl o similari?) ... ma io ho iniziato 4 mesi fa, dopo quasi 10 anni nel sociale.

    Mi manca costantemente il lato umano, odio profondamente rimanere tutto il giorno seduta al pc, e tra i colleghi ci sono dinamiche strane, si mischia vita privata con quella lavorativa e la responsabile non è per nulla professionale.

    A Novembre scadrà il contratto e me ne andrò.


    Io ti sento già ad un punto di non ritorno carissima Hilde... chiamalo burnout...

    Non so se hai mai provato ad andare in terapia.


    Potresti valutare di cambiare lavoro? A volte cambiare ambiente ma rimanere nello stesso settore può dare una mano.

    Ti seguo con interesse.


  • Non mi meraviglia la tua situazione... è uno schifo ormai il mondo del lavoro. Non che prima fosse bello ma almeno potevi e riuscivi a sopravvivere, oggi è diventato un delirio ovunque e non capisco perché non si riesca tutti insieme "poveretti" ad aiutarsi invece che farsi la guerra uno con l'altro.

    Io chiunque sento ormai mi dice che dopo pochi mesi/un anno si arriva a situazione ingestibili con ripercussioni fisiche e psichiche estreme. C'è qualcosa che non quadra.

  • Non mi meraviglia la tua situazione... è uno schifo ormai il mondo del lavoro. Non che prima fosse bello ma almeno potevi e riuscivi a sopravvivere, oggi è diventato un delirio ovunque e non capisco perché non si riesca tutti insieme "poveretti" ad aiutarsi invece che farsi la guerra uno con l'altro.

    Io chiunque sento ormai mi dice che dopo pochi mesi/un anno si arriva a situazione ingestibili con ripercussioni fisiche e psichiche estreme. C'è qualcosa che non quadra.

    Sì, ormai per difendersi si è arrivati ad abbattere la produttività.


    L'unica "soluzione" per tamponare è il "quiet quitting", ovvero: fare il minimo indispensabile per non essere licenziati, impegnandosi il minimo possibile. Si tratta di un fenomeno diffuso a livello globale che anche in Italia ha la sua presenza e importanza.


    Questo ovviamente non migliora le condizioni di lavoro nel medio-lungo periodo, anzi: le peggiora. Tuttavia in Italia dal punto di vista dei dipendenti non c'è altro modo di difendersi e di "coalizzarsi", perché i sindacati sono al soldo della politica e di confindustria (sono corrotti; difendono ideologie e industrie) e la dimensione media di un'azienda italiana è troppo piccola per generare una "massa critica" di lavoratori.


    Ricordo che qualche mese fa ne parlavo proprio su questo forum e mi davano del pazzo. Oggi chiunque abbia un minimo di esperienza in aziende (sia private che pubbliche) sa che i dipendenti che non sono in "quiet quitting" si contano sulle dita di una mano.


    La causa è ormai nota a tutti. Persino Sebastiano Barisoni ne parla spesso su Radio24 (la radio di confindustria): la qualità degli imprenditori italiani è scarsa, scarsissima, pessima, scarserrima. Sono ormai arrivati alla terza generazione di "imprenditori ereditari" ed essendo in maggioranza totalmente incapaci di fare il loro lavoro: gravano sulla produttività e sulle spalle dei dipendenti.


    In Paesi come il nostro il problema si può risolvere solo con un'azione politica.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Verissimo..posso confermare quello che dici.

    Il livello di vita all'interno delle aziende per un giovane soprattutto è molto basso e c'è una tendenza a cercare subito un altro lavoro appena assunti causa clima ostile e problemi di ogni sorta.

    Io quando parlo con persone di 70 anni che mi raccontano dei loro tempi in fabbrica mi metto le mani nei capelli... erano tempi duri lo stesso capiamoci perché spesso si lavorava di fatica e con sostanze pericolose ma almeno c'era una dignità e una umanità.

    Oggi se non usi mille strategie non sopravvivi.

    Poi dico una cosa che mi hanno detto persone del settore... la maggior parte delle offerte di lavoro riguarda persone che lasciano il loro posto... non nuovi posti di lavoro.

  • Io quando parlo con persone di 70 anni che mi raccontano dei loro tempi in fabbrica mi metto le mani nei capelli... erano tempi duri lo stesso capiamoci perché spesso si lavorava di fatica e con sostanze pericolose ma almeno c'era una dignità e una umanità.

    Oggi se non usi mille strategie non sopravvivi.

    La grande differenza col passato era la prospettiva. Un tempo era di migliorare: oggi è in continuo peggioramento, sia delle condizioni economiche che di vita.


    Poi dico una cosa che mi hanno detto persone del settore... la maggior parte delle offerte di lavoro riguarda persone che lasciano il loro posto... non nuovi posti di lavoro.

    E' vero. A parte alcuni settori: non ci sono nuove posizioni lavorative. Sono sempre le stesse che fanno il gioco delle tre carte. I dipendenti lo fanno per "difendersi". Continuando a cambiare hanno l'alibi di restare a bassa produttività. Gli imprenditori lo fanno per imbecillità, nel senso che nemmeno si rendono conto di quello che accade.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • La grande differenza col passato era la prospettiva. Un tempo era di migliorare: oggi è in continuo peggioramento, sia delle condizioni economiche che di vita.

    Verissimo. La prospettiva è fondamentale, è quella che ti spinge avanti. Senza prospettiva muori dentro, e vale sia nel lavoro che negli affetti. Puoi essere combattente fin che vuoi ma se non hai prospettiva prima o poi ti spegni.

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