Difficoltà nell'intesa sessuale e sesso a pagamento

  • Non è inevitabile passare dalla fase opposta, poiché alcune "fasi opposte" lasciano segni permanenti, se non addirittura non hanno una via di ritorno.


    Dipende dalla coscienza individuale, alcuni entrano per sbaglio nel bosco (che peraltro è un metefora assai presente nel mondo letterario, pensiamo a Dante e la selva oscura, o al labirinto delle fiabe, le tentazioni di Cristo, insomma in ogni cultura sapienziale c'è l'inziazione a un percorso) e non riescono a farne ritorno, altri entrano per uscirne con maggiore consapevolezza.

    In ogni caso, quello che volevo dire è che nella vita le "consapevolezze" calate dall'alto sottoforma di morale e per "sentito dire", non sono per definizione consapevolezze ma sono regole che si applicano in modo automatico e impersonale. Questo significa che bisogna provare ogni droga, ogni eccesso sessuale, per essere più consapevoli e adulti ? No. E' un principio e puo' essere applicato appunto come filosofia di trascendenza (vedasi riferimento alla cultura sopra) e non come schema o regola, dunque non c'entra con la perdizione, non lo preciso non per te, capisco ciò che vuoi dire, ma ho la sensazione che da altri sarà sicuramente intepretato così. Quindi non voglio assolutamente dire che per diventare sani bisogna necessariamente prima ballarsi. Questo puo' succedere in qualche caso, ma ripeto, dipende dalla coscienza personale.


    Ora complicato fare un discorso di questo tipo su basi generali perché si finisce nell'astrazione, per astrazione intendo andare per "casi ipotetici", come appunto colui che si droga o fa sesso senza freni e non torna più sano fisicamente o psichicamene, in tal senso, ciò che sto indicando, non è legato al "Fai A perché poi arriverai a B", quello è il livello della cause e delle conseguenze che su un piano di educazione psichica ha il suo perché, ma questo è un altro piano ed è più sfumato e filosofico quindi non spendibile in consigli pratici. è solo esercizio di riflessione, per chi vuole. Come la metafora di cui appunto letteratura e filosofia sono piene, anzi, si parla quasi solo per metafora, se si percepisce una qualche forma di verità, questa troverà corrispondenza dentro di se' e con la propria situazione, generando riflessione, senza un "Devi fare, non devi fare" ...

    Diciamo che nel provare le "cose sbagliate" è meglio fermarsi alla versione leggera, quella con una facile via di ritorno e che non porta con se conseguenze permanenti; sia per il fisico che per la mente.


    Fare una cosa "sbagliata" pienamente non è provare il proibito, o sperimentare l'eccesso.

    Nello zen (dico per chiarire ma non voglio introdurre forzatamente tale filosofia) fare "pienamente" è liberarsi da maschere e storie, stare nella verità di qualcosa che si sta manifestando, anche un desiderio cosidetto "sbagliato". Tutto qui.


    C'è la voglia di fare sesso con un altra donna che non è la moglie. Tipicamente parte una storia mentale: Voglio andarci perché ... Forse sono sbagliato ... Forse la moglie è sbagliata ... forse le prostitute sono sbagliate. Insomma la mente va a ruota e poi abbastanza automaticamente si andrà comunque dalla prostituta.


    Appare questo desiderio, è bene sentirlo, soprattutto nell'energia.

    In genere un'energia che sembra più forte di noi (altrimenti che desiderio è?)


    Il desiderio diventa più forte di noi semplicemente perché a qualche livello lo combattiamo, vogliamo che non ci sia, vogliamo rimuoverlo, e allora come si fa con il prurito si finisce per grattarsi inavvertitamente, peggiorando la situazione. Fare "pienamente" in questo caso è una forma di resa verso il proprio desiderio, quando prendiamo distanza (ponendoci da testimoni esterni di noi stessi) avviene un depotenziamento, che sia di emozioni, pensieri, e schemi. Se lo vedo esternamente non sono più tutt'uno con il desiderio ma una parte di me è già staccata e quindi più forte del desiderio stesso.


    Quindi è paradossale: Più siamo sinceri, meno storie e maschere sovrappiniamo, più riusciamo ad applicare auto-educazione e auto-disciplina. Invece siamo portati per cultura a pensare il contrario, se sono sincero, mi sto legittimando.


    Ma dato che queste sono -giustamente- chiavi di lettura non sulla psicologia e più sul piano della meditazione (appunto, come precisavo nell'altro post, a me che piace lo zen) comprendo che non siano di interesse diffuso, ho scritto per chiarire ma non mi soffermerò in modo particolare.

    DALI :hibiscus:

    Modificato una volta, l'ultima da Juniz ().

  • Quindi è paradossale: Più siamo sinceri, meno storie e maschere sovrappiniamo, più riusciamo ad applicare auto-educazione e auto-disciplina. Invece siamo portati per cultura a pensare il contrario, se sono sincero, mi sto legittimando.


    Ma dato che queste sono -giustamente- chiavi di lettura non sulla psicologia e più sul piano della meditazione (appunto, come precisavo nell'altro post, a me che piace lo zen) comprendo che non siano di interesse diffuso, ho scritto per chiarire ma non mi soffermerò in modo particolare.

    Ti dirò che invece questa chiave di lettura vale anche in gran parte della psicologia, certamente in quella evolutiva e nella base freudiana delle maggiori scuole.


    Trattenersi, reprimersi può essere un moto di fuga verso la trasgressione. Questo meccanismo è tanto più valido quanto più il soggetto vive in una "bolla" di ipocrisia e recitazione.


    Il meccanismo è stato studiato ad esempio sulla religione: le persone credenti tendono a commettere più azioni scorrette di quelle atee. La "bolla" in cui la religione chiude il soggetto è una bolla di repressione che favorirebbe la genesi delle vie di fuga.


    A livello di società possiamo portare la mentalità anni 60-70, per cui uomini e donne avevano modelli comportamentali molto pre-impostati e molto rigidi. Questa repressione del banale "essere umani" portava gli uomini a fuggire verso comportamenti più femminili (di nascosto) e le donne verso comportamenti più maschili (sempre di nascosto).


    Ci sono ancora persone che parlano come se recitassero una parte, impostando la voce come in una sorta di piccola melodia ed utilizzando termini atti a caratterizzarsi. Cose tipo:


    Citazione da persona che ovviamente recita

    "Durante la pausa devo assentarmi un pochino per fare una cosina, ma stai tranquilla che torno presto prestino".


    Ci si immaginerebbe che una frase del genere provenga da una persona "carina carina picciò", ma secondo la psicologia è da intendersi all'esatto contrario. Chi ostenta modelli di comportamento troppo "dolci" o troppo "felici", solitamente nasconde una natura rispettivamente "aggressiva" e "depressa".


    Succede proprio in virtù di quel meccanismo per cui: meno sinceri si è nel proprio essere, nel proprio vivere.. e più è probabile che all'interno del soggetto maturino sacche di quei sentimenti repressi che prima o poi esplodono.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Tornando al tema originario della discussione, il che non significa che non stia procedendo comunque su binari interessanti, penso che in simili circostanze bisognerebbe tenere presente il valore del sacrificio nel rinunciare o reprimere determinate pulsioni, coscientemente e volontariamente, per rispetto di una persona che ci ama e che amiamo a nostra volta. Questo solo per porre l'accento su un aspetto sul quale in generale spesso mi pare si tenda a sorvolare, in virtù di una visione incentrata principalmente sulle proprie esigenze e necessità piuttosto che su quelle della coppia.


    Fondamentalmente credo che in un rapporto a due l'impegno personale assente di egoismo e ricerca di contropartita, che comporta necessariamente rinunce a volte anche scomode, rappresenti non solo fedeltà e rispetto per il partner, ma anche un prezioso percorso di crescita personale. L'amore è impegno e determinazione ad alimentare il rapporto, che passa dalla capacità di donarsi senza chiedere nulla in cambio ma solo perché lo si ritiene intimamente giusto. È questo piuttosto l'interrogativo da porre in primis verso sé stessi, l'esistenza reale e non solo percepita o presunta di questo sentimento profondo in grado di sostenere gli sforzi necessari.


    Quanto detto non significa appoggiare l'idea romantica dell'amore basato sulla sofferenza ed il sacrificio incondizionato della propria identità, ma a rinunce meditate e valutate come compromessi necessari per permettere l'evoluzione del rapporto, senza obblighi morali ma in consapevole libertà di scelta.

  • Quindi, se ho ben capito, non cercare di trattenersi o resistere, quando il desiderio compare, può alla lunga far scomparire il desiderio stesso?

    In parte sarebbe in linea con quello che mi aveva detto uno psicoterapeuta da cui ero andato, e cioè di non cercare di resistere quando compariva la tentazione e poi lavorare perchè questa tentazione comparisse sempre più di rado.

  • Quindi, se ho ben capito, non cercare di trattenersi o resistere, quando il desiderio compare, può alla lunga far scomparire il desiderio stesso?

    In parte sarebbe in linea con quello che mi aveva detto uno psicoterapeuta da cui ero andato, e cioè di non cercare di resistere quando compariva la tentazione e poi lavorare perchè questa tentazione comparisse sempre più di rado.

    Sì, funziona così.


    Sfruttando l'adattabilità all'ambiente per cui siamo tarati geneticamente possiamo modificare qualsiasi nostro comportamento, purché non si agisca di repressione, forzatura, dogma e purché si proceda a piccoli passi.


    I cambiamenti radicali sono possibili solo a fronte di causa di forza maggiore.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • A quanto scrive mi sembra che si conceda alla tentazione quando ce l'ha, e non mi pare che abbia funzionato.


    A dirla tutta, non credo affatto che cedere ai suoi impulsi lo porti a far scomparire il desiderio, perché se la cosa è moderata non arriverà mai a saturazione.


    Io non capirò nulla, ma tutto ciò mi suona solo come un incoraggiamento a continuare a fare quello che fa :|


    E' vero che non è giusto reprimersi ma per me andare da uno psicologo non è fare qualcosa, bisogna fare autoanalisi onestamente in prima persona per capire le reali motivazioni di questi bisogni, capire cosa si vuole fare della propria vita e rispetto alle persone a cui diciamo di voler bene.


    Ma non percepisco da parte sua una reale volontà di smettere, perché fin tanto che riesce a mantenere questo equilibrio tra la sua vita familiare e la sua vita sessuale a lui sta bene così. Che poi lui non lo voglia ammettere è un altro discorso.


    Sarebbe interessante vedere cosa succederebbe se la moglie scoprisse quello che fa, magari potrebbe essere un evento scioccante che gli farebbe aprire gli occhi sulla realtà e gli darebbe la giusta motivazione per smettere.

  • Il punto è capire quali sono i piccoli passi da fare, e quì torniamo ai miei dubbi iniziali


    Nessuno può dirti "cosa fare", mi pare anche anche i terapisti si sono -giustamente- distanziati dal dirti specificatamente cosa fare ... Al "come" e al "cosa" non c'è mai fine in queste situazioni, perché a qualunque potenziale soluzione segue la domanda come faccio, trattenerti (e come mi trattengo?) arrendendomi al desiderio (e come mi arrendo?) ecc ... anzi ti dirò di più, quando viene in mente la domanda "cosa faccio, come lo faccio, quali passi " ... è il momento di guardarsi dentro senza avere pretesa di arrivare a una soluzione. Non cercare le soluzioni, ma la "verità" ... da lì arrivano le soluzioni ma quelle creative non quelle che ti hanno dato altri.


    In altre parole ... imparare dalla propria esperienza, da quello che si vive.


    Gli psicologi ti hanno detto che non è una dipendenza, che ci puo' anche stare, ecc ... Ma queste sono le valutazioni, seppur professionali, di altri ... Ma solo tu puoi sentire che è giunto il momento che puoi camminare senza soddisfare quella tentazione e credere in quella fantasia. Avevi detto che dopo un rapporto con tua moglie il benessere rimane per giorni a differenza di questi incontri.


    Io da fumatrice, ammetto che, il retrogusto delle sigarette fa abbastanza schifo ... E' più l'idea di accendersi una sigaretta e decomprimere che il reale gusto ... Non sarà la stessa cosa ma essendo una masturbazione l'incontro a pagamento, è la parte mentale il punto fondamentale. Paradossalmente dopo ci si puo' anche sentire a disagio come tu stesso affermi. Ecco puoi partire dalle fantasie ... realizzarle ti fa davvero stare bene o è più l'idea di poterle realizzare ? Ma è meglio viverlo che teorizzarlo. Andare a un appuntamento e osservarti, non essere inconsapevole e automatico e quindi identificato nella fantasia finchè questa non esplode come una bolla di sapone pero' DOPO averla soddisfatta ... E' possibile che queste bolle di sapone possano esplodere prima nella loro illusorietà.

  • Il punto è capire quali sono i piccoli passi da fare, e quì torniamo ai miei dubbi iniziali

    Devi metterti gradatamente in una posizione sempre più scomoda e abituartici.


    Ci sono varie tecniche per fare una cosa di questo tipo e dipendono molto dall'ambiente, dalla disponibilità economica e di tempo e dallo stile di vita.


    Per scomodità possiamo intendere un qualcosa da fare al posto di cedere alla tentazione, per tardare l'evento e per avere il tempo di capire se regredisce o peggiora. Oppure: smettere di andare nel posto che conosciamo e cercarne sempre di nuovi; oppure: mettere un tot di soldi in un'altra impresa o in beneficenza ogni volta che "cedi" alla tentazione.


    Devi "pagare" in qualche modo con qualcosa di spiacevole. Poi vedi tu cosa. In una terapia cognitivo-comportamentale si cercherebbe di fare davvero qualcosa di simile, ma bisogna prima conoscere la tua mente per capire cosa potrebbe "pungerti" senza fungere da repressivo.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

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