Il niente.

  • Ciao...

    Che l'Occidente consumista e fissato con il business quasi a tutti i costi abbia finito con il banalizzare certi insegnamenti è probabilmente vero, un esempio tipico può essere la cosiddetta "mindfulness", che non era necessaria visto che in buona sostanza è una riproposizione del sathipattana sutta e quindi della presenza mentale, tuttavia lo stile di vita promosso dal Buddhismo funziona, ha un effetto benefico reale, e richiede uno sforzo graduale, niente di faticoso.

    Il semplice fatto di stare seduto davanti ad uno schermo, consapevole di stare leggendo questo post, consapevole della postura che avete assunto sulla sedia, dei pensieri e delle emozioni che arrivano e passano, vi pone già in un ambito di pratica buddhista.
    È difficile? Non direi ... :)

  • Il niente o il nulla,nihil è un termine metafisico,il nulla non è e non può essere,se fosse qualcosa non sarebbe esprimibile e non sarebbe più il nulla.Il niente è quindi l'assenza dell'essere.Un essere umano può solo esprimere a mio avviso la parola nulla,ma non può farne esperienza (Parmenide).Non è nemmeno possibile,credo, che un essere umano abbia esperienza del "vuoto",perché significherebbe che ha smesso di pensare,e smettere di pensare al di la dei contenuti delle mie rappresentazioni che sono riferite all'essere,significa morire.Anche tentare di cogliere percezioni semplici come il fruscio del vento,significa che non c'è il vuoto o il nulla,il vuoto stesso per esempio nella sua concezione fisica é già qualche cosa senza essere il nulla metafisico.
    Illusorio è quindi-a mio parere-pensare di poter provare il vuoto e il niente.
    Perciò alla domanda cosa rimane di noi?Risponderei che in quella filosofia non rimarrebbe niente,ma niente è inesprimibile e ci si contraddirebbe.Anche il vuoto,tipico delle filosofie zen,è cercare di dare un senso alla propria vita per quanto mi sembri contraddittorio.E' una aspirazione legittima,ma è impossibile.

    Una vita senza amare niente e per niente è il peggiore dei mali e dei dolori possibili.

  • Ultimamente il significato più accessibile, sempre alla mia maniera terragna, che do a "niente" più che altro meno ego possibile, meno sentirsi al centro di tutto. Una parola! Siamo incatenati alle nostre percezioni per esistere, silenziare il nostro ego sa tanto di non-esistenza e tutte quelle cose non desiderabili e controintuitive che fanno un po' a cazzotti col nostro istinto di sopravvivenza.
    Eppure, qui in effetti il paradosso più o meno zen, più siamo ego-centrici peggio campiamo, più ci complichiamo la vita e andiamo fuori di testa.
    Filosoficamente penso che D.87 abbia dato una sintesi correttissima, sebbene le filosofie orientali per me siano un continente appena sfiorato.
    Credo che sia possibile mandare un po' in vacanza e ridimensionare il nostro ego come pretesa che tutto giri attorno a noi, come sordità all'esistenza del mondo e degli altri, della natura etc. Uscire dal nostro reticolato di pretese e lamenti.
    Non sarebbe banale, in concreto, e nemmeno di poca utilità.
    ...però è piuttosto difficile, soprattutto in una mentalità generale totalmente fondata sull'individuo e i suoi raggiungimenti più o meno ostentabili socialmente, ad altissimo tasso di frustrazione in caso di mancati "raggiungimenti stellari" e bassissima resistenza alla minima controversia.
    Forse la via più "integrale" di ricerca di vuoto, di annullamento dell'ego è impervia e impraticabile ai più.
    Ma forse è più accessibile quanto espresso nella "preghiera per il buonumore" di Tommaso Moro-Thomas More


    ...e non permettere che io mi crucci eccessivamente
    per quella cosa troppo invadente che si chiama "io".

  • Senza scomodare filosofie orientali, in Occidente è stata sviluppata la tecnica del "training autogeno" poco meno di un secolo fa (1932).

    Sono tecniche di rilassamento ed autocontrollo del corpo e della mente, che possono aiutare molto.
    Il concetto del raggiungimento del "niente" è una espressione convenzionale per indicare quella condizione mentale nella quale ci si astrae dal complesso delle preoccupazioni, ansie e stress che strutturano la nostra esistenza e si ottiene gradualmente una condizione di rilassamento profondo.

    Personalmente, l'ho praticato da quando ero molto giovane e trovo che aiuti molto nel controllo del dolore, nel contrasto dell'insonnia, nel superamento delle ansie, ecc., non da ultimo nel favorire la resistenza respiratoria, sia nelle pratiche sessuali che nell'aumento della capacità di immersione in apnea.
    Praticarlo durante un elettrocardiogramma consente di verificare la capacità di controllo delle pulsazioni cardiache.
    Il controllo del dolore ottenibile con pratiche di rilassamento può ridurre la necessità di sedazione in determinate evenienze di interventi medico-chirurgici (in questo senso ne ho avuta prova in diverse occasioni).

    Non sempre riesce dietro semplice comando mentale. Occorre talvolta accettare di essere travolti dall'ansia, dalla paura, ecc. e poi riemergere in una condizione di riflessione più calma e vigile, che consente di avviare la procedura che ciascuno elabora, a modo suo, per raggiungere una condizione di rilassamento soddisfacente (che non è detto che sia sempre quella profonda).

    Non essendo basata su dogmi filosofici, ogni essere umano fa quello che può e, spesso, può fare molto, ovviamente non realizza miracoli.

    Se qualcuno vuole capire in termini generali, in cosa consista tale tecnica può andare a leggersi l'articolo sul link:
    https://www.lifegate.it/person…autogeno_lasciarsi_andare.

    P.
    (----------:)-------------)

    Ogni cosa umana ha un inizio ed una fine: il lavoro finisce, l’amore muore, l’esistenza arriva alla fine, eppure ci affanniamo a considerare eterne cose e sentimenti che non lo sono e soffrire per la loro caducità. Irrazionalità umana, per fortuna.

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