Non tutti possono farcela e, ad un certo punto, credo sia - oltre che inutile -crudele spingere le persone a lottare procurandogli ulteriori sofferenze, prolungando la loro agonia.
Bisognerebbe, come società, avere il coraggio di ammettere che certe vite, volte irrimediabilmente all'infelicità, sono solo tortura per chi le vive ed offrire una via d'uscita discreta e dignitosa, come atto compassionevole.
Non è per niente facile arrivare al suicidio, anche per una persona che ha perso fino all'ultima speranza perchè l'istinto di sopravvivenza ti travolge di paura della morte, aggiungendo dolore al dolore.
Visto che la selezione naturale è legge di natura, visto che comunque la società opera una sua selezione seguendo il principio della sopravvivenza del più forte, dovrebbe allora togliersi quella maschera ipocrita ed agevolare il processo senza creare ulteriore sofferenza a chi è destinato all'eliminazione.

Incoraggiare, in molti casi, è accanimento inutile e crudele
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Scusa Asia..farcela a fare cosa? Quali sono i parametri per cui una vita va bene e un'altra No? Chi li dovrebbe stabilire?
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oltre alla domanda che pone fran chiederei....perchè "delegare" o "incolpare" la società per cose che si decidono nel proprio intimo?
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I parametri li stabilisce la persona stessa, infatti sono soggettivi. Una persona dovrebbe avere almeno un motivo per alzarsi alla mattina, qualunque esso sia.
La riflessione che pongo rispetto alla società è di offrire la possibilità di porre fine, dignitosamente e delicatamente, a quelle vite fatte solo di infelicità, anzichè incoraggiare ad andare avanti persone che, di fatto, ha già eliminato.
La decisione deve essere del singolo certo, libera e consapevole, però chiunque di noi abbia pensato e provato a progettare un suicidio sa bene che razza di pena sia e quanto sia difficile trovare il coraggio. Per cui la società ha le sue regole e non ha colpa se nascono tot individui inadatti alla sopravvivenza sociale, però evitare loro anni di sofferenze finchè la morte naturale sopravvenga, sarebbe un atto di civiltà. -
Se si parla di suicidio assistito in caso di malattia assolutamente incurabile o di una condizione di oggettiva sofferenza irreversibile sono d'accordo. Tu mi sembra però che voglia ampliare il discorso e quel riferimento alla "sopravvivenza sociale " non mi piace molto.
Tanta gente pensa al suicidio, alcuni lo tentano. Tra questi c'è anche chi a posteriori ringrazio di non aver portato a termine la cosa.
Anche io ci penso sai, e se mi conoscessi ti stupiresti perché probabilmente mi vedresti come un vincente.
Selezione? ....mi spiace lo so che va di moda, ma io sono più vecchio e ti dico che non è necessariamente una gara. -
alcune settimane fa una ragazze mi disse che voleva morire perché....aveva il ciclo abbondante e il fastidio per lei risultava insopportabile e veramente invalidante. Il "preferirei morire " che disse non era uno sfogo, era veramente sentito e sofferente.
Tu Asia cosa avresti detto a questa ragazza? -
Io non posso stabilire il peso dei problemi altrui, per cui se una persona stabilisce che la sua vita è fonte solo di sofferenza, vorrei avesse modo di porre fine alla sua sofferenza addormentandosi dolcemente.
Perché dovrei voler vedere la sofferenza altrui, o mia, prolungarsi per anni e anni? -
Lo stabilisce e sa che è per sempre? Tranne le situazioni previste laddove c'è il suicidio assistito la vita può cambiare continuamente e ciò che ci appare ineluttabile durare un battito di ciglia. E non lo dico per filosofeggiare, ma perché l'ho vissuto. La mia vita è stata rivoltata come un calzino varie volte in male, ma anche in bene. E sono una persona molto ordinaria.
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Molte persone hanno pensato, anche solo una volta nella vita di farla finita ( io stessa ci ho pensato diversi anni fa ), ma poi si sono ricredute. A meno che una persona non abbia una malattia incurabile, dalla quale è assolutamente impossibile guarire, deve sempre pensare che può cercare una soluzione ai suoi problemi, che la sua infelicità potrebbe essere momentanea.
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ciao......concordo pienamente quanto postato da Fran235. Il problema, secondo il sottoscritto, è da individuarsi nello scegliere il termine "fine" in base alla gravità di una patologia. Io rientro tra quelli che ha già fatto "testamento biologico" perchè credo che anche nella morte ci vuole dignità. Inoltre sono iscritto all'AIDO, ADMO etc. perchè in caso di morte per altri motivi voglio donare quanto più si possa. Questa è la sofferenza fisica ma non quella psichica che come ben sai quando colpisce una persona esula dalla sua volontà..........sono due realtà ben distinte e separate..........
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