Vivere da aspettatori o da protagonista

  • Mi capita spesso di restare a osservare la vita degli altri , non provo invidia anzi, sono uno stimolo. Per migliorami , fin da piccolo guardavo dalla finestra i ragazzi che giocavano nel campo, avevo un desiderio di uscire e andare a giocare con loro ma qualcosa mi bloccava, "insicurezza" . Arrivato a 33 anni mi ritrovo a vedere gli altri li vedo pieni di interessi o indaffarati io li fermo a guardare , nessuno mi blocca o mi limita , e come non voler agire a furia di evitare si crede che sia la soluzione migliore invece , non fa altro che ingrandire un problema inesistente. Ora sono stufo di fare lo spettatore ma qualcosa dentro di me mi blocca e un muro invisibile fra me e la vita. Sono stato anche io protagonista ma sono entrato in scena solo per brevi momenti il dolore piu grande e accorgersi di non essere protagonista della propria esistenza. Avete consigli se vi ritrovate con questo disturbo . Ciao e garzie

  • Mi ci sono trovata dopo aver finito gli studi. Ho fatto un enorme sforzo di volontà, cercando di cambiare scenario, di proiettarmi mentalmente cercando di vedere a cosa sarei arrivata se fossi rimasta nell'abulia più totale, e poi vedendo invece che cosa sarebbe cambiato se avessi avuto il coraggio di cambiare. E' andata bene, ho scelto la seconda ipotesi anche se il senso divuoto , nei periodi di stress o sfortunati, riaffiora....

  • Ti posso capire molto bene, purtroppo.... Penso sempre che tutto debba partire da me, che devo acquisire maggiore autostima e fiducia in me,e poi tutto andrà da sè. Ma se anche ci riesco per un breve periodo, poi l'insicurezza torna sempre,e siamo punto e a capo....

    Cosi come si provocano o si esagerano i dolori dando loro importanza, nello stesso modo questi scompaiono quando se ne distoglie l'attenzione. -Sigmund Freud-

  • E' come essere nati aquile e aver passato la vita a terra, a guardare il volo degli altri, convinti di non poter essere in grado di fare altrettanto.
    Nel mio caso è perché le ali mi sono state legate per tanto tempo. Poi i lacci si logorano e si sciolgono, ma ormai ci si è abituati a stare con gli occhi rivolti all'insù, e sentirsi così diversi dai propri simili.
    Ho ancora adesso la sensazione di non essere capace di prendere in mano la mia vita, ma con molta onestà verso me stessa sono giunta alla conclusione che sono io a non volermene immischiare ora. Quando si fa l'abitudine a starsene in disparte, poi non si è capaci di attivare il meccanismo salva-vita che ci permette di cambiare le cose quando si dovrebbe. Spero che la laurea, quando arriverà, mi porterà la possibilità di essere responsabile di me e solo di me, e di farmi percepire il ventaglio di possibilità che mi si para davanti nella maniera più ampia possibile, e magari qualcosa pian piano cambierà. Io la penso così, non si "disimpara" un'abitudine come questa in poco tempo. Bisogna assumersi il carico della propria esistenza un passo alla volta, evitando di lasciarsi spaventare dal peso. Si comincia dalle piccole cose, un nuovo interesse magari, per arrivare pian piano a quelle più grandi, un viaggio di alcuni mesi all'estero da soli per esempio. E poi si riparte. Ma sono ancora in corsa, non garantisco il risultato. :D

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