Io e la Settima Arte- il Ritorno di Melvin

  • The Wolf of Wall Street è un film del 2013 diretto e prodotto da Martin Scorsese, con protagonista Leonardo Di Caprio, anche produttore, nei panni di Jordan Belfort, uno dei broker di maggior successo nella storia di Wall Street, negli anni 80
    La pellicola segna la quinta collaborazione tra Martin Scorsese e Leonardo DiCaprio[1].
    Il film è l'adattamento cinematografico dell'omonimo libro autobiografico scritto dallo stesso Belfor
    Sui social ne work negli ultimi giorni sono due gli argomenti che vanno per la maggiore.
    Gli elogi per la straordinaria interpretazione di Di Caprio e l’intramontabile talento di Scorsese alla regia ed i continui ed incessanti paragoni con Wall Street di Oliver Stone
    Se sul primo punto, pur non condividendo lasciamo al singolo spettatore il legittimo e sacrosanto diritto di “enfatizzare”, dissentiamo invece nettamente sul secondo.
    Oliver Stone con Wall Streeet ha raccontato magistralmente un’epoca, il pensiero e le azioni di una generazione.
    Scorsese ha voluto sottolineare invece la degenerazione e gli abusi di un periodo.
    Michael Douglas incarnò il cinismo, il fascino e l’ambizione di un popolo che sognava una possibile El Dorado.
    Di Caprio, seppure bravo, è caricaturale e fastidioso nella foga di raccontare gli eccessi e il carisma del suo personaggio.
    Gli Anni Ottanta hanno sconvolto gli usi e costumi del mondo.
    Sono nel entrati nel nostro vocabolario parole come: Aids e Cocaina
    The Wolf piace, ma non convince fino in fondo.
    Le tre ore di film pesano perché la sceneggiatura più che raccontare , descrive.
    Lo spettatore “subisce” parolacce, sesso, droga, ma fatica a trovare il filo rosso della storia.
    Il ritmo è frenetico, nevrotico come il protagonista.
    I dialoghi sono “urlati”.
    Se in Wall Street, Charlie Sheen rappresentava l’alter ego di Douglas.
    In Wolf, un brillante e convincente Jonan Hill, socio nel film, completa Di Caprio.
    Due le scene che meritano d’essere ricordate:
    Il colloquio iniziale tra un’ ancora ingenuo Di Caprio e il mentore Matthew McConaughey e l’esilarante, ma stesso tempo drammatico gag tra Di Caprio ed Hill, drogati persi.
    Wall Street ha segnato un epoca ed è diventato un cult per molti.
    The Wolf of Wall Street è un buon film, nulla di più
    Più che un lupo, in fondo era un micio in cerca d’affetto, almeno per noi.

    I Frankenstein è un film del 2014 scritto e diretto da Stuart Beattie, con protagonista Aaron Eckhart.
    La pellicola è tratta dall'omonima graphic novel di Kevin Grevioux, ispirata alla creatura del celeberrimo romanzo Frankenstein di Mary Shelley.
    Quando scelgo un film da vedere, leggo le critiche degli esperti, ma di solito non mi faccio influenzare.
    Su Frankenstein, il giudizio di bocciatura era unanime.
    Ieri sfidando la fredda notte romana , sono andato per capire se i critici fossero stati eccessivi.
    Non sono contrario alle rivisitazioni in chiave moderna e/o dark di fiabe e leggende.
    Negli ultimi anni sono stati fatti anche dei buoni lavori:Biancaneve, Hansel e Gretel per citare gli ultimi casi.
    Ma mentre vedevo Frankenstein, una certezza prendeva forma:anche i grandi attori americani devono pagare le rate del mutuo.
    Aaron Eckart è un’attore che ci piace, ma stavolta è davvero indifendibile.
    Il suo Frankenstein introspettivo e sofferto non convince per nulla.
    Il mito di Frankenstein viene fatto a pezzi con una storia risibile e stentata.
    Il “nostro eroe” si trova in mezzo a una guerra lunga secoli tra Gargoyle e Demoni.
    Entrambi i contendenti vogliono eliminare Frankenstein , ma nello stesso tempo lo considerano un “prodigio”.
    Se la sceneggiatura latita, i dialoghi sono nulli.
    Gli effetti speciali che di norma in questi film danno almeno sazio all’occhio dello spettatore, sono” modesti “ e”scolastici”
    Perché andare a vedere Frankenstein, di mercoledi?
    Due parole: Yvonne Strahovski, la scienziata Terra nel film.
    La “fidanzata” di Dexter si conferma oltre essere una bella donna, un’attrice interessante.
    Nel marasma del film, la sua interpretazione regala un sussulto allo spettatore.
    I “veri mostri” sono certi produttori e sceneggiatori, che nella speranza di sbancare il box office, dimenticano che il cinema prima d’ogni cosa è Arte.
    Forse questo Frankenstein, diventerà un cult, magari pagherà qualche rata di mutuo agli attori e produttori, ma allo spettatore resterà la sensazione che i “veri mostri” sono altri.

  • Gian Mauro Costa, Alicia Giménez-Bartlett, Marco Malvaldi, Antonio Manzini, Francesco Recami inCarnevale in giallo.
    La Sellerio ci ha preso gusto, dopo Natale e Capodanno, arrivano i racconti ambientati a Carnevale.
    Alcuni dei sue migliori talenti, ci regalano delle storie con protagonisti i personaggi che gli hanno reso famosi
    Pedra Delicado e Femin, Massimo e i vecchietti del Bar Lume ,come sempre, divertono e coinvolgono.
    Barlett e Malvadi ci regalano suspense e ironia in egual misura tra diavoli e pizzo in “salsa pisana”
    Barcellona e la Pineta sono ormai luoghi familiari
    Amaro e forte il racconto di Manzini , storia di una vendetta attesa per trent’anni, con il vice questore Schiavone, cinico e disilluso, ormai prossimo al trasferimento ad Aosta
    I racconti di Costa e Recami, seppure ben scritti e lineari, sono un punto meno interessanti.
    Gli inquilini della Casa Ringhiera restano comunque figure pirandelliane.
    Enzo Baiamonte, elettricista di nascita, ma detective per vocazione, suscita simpatia e tenerezza
    La Sellerio si conferma una casa editrice innovatrice e sempre di primo livello.
    Ci aspettiamo a questo punto, la sorpresa di Pasqua..

    Racconti di parallela quotidianità di Laura Rapicavoli edito dall’associazione culturale “Akkuaria”
    Laura è una talentuosa autrice ed attrice di teatro , questo è il suo esordio come scrittrice
    I vari tipi di amore sono raccontati con eleganza ed efficacia.
    La sensualità è raccontata in maniera semplice, ma con passione.
    A mio parere molto intenso è l'episodio del sacerdote anche padre.
    Non mancano anche i momenti "comici".
    La penna di Laura descrive il mondo dell'amore e la sue varie sfaccettature in modo unico ed coinvolgente.
    Leggerlo regala belle emozioni.
    I racconti sono molto cinematografici, viene spontaneo legare un racconto a un film.
    La Rapicavoli è sulla carta una “esordiente”, ma in vero mostra la disinvoltura di una veterana.
    Pochi esordi, rimangono impressi nella mente, questo è un caso, da non perdere per chi ama essere “talent scout” di talenti.

  • Ti ho sposato per allegria è una commedia in tre atti del 1964 di Natalia Ginzburg.
    Nel corso degli anni ci sono stati vari adattamenti della commedia oltre che nel 1967 un film di Luciano Salce con Monica Vitti nel ruolo di protagonista e con Giorgio Albertazzi,
    Questa volta è il turno di Piero Maccarinelli mettere in scena l’opera in due atti con Chiara Francini ed Emanuele Salce.
    Ti ho sposato per allegria è una commedia che ti fa riflettere con il sorriso sugli usi e costumi di un’epoca ormai passata.
    La sceneggiatura anche se scritta in maniera semplice e chiara, evoca temi delicati e complessi come l’aborto, matrimonio e divorzio
    La Francini è Giuliana una giovane ragazza di provincia dell’Emilia, che scappata di casa a 17 anni , spera di trovare fortuna e l’amore in città.
    E’ una ragazza ingenua e vitale, sfortunata in amore e senza prospettive lavorative.
    Ad una festa incontra Pietro(Emanuele Salce), un “tranquillo” avvocato, e dopo una appena settimana decidono di sposarsi.
    La storia si sviluppa attraverso le emozioni e pensieri della neo coppia sul matrimonio e sul loro “nuovo status”
    Conoscevo la Francini per ruoli comici interpretati in fiction e film
    Ruoli spesso“sopra le righe”, a volte esuberanti ed in altri casi “bonariamente” provocanti.
    Ieri mi ha “stupito” positivamente per il garbo ed eleganza con cui ha interpretato Guliana.
    Il primo atto si basa in larga parte sul suo”quasi” monologo” di vita, interrotto con ironia ed efficacia dalla cameriera Vittoria (Anita Bartolucci).
    La Francini riesce a tenere alta la tensione e l’attenzione dello spettatore raccontando anche momenti amari e melanconici con la giusta ironia.
    Il secondo è più divertente e scoppiettante grazie all’ingresso della “suocera” magistralmente interpretata da Giulia Weber.
    Gli scambi tra suocera e nuora sono ficcanti ed esilaranti
    E’ una commedia molto femminile. Ci vengono descritte varie tipologie di donne.
    L’uomo ha un ruolo secondario, quasi sornione. Salce con la sua interpretazione ne coglie l’essenza.
    La Francini e il resto del cast superano la prova a pieni volti.
    Lo spettatore alla fine dello spettacolo si pone due domande:Chi sia veramente Lamberto Genova e se soprattutto nel 2014, nonostante l’egoismo dilagante , il matrimonio per allegria sia ancora possibile.
    Ti ho sposato per allegria risponde al secondo quesito, ed anche solo per questo merita d’essere visto.
    Alla Sala Umberto fino al 2 febbraio.

  • TUTTO SUA MADRE È un film di Guillaume Gallienne.
    Con Guillaume Gallienne, André Marcon, Françoise Fabian, Nanou Garcia, Diane Kruger.
    Fino ad ieri pensavamo che solo Pedrò Almodovar potesse permettersi di parlare dell’omosessualità e della “diversità” al cinema.
    Ci sbagliavamo.
    Guillaume Gallienne con la sua prima opera autobiografica ed acclamata dalla critica francese, ci racconta la mentalità e i costumi della borghesia parigina e ci apre una nuova prospettiva su questi temi
    Guillame è un ragazzo sensibile e molto legato alla figura materna.
    La sua famiglia lo tratta come “un diverso” non riuscendo a capirne la sua vera essenza.
    Lui stesso si “sente” donna in un corpo di un uomo.
    Il rapporto con padre è difficile, privo di qualsiasi di comunicazione.
    I fratelli lo deridono per la sua”eccentricità”.
    La figura materna oscilla tra freddezza ed eccessiva protezione
    Il film tratto da un monologo teatrale, ne porta i pregi e i difetti.
    Guillame racconta sé stesso e il rapporto con sua madre con tratti leggeri e ironici, ma con un linguaggio e tempi poco cinematografici.
    La sceneggiatura è lineare, ben scritta, scorrevole anche se i dialoghi non sono particolarmente incisivi.
    Divertenti il cameo di Diane Kruger nella veste d’estetista e le scene alla visita militare.
    A rendere interessante il film, è la forza espressiva del protagonista e l’abilità d’essere figlio e madre insieme.
    Il film è una dichiarazione d’amore per le donne.
    La sessualità è un tema delicata oggi, specie tra i giovani.
    Gay, etero, bisex sono tutte etichette dateci dalla società e dalla famiglia.
    Il finale bordeline non convince fino in fondo, lasciando lo spettatore perplesso
    Tutto sua madre può essere utile per tutti quelli che considerano la sensibilità, una “malattia” da curare.

  • “La gente che sta bene” è un film scritto e diretto da Francesco Patierno, con Claudio Bisio, Diego Abatantuono, Margherita Buy, Jennipher Rodriguez.
    Ancora una una volta i produttori e sceneggiatori italiani in perenne crisi di creatività, attingono a piene mani nella letteratura .
    Nel caso specifico dal libro onomino di Federico Baccamo edito da Marsilio.
    Il protagonista è Umberto Dorloni(Claudio Bisio) un’ ambizioso avvocato cinquantenne in un’importante studio legale.
    Sposato con Carla(Margerita Buy)e con due figli, la sua vita scorre via tra affari e impegni mondani, nonostante la crisi.
    Improvvisamente la sua “serena” vita, prende una brutta piega, con un brusco licenziamento dopo un’affare saltato.
    La moglie inoltre gli comunica una nuova gravidanza.
    Sembra tutto perso per il protagonista, quando a una cena incontra Patrizio Azzesi( Abatantuono), cinico e spregiudicato avvocato che gli propone un nuovo lavoro in una multinazionale.
    Bisio farà anche la conoscenza della moglie di Abatantuono, la sinuosa Morgana (Rodriguez)
    Il film racconta il travaglio interiore del protagonista e le scelte che sarà chiamato a fare in seguito a drammatici accadimenti.
    Non lasciatevi ingannare dal titolo , “La gente che sta bene” è un film amaro, crudo.
    Patierno ci racconta quanto sia effimera e vacua la nostra società.
    Ben diretto e recitato, la parte debole è nella sceneggiatura e nei dialoghi.
    Il film parte bene, ma poi si perde strada facendo, diventando lento e prevedibile.
    Bisio, e in particolare Abantuono, danno una discreta profondità ai loro personaggi .
    La Rodriguez, anche se con chiari limiti strutturali, riesce a rendere credibile il personaggio della “terza moglie” annoiata e problematica.
    La Buy è “la solita” donna malinconica e stressata credibile.
    Una volta ci si chiedeva se anche i commercialisti avessero un’anima.
    Patierno, con il suo finale ci dà la risposta sugli avvocati.
    Alla fine del film, invece rimane allo spettatore la sensazione di un film dignitoso, ma senz’anima.





    “I segreti di Osage County” è un film del 2013 diretto da John Wells, basato sulla pièce teatrale di Tracy Letts “August: Osage County”, vincitrice del Premio Pulitzer.
    Con Meryl Streep, Julia Roberts:,Ewan McGregor, Chris Cooper, Julianne Nicholson, Juliette Lewis, Sam Shepard.
    Ci sono film americani che arrivano in Italia preceduti dalla gran cassa dei media che in qualche modo ti invogliano ad andare al cinema.
    Il trailer, in vero, fa capire che il film non si tratterà di una commedia .
    Ma comunque dovete armarvi di pazienza ed essere forti nello spirito per poter assistere alla proezione
    Osage County ,almeno per me, è la risposta americana al bel film danese di qualche anno fa “Festen”.
    Entrambi film parlano di nuclei familiari e delle ipocrisie e segreti che si coltivano in essi.
    Se in Festen, l’occasione per svuotare l’armadio “dagli scheletri” era un’anniversario, in Osange County è il suicidio del patriarca della famiglia Weston(Sam Shepard) a scatenare i parenti serpenti.
    Ma, se Festen nella sua drammaticità è incalzante ed vibrante, Osange County si bea nella parola ben costruita e ricercata del testo, annoiando alla fine lo spettatore.
    La critica ha tessuto grandi elogi per le interpretazioni di Merly Streep e Julia Roberts, che hanno fruttato due nominations agli Oscar.
    Sono indubbiamente due grandi attrici. Hanno ruoli difficili.
    Madre contro figlia, che si confrontano aspramente e che si rinfacciamo delusioni e cattiverie di una vita.
    La sceneggiatura è sicuramente ben scritta e complessa , ma appare pesante e troppo “teatrale” per i ritmi cinematografici.I dialoghi non sono fluidi.
    Lo spettatore fin dalla prima scena, è immerso nell’atmosfera cupa e densa di malinconia della casa
    Il resto del cast è sicuramente all’altezza del compito.
    La scena che sicuramente più vivace ed interessante del film è il pranzo post funerale.
    La forza dei dialoghi e la bravura degli attori , su tutti la Streep, rendono “elettrica” una scena statica di per sé.
    La Roberts dimostra d’invecchiare bene, anche se il dubbio di botox rimane.
    Tutte le famiglie hanno qualche scheletro nell’armardio.
    La famiglia Weston si sgretola ed implode nel dolore.
    Il finale è in linea con la cupezza del film, ma nonostante tutto non convince.
    Non bastano grandi attori e un discreto testo per fare un buon film, Osange Couty è l’ennesima conferma di questa regola non scritta del cinema.

  • Braccialetti Rossi è una miniserie TV italiana diretta da Giacomo Campiotti, tratta da un format spagnolo
    Va in onda su Rai Uno ogni domenica sera dal 26 Gennaio, con crescente consenso di pubblico specialmente sui social network.
    Ambientato in un’ ospedale pugliese, i protagonisti della storia non sono né medici né infermieri, ma pazienti, tutti giovanissimi, uniti nella sfortuna, ma pronti a darsi una mano l’uno con l’altro.
    La voce che ci accompagna nelle vicende del gruppo, è quella di Rocco, sfortunato bambino in coma.
    Basterebbe solo questo per sottolineare “la diversità” di questa fiction.
    Rai Uno per una volta ha buttato il cuore oltre l’ostacolo e ha rischiato scegliendo attori “quasi” sconosciuti, ma di talento.
    Tra i ragazzi spicca, Aurora Ruffini, per la convincente interpretazione della ragazza anoressica
    Gli attori” big”(Carlotta Natoli, Laura Chiatti, Giorgio Colangeli)hanno ruoli di secondo piano o se vogliamo dire di contorno rispetto ai protagonisti
    Braccialetti Rossi racconta come questi ragazzi affrontino la quotidianità con coraggio , consapevolezza ed allegria, nonostante la malattia.
    Il linguaggio usato dagli sceneggiatori è semplice ed chiaro.
    E’ una fiction indirizzata ad un target giovanile, ma merita d’essere vista anche dagli adulti
    L’Auditel, al momento, sta premiando la scommessa della Rai.
    Ospedale, cancro, anoressia sono temi che generalmente la fiction italica rifiuta.
    Braccialetti Rossi rompe questi tabù con delicatezza ed efficacia.
    La colonna sonora , molto bella, è stata realizzata da alcuni importanti cantanti:Laura Pausini, Emma, Vasco e Francesco Facchinetti.
    C’era il rischio di sconfinare nel buonismo e nella retorica melensa, ma i protagonisti sono riusciti ad essere credibili.
    L’augurio che Braccialetti Rossi posso aprire la strada ad altre fiction “diverse”
    Gli autori e gli attori ci sono, basta solo il coraggio di crederci.
    La fiction non è solo un Medico in Famiglia o Don Matteo, ora possiamo dirlo oltre che pensarlo.

    Belle e Sebastien è un film di Nicolas Vanier., con Félix Bossuet, Tchéky Karyo, Margaux Châtelier, Dimitri Storoge, Medhi El Glaoui.
    Quando un paio di settimane fa vidi per la prima volta il trailer , in cuor mio, temevo l’ennesima operazione nostalgia in salsa francese.
    Il cartone animato è per la mia generazione, un vero cult.
    Per i pochi “ignoranti”, Belle è un bellissimo cane bianco salvato dai cacciatori dal giovane Sebastien.
    Nascerà tra loro una bella e forte amicizia, tra lo stupore degli adulti.
    Il film è ambientato in Francia nel pieno della seconda guerra mondiale.
    E’ stata davvero una sorpresa in positivo. Il fim scorre via con delicatezza e armonia.
    I paesaggi sono i coprotagonisti della storia.
    L’esordiente Felix Bousset si muove sulla scena con il piglio di un veterano.
    La simbiosi con Belle è davvero perfetta.
    Anche il resto del cast si comporta egregiamente.
    Il “cane” Belle a tratti, buca lo schermo, per quanto è bravo.
    Lo spettatore avrebbe voglia di abbracciarlo.
    Ben diretto da Vanier anche la sceneggiatura nella sua semplicità funziona.
    Dialoghi essenziali, ma toccanti.
    Piacevole anche la colonna sonora
    Belle e Sebastien ci parla d’amicizia, d’amore e di come le apparenze spesso ingannano.
    Dopo averlo visto, avventurarsi nel dire che un attore recita come”un cane”, vi sembrerà inopportuno, per il cane.
    Belle e Sebastien va visto, non solo per l’amarcord, ma soprattutto perche è un buon film.

  • RoboCop è un film del 2014 diretto da José Padilha.
    Il film è il remake di RoboCop - Il futuro della legge (1987) e rebot dell'omonimo franchise.
    Tra gli interpreti principali figurano Joel Kinnaman,Gary Oldman, Michael Keaton, Samuel L. Jackson e Abbie Cornish.
    I remake come spesso le ciambelle non vengono con il buco.
    Gli americani amano rinverdire i loro” miti” per farli amare alle nuove generazioni.
    Alex Murphy è un giovane e capace poliziotto, vittima di un’ incidente quasi mortale.
    Una spericolata società di robotica e un ‘ambizioso scienziato decidono di creare Robocop, fusione tra uomo e macchina, il “moderno Centauro”
    Il Robocop del 1987 diretto da Paul Verhoeven segnò un’ epoca e il genere della fantascienza.
    Era una “lucida” visione del futuro e di come la tecnologia avrebbe preso il sopravvento e come gli uomini sarebbero stati “dipendenti” dalle macchine.
    Il film aveva al suo interno tante tematiche etiche e filosofiche.
    Il Robocop del 2014 esprime la necessità di sicurezza dell’uomo in un epoca segnata dalla violenza e dalla paura
    Se il primo Robocop faceva riflettere oltre ad entusiasmare, quello di oggi non scalda il cuore e non libera l’immaginazione dello spettatore.
    Il protagonista d’oggi Joel Kinnaman non regge il confronto con Peter Weller.
    Klinnam non riesce a dare un’anima a Robocop come fece Weller.
    La sceneggiatura è banale e retorica. L’intreccio non decolla e i dialoghi sono di poco respiro
    Nonostante il cast di grido, i personaggi appaiono caricaturali e noiosi.
    Solo Samuel L Jackson nel ruolo del presentatore televisivo cinico e feroce, funziona ed è credibile.
    Non si sentiva il bisogno di questo remake
    In un epoca di dubbi, teniamoci stretti “i cult”, pochi , ma salde certezze.


    “Smetto quando voglio” è un film di Sidney Sibilia, prodotto dalla Fandago di Domenico Procacci e da Matteo Rovere e distribuito dalla 01 Distribution.
    Interpreti: Edoardo Leo, Valeria Solarino, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero de Rienzo, Pietro Sermonti, Neri Marcorè
    Sceneggiatura: Andrea Garello, Valerio Attanasio, Sydney Sibilia.
    Ogni intanto il cinema italiano batte un colpo di creatività.
    Esistono quindi registi e sceneggiatori di talento nel nostro Paese: bisogna solo cercarli e, soprattutto, crederci.
    Un plauso alla Fandago e a Rovere per il fiuto che hanno avuto come talent scout
    “Smetto quando voglio” è un film attuale, amaro, divertente, ironico.
    L’esordiente Sibilia riesce a mescolare tutti questi ingredienti con naturalezza , semplicità e talento.
    La sceneggiatura è fluida e coerente con la storia, mai banale.
    I dialoghi strappano più di una risata allo spettatore in sala.
    Unico rilievo, forse, nella seconda parte il film perde un pò di ritmo.
    Vi chiederete se è possibile ridere del dramma del precariato e dell’atavico ritardo italico nella ricerca e innovazione, Sibilia ci dimostra che è possibile.
    Sette ricercatori brillanti rifiutati dall’Università e costretti a umili lavori per sopravvivere si inventano “spacciatori” per cambiare vita.
    Tutto il cast è meritevole d’elogio.
    Di Leo e soci raccontano con bravura la figura del “Cervello in bolletta”.
    Azzecata la scelta di Marcorè, nel ruolo del “cattivo”
    Mi permetto una menzione in più per Valeria Solarino .
    Brava e bella allo stesso tempo. E’ maturata come donna ed attrice.
    Convincente il finale, forse amaro, ma con quella giusta dose d’ironia che lascia allo spettatore la convinzione che un tempo la laurea spalancava le porte del mondo, oggi al massimo spalanca le porte di un call center.

  • Dallas Buyers Club , tratto da una storia vera,è un film del 2013 diretto da Jean-Marc Vallée.
    La pellicola vede come protagonisti Matthew McConaughey , Jared Leto e Jennifer Garner.
    Il film ambientato in Texas nel 1985 ha come protagonista Ron Woodroof( McConaughey) un rude e omofobo cowboy dedito all’alcool, alla droga e al sesso sfrenato.
    La sua vita cambia radicalmente, quando si scopre malato di Aids, malattia “solo” dei gay secondo i pregiudizi e l’ignoranza dell’epoca.
    I medici li danno solo 30 giorni di vita.
    Woodroof dopo l’iniziale scoramento, decide di lottare per la sua vita e cerca disperatamente una cura.
    Farà amicizia con Rayon(Leto), un gay tossicodipendente e con la Dr. Eve Saks (Garner)
    Insieme apriranno “un club” per i malati di Aids, fornendo cure alternative e più efficaci rispetto a quelle ufficiali.
    Woofroof, smentirà le “cassandre mediche”” e vivrà ben oltre i 30 giorni.
    Il film si regge sulla straordinaria e magistrale interpretazione di Mattew McConaughey.
    Per anni siamo stati abituati a vederlo in commedie leggere nel ruolo del bellocio e del latin lover,.
    In questo film la trasformazione anche fisica è impressionante.
    McConaughey riesce a dare anima e corpo a un personaggio “politicamente scorretto”
    Lo spettatore segue con pathos e coinvolgimento la sofferenza e la malattia del protagonista.
    Degna spalla di Mc Conaughey è Jared Leto. Il suo “Raynon” è un mix di dolcezza, perdizione e solitudine
    La sceneggiatura è scarna, semplice, ma ben scritta.
    Vallèe dirige con bravura ed intensità.
    Il film, specie all’inizio è brutale e forte, tiene alta l’attenzione dello spettatore.
    Il linguaggio è colorito, spinto, scorretto.
    I dialoghi descrivano bene la mentalità e l’ignoranza che c’era in America sull’ Aids negli anni Ottanta.
    “Dallas buyers club” non è semplicemente un film sull’ Aids o contro l’omofobia, ma soprattutto una denuncia sul mondo delle case farmaceutiche e di quante speculazioni vengano fatte sulla pelle dei malati.
    Woodroof non è un personaggio positivo, non cambierà le sue idee, ma si rende conto a sue spese, quanto siano spietati i pregiudizi.
    Il finale piace, perché nonostante non sia melenso e scontato , comunque regala calore e speranza.
    Un film da vedere, per le ottime prove degli attori, per i contenuti e soprattutto per dire no all’ignoranza e alla superficialità dilagante.

  • A proposito di Davis è un film diretto e sceneggiato da Joel ed Ethan Coen e con protagonisti Oscar Isaac, Carey Mulligan, Justin Timberlake, John Goodman e F. Murray Abraham,
    Il film ha partecipato in concorso al Festival di Cannes 2013, dove ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria.
    Il film si ispira alla vita del cantante folk Dave Van Ronk, attivo a New York negli anni sessanta.
    Probabilmente i fratelli Coen ci hanno abituato bene con la loro creatività inesauribile e capacità di raccontare storie diverse e uniche, ma a mio avviso, stavolta con questo film non convincono.
    A proposito di Davis non scalda né il cuore né sollecita particolari riflessioni.
    Una bella e intensa colonna sonora non è sufficiente a fare bello un film.
    La sceneggiatura appare debole e priva di mordente.
    Davis è un giovane uomo con il sogno di sfondare come solista cantante folk, dopo la tragica scomparsa del partner.
    I Coen si concentrano sul protagonista, lasciando poco spazio agli altri personaggi, poco tratteggiati.
    Davis (Oscar Isaac) è un sognatore malinconico, ma soprattutto un ragazzo con una vita privata turbolenta.
    I dialoghi sono freddi e noiosi.
    Il film ha poco ritmo e lo spettatore non riesce ad entrare in empatia con i personaggi.
    Le scene più convincenti e riuscite sono quelle in cui sono protagonisti John Goodman e F. Murray Abraham, perché credibili ed esilaranti nei loro personaggi.
    Il finale lascia allo spettatore, l’amaro in bocca e un sensazione di un film abbastanza inconcludente.
    A proposito di Davis è vietato a chi crede ancora alla forza dei sogni, almeno per me.

  • Boss in Incognito è un programma televisivo,ideato e prodotto dall’ Endemol, che va in onda su Rai 2 dallo scorso 27 Gennaio, condotto da Costantino della Gherardesca.
    Il format può essere considerato l’antitesi di The Apprentice, il fortunato programma condotto da Flavio Briatore su Sky Uno.
    Se in The Apprentice, i concorrenti sgomitano per avere il consenso finale del “Boss”Briatore per ottenere un importante posto di lavoro, sottoponendosi a dure prove di selezione, in Boss in Incognito, il protagonista è, invece, l’imprenditore stesso che decide di mettersi “incognito” nella sua azienda per scoprirne le eventuali“magagne”.
    Il Boss, sotto mentite spoglie, per una settimana ha la possibilità di conoscere gli altri impiegati e le loro vite ed “assaporare” la dura realtà lavorativa.
    Con la scusa di un reportage, le telecamere seguono il “Boss” nel suo lavoro.
    Alla fine della settimana, il Boss convoca nel suo ufficio i vari impiegati per premiare i meritevoli, svelando la sua vera identità .
    Costantino della Gheradesca è la convincente ed ironica voce narrante del programma.
    Gheradesca è molto cresciuto “artisticamente” dalle prime apparizioni televisive con Chiambretti.
    Segue il Boss con partecipazione ed entusiasmo.
    E’ una presenza discreta, mai invadente.
    Il programma è divertente, a tratti volutamente commovente.
    Lo spettatore partecipa con trasporto alle vicende del Boss e alle reazioni stupite degli impiegati, una volta scoperto “l’inganno”.
    Gli autori hanno, forse, solo il demerito di perdere un po’ di autenticità e di scivolare nella “fiction” nei colloqui finali tra Boss ed impiegato.
    La regia si mostra all’altezza del programma.
    Boss in incognito è un programma diverso e per certi aspetti innovativi.
    Un evento da registrare per la nostra televisione generalista.
    Se Briatore ci insegna come fare impresa, Boss in incognito ci spiega come fare impresa anche con il cuore.
    Boss in incognito,ogni lunedì sera su Rai 2.


    Sconosciuti va in onda ogni sera alle 20 su Rai 3.
    Partito in sordina, il programma nel corso delle settimane ha conquistato le simpatie del pubblico.
    Il titolo del programma è di per sé chiaro.
    In ogni puntata viene raccontata la storia del protagonista o di una coppia qualunque.
    Storie, in apparenza “normali”, ma che in realtà hanno qualcosa di straordinario.
    Spesso il destino ha messo il protagonista in una situazione complicata o drammatica, dalla quale sarà capace d’uscire e d’avere la forza per ricominciare.
    Sconosciuti usa un linguaggio semplice, ma allo stesso tempo suggestivo ed evocativo.
    Gli autori, ovviamente, mettono al centro la storia e ne esaltano le pecurialità.
    Un difetto del programma, probabilmente, è un livello di buonismo, a volte, stucchevole.
    Resta comunque un programma che regala una boccata di positività allo spettatore, dopo una giornata magari sofferta e complicata.
    Un merito non da poco, per una TV spesso volgare ed aggressiva.

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