Il biglietto d’acquistare per “Walking on sunshine” è 4)Ridotto
“Walking On Sunshine” è un film del 2014 diretto da Max Giwa eDania Pasquini, scritto da Joshua St Johnston con Annabel Scholey, Hannah Arterton, Giulio Berruti, Katy Brand, Greg Wise.
L’estate sta finendo cantavano i Righeira nel 1985. È ormai tempo di rimettere nell’armadio costumi, sandali e asciugamani e sospirare pensando agli amori estivi.
L’Italia, nonostante tutto, è il Bel Paese amato dagli stranieri, anche facciamo di tutto per farli scappare.
Il nostro Mezzogiorno è una miniera d’oro mal sfruttata e ci sono luoghi che non hanno nulla da far invidiare alle famigerate isole tropicali.
Se qualcuno avesse qualche dubbio e se soprattutto appena rientrato in città soffrisse di melanconia estiva, il mio modesto consiglio è di vedere questo film.
È un musical, un film che noi italiani, popolo snob, definiremmo di serie B, ma che gli inglesi come gli americani sono invece a rendere un prodotto comunque godibile.
Ambientato nella bella e solare Puglia, lo spettatore conosce la giovane Taylor (Arterton) che nell’estate del 2011 sta consumando un intesa e passionale storia d’amore con Raf (Berruti) sulle dorate spiagge pugliesi. Nonostante l’amore, la precisa e scrupolosa Taylor abbandona Raf per iniziare l’università. Il Destino, sornione e bastardo, fa tornare la protagonista tre anni dopo sul “luogo del delitto” per andare a trovare l’estroversa sorella Maddie(Arterton) che le comunica l’inaspettata decisione di sposarsi. La sorpresa diventa stupore, quando Taylor scopre che il futuro sposo è Raf.
Iniziano così una divertente serie di gag e equivoci romantici con il sottofondo di belle e coinvolgenti canzoni degli anni 80.
Taylor ,nonostante l’impegno, si scopre ancora innamorata di Raf e come tutte le storie d’amore che si rispetti, il finale non può non essere che a lieto fine.
Se la sceneggiatura sicuramente non brilla per originalità e creatività, ha comunque il merito di scivolare via con semplicità e armonia. I dialoghi seppure banali e scontati riescono comunque a divertire.
La Puglia con i suoi suggestivi paesaggi e la colonna sonora sono sicuramente i punti di forza del film che catturano l’attenzione dello spettatore e in particolare sollecitando occhi e orecchie.
Non conoscevo il cast, probabilmente conosciuti in patria, ma si dimostrano all’altezza del ruolo, dimostrando professionalità e freschezza nell’interpretazione.
Onore a merito per Giulio Berruti, canticchia, balla,e recita in inglese con discreti risultati al di là della nota bellezza fisica.
La regia anche se molto televisiva, grazie al contributo di un efficace e talentuosa fotografia, riesce a dare un buon e costante ritmo alla pellicola ed esalta al meglio le qualità del cast.
L’estate sta finendo, ma alla fine della proezione, lo spettatore non potrà non fischiettare sorridendo “Walking on Sunshine”
“Donne” è un libro scritto da Andrea Camilleri e pubblicato da Rizzoli lo scorso agosto.
Per tre anni il mio psichiatra, lo Splendente, mi ha dato del “Madonnaro”, sostenendo che la mia vita ha sempre ruotato intorno alcune figure femminili.
“Senza donne, sei imploso Vittorio” diceva lo Splendente. Amo e rispetto le donne. Mentre leggevo“Donne” mi chiedevo sorridendo cosa avrebbe detto lo Splendente di Camilleri.
Il lettore lo vede ora vecchio, con la sigaretta sempre in mano, lucido, battagliero nelle battaglie civili e politiche, ricco di verve creatività, ma credo che mai avrebbe immaginato che l’uomo Camilleri fosse “Madonnaro” e nello stesso tempo” fimminaro”.
Camilleri e le Donne è una storia lunga una vita. Una vita fatta di momenti reali, raccontanti, letti e forse immaginati.
Lo scrittore siciliano ci racconta quanto le figure femminili abbiano influenzato e condizionato la sua vita.
Il libro è un dettagliato elenco di donne più o meno importanti che hanno colpito l’anima dell’uomo prima ancora che il cuore e gli occhi.
Donne forti, dotate di grande personalità, ma nello stesso tempo capaci di amare e stare affianco al proprio uomo con una forza e passione unica.
Il lettore non può sorridere per il primo innamorato o le iniziali pulsioni sessuali del giovane Camilleri. I ricordi d’infanzia e d’adolescenza sono scanditi oltre che dalla guerra, da alcune donne misteriose o venute dal “continente”. Non mancano i tributi ad alcune donne che fanno segnato la Storia e la letteratura come Antigone,Nefertiti e Beatrice. Personalmente mi hanno colpito di più le donne comuni, forse di umili origini, che Camilleri incontra lunga la vita, ma che hanno in vero una straordinaria forza interiore e la loro anima risplende di una bellezza accecante e coinvolgente.
Camilleri raccontando di queste donne, racconta se stesso e le sue esperienze ed emozioni con un stile confidenziale e spontaneo, quasi come se fosse un diario. Un “diario” che comunque appassiona e diverte il pubblico con divertenti aneddoti e riflessioni ironiche e sagaci tipiche dell’autore.
Il lettore con questo libro conoscerà sicuramente meglio l’uomo Andrea e non potrà non fare, a sua volta, un elenco anche se solo mentale delle donne della propria vita , tra un sospiro e un sorriso magari malinconico.
Già chissà se pure lo Splendente, uomo da 500 donne conquistate, farebbe questo elenco..
“La testa ci fa dire- Dialogo con Andrea Camilleri” è un libro di Marcello Sorgi e pubblicato nel 2000 dalla Sellerio.
A volte scopriamo un libro per caso, su consiglio di un amico o perché il Destino ha voluto così.
Nel mio caso il Destino ha avuto le sembianze della Signora Cavalotto, gentile proprietaria della omonima e bella libreria sita a Catania. Qualche settimana fa avevo tentato un timido “corteggiamento” per il mio “Essere Melvin” e invece mi sono ritrovato tra le mani questo libro, che era sfuggito alla mia Camilleri dipendenza. La Signora Cavallotto mi fece notare, con giusta soddisfazione ,d’essere stata menzionata dallo stesso Camilleri per un presentazione fatta nella sua libreria.
Così ho scoperto questa lunga intervista o sarebbe meglio dire chiacchierata tra siciliani intercorsa tra Marcello Sorgi e Andrea Camilleri.
Il libro racconta “il fenomeno Camilleri scrittore” del lontano 2000. Il lettore se da una parte non può sorridere perché 14 anni dopo non si può più parlare di fenomeno, ma di consolidata realtà. Dall’altra non si può non essere colpiti da come l’Italia e la sua società non sia cambiata molto, aihme, in questi anni
È sicuramente una lettura interessante, per chi ancora non conoscessel’uomo Camilleri e fosse curioso di conoscere le origini dello scrittore siciliano e soprattutto la sua storia professionale.
Sorgi porta il lettore con bravura ed eleganza nel mondo di Camilleri, fatto di ricordi, aneddoti e riflessioni di vari genere.
Conosciamo le donne, le passioni e l’ardore politico dell’uomo. Scopriamo il primo Camilleri, brillante autore teatrale e televisivo.
Apprendiamo con curiosità l’origine dell’amato Montalbano.
Come spesso accade, le carriere più importanti nascono per caso e cosi avviene la stagione del Camilleri scrittore. Iniziata su spinta dell’amico Sciaccia e poi dell’illuminata editrice Elvira Sellerio, in breve tempo il passa parola porterà Camilleri ad essere un caso letterario.
Il libro è anche un omaggio alla Sicilia e al modo pensare dei siciliani.
“La testa ci fa dire” è un libro sempre attuale e con la scusa di parlare di Camilleri, conosciamo e apprezziamo un mondo che probabilmente non c’è più e sicuramente ricordiamo ,con nostalgia ,la vecchia lira, quando con 13000 mila lire comprava un libro.
Io e la Settima Arte- il Ritorno di Melvin
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Il biglietto d’acquistare per “ I nostri ragazzi” è:1)Manco regalato 2)Omaggio 3) Di pomeriggio 4)Ridotto 5)Sempre
“I nostri ragazzi” è un film del 2014 di Ivano De Matteo, scritto da Valentina Ferlan e Ivano De Matteo, prodotto da Rodeo Drive e Rai Cinema. Con: Alessandro Gassman, Luigi Lo Cascio, Giovanna Mezzogiorno, Barbora Bobulova , Rosabell Laurenti Sellers, Jacopo Olmo Antinori
I figli so pezzi de core dicono a Napoli
Per un figlio, un genitore farebbe di tutto. L’amore materno è più forte, Re Salomone docet.
Eppure tra genitori e figli si parla sempre di meno. Sono sempre più due mondi distinti e separati.
L’incomunicabilità è l’elemento distintivo della famiglia 2.0
“I nostri ragazzi” presentato all’ultimo festival di Venezia ha riscoss un buon successo di pubblico e critica, ed è in odore di premi.
Dopo “Gli Equilibristi”,il regista De Matteo si conferma un autore di talento e attento alle dinamiche familiari e della nostra società.
Il film , ambientato a Roma, inizia con una storia di ordinaria follia, quando due automobilisti litigano a un semaforo, con tanto di sparatoria finale e omicidio davanti a un minorenne.
Attraverso questa tragico episodio di cronaca nera, lo spettatore fa la conoscenza con i veri protagonisti della storia: due fratelli Paolo(Lo Cascio) e Massimo(Gassman),il primo chirurgo e il secondo avvocato. Apparentemente uniti, ma nella sostanza diversi e in conflitto. Paolo è un uomo ironico, posato,rigoroso e innamorato della moglie Chiara, anche lei ironica, madre apprensiva e teledipendente.
Massimo è invece un uomo cinico, edonista e con pochi scrupoli nel fare il suo lavoro. Rimasto vedovo, ha come seconda moglie l’affettuosa, ma effimera Sofia(Bobulova).
La vita della due coppie procede tranquilla secondo scontati binari, come la mensile cena al solito ristorante, fino a quando i loro “ragazzi” :Benedetta(Laurenti) e Michele (Antinori), giovani annoiati,ricchi e con una coscienza costruita anche a guardare video violenti sul web, non decidono una sera d’aggredire e picchiare a morte una barbona per strada senza alcun motivo.
Scoprire il lato oscuro dei loro figli, sconvolge ovviamente le due coppie e soprattutto prendere atto quanto poco li conoscano, gettandoli nel dramma oltre che nel dolore.
Lo spettatore segue lungo il film l’evoluzione del dolore dei genitori e soprattutto l’approccio e gestione del problema, assistendo anche al cambiamento di prospettiva e personalità dei due fratelli rispetto all’inizio, di fronte alla scelta se proteggere o meno i propri figli.
La sceneggiatura è ben scritta, fluida, a tratti angosciante, ma carica di pathos e molto coinvolgente e attenta a cogliere i cambiamenti psicologici dei personaggi, evidenziando le diverse prospettive.
I dialoghi sono ben costruiti, secchi, forti e contribuiscono con forza alla carica emotiva del film.
La regia convince nella capacità di delineare i vari personaggi, dando ad ognuno un tono e uno spazio grazie a un attento ed efficace uso dei piani sequenza. Il ritmo non è sempre costante, forse ha dei momenti più statici, ma ciò non rende meno avvincente il plot narrativo.
Difficile fare una scala di valori e di meriti sul cast. Sono tutti meritevoli d’elogio e di un plauso.
La coppia di fratelli composta da Gassman e Lo Cascio è ben assortita e trasmette allo spettatore, la profonda differenza di valori e di visione del mondo che li divide. Riescono a dare con talento ai loro personaggi un’anima una personalità complessa e ricca di sfumature.
Giovanna Mezzogiorno e Barbora Bobulova , entrambe di una bellezza matura , sono perfette nel ruolo delle moglie cosi diverse, ma entrambe forti ed intense.
Una menzione particolare mi permetto di darla alla giovane Rosabel Sellers Laurenti, conferma d’essere un una stellina in crescita. Ha talento, bellezza e personalità. La scena tra lei e Gassman nel finale, è di una bellezza agghiacciante, grazie alla bravura d’entrambi.
L’unica vera pecca del film è quella d’essersi preso i contributi pubblici come opera d’Interesse nazionale, onestamente non se ne sentiva l’esigenza.
Il finale “aperto” è bello nella sua drammatica e imprevedibilità, lasciando al pensieroso spettatore uscendo dalla sala la drammatica domanda “Cosa saremmo disposti a fare per i nostri ragazzi?” -
Il biglietto d’acquistare per “Arance e martello” è : 3)Di pomeriggio
• “Arance e martello” è un film del 2014 scritto, diretto e interpretato da Diego Bianchi ,prodotto dalla Fandago e Rai Cinema, con: Giulia Mancini, Lorena Cesarini, Francesco Acquaroli,Luciano Miele,Ludovico Tersigni.Emanuele, Grazioli,Antonella Attili,Stefano Altieri, Ilaria Spada,Giorgio Tirabassi.
Una chance non si nega a nessuno. Il cinema è l’industria dei sogni e a volte di miracoli.
Non tutte le ciambelle vengono con il buco. Diego Bianchi dopo aver vinto le scommesse professionali come blogger, opinionista e aver avuto il merito di aver creato il gioiello e fenomeno televisivo“Gazebo”, ha tentato l’exploit anche al cinema usando i suoi talenti ed esperienze.
Stavolta per il simpatico nostalgico comunista l’operazione non è riuscita pienamente.
“Arance e Martello” è la versione cinematografica di Gazebo, avendo però a disposizione degli onesti e capaci attori che per la critica potrebbero essere definiti di seconda fascia.
Il film è ambientato a Roma nella calda e complicata estate del 2011, quando lo spread era diventata la parola più in voga sotto l’ombrellone degli italiani e il governo Berlusconi stava per entrare nell’ultimo chilometro di vita e nella opinione pubblica la nausea da politica era ai massimi livelli. Eppure al quartiere a San Giovanni, il vero problema è il rischio chiusura del mercato. I commercianti alla notizia della delibera comunale sono sul piede di guerra, sedotti e abbandonati dalla Destra, cercano il sostegno della sezione PD del quartiere. Inizia cosi una grottesca e a tratti surreale giornata di politica e poi di lotta nel quartiere. I dirigenti PD dopo un accaldato dibattito non si dimostrano all’altezza del compito e così i commercianti furenti decidono d’occupare la sezione per attirare l’attenzione dei media e del sindaco. Nonostante gli sforzi e l’ardore dei bottegai l’esito dell’occupazione non porterà gli effetti sperati.
Diego Bianchi sceglie di raccontare una Roma verace e indolente attraverso gli uomini e le donne di un mercato di un quartiere storicamente di sinistra. L’uso del dialetto romano, seppure simpatico, incide alla fine sulla fruibilità e godibilità del film, rischiando di diventare di difficile comprensione sopra la linea gotica.
Se la prima parte del film è frizzante, divertente e particolare con le interviste di Diego tra i vari banchi del mercato, dove emerge l’ironia e l’indolenza romana, invece nella seconda parte la struttura narrativa si sfalda, diventando caotica e confusa. La sceneggiatura ha sicuramente un elemento originale e un’iniziale freschezza, ma perde poi d’ incisività e interesse, cadendo in stereotipi regionali e politici così facendo scemare l’attenzione e coinvolgimento del pubblico.
L’esordio di Bianchi alla regia è nel complesso dignitoso:brillante nella prima parte e arruffato nel finale. “Arance e martello” è’ un prodotto di respiro più televisivo che cinematografico, con evidenti limiti nella struttura narrativa, ma capace comunque di strappare qualche risata al pubblico in sala
E’ un film corale, dove l’intero cast si muove con talento ed efficacia nel rappresentare e raccontare un mondo particolare e umorale. Bianchi ha il merito di metterli in scena tirando fuori da tutti il meglio, riuscendo almeno nella prima parte a garantire un buon livello comico .. Una menzione particolare la merita Ilaria Spada per il ruolo della “ricercatrice” sui generis.
Lo spettatore, forse un po’ assonnato alla fine, raccoglie almeno in parte il messaggio del film svegliandosi e prendendo atto che almeno a Roma con Francesco Totti, l’ideologia non è finita. -
Ci si accorge d’essere vecchi o comunque non in linea con le mode e con la pancia del Paese anche da quali programmi non si vedono in TV. Ieri sera, con notevole ritardo ho scoperto su Rai 2 Pechino Express e ho preso atto d’essere un teledipendente “old style”.
Gli echi di Pechino Express, giunto alla terza edizione, erano arrivati alle mie orecchie, ma da vero snob mi ero rifiutato di vedere l’ennesimo reality, con “i morti di fama”.
Ebbene ieri sera dopo pochi minuti d’attenta visione con occhio e mentre con l’altro scrutavo i compulsivi tweet del pubblico mi sono reso conto del mio errore.
Per prima cosa “Pechino Express” non è un reality show, non c’è nessun televoto alla fine della puntata per decidere chi eliminare. Ogni puntataè registrata ed è se vogliamo proprio definirlo è un “road reality”.
Condotto brillantemente da Costantino della Gherardesca, già corrente alla prima edizione, lo spettatore è catapultato nell’affascinante e misterioso Oriente.
“Pechino Express” ha l’obiettivo di far scoprire un mondo sconosciuto, ricco di tesori naturali e non a una platea che difficilmente li vedrebbe dal vivo.
I concorrenti composti da coppie, forse in parte “morti di fama” e sicuramente costretti dalla rata di mutuo, si mettono in gioco in quest’avventura al limite delle loro forze fisiche e mentali.
I viaggiatori non vengono solo dallo show business, ma anche dalla società civile e dalla “strada”.
Così ieri sera abbiamo conosciuto le varie coppie:gli Eterosessuali, i Benestanti Le Cattive, gli Sposini, i Coreografi, i Fratelli, le Immigrate, le Cougar.
Nessuno è veramente “famoso”, se ci eccettua le popolari Eva Grimaldi e La Pina, ma in poco tempo gli altri “protagonisti” mi sono diventati familiari coinvolgendomi nelle loro disavventure.
Le regole sono poche e chiare: i viaggiatori hanno a disposizione un euro al giorno e per muoversi possono chiedere solo passaggi e per dormire devono chiedere ospitalità.
Le telecamere seguono con un ritmo costante e avvolgente le vari fasi della gara, mostrando le difficoltà, sfoghi e reazioni dei viaggiatori in continuo rapporto con i locali e soprattutto con la incantevole natura.
Anche se in differita, le emozioni bucano lo schermo e trasportano lo spettatore in una realtà diversa e unica. Non si può non tifare, ridere e sostenere gli sforzi dei viaggiatori.
Ieri sera il popolo di Twitter ha già cominciato a stilare le classifiche dei più concorrenti cool e si sono già delineate le fazioni.
Seppure sia già la terza edizione, il programma conserva freschezza , brillantezza e innovazione, riuscendo a coniugare insieme intrattenimento e divulgazione.
I testi sono ben scritti, diretti e coinvolgenti grazie a una regia che riesce a sfruttare al massimo le meraviglie naturali con puntuali t e opportune sequenze e primi piani.
Costantino Della Gherardesca si muove con eleganza e ironia, riuscendo con i giusti tempi a rompere il pathos della gara. E’ in continua crescita artistica.
Con “Pechino Express” abbiamo due certezze:E’ ancora possibile fare un programma diverso,rock e originale sulle reti generaliste e che finalmente l’agricoltura può recuperare le braccia perse per strada.
I viaggiatori devono arrivare a Balì e anche i teledipendenti più pigri e indolenti non potranno almeno con il pensiero accompagnarli e sostenerli, perché dopo “Pechino express”, l’Oriente diventa di casa.
Stasera alle 21 10 su Rai due il viaggio continua.
Un assassino nell’Ombra è un libro scritto da Manuela Dicati, auto pubblicato nel Gennaio 2014 e disponibile anche sulla piattaforma Amazon.
Quando si scrive un libro un momento difficile è scegliere il titolo, ma sicuramente è più complesso per l’autore e casa editrice capire come lanciarlo sul mercato e in quale genere inserirlo.
Si dice che in questo momento in Italia si vendono solo certi generi: romance, paranormal e fantascienza. Così la creatività dell’autore è sfruttata e il lettore è costretto a sbadigliare per la pochezza dell’offerta. Ho conosciuto Manuela Dicati nella veste di blogger e ne ho subito apprezzato lo stile e la sensibilità per come raccontava i libri degli altri esordienti.
Così incuriosito, le ho chiesto quale suo libro mi consigliava per conoscere anche le doti della scrittrice.
La scelta è ricaduta su questo libro presentato da Amazon, nonostante il titolo, come romance.
La protagonista della nostra storia è Michela, giovane donna di 26 anni, co proprietaria di un elegante ristorante a Firenze con l’amica Chiara e neo inquilina in un tranquillo stabile.
La sua vita sembra in apparenza felice e serena, quando un ladro tenta d’entrarle in casa in pieno giorno. Tentativo sventato dal suo vicino di casa, Gabriele Vittori, burbero ispettore di polizia.
Lo spiacevole episodio diventa galeotto e i due giovani in poco tempo si scoprono attratti e reciprocamente innamorati. Ben presto la vita di Michela viene sconvolta,perché dopo il furto, viene aggredita e in seguito rischia la vita in un drammatico incidente automobilistico. Vittori e il suo coraggioso collega Raffaelle inizieranno la caccia al misterioso e sanguinario Killer che pur di realizzare i suoi scopi, non esita a uccidere e compiere devastazioni. L’indagine è complessa e articolata, Gabriele scopre il doloroso passato di Michela, vittima di violenze fisiche e psichiche da parte di un ex fidanzato, un corrotto avvocato.
Michela è ovviamente segnata dal suo passato e solo grazie all’amore di Gabriele troverà la forza per liberarsi dei suoi fantasmi e del dolore. Una storia d’amore che stravolge anche il mondo del rude Vittori, fino ad allora impegnato solo con il suo lavoro e in relazioni di poco conto.
Il libro alterna e mescola con efficacia romanticismo e azione, riuscendo a tenere alta e costante l’attenzione del lettore. Lo stile di Manuela è semplice, diretto e appassionato. La struttura del romanzo convince dando spunto nel complesso a un buon pathos narrativo.
Personalmente ho apprezzato l’elemento thriller su quello romance e ritengo che Manuela dovrebbe insistere e specializzarsi nel settore. La capacità di dare profondità e anima ai suoi personaggi, lascia vedere un talento inespresso. Il romance ne limita le qualità e nel particolare emoziona solo a tratti.
Il finale è incalzante e coerente con la storia, regalando la giusta dose d’emozione.
“Un assassino nell’Ombra” è il giusto romanzo per chi vuole passare una serata a sognare, ma senza cadere nel melenso -
“Colpa delle stelle” è un libro del 2012 scritto da John Green e pubblicato in Italia dalla Rizzoli.
Fino a due settimane fa non conoscevo John Green e non sapevo nulla del “fenomeno” Colpa delle Stelle che ha stregato e commosso milioni di lettori.
Come al solito “ho recuperato” rapidamente vedendo prima il film e ora leggendo il libro.
E’ difficile stabilire cosa sia più bello e intenso dei due. Entrambi colpiscono e avvolgono il lettore/spettatore in un mondo pieno d’emozioni e riflessioni.
Il film si differenzia poco dal libro,i pochi cambiamenti nella sceneggiatura sono nel complesso accettabili e condivisibili.
Raramente la trasposizione cinematografica di un libro risulta convincente e vincente.
Spesso lo spirito del libro viene tradito per amore del botteghino e per discutibili gusti e interessi del produttore.
Perché uno spettatore diversamente ignorante come il sottoscritto, dovrebbe leggere pure il libro?
Domanda legittima e la risposta per quanto possa risultare stucchevole e disarmante è questa: Colpa delle stelle va anche letto per commuoversi e pensare, se possibile, con maggiore profondità e forza.
Colpa delle stelle è nello stesso tempo una storia d’amore, di morte, dolore e speranza.
Un libro anche se rivolto al pubblico giovanile, tocca in vero le corde emotive anche dei più grandi.
Il cancro è la nuova peste, quando “entra” nella vita di una famiglia, ne distrugge l’equilibrio e l’armonia per sempre.
L’autore raccontandoci la storia d’amore di Hazel e Augustus, giovani, malati e innamorati, accompagna il lettore in questo girone dantesco di sofferenza e dolore attraverso gli occhi e soprattutto il cuore dei protagonisti. Hazel è una ragazza di 16 anni, ma la malattia l’ha fatta maturare e diventare donna presto. Non ha i sogni e i capricci delle sue coetanee. È consapevole del suo destino, aiuta e sorregge i suoi stessi amorevoli genitori in questo viaggio senza ritorno.
L’incontro inaspettato, con Augustus, il volto dell’ottimismo e della positività nonostante tutto, la porta a vivere dei momenti unici e soprattutto a provare sentimenti impensabili.
Il libro ci mostra come gli adulti vivono e reagiscono alla malattia dei loro figli, senza censurare la paura della perdita.
Augustus non teme la morte, ma bensì l’oblio. L’oblio spaventa e inquieta. Il ricordo è forse l’unica eredità che lasciamo nel nostro passaggio in questo mondo.
Lo stile di Green è caldo, diretto, semplice. Le sue parole sono evocative e spingono il lettore ad immaginare le scene lette. Davvero toccante la scena del bacio tra i protagonisti nella casa di Anna Frank. Il libro seppure nel suo finale tragico è un invito alla speranza. Il lettore insieme ad Hazel comprende davvero che la forza dell’amore è l’unica ed indelebile segnale che l’uomo può lasciare sulla terra. Amare e farsi amare resta un privilegio di pochi e se nel momento dell’addio avrai qualcuno che ti stringerà la mano, non potrai non dire alla tua compagna sorridendo”Okay, sono pronto”.
Il biglietto d’acquistare per “Sex Tape” è :1)Manco regalato 2)Omaggio 3)Di pomeriggio 4)Ridotto 5)Sempre
“Sex Tape” è un film del 2014 diretto da Jake Kasdan, scritto da Kate Angelo, Nicholas Stoller,Jason Segel, Con Jason Segel, Cameron Diaz, Rob Lowe e Jack Black.
Che differenza c’è tra “Fare l’amore” e “Fare sesso ?”
I romantici mi risponderanno sospirando che si fa l’amore con la persona amata, invece l’edonista ridendo e magari accendendosi la sigaretta sosterrà che l’unica differenza è avere un rapporto con o senza profilattico.
Due visioni diverse e antitetiche, ma entrambi probabilmente vere. Ma sia i romantici che gli edonisti quando smettono di desiderare il proprio compagno e guardano il sesso come una cosa noiosa e da evitare?
La riposta più vicina alla verità, potrà dartela una coppia sposata da anni e con figli:la routine e il mutuo tolgono ogni fantasia e distruggono il desiderio.
Occorre quindi cercare di riaccendere la fiamma e inventarsi nuove fantasie.
Il calo della libido colpisce tutti, coppie giovani e non.
Nell’epoca dei selfie compulsivi e dilaganti, ormai la camera da letto non è più un luogo sacro e inviolabile. La “normalità” è riprendersi nell’intimità e magari eccitarsi nel rivedersi dopo.
Siti come youporn e affini sono diventate delle realtà consolidate.
Il film parte da questa considerazione e da un tema di grande attualità (le foto osè rubate a Jennifer Lawrence da un hacker) per raccontare la vita di una coppia di quarantenni Jay(Segel) e Anne(Diaz) innamorati, genitori felici, ma sessualmente insoddisfatti. La loro vita sessuale è piatta, assente, dopo i bollori del college e gli anni del fidanzamento.
Entrambi impegnati nel lavoro e nel crescere i figli, non hanno proprio la forza di cercarsi e desiderarsi come un tempo.
Così una sera, Anne per festeggiare un successo lavorativo propone al marito di riprendersi mentre fanno sesso. L’esperienza se da parte risulta intensa e piacevole, dall’altra provocherà una serie d’imbarazzanti problemi per la coppia. Jay dimentica di cancellare il video che viene, per errore,condiviso agli I POD degli amici. Così la coppia inizia una folle notte per recuperare i vari I POD tra varie gag grotteschi e surreali fino ad arrivare a distruggere i server del sito You Porn.
Il film non decolla quasi mai, arranca tra luoghi comuni e scene abbastanza scontate.
Seppure lodevole l’impegno della coppia Segel- Diaz, non si vede l’alchimia tra i due personaggi.
Recitano un copione senza particolare trasporto e coinvolgimento. Cameron Diaz è una bella quarantenne e lo mostra con generosità in alcune scene, ma non basta a scaldare il pubblico in sala.
La sceneggiatura è monocorde, con rari sussulti comici e il pathos narrativo coinvolge poco lo spettatore. Si contano sulla punta della mano le scene davvero divertenti dove è possibile che scatti una risata.
La regia è senza infamia e senza lode non riuscendo a dare ne complesso al film un ritmo avvincente e convincente.
Menzione particolare per Jack Black nel suo cameo come proprietario del sito You Porn.
Sono sue le scene più riuscite e che in qualche modo raccontano l’essenza del film.
Ci si filma, ci si fotografa per nascondere altri problemi nella coppia.
Tentare di provare un emozione attraverso un video, mostra quanto l’assenza di vere e reali emozioni oggi colpisca tante coppie.
Il finale, riuscito è sicuramente un invito a vivere di più piuttosto che filmarsi. -
Il biglietto d’acquistare per “The Giver, il mondo di Jonas” è:1)Manco regalato 2)Omaggio 3)Di pomeriggio 4)Ridotto 5) Sempre
“The Giver, il mondo di Jonas”è un film del 2014 diretto da Phillip Noyce, adattamento cinematografico del romanzo fantascientifico distopico The Giver - Il donatore di Lois Lowry .scritto da Michael Mitnick,con: Jeff Bridges, Brenton Thwaites, Meryl Streep, Alexander Skarsgård, Katie Holmes, Odeya Rush.
Lo confesso, non amo i romanzi di genere dispotico, non amo le mode e i film a sfondo politico il più delle volte mi annoiano. Personalmente considero le nefandezze della politica superiore a qualsiasi creatività di uno sceneggiatore o scrittore famoso.
Eppure fate uno sforzo e immaginate una società in un futuro non troppo lontano dove la popolazione è divisa in “Comunità” magari dopo un disastro apocalittico che chiameremo “La Rovina”.
Immaginate che gli abitanti di queste “Comunità”siano dei perfetti e inconsapevoli sociopatici.
Le emozioni, la memoria, le diversità sociali, culturali e religiose sono bandite e cancellare dalla mente e dal cuore di ogni singolo individuo.
State immaginando? Bene, queste “Comunità” sono governate dagli Anziani in base a regole rigide, dure e schematiche.
Ebbene se state immaginando siete giunti nel mondo di Jonas(Thwaites), giovane ragazzo che nonostante tutto, sente d’essere diverso e distante dal suo mondo. Ha due cari amici Fiona(Rush) e Asher e una famiglia adottiva ligia alle regole e una madre (Holmes) fanatica e totalmente sottomessa al volere degli Anziani.
Il destino di Jonas si compie nel giorno dell’assegnazione del proprio ruolo nella Comunità. Elder(Streep) Ia leader degli Anziani lo affida alle cure del Giver(Bridges). Jonas diventa così suo allievo, con lo scopo di diventare il nuovo raccoglitore delle memorie. Bridges diventa nello stesso tempo “Il Donatore” e mentore del ragazzo. Per Jonas inizia così un viaggio che lo porterà a conoscere la vera essenza della vita: sentire, ascoltare, provare emozioni. La sua fame di conoscenza, lo porterà a conoscere la bellezza dell’Amore e soprattutto quanto falso e vuoto sia il suo mondo. Un mondo che definisce l’omicidio di bambini malati e vecchi come “Collocare Altrove”.Jonas per amore di un bambino destinato ad essere “Collocato” decide di sfidare gli Anziani e di ridare colore e vita al suo popolo, restituendogli la possibilità di ricordare e provare emozioni.
Il film parte in banco e nero per evidenziare il senso di cupezza e d’oppressione delle scene, per poi diventare colorato per esaltare il cambiamento dell’atmosfera attraverso gli occhi del protagonista.
La sceneggiatura è ricca di metafore e riflessioni filosofiche ben elaborate e sviluppate senza cadere nell’eccessiva retorica .I dialoghi ben costruiti e interpretati riescono a tenere alto il pathos narrativo.
La regia non è particolarmente creativa e incisiva, ma riesce comunque a condurre il film con buon coerenza narrativa e con discreto ritmo. -
Il biglietto d’acquistare per “Senza Nessuna Pietà” è:1)Manco Regalato 2)Omaggio 3)Di pomeriggio 4)Ridotto 5) Sempre
“Senza Nessuna Pietà” è un film del 2014 scritto e diretto da Michele Alhaique. Prodotto da Per Francesco Favino. . Con Pierfrancesco Favino, Greta Scarano, Claudio Gioé, Renato Marchetti, Iris Peynado, Adriano Giannini, Ninetto Davoli.
La vita è un costante bivio. Ogni giorno sei chiamato a fare delle scelte. Non ricordo dove l’ho letto ma la frase mi colpì molto”Attento a non fare mai arrabbiare una persona buona, la sua cattiveria sarà senza limiti”.
Spesso ci lamentiamo che il cinema italiano sia ridotto a fare commedie volgari, natalizie e banali.
Le sceneggiature sembrano fatte con lo stampino, la creatività sembra essersi persa nella selva oscura.
L’esordio in un lungometraggio di Alhaique ha sicuramente il merito di gettare un sasso nello stagno e tenta di muovere l’acqua stagnante.
La critica ha definito questo film un noir all’italiana. Personalmente non sono d’accordo.
Dopo pochi minuti di visione, nella mia mente ho immaginato il cartone“La Bella e la Bestia” ambientato a Roma, quello si in salsa noir.
La “Bestia” è Mimmo(Favino), uomo taciturno, burbero, malinconico, ufficialmente muratore, ma di fatto l’uomo di fiducia di zio Santili(Davoli), vecchio “cravattaro” per recuperare i crediti in qualsiasi modo dai clienti.
Lo spettatore sa poco di Mimmo, la sua vita scorre tra il cantiere e l’opera di riscossione eseguita insieme all’amico maniaco sessuale Roscio(Gioè).
Mimmo sembra a disagio nella sua seconda vita, eppure non protesta mai, obbedisce agli ordini,anche a quelli più sgradevoli del cugino playboy e soprattutto manesco Manuel (Giannini).
L’equilibrio muta, quando Mimmo conosce la sua “Bella”, Tania(Scarano), una sorta di Lolita della Cociaria.
Mimmo ha il compito di portare Tania a casa di Manuel per un festino, ma il nostro protagonista si rifiuta e reagisce.
Picchia selvaggiamente il cugino e scappa con la ragazza. Vi aspettereste una fuga a perdi fiato per fuggire ai sicari del furente zio, ma non è cosi. Mimmo e Tania trovano rifugio da Pilar(Peynado), la colf del primo.
Vivono così la loro breve, intensa e casta storia d’amore con lo sfondo del litorale romano.
La forza del film è sicuramente nel cast. Tutti talentuosi e adeguati al compito.
Favino recita con il corpo, con gli occhi, e con i suoi silenzi. Il suo Mimmo commuove, coinvolge il pubblico nonostante un passato misterioso, immaginando quanto lo abbiamo condizionato.
Favino dimostra come un vero Attore, possa incidere e colpire anche con la pancia e con la barba lunga.
Greta Scarano è cresciuta molto artisticamente dai suoi esordi in un “Posto al Sole”.Ha acquistato esperienza e sicurezza con la fiction “Squadra Antimafia”, dimostrando con il personaggio di Tania, di poter ambire a ruoli diversi e complessi.
Scarano riesce con abilità e bravura nello stesso tempo Lolita una ragazza bisognosa d’affetto, coniugando seduzione, bellezza e dolcezza.
La coppia Favino-Scarano è azzeccata, piace e rende bene l’idea di come gli “opposti possano attrarsi”.
Claudio Gioè conferma la sua versatilità artistica e trasformismo. Riesce a dare ai suoi personaggi “negativi”, un’ anima e uno spessore non indifferente.
Incisivi e meritevoli di un plauso anche Adriano Giannini e Ninetto Davoli nei rispettivi ruoli.
Con il mio amico Guido Vitiello abbiamo spesso discusso su quanto sia necessario che il lettore sappia di una storia in un romanzo, per lui non è sempre necessario raccontare tutto, lasciando spazio alla fantasia .Ebbene una delle criticità di questo film è proprio nella sceneggiatura che nel tentativo di raccontare il minimo indispensabile, finisce per non creare i collegamenti necessari tra i vari personaggi. Non esiste un filo rosso che li unisce, ci sono troppi vuoti e la struttura narrativa ne risente .Lo spettatore può immaginare, il mistero piace, ma anche i più bei noir hanno bisogno di un soggetto definito.
La regia è nel complesso di buona qualità, anche se ha uno stile più televisivo e non riesce a mantenere un ritmo costante per tutto il film. Bravo nell’esaltare le qualità dei singoli attori, ma mostra qualche limite a farne squadra per far compiere al film il salto qualità decisivo.
Il finale cupo e drammatico è coerente con la storia, riesce a trasmettere pathos ed emozione allo spettatore che non potrà non dire alla fine che non sempre le favole hanno un lieto fine. -
"Si alza il vento".
Biglietto: Sempre
"Chi ti ha detto che il film era noioso?" ho chiesto ad una carissima amica a fine proiezione e uno spettatore accanto a me, voce del popolo voce di Dio, non si è trattenuto ed è sbottato "un c∙∙∙∙∙∙e!".
"Si alza il vento" è un capolavoro. Veramente molto poco da aggiungere.
Meraviglioso per le immagini, la colonna sonora, i dialoghi, la poetica, l'affresco di un epoca e di una nazione e contemporaneamente il messaggio senza tempo e senza confini. Questa opera è fatta della materia dei sogni, è ricolma dello slancio della passione e dello sguardo incantato sulla tecnologia.
Franco Battiato in una sua canzone di tanti anni fa dichiarava di stare aspettando "un'ottima occasione per acquistare un paio d'ali e abbandonare il pianeta", ebbene Miyazaki queste ali meravigliose a forme di spina di sgombro le ha trovate e le regala allo spettatore. Quando le luci si riaccendono e si è schiacciati di nuovo sulla Terra si soffre terribilmente, come quando ci si risveglia al termine di un sogno meraviglioso.
Confesso che ho pianto a più riprese. Sono un grande fan dell'autore giapponese ma era dai tempi di "il mio vicino Totoro" che un suo film non mi commuoveva cosi nel profondo. Il suo ultimo film vince tutti i precedenti. Capisco bene che non voglia girarne un'altro. Non è un fatto d'età. Come notava un amico ieri sera dopo avere creato un opera d'arte di questa portata è dura cimentarsi di nuovo con la consapevolezza di quanto si sia alzata l'asticella.
Mi provoca rabbia, grande rabbia pensare che l'ultima opera di un genio come Miyazaki sia rimasto nelle sale solo 4 giorni mentre nel multisala accanto a me era piena di orrendi film stipati di spettatori che invece di innalzare lo spirito si imbarbarivano sempre di più come tribu di suburbani.
Insomma non basta che Kurzweil si sbrighi a regalarci la trascendenza il più presto possibile per fare si che Miazaki abbia tutto il tempo di provare a superarsi ma dobbiamo pure sperare che la primavera torni ad ingentilire questi tempi nei quali viviamo. Se nel film il protagonista si abbottona la giacca prima di essere presentato alla moglie di un conoscente e quando gli fanno la proposta della vita risponde, dopo aver meditato, "mi concedo di accettare", oggi noi siamo immersi in folle che vanno a vedere il Roma Fiction Festival invece come storditi da prodotti di brutta produzione e altissimo consumo. Ma "Le vent se lève!... il faut tenter de vivre" (Paul Valery). Non ci arrendiamo -
Il biglietto d’acquistare per “Un ragazzo d’oro” è: 4)Ridotto
“Un ragazzo d’oro” è un film del 2014 scritto e diretto da Pupi Avati, prodotto da Rai Cinema con:Riccardo Scamarcio, Sharon Stone,Cristiana Capotondi, Giovanna Ralli.
Molti sognano di scrivere, molti si credono scrittori e pochi in vero leggono.
Spesso il rapporto padre - figlio è segnato da liti, gelosie e incomprensioni.
La vulgata racconta dell’amore infinito di un genitore per un figlio, ma dove può arrivare l’amore filiale?
Pupi Avati con “Un ragazzo d’oro” si discosta dal suo tradizionale genere cinematografico per raccontarci una storia d’amore universale, intensa e delicata: quella tra un padre e figlio.
Così lo spettatore conosce Davide Bias (Scamarcio) aspirante scrittore affetto della sindrome ossessiva compulsiva e nella vita di tutti i giorni creativo a Milano in un’agenzia di pubblicità e impegnato in una problematica storia con la bella e insicura Silvia(Capotondi).
Davide è costretto a tornare a Roma chiamato dalla madre, per l’improvvisa morte del padre Achille, modesto sceneggiatore di film, in un incidente stradale Le indagini ben presto accerteranno il suicidio di Achille. Davide ha avuto un pessimo rapporto con il padre. Lo considera un fallito e un pessimo marito e genitore. Durante il funerale conosce Ludovica Stern(Sharon Stone) editrice affascinante e ultimo oggetto del desiderio del defunto padre.
Ludovica rivela a Davide che il padre stava scrivendo un libro di memorie che avrebbe dato all’autore la celebrità negata e perciò lo invita a cercarlo tra le carte dello sceneggiatore.
Davide inizia un viaggio nella memoria e di conoscenza del padre leggendone gli scritti.
La figura paterna che ne esce fuori è completamente diversa da quella che il figlio si era creata negli anni. Così Davide decide di scrivere il romanzo,in realtà mai scritto, per conto del padre. Diventando di fatto un'unica persona
Scrivere questo romanzo per il protagonista diventa un’ossessione, facendo scivolare la sua mente nella spirale senza ritorno delle compulsioni e rituali, avendo smesso di prendere i farmaci per liberare la creatività.
Il romanzo si rivela un caso letterario con la vittoria al Premio Strega, ma Davide crolla mentalmente e viene richiuso in una clinica psichiatrica.
La sceneggiatura è ben scritta, lineare, asciutta, ma comunque carica d’intense emozioni.
Il pathos narrativo e soprattutto introspettivo si sente e si tocca lungo tutto il film, avvolgendo il pubblico. I dialoghi anche se abbastanza scontati e prevedibili non sviliscono la qualità del film.
La regia di Pupi Avati è “old style”, senza particolari guizzi creativi, solida e nello stesso tempo semplice. Conduce la nave in porto con esperienza e sicurezza. Il film anche se ha nel complesso un discreto ritmo narrativo, in alcuni momenti dà la sensazione di staticità e lentezza che non permette allo spettatore di gustarsi fino in fondo la storia.
Sorpresa Scamarcio:Davvero intensa, bella e coinvolgente la sua interpretazione. Il suo Davide è credibile nelle varie fasi del film, riuscendo a far scattare la simbiosi con lo spettatore.
E’ probabilmente la sua migliore prova d’attore, rivelando una inaspettato e notevole scatto artistico.
E’intensa quanto forte Giovanna Ralli nel ruolo della madre. La classe e il talento non hanno età.
Sharon Stone è elegante, fascinosa, ma nello stesso tempo sobria nel ruolo. Entra nel personaggio in punta di piedi e lo rende credibile e con i giusti toni.
Senza lodi e senza infamia la presenza di Cristiana Capotondi.
Il finale del film è molto toccante e forse melenso come può essere una storia d’amore, ma senza cadere nel retorico e ridondante, lasciando al commosso spettatore la sensazione che non è mai troppo tardi per far pace con il proprio padre.
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