Io e la Settima Arte- il Ritorno di Melvin

  • “Un posto al sole “è la prima soap opera interamente prodotta in Italia, nonché la più longeva soap italiana.
    Prodotta da Rai Fiction, FremantleMedia Italia e dal Centro di produzione TV Rai di Napoli, viene trasmessa su Rai 3 da lunedì 21 ottobre 1996[]. Ambientata a Napoli, vera protagonista della soap, non solo con i magnifici paesaggi, ma anche con il suo fascino unico.
    Quest’anno è diventata “maggiorenne”, stabilendo nuovi record d’ascolto.
    La TV, come ho spesso scritto, è la compagna più fedele della mia vita.
    Non mi ha mai tradita, abbandonata o delusa.
    Mi ha fatto conoscere tanti mondi , persone e anche fatto innamorare.
    Il 1996 è stato finora l’anno peggiore della mia vita per motivi personali, eppure quell’anno, qualcosa di positivo è successo.
    Grazie all’intuito di Gianni Minoli, entrò nelle nostre case un nuovo programma tra lo scetticismo di molti.
    “Un posto al Sole” all’inizio andava in onda di pomeriggio per poi conquistare” il prime time”, grazie ai crescenti ascolti.
    Negli anni sono nati tanti forum, fan club e adesso sui social network, veri e propri gruppi d’ascolto.
    E’ difficile definire “un posto al sole” senza scadere nel retorico e nel banale.
    “Un posto al sole” da diciotto anni racconta l’evoluzione dell’Italia e dei suoi costumi, alternando comicità e dramma, ma sempre con garbo.
    Le soap, spesso, hanno il difetto a lungo andare di cadere nel grottesco e nell’inverosimile.
    “Un posto al sole” invece piace perché ha la forza di rinnovarsi sempre, senza perdere freschezza e credibilità nel raccontarsi.
    I detrattori della soap la definiscono come la “Beautiful italiana”.
    In effetti, amori, separazioni, divorzi, morti e nascite si susseguono a gran velocità nelle menti creative degli sceneggiatori eppure lo spettatore ne apprezza le novità e si appassiona sempre più.
    Il pubblico di “Un posto al Sole” è trasversale e diverso:
    Dalla massaia al professionista fino allo studente, almeno una volta hanno trepidato per le vicende di Palazzo Palladini.
    Un nucleo storico di attori presenti fin dalle prime puntate formano la base della storia: Marzio Honorato: (Renato Poggi), Marina Tagliaferri: (Giulia Cozzolino Poggi), Patrizio Rispo(: Raffaele Giordano)Germano Bellavia:( Guido Del Bue), Alberto Rossi: (Michele Saviani) Carmen Scivittaro: (Teresa Diacono), Luisa Amatucci: (Silvia Graziani), Claudia Ruffo( Angela Poggi)
    Nomi sicuramente noti e familiari per molti .Ma non voglio certamente dimenticare anche “le nuove leve” che nel corso degli anni si sono aggiunti e che hanno contributo alla crescita “artistica” della soap :Ilenia Lazzarin (Viola Bruni) Michelangelo Tommaso(Filippo Ferri), Lucio Allocca: (Otello Testa), Marina Giulia Cavalli, ( Ornella Prati Bruni), Riccardo Polizzy Carbonelli: (Roberto Ferri), Luca Turco( Nikolin Reka Poggi), Peppe Zarbo( Franco Boschi).
    L’elenco di guest e di guest star è davvero lungo e non voglio annoiarvi.
    “Un posto al sole” è sicuramente una palestra e fucina di talenti.
    Dalla soap hanno spiccato il volo alcuni dei volti più apprezzati del nostro “star system”
    Solo per fare alcuni esempi: Serena Autieri, Serena Rossi e Claudia Ruffo che sono state protagoniste in diverse fiction, film e teatro.
    Un merito di “Un posto al sole” è anche quello di usare un linguaggio semplice, chiaro, diretto.
    La quotidianità è il punto di riferimento degli sceneggiatori.
    Ogni spettatore, avrà il suo personaggio preferito ed è giusto cosi.
    Personalmente, come avrete capito da tempo, mi piacciono le storie d’amore, e così da tempo soffro di”Lazzarinsmo” acuto
    “Un posto al Sole” unisce le famiglie ed ogni sera regala speranza e fiducia.
    Non male per una soap “appena” maggiorenne.
    “Un posto al sole” dal Lunedì al Venerdì su Rai Tre alle 20.40.










  • “Il Prigioniero della Seconda Strada” è uno spettacolo teatrale di Neil Simon in due atti.
    Prodotto dalla Contrada-Teatro Stabile di Trieste, adattato e diretto da Govanni Anfuso, con Maurizio Casagrande, Tosca D’Aquino, Barbara Folchitto, Adriana Giraldi, Paola Bonesi e Marzia Postogna.
    “Il Prigioniero della Seconda Strada” ha debuttato a Broadway nel 1971 con grande successo e nel 1975 è diventato un film con Jack Lemmon, Anne Bancroft ed Eugene Sacks, prodotto e diretto da Melvin Frank.
    “Il Prigoniero” racconta la storia di Mel Edison(Casagrande), semplice e onesto uomo di mezz’età americano, che si trova dopo 22 anni improvvisamente senza lavoro, causa la crisi economica.
    Per Mel il colpo è, ovviamente, durissimo. Il suo sistema nervoso ne esce provato.
    Fin dalla prima scena il protagonista, in una calda notte estiva, mostra al pubblico tutta la sua inquietudine e nevrosi sfogando la sua rabbia contro il condizionatore mal funzionate.
    La moglie Edna( D’Aquino), affettuosa e preoccupata cerca di stargli vicino.
    Mel, dopo un furto in casa, è costretto a raccontare alla moglie l’amara verità.
    Edna convincerà il marito ad andare in terapia per curasi l’esaurimento nervoso, tornerà a lavorare e chiamerà a raccolta la famiglia di Mel per farsi aiutare.
    “Il prigioniero” è una commedia amara ed attuale . Se il precariato e la crisi economica preoccupano i giovani, sono una tragedia per gli uomini come Mel.
    La sceneggiatura affronta questi delicati temi alternando ironia e malinconia, riuscendo solo in parte ad essere brillante e convincente.
    La regia è essenziale, ma curata e precisa
    Casagrande e d’Aquino, si dimostrano invece all’altezza dei loro talenti.
    La loro “Napoletanità” emerge durante la recitazione e contribuisce a rendere simpatici i personaggi “americani”
    Il primo riesce a trasmettere al pubblico tutta la carica emotiva del protagonista, mostrando come uomo sia “nudo” senza la dignità di un lavoro, prigioniero in casa.
    La seconda è l’adeguata spalla ed il controcanto positivo alla nevrosi del protagonista.
    La coppia funziona, c’è una buona alchimia e i dialoghi seppure scontati, risultano godibili e divertenti grazie alla loro verve
    Il primo atto si può considerare più “ironico” ed il secondo più amaro ed riflessivo.
    Sull’intero spettacolo pesa, a mio avviso, una sensazione di lentezza e di poca freschezza nel raccontare.
    L’ingresso nel secondo atto del resto del cast (famiglia di Mel) ha il merito di rendere la scena più viva e dinamica.
    La storia assume un carattere in qualche modo “farsesco” e regala allo spettatore più di un sorriso.
    Il finale vuole dare speranza e fiducia sul futuro, nonostante tutto.
    Mel può contare su Edna e viceversa. L’amore, per il regista, non si concede crisi e pause.
    Una commedia che vuole essere ottimistica e di questi tempi, è un merito.
    “Il Prigioniero della Seconda Strada” dal 25 Febbraio alla Sala Umberto di Roma.

  • “Non cercami mai più, (ma resta con me ancora un po’)” è un libro dell’esordiente americana Emma Chase ed editto in Italia nel novembre del 2013 dalla New Compton Editori.
    Il protagonista del romanzo è Drew Evans, ambizioso e rampante trentenne, impenitente donnaiolo.
    Un play boy, consapevole del proprio fascino e disposto a tutto pur di portarsi a letto una donna diversa ogni sera.
    La vita di Drew scorre via tra lavoro e donne, senza scossoni quando un giorno incontra a una serata una donna. Ne viene subito colpito per la bellezza e vede in lei da subito, qualcosa di diverso rispetto alle altre.
    Scoprirà qualche giorno dopo che questa “misteriosa” donna, è Katherine Brooks, sua nuova collega di lavoro.
    Katherine oltre essere bella e’ anche intelligente ed ambiziosa. Con Drew saranno subito “scintille” sul lavoro.
    L’attrazione tra i due sarà quasi immediata ed ovviamente dopo le prime schermaglie scatterà la passione.
    Il romanzo così come ve lo ho raccontato finora può apparire come la solita storia romantica scontata.
    In larga parte è cosi, se non fosse, che la Chase in maniera abbastanza originale, fa raccontare la storia direttamente dal protagonista.
    Il linguaggio usato è diretto, semplice ed ironico. L’autrice ci racconta come ragionano ed agiscono “quasi” tutti gli uomini sotto la spinta del desiderio sessuale e dalla conquista.
    Le riflessioni e i pensieri del protagonista in parte divertono il lettore, anche se sono molto stereotipati.
    E’ apprezzabile il tentativo della Chase di descrivere il trentenne d’oggi dedito alla carriera ed a un egoismo di fondo che impedisce di creare un rapporto.
    Il libro scade nella fase centrale, quando l’autrice influenzata dalla “varie sfumature” descrive, a suo giudizio con romanticismo e passione, gli amplessi della coppia, ma che invece al lettore possono dare noia e sbadiglio.
    Il messaggio del libro , è come il vero amore possa far cambiare anche il più incallito ed egoista donnaiolo.
    Il libro perde mordente ed vivacità perché in questo passaggio così importante, perchè l’autrice descrive l’uomo secondo gli occhi e sensibilità di una donna.
    Gli uomini piangono e si disperano per amore e sono pronti a fare follie e rendersi ridicoli per la donna giusta, ma Drew nel farlo non trasmette sentimento , non coinvolge il lettore, ma appare un clichè demodè.
    Il finale è un condensato di stucchevole romanticismo, con un spruzzata di pleonastico“erotismo”.
    E’ un esordio discreto quello della Chase, peccato che si sia perda strada facendo nel racconto.
    Il mondo maschile è complesso quanto quello femminile: liberiamoci dei clichè.
    “Non cercarmi mai più” è consigliato per chi crede che “i discorsi da spogliatoio” non siano solo prerogativa maschile.

  • Una donna per amica è un film del 2014 scritto e diretto da Giovanni Veronesi, con Fabio De Luigi, Laetitia Casta, Adriano Giannini, Virginia Raffaele, Geppi Cucciari, Valeria Solarino, Monica Scattini, Valentina Lodovini
    Il film è stato girato in Puglia, vera coprotagonista del film, con i suoi straordinari scenari.
    Francesco(De Luigi), avvocato, e Claudia(Casta), veterinaria, sono molto amici e affiatati.
    Un giorno nella vita di lei irrompe Giovanni(Giannini), guardia forestale, che la sposa. A quel punto Francesco si accorge che l'amicizia tra uomo e donna è più difficile del previsto.
    Veronesi ritorna al genere romantico a lui più congeniale, dopo la parentesi commedia di “costume” non completamente riuscita con “L’ultima ruota del carro” dello scorso anno.
    Veronesi ci propone un tema vecchio quanto il mondo. E’ possibile l’amicizia tra uomo e donna?
    Il film fin dall’inizio stenta a decollare ed a coinvolgere il pubblico.
    La sceneggiatura non brilla per originalità e freschezza.
    I dialoghi sono spesso scontati e retorici, anche se le “gag” tra De Luigi e la portiera dello stabile sono “linguisticamente” esilaranti.
    La coppia De Luigi- Casta convince poco e non scatta l’alchimia necessaria per raccontare un vero rapporto amicale.
    De Luigi svolge il compito, ma non entusiasma come altre volte.
    La Casta “fa” la Casta, ma alla lunga è stucchevole.
    Sono le altre donne che rendono il film, nel complesso, godibile e divertente.
    Monica Scattini piace nel ruolo della donna saggia e sorniona.
    Geppi Gucciari nel ruolo della donna gelosa e vendicativa, rinchiusa in carcere, dopo aver evirato il proprio uomo,diverte nelle sue accorate “autodifesa” durante i colloqui con De Luigi
    Virginia Raffaele, ancora una volta, si rivela un ‘attrice versatile e duttile. La sua donna “mitraglia”, sono forse i momenti comici più riusciti del film.
    Valentina Lodovini, con la sua bellezza mediterranea si contrappone con successo alla Casta.
    Convincente ed intensa nel ruolo della donna “rifiutata” dal protagonista.
    La Solarino conferma, anche nel ruolo della sorella “sbandata e drogata” della Casta,d’aver raggiunto la maturità artistica. Bella ed intensa allo stesso tempo.
    Giannini, come De Luigi, fa la sua presenza senza grossi sussulti.
    Il finale, meno scontato del previsto, piace perchè Veronesi riesce a coniugare in maniera sapiente malinconia e dolcezza, puntando anche sull’espressività dei due protagonisti.
    “Una donna per amica” è consigliato per chi crede la vera amicizia sia un sentimento più importante di una passeggera passione.

  • “La Bella e la Bestia” è un film di Christophe Gans, con Vincent Cassel, Léa Seydoux, André Dussollier, Eduardo Noriega, Myriam Charleins.
    Ispirato dal romanzo di Madame de Villeneuve del 1740 e poi rivisto nel 1756 da Leprrince de Beaumont.
    Per quei pochi che non conoscono la storia, Belle(Seydoux) è la più giovane figlia di un ricco mercante(Dussollier) che sfortunatamente ha perso in mare tutta la sua fortuna.
    Durante un complicato rientro a casa, il mercante si trova in misterioso castello, pieno d’oro e gioielli.
    Il castello non è altro che la “casa” della Bestia(Cassel), un tempo un bel principe, reso così da una maledizione.
    La Bestia costringe il mercante a uno doloroso scambio: una vita per le ricchezze.
    Belle, coraggiosamente, offre la sua vita. Inizierà cosi la storia d’amore, tra le più belle mai scritte almeno per me, tra i due protagonisti.
    “La Bella e la Bestia” nel corso degli anni è stata raccontata da diversi film, fiction, teatro.
    Nel 1991 la Disney ne ha fatto un film d’animazione cosi inteso e memorabile da vincere due premi Oscar e sfiorare il premio come miglior film.
    Perché vedere, dunque, questa versione francese?
    Sicuramente un buon motivo è per ammirare la bellezza e la bravura di Lea Seydoux.
    Se l’avete vista nella difficile ed intensa interpretazione nella “Vita di Adele”, non potrete non rimanere colpiti dalla capacità di trasformazione dell’attrice.
    Se in “Adele” la Seydoux ci mostrava il suo lato “maschile” e nello stesso tempo ci regalava sensualità pathos
    Con la sua “Belle” coinvolge ed emoziona lo spettatore attraverso il film, con il passaggio da ragazza a Donna quando scopre chi è veramente la Bestia.
    Il candore e nello stesso il coraggio di Belle emergono con forza.
    La paura e diffidenza iniziale nei confronti della Bestia, scompare per far posto al sentimento.
    La coppia Cassel-Seydoux, se riesce almeno in parte a scaldare il cuore, è per merito dell’attrice.
    Cassel non convince da “uomo”, da “Bestia”fallisce l’opportunità di trasmettere attraverso gli occhi, l’anima del protagonista.
    I dialoghi sono scialbi, noiosi e prevedibili.
    La sceneggiatura non ha guizzi particolari.
    La regia, nonostante lo sfarzo dei mezzi a disposizione, non colpisce più di tanto l’attenzione dello spettatore.
    Sontuosa e grandiosa è la scenografia., forse alla fine risultano eccessivi gli effetti speciali.
    Degna di menzione sono le scene di ballo. Fanno sognare e forse sospirare le spettatrici.
    “La Bella e la Bestia” è un invito a scoprire l’amore ed amare senza pregiudizi.
    Questo remake, magari, non resterà negli annali, ma almeno “questa” Belle ha un anima e un cuore e merita d’essere vista..con biglietto a tariffa ridotta.


  • “Snowpiercer” è un film del 2013 diretto da Bong Joon-ho, basato sulla serie a fumetti francese Le Transperceneige di fantascienza post apocalittica. Il film rappresenta il debutto cinematografico in lingua inglese per il regista sudcoreano.
    Il cast è composto da. Chris Evans, Tilda Swinton, John Hurt, Jamie Bell, Song Kang-ho, Octavia Spencered ,Ed Harris.
    Siamo nel 2031, il mondo è sprofondato in una drammatica “Era Glaciale”, provocata dai disastri climatici dell’uomo
    I superstiti della razza umana da diciotto anni vivono sul treno “Snowpiecer”, la loro arca di Noè.
    Le condizioni all’interno del treno sono molto difficili e drammatiche particolarmente per i passeggeri dell’ultima carrozza.
    Sul treno vige un rigido e ingiusto ordine sociale stabilito da Wilford(Harris), padrone del treno
    La ribellione è nell’aria. Curtis(Evans) guiderà la rivolta dei passeggeri dell’ultima carrozza contro l’ordine costituito, rappresentato dal Ministro Mason (Swinton).
    E’ difficile catalogare “Snowpiecer” in un preciso genere cinematografico.
    Il film è molto ambizioso dal punto di vista tematico.
    Ordine, Caos, libero arbitrio, libertà sono solo alcuni dei temi che la sceneggiatura ci propone.
    “Snowpiercer” non è solo film “intimistico”, ma è anche un” action movie”. Il regista riesce a coniugare Idealità e Azione con abilità.
    Chris Evans è sicuramente una delle note più positive del film. Abituato a vederlo in ruoli “disimpegnati” come la “Torcia Umana(Fantastici 4) o Capitan America, qui stupisce per intensità e profondità interpretativa. Riesce a trasmettere con il suo personaggio allo spettatore il senso di ribellione contro lo status quo.
    La sceneggiatura , anche se originale, rischia spesso di sconfinare in retorici sillogismi e scontate riflessioni.
    I dialoghi sono abbastanza incisivi ed incalzanti per essere un film così “ibrido”.
    Il film ha soprattutto nel primo tempo un buon ritmo e si segue con piacere. Nella seconda parte, invece, tende a perdersi troppo nelle parole e perde in velocità, diventando “statico” nel finale.
    Swinton e Harris svolgono il compito, ma senza esaltare più di tanto.
    Il resto del cast si dimostra adeguato e contribuisce a dare al film, ritmo e profondità ed intensità
    Bella, accattivante e curata la scenografia. Gli effetti speciali sono usati in maniera mirata, tenendo conto che è il film più costoso della Corea.
    Un pregio del film è sicuramente quello di farsi vedere e godere dallo spettatore, senza risultare nel complesso pesante.
    Una sensazione di “leggerezza” accompagna lo spettatore , nonostante un finale, a mio avviso, “ troppo filosofico”e poco cinematografico con il lungo dialogo tra Evans e Harris.
    “Snowpiercer” alla fine piace, perché ti fa riflettere facendoti divertire. A volte i messaggi più difficili e complicati possono arrivare al grande pubblico, senza fargli venire il mal di testa e magari facendogli passare dure ore con leggerezza.

  • “Gravity “è un film di fantascienza del 2013 scritto, diretto, montato e prodotto da Alfonso Cuarón, che ha per protagonisti Sandra Bullock e George Clooney.
    Il film ha aperto la 70ª edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.
    Ieri notte L’Accademy ha premiato “Gravity” con una messa di Oscar, tra cui miglior regia.
    “Gravity” è l’unico dei film in lizza agli Oscar, che ha conquistato il consenso del pubblico nelle sale oltre che di critica.
    La storia è di sé semplice, ma nello stesso tempo originale e ben costruita.
    La Dott.ssa Ryan Stone(Bllock) ,esperta ingegnere biomedico, è alla prima volta una missione nello spazio accompagnata dall'astronauta Matt Kowalsky(Clooney) a un passo dalla pensione, quando la loro navicella viene colpita da un'onda di detriti di un satellite russo esploso nello spazio.
    I detriti distruggono la navetta spaziale e uccidono gli altri membri dell'equipaggio, lasciando i due da soli alla deriva nello spazio, senza comunicazioni con la base di Houston.
    Inizia una vera e propria Odissea per i due protagonisti.
    Lo spazio, il vuoto e il silenzio sono i veri protagonisti del film.
    Cuaron riesce a trasmettere l’ansia e paura con la brava ed convincente Bullock, ma nello stesso tempo lo spettatore è colpito dalla bellezza e profondità dello spazio.
    Il film non dà respiro ed il ritmo è incalzante.
    La sceneggiatura è ben scritta, puntuale, ariosa.
    I dialoghi sono scarni, ma coinvolgono pienamente.
    La colonna sonora accompagna con eleganza e forza gli stati animi dei due protagonisti.
    Non mancano i momenti drammatici, ma Cuaron con il supporto di un convincente ed ironico Clooney li fa passare “con leggerezza” allo spettatore.
    “Gravity” piace non solo agli appassionati del genere, ma appassiona ed emoziona anche lo spettatore meno “esperto” per il perfetto mix d’emozioni e azione.
    Cuaron ha regalato un modo diverso di guardare lo spazio, ancora lungamente sconosciuto.
    “Gravity” ha vinto, perché regala non solo un”viaggio cinematografico”unico, ma soprattutto perche come la protagonista del film, alla fine lo spettatore guarderà con occhi diversi la bellezza della nostra Terra.

  • Che fossimo un Paese “particolare” l’ho sempre pensato, ma ieri sera, ne ho avuto ulteriore conferma.
    Domenica notte, come tutti sapete, “La Grande Bellezza” ha chiuso il cerchio ed ha portato a casa l’Oscar come migliore film straniero 15 anni dopo Benigni.
    Tutta Italia si è stretta intorno a Sorrentino e a Tony Servillo mentre salivano i gradini del teatro per ritirare la celebre statuetta.
    I social network sono impazziti di gioia. I politici da Napolitano in giù non hanno elemosinato complimenti ed entusiasmo per il trionfo del cinema italiano.
    La Medusa produttrice del film, ha deciso ieri sera di mandarlo in onda in prima visione su Canale 5.
    L’attesa e la curiosità erano molto forti. Personalmente avevo visto il film lo scorso maggio al cinema e così ho preferito “rivederlo” attraverso i commenti dei social network.
    E’ stata davvero un esperienza curiosa. Per molti utenti era la prima visione del film. Un dato già di per sé curioso, almeno per me. Scrivevano ed elogiavano fino a ieri di un film mai visto.
    La scelta di Canale 5 di trasmetterlo aveva dunque una “logica commerciale”, il passa parola tra il pubblico nei mesi precedenti anche sulla spinta dei premi vinti non ha funzionato, evidentemente.
    La Roma raccontata da Sorrentino e soprattutto magistralmente fotografata, non ha scaldato il cuore del pubblico, ma al massimo soddisfatto l’occhio.
    I monologhi e le riflessioni di Jep Gambardella(Servillo) su Roma e la vita mondana non hanno catturato l’attenzione dello spettatore, anzi alla fine hanno annoiato
    I colori, gli eccessi, il grottesco,il lusso delle feste non hanno accesso la fantasia dell’uomo della strada.
    Jep Gambardella è uomo malinconico, cinico, disilluso che passa da una festa all’altra per non doversi fermarsi a riflettere sulla sua vita. E’ il narratore e testimone di una città che vive al di là delle proprie possibilità e che spesso si chiude nei salotti per non vedere il degrado in cui versa.
    La battuta con cui Romano (Carlo Verdone) si congeda da Jep è emblematica del film”Non riconosco più questa città. Non è più la mia Roma”.
    Ramona (Ferilli),la ballerina dello strip, è un'altra “creatura” della città, che racconta il sottobosco dei night club, a molti sconosciuto.
    Per molti utenti, il film non ha una trama chiara. Dicono che si perda in tante scene, senza che nella sceneggiatura ci sia un’idea precisa da raccontare.
    “La Grande Bellezza”, in vero, ha spaccato il web. Per gli entusiasti è un bellissimo e poetico affresco di una società decadente e priva di valori. Per i detrattori è un film noioso, lento e banale.
    Il cinema è il campo del soggettivo e del relativo. Tutti,comunque, hanno applaudito al talento di Tony Servillo(straordinaria e teatrale la scena del funerale) oggi, forse il migliore attore su piazza.
    Hanno riso amaro con Carlo Verdone ed apprezzato ancora una volta la fisicità della Ferilli.
    Personalmente ho amato altri film di Sorrentino:le conseguenze dell’amore, l’uomo in più, il Divo.
    Ma da “vecchio arnese” pigro ed indolente ho apprezzato “la Grande Bellezza” perchè “sdogana” con il personaggio di Gambardella, un modo di vedere e vivere la vita non necessariamente “solare” e “sano”,ma che prima aveva solo un “accezione” negativa.
    Gambardella, forse, non sarà un personaggio positivo e la Roma descritta non sarà la migliore città in cui vivere, ma fare una passeggiata lungo il Tevere come scorcio, come nel finale del film, ti ripaga da ogni cosa e magari ti fa portare a casa un Oscar..

  • “Allacciate le cinture”è un film del 2014 scritto e diretto da Ferzan Özpetek, prodotto da R&C Produzioni e Faros Film in collaborazione con Rai Cinema e il sostegno di Apulia Film Commission.
    Il cast è composto da; Kasia Smutniak, Francesco Arcà, Filippo Scicchitano, Carolina Crescentini, Elena Sofia Ricci, Carla Signoris, Giulia Michelini, Paola Minaccioni e Luisa Ranieri.
    Il film è ambientato a Lecce e in altri siti della Puglia.
    Il pregiudizio va sempre combattuto perchè non permette mai di dare valutazioni serene
    Quando vidi per la prima volta il trailer del film e capii che uno dei protagonisti era Francesco Arcà, confesso che ebbi un sussulto, ma dopo “il caso Angiolini”, ho voluto dare fiducia ad Ozpetek.
    “Allacciate le cinture” è “La Bella e la Bestia” in salsa turca, almeno per me.
    E’ una storia d’amore tra due personaggi opposti:”La Bella” è Elena(Smutniak), giovane barista con tanti sogni ed ideali, la “Bestia” è Antonio(Arcà), rude ed ignorante meccanico.
    Il film inizia con il loro primo incontro a una fermata dell’autobus sotto la pioggia e subito il regista evidenzia le enormi differenze che ci sono tra i due.
    Eppure come tutte le più belle storie d’amore, dall’odio iniziale nascono le più grandi passioni.
    Il film ci racconta l’evolversi della loro storia, tra gioie e drammi.
    Ozpetek scegliendo Arcà, non ha compiuto una”eresia” cinematografica. Arcà è la persona giusta per interpretare “La Bestia”.
    Lo so, per molti di voi, sembrerà incredibile, ma “La Bestia” Arcà convince di più della “Bella” Smutniak.
    Ozpetek con intelligenza fa “parlare” Arcà con il fisico, con gli sguardi. Lo limita nell’espressione verbale, dove risulta, ovviamente, carente. Affida alla Smutniak, con risultati modesti, il compito “d’esternare” i sentimenti della coppia.
    La coppia Arcà-Smutniak non convince fino in fondo perché la loro storia sembra costruita a tavolino e non vissuta. Manca l’elemento spontaneità che dovrebbe emozionare il pubblico.
    Le due scene più importanti, a mio avviso del film, quella della”passione” in garage e dell’”amplesso drammatico” in ospedale, in cui i due protagonisti dovrebbero raccontare ed coinvolgere il pubblico, sono ben girati, ma mancano del quid per restare nel cuore e nella mente.
    Anche in questo film Ozpetek non rinuncia ad inserire l’elemento gay, ma stavolta con la coppia Ricci- Signoris, gli dà una connotazione comica, molto riuscita ed apprezzabile.
    Le due attrici formano”una coppia” affiatata e i loro dialoghi sono uno dei punti di forza del film.
    Carolina Crescentini , nel ruolo di Silvia, amica del cuore di Elena, si conferma solare, preparata e soprattutto esce fuori “una verve” comica nuova ed inaspettata.

    Filippo Scicchitano si conferma un attore in crescita, abbastanza convincente nel ruolo dell’amico e socio gay della protagonista

    Chi merita sicuramente una menzione particolare è Paola Minaccioni, “la sua”Egle,” malata di cancro e compagna di stanza di Elena in ospedale è il personaggio più bello, intenso e riuscito del film.
    La Minaccioni emoziona e nello stesso tempo “fa sorridere” il pubblico con il cancro.
    Confesso la delusione per Giulia Michelini. Breve apparizione (Diana ,giovane medico), ma la sceneggiatura gli aveva assegnato uno dei passaggi almeno sulla carta più importanti della storia.
    Il dialogo tra Diana e Elena, doveva essere drammatico, forte emozionante, ma non colpisce il bersaglio e non convince appieno.
    Divertente ed riuscito il cameo di Luisa Ranieri.
    La Puglia si conferma con i suoi meravigliosi scenari, location ideale, anche per merito in questo caso di una bella fotografia.
    “Allacciate le cinture” racconta l’amore con la sensibilità riconosciuta di Ozpetek, ma nel complesso risulta prevedibile e scontato.
    Difficile ripetere il successo de “La Bella e la Bestia” quando i due protagonisti recitano l’amore, ma non lo trasmettono.

  • “La mossa del pinguino” è un film del 2014 diretto da Claudio Amendola, sceneggiatura di Claudio Amendola, Edoardo Leo, Michele Alberico e Giulio Di Martino, prodotto dai Fratelli De Angelis.
    Il cast è composto da:Edoardo Leo, Francesca Inaudi, Ennio Fantastichini, Ricky Memphis, Antonello Fassari.
    Buona la prima, per l’esordiente regista Claudio Amendola .”La mossa del pinguino” è una commedia semplice, divertente, senza pretese e che strappa allo spettatore nel corso del film più di una risata.
    Basterebbe solo questo per Amendola e soci per stappare una bottiglia di champagne.
    La storia per quanto semplice presenta comunque un lato originale e particolare.
    Bruno(Leo) è un marito innamorato della propria moglie Eva(Inaudi) ed un padre affettuoso, ma è soprattutto un eterno sognatore. Sbarca il lunario, facendo le pulizie di notte al Centro Congressi di Roma con l’amico di sempre Salvatore(Memphis).
    Una sera mentre è in pausa lavoro Bruno guarda un servizio in TV e “scopre” il curling, disciplina olimpica. Nasce così “la folle idea” di partecipare alle Olimpiadi invernali di Torino 2006.
    Con l’aiuto dell’amico Salvatore, reclutano gli altri due giocatori necessari per fare la squadra.
    “La scelta” ricade su Neno (Fassari) maestro di “bocce” e su Ottavio(Fantastichini), ex vigile in pensione.
    Il film segue gli allenamenti del “team” e le vicende umane dei protagonisti, alternando con sapienza momenti ironici e quelli melanconici e amari.
    Lo spettatore così scoprirà il mondo del curling e le sue regole. Uno sport “atipico”, ma che ha comunque un suo seguito e una sua dignità.
    Amendola ci mostra Roma, coprotagonista del film, con alcuni belli squarci della periferia
    La regia di Amendola è semplice, ma curata e attenta. Il film ha un buon ritmo e solo nel finale, forse, perde di vivacità.
    La sceneggiatura è ben scritta, ariosa e con degli spunti interessanti, solo nel finale appare scontata e un pò retorica.
    I dialoghi sono divertenti, realistici e quasi sempre riusciti.
    Edoardo Leo conferma d’essere non solo l’attore del momento, ma soprattutto un autore interessante oltre che regista(l’anno scorso diresse l’apprezzabile “Buon giorno papà).
    Personalmente mi ha convinto di più qui che nell’acclamato”Smetto quando voglio”.
    Il resto del cast è altrettanto convincente. Non voglio fare una graduatoria di merito.
    Memphis,Fantastichini e Fassari danno spessore e profondità ai loro personaggi, risultando credibili.
    Una menzione speciale, mi permetto di “darla” a Francesca Inaudi.
    Mi ha convinto nel ruolo di moglie e di madre. E’ “maturata” artisticamente rispetto alle ultime prove.
    Ben riuscita ed intensa la scena in cui Eva scopre “il segreto olimpico” del marito.
    Lo spettatore segue e si appassiona a questo manipolo “di sportivi per caso”.
    “La mossa del pinguino” vuole essere un invito a non smettere di sognare ed a non dare nulla per scontato.
    Lo spettatore esce dalla sala con il sorriso, ma soprattutto con una domanda in testa “Ma sta a “m∙∙∙∙∙a” di curling come si gioca esattamente?”.

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