Allora. Io vorrei che chi e' contro, dicesse quale alternativa trova all'aborto a una donna che non puo' o non vuole portare a termine la gravidanza.

Gravidanze particolari.
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Io mi trovo d'accordo anche con i "dissidenti",perché c'è un sottofondo di verità, e cioè il cinismo che molto spesso dilaga tra i credenti.
Queste cose, prima di sindacarci e fare prediche sul mistero della sofferenza etc etc come già spiegato prima, bisogna viverle. -
Chiediamoci qual'è il presupposto, ci sono vite degne di essere vissute e vite indegne?
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Chiediamoci qual'è il presupposto, ci sono vite degne di essere vissute e vite indegne?
Secondo me la domanda è mal posta. Potrebbe essere riformulata in altro modo: esiste un criterio unico e giusto in base al quale stabilire se ci sono vite degne di essere vissute e vite indegne?
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Secondo me la domanda è mal posta. Potrebbe essere riformulata in altro modo: esiste un criterio unico e giusto in base al quale stabilire se ci sono vite degne di essere vissute e vite indegne?
no, e sinceramente fa paura colui che arrivasse a formularlo questo criterio. Lo trovo di una presunzione incredibile.
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Chiediamoci qual'è il presupposto, ci sono vite degne di essere vissute e vite indegne?
Come ho già affermato nell'altro topic, non credo che ci si possa arrogare il diritto di mettere al mondo un altro essere umano con la certezza che vivrà una vita di miserie e sofferenze. Se un feto dovesse risultare portatore di gravi malattie o malformazioni, tali da pregiudicare in modo grave la sua esistenza, penso che l'aborto dovrebbe essere considerato piuttosto un atto di pietà.
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Non giudico la scelta di chi si sente in grado di farlo. Dall'altra parte mi piacerebbe vedere una maggiore apertura da parte di chi questo dilemma insostenibile non lo vivrà mai se non (e non lo auguro a nessuno) indirettamente.
Sono d'accordo, potrei chiamarlo tranquillamente "cinismo".
Ma è ovvio che ,essendo questo Topic, un semplice dibattito virtuale e non un confronto reale tra madri con figli sani e madri con figli malati, assume toni diversi,semplicemente ognuno esprime il proprio parere,chi difende la vita e chi per non guardare in faccia la realtà preferirebbe la morte.
Anche perché un bambino malformato E' UN FIGLIO.
A mio avviso non può trasformarsi in un discorso del tipo: Ma se fosse mio figlio non gli farei patire le pene dell'Inferno.
E' un discorso certamente umano,ma nato dalla paura. Un discorso che si ferma inesorabilmente all'apparenza. Ma il FIGLIO NON E' APPARENZA.
Ci sono madri (per esperienza conosciuta) che hanno figli disabili, alcuni molti gravi e disabilitanti, che sono felici(nel senso di "serene") perché hanno semplicemente accettato la realtà. La realtà diventa invivibile quando i genitori non accettano la disabilità del figlio e di conseguenza quest'ultimo sentirà chiaramente di non essere amato né accettato, cosa che è ben più' peggiore della disabilità stessa.
Tutti vogliono figli sani, e questo è un bene. Nessuno si sogna un figlio disabile.
Ma quando, per cause genetiche,biologiche, farmacologiche ,nasce un figlio malato bisogna accettare la realtà.E in realtà non è così difficile..Dolore e gioia vanno sempre a coppia, non esiste dolore senza gioia, né gioia senza dolore.
Personalmente m'infastidiscono discorsi troppo astratti quando si vengono a toccare queste "tragedie".
Piuttosto bisogna essere realistici. -
no, e sinceramente fa paura colui che arrivasse a formularlo questo criterio. Lo trovo di una presunzione incredibile.
Su questo siamo perfettamente d'accordo e credo che, partendo da questo presupposto, le diverse visioni della questione siano logica conseguenza.
Anche se, mi piacerebbe sottolinearlo, stiamo parlando di un tema delicato, vita vissuta, non teorico. O meglio un tema di principio che però si fonda, nella sua astrattezza, su tanti casi particolari, reali, sofferti.
Forse sarebbe il caso di fare un passo indietro rispetto ad una questione di mero pricipio, diritto/dovere, e riflettere più sulla sofferenza/gioia che determinate scelte, controverse e a volte non facilmente comprensibili, possono comportare.
La mia riflessione non è ovviamente un appunto nei tuoi riguardi, Licurgo, quanto piuttosto uno scoramento rispetto alla piega che sta prendendo la discussione. -
Prendendo spunto dalla storia di Chiara Corbella mi chiedo cosa rispondereste,magari a getto,su queste situazioni.
1)Se una donna soffrisse di una malattia tale da portarla a dover decidere tra la sua vita e quella della creatura che porta in grembo,quale scelta pensereste sia piu giusta,condannereste la scelta opposta?
2)Una donna rimane incinta dopo uno o una serie di stupri e deve decidere sulla gravidanza,quale scelta pensereste sia piu giusta,condannereste la scelta opposta?
3)Durante la gravidanza emerge che il/la bambino/a soffrire di una malattia che gli limitera alcuni aspetti della vita,la gravidanza dovrebbe andare avanti?quale scelta pensereste sia piu giusta,condannereste la scelta opposta?Non esiste una scelta giusta o sbagliata.
Posso rispondere scrivendo quello che farei io ma nessuna decisione diversa dalla mia sarebbe condannabile.
Esecrabile è invece l'atteggiamento di chi condanna le altrui scelte senza avere la minima idea di cosa si stia parlando.Comunque si decida, l'importante e' che esista la possibilita' di aborto.
Quoto e sottoscrivo.
Oltre che importante è fondamentale!
Per quanto mi riguarda:
nel caso 1) sceglierei senza il minimo dubbio la vita del mio bambino
nel caso 2) probabilmente proverei a portare avanti la gravidanza
nel caso 3) prima di decidere valuterei l'entità degli handicap o della malattia. Se questa dovesse essere pericolosa, accompagnata da sofferenze o fortemente invalidante penso che opterei per l'interruzione.
Ma sono tutte situazioni estremamente delicate. Scelte estremamente sofferte e dolorose.
Condannare una scelta piuttosto che un'altra mi sembra di una cattiveria inaudita.
Così come la convinzioni di chi sostiene che la libertà di scelta non dovrebbe neanche esistere.
E' troppo facile sindacare su un problema che non ti apparterrà mai.
The Heart
nel tuo mondo ideale una donna messa incinta con la violenza e contro la sua volontà dovrebbe, sempre contro la sua volontà e nello stato psichico ed emotivo in cui si trova, portare a termine la gravidanza e dare alla luce il bambino. E, una volta partorito, crescerlo (da sola) o peggio ancora darlo via. Non credo tu abbia la minima idea di cosa può significare affrontare una gravidanza da sola, partorire da sola, allevare un figlio da sola, le notti in bianco da sola etc..(naturalmente sempre considerando il totale crollo emotivo conseguete alla violenza). Altro che baby-blues!
Non puoi condannare chi non ce la fa ad affrontare tutto questo! Non puoi! Non ne hai alcun diritto!
E a questo punto mi sorge pure una domanda. Sempre nel tuo mondo ideale, se una donna nelle delicate condizioni psicologiche in cui si trova, non riuscisse a terminare la gravidanza (aborto spontaneo), la condanneresti perché non ha fatto di tutto per trasmettere tranquillità e serenità al feto? Cos'è negligenza? Omicidio colposo?
Date le premesse, non mi stupirei di un sì come risposta -
Morning cosa cavolo vuoi che ne capiscano gli uomini.
Quanto son bravi a dare aria alla bocca certe volte.
Per questo voglio che tutti quelli che son contro mi trovino una alternativa.
Ma nessuno la trova chissa' perche'. Forse perche' non c'e'?
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