senso di inadeguatezza a lavoro

  • Ciao a tutti, sono nuova del forum.
    Vi scrivo (anche se non so se è il posto giusto) nella speranza di avere un aiuto.
    Sto insieme da 6 anni ad un ragazzo meraviglioso, stiamo benssimo insieme tant'è che stiamo andando a convivere con propositi di matrimonio. Però c'è un grosso problema che lo fa stare malissimo e io non so più cosa fare: lui non si accetta nel suo contesto lavorativo, mi spiego meglio. Lui lavora coi suoi genitori nell'azienda di famiglia, fa principalmente le mansioni di operaio tecnico specializzato ed è a mio avviso anche molto bravo, in più ogni tanto da anche una mano in ufficio per le classiche mail in in glese ecc. Il problema è che lui non vuole assolutamente portare un indomani avanti questa attività, in più si sente inadeguato al contesto, dice che sta male ecc. Il disagio è iniziato quasi immediatamente, dopo qualche mese dall'inizio dell'attività. È il suo primo lavoro: mentre entrambi stavamo facendo l'Università (due cose completamente differenti) lui ha lasciato perchè non era molto portato a suo dire (mentre i voti dicevano il contrario). Alchè i suoi genitori gli proposero di lavorare li e lui accettò. Da quel momento sono passati 5 anni: dopo il primo anno è stato un crescere di sbalzi d'umore per il disagio al lavoro, pianti la domenica sera. Il suo carattere non lo aiuta per niente perché lui di base è molto introverso (mentre io sono l'esatto opposto). Sta di fatto che come si può intuire lui non riesceva parlare della cosa ai suoi genitori. Oltretutto lui ultimamente ha pure una mezza idea di lavoro alternativo, solo che è come fare un salto nel vuoto, ha un rischio d'impresa molto alto e lui ha paura di fallire perché si sente uno schifo e incapace di fare qualsiasi cosa.
    Nel tentativo di aiutarlo, l'ho convinto a intraprendere un percorso dallo psicologo, però dopo 3 mesi il dottore ha deciso di finirla li perché riteneva inutile perché il problema è il fatto che lui non riesce a parlarne ai suoi genitori, mentre secondo me oltre a questo c'è una grandissima insicurezza nei suoi mezzi da raddrizzare.
    Io lo sostengo sempre, gli sto accanto anche perché sono l'unica con cui lui riesce a parlarne, però non so più che fare .
    Mi potete dare un consiglio? Scusatemi per la lunghezza dell'intervento ma sono davvero disperata

    potrebbe essere la storia della mia vita: il fatto è che io ne ho anche parlato a suo tempo con i miei genitori ma non hanno capito niente anzi mi hanno accusato di volerli incolpare di tutto. anche io ho fatto lavori alternativi senza successo e continuo a lavorare con i miei come tecnico. io lavoro in una ditta grande, non dei miei, ma loro hanno completamente sposato quella politica aziendale mentre io la rifiuto. credo che comunque il problema stia tutto nell'autostima e nel accettare scelte proposte da altri e non che vengono da se stessi. All'università c'è voluto andare lui, o glielo hanno mandato/imposto? il lavoro che fa lo ha scelto lui o glielo hanno scelto? i lavori alternativi sono pericolosi, di solito non si ha la forza necessaria perchè si è dipeso dalle scelte dei genitori sino a ieri, e se fallisci l'autostima è peggio di prima e devi ritornare con la coda fra le gambe dai genitori ancora più sottomesso. Io ci sono ancora intrappolato in mezzo, ho 36 anni e famiglia mia... non sto male come in certi periodi iniziali, ora sono abbastanza normali, ho scambi frequenti con tecnici stranieri di ditte diverse dove paradossalmente mi apprezzano molto di più del posto in cui lavoro e mi autostimo parecchio, poi faccio una settimana in sede e ritorno con il morale sotto i piedi.
    Io comunque soffro molto del giudizio dei miei ancora adesso, e ne sono psicologicamente dipendente: sto sempre a cercare un lavoro alternativo ma mi accorgo che in tutto quello che faccio mi serve una figura tipo papà, che apprezza quello che faccio, che ascolta e approva le mie decisioni, altrimenti tutto diventa molto grosso e impegnativo se lo faccio da solo.

    mia moglie psicologicamente non mi aiuta, mi tiene legato al mio stipendio per paura di diventare poveri con rischi di impresa di cui anche tu parli: la capisco pienamente abbiamo anche una figlia, ma se invece mi dicesse "sono sicura che ce la farai, licenziati pure, io ti aiuterò" sarebbe una forza grandiosa... e tu stai un po' facendo la stessa cosa credo. se è un insicuro non gioverà della tua paura che lui molli lo stipendio sicuro per un rischio, necessita di fiducia incondizionata almeno da parte tua...

  • Cosa fareste voi se ogni giorno che andate a lavorare trovaste un capo che: 1) non saluta 2)non valorizza il lavoro che fai 3) non ha mai una parola incoraggiante 4) si rivolge a te solo perche tu gli risolva problemi, altrimenti non si fa proprio vedere e in più è circondato comunque da lecchini 5) tu (che ricopri un incarico comunque organizzativo)e quindi hai del personale a cui dare delle mansioni e ti ritrovi con persone che ti rsipondono anche male.....6) il Capo ha perfino i sindacalisti che lo leccano, tu invece ricevi solo m.....a anche da loro.........a me succede quotidianamente quello che vi ho raccontato ...... :wacko: :wacko:

  • Ciao a tutti, sono nuova del forum.
    Vi scrivo (anche se non so se è il posto giusto) nella speranza di avere un aiuto.
    Sto insieme da 6 anni ad un ragazzo meraviglioso, stiamo benssimo insieme tant'è che stiamo andando a convivere con propositi di matrimonio. Però c'è un grosso problema che lo fa stare malissimo e io non so più cosa fare: lui non si accetta nel suo contesto lavorativo, mi spiego meglio. Lui lavora coi suoi genitori nell'azienda di famiglia, fa principalmente le mansioni di operaio tecnico specializzato ed è a mio avviso anche molto bravo, in più ogni tanto da anche una mano in ufficio per le classiche mail in in glese ecc. Il problema è che lui non vuole assolutamente portare un indomani avanti questa attività, in più si sente inadeguato al contesto, dice che sta male ecc. Il disagio è iniziato quasi immediatamente, dopo qualche mese dall'inizio dell'attività. È il suo primo lavoro: mentre entrambi stavamo facendo l'Università (due cose completamente differenti) lui ha lasciato perchè non era molto portato a suo dire (mentre i voti dicevano il contrario). Alchè i suoi genitori gli proposero di lavorare li e lui accettò. Da quel momento sono passati 5 anni: dopo il primo anno è stato un crescere di sbalzi d'umore per il disagio al lavoro, pianti la domenica sera. Il suo carattere non lo aiuta per niente perché lui di base è molto introverso (mentre io sono l'esatto opposto). Sta di fatto che come si può intuire lui non riesceva parlare della cosa ai suoi genitori. Oltretutto lui ultimamente ha pure una mezza idea di lavoro alternativo, solo che è come fare un salto nel vuoto, ha un rischio d'impresa molto alto e lui ha paura di fallire perché si sente uno schifo e incapace di fare qualsiasi cosa.
    Nel tentativo di aiutarlo, l'ho convinto a intraprendere un percorso dallo psicologo, però dopo 3 mesi il dottore ha deciso di finirla li perché riteneva inutile perché il problema è il fatto che lui non riesce a parlarne ai suoi genitori, mentre secondo me oltre a questo c'è una grandissima insicurezza nei suoi mezzi da raddrizzare.
    Io lo sostengo sempre, gli sto accanto anche perché sono l'unica con cui lui riesce a parlarne, però non so più che fare .
    Mi potete dare un consiglio? Scusatemi per la lunghezza dell'intervento ma sono davvero disperata

    Direi che innanzitutto lo psicologo che ha scelto è assolutamente incompetente, non può "finirla lì", perché uno non vuole fare quello che dice lui. Al contrario, il percorso lo deve scegliere il paziente e se non vuole parlare, io non lo so, magari è così, con i genitori non ci parla, di questa questione.

    Ma la cosa che mi stupisce è come uno molto introverso abbia attratto tanto (addirittura da venire in un forum tematico al suo posto), una che invece si definisce estroversa, evidentemente. Deve essere proprio figo, e come si dice, se uno è belloccio, già la metà delle porte nella vita sociale, anche sul lavoro e in generale, sono aperte. E poi costui ha pure l'aziendina di famiglia, in pratica si decide orari e tempi, nessuno lo ammazza se un domani dice che vuole un periodo di aspettativa (e i soldi dell'azienda, anche se non come stipendio, scorrono comunque), pensiamo invece cosa un povero cristo mortale dipendente deve fare per saltare un giorno, chiedere un part time, e non parliamo dell'aspettativa che non concedono mai... A me sembra troppi piangano dove non c'è n'è motivo. Questo ha l'aziendina, la fidanzatina magari caruccia, potrebbe campare di rendita un domani, ma che vole, quali sono i suoi traumi esistenziali... mah! C'è chi non ha nulla di tutto questo e deve arrangiarsi e tirare avanti comunque.

  • concordo con "il senso della vita è la felicità, ma siamo incastrati in un sistema perverso in cui bisogna lavorare per poter consumare: 8 ore più i viaggi più gli straordinari per poter essere un consumatore e fare arricchire chi è in alto sopra la piramide."
    Non dico che non bisogna lavorare... lavorare da un certo punto di vista è anche stimolante. ma lavorare 8 ore + straordinari facendo un lavoro che non ci piace a vita perchè dobbiamo riuscire a sopravvivere è uno schifo. una vita sprecata e buttata nel c∙∙∙o.

  • Ciao Random, sono nuova del forum: appena iscritta, e devo confessarti che il motivo per il quale mi sono unita a questa community è che il tuo messaggio mi ha molto colpita perchè quando dici, cito testualmente : "Ho paura di rispondere al telefono, ho paura di prendere decisioni, ho paura di fare degli errori -piccoli o grandi, a me sembrano tutti enormi e imperdonabili; sto in tensione tutto il giorno.
    E razionalmente non e' affatto un lavoro difficile o al di la' delle mie capacita'. Ma non riesco a convincermi!
    ", hai riassunto perfettamente il mio attuale stato d'animo. Dopo un primo periodo in cui tutto sembrava andare a meraviglia (il lavoro che cercavo e nel quale credevo di avere esperienza, adesso vivo un malessere costante quando devo entrare in ufficio. Errori gravi non credo di averne commessi (se così fosse sono certa che me li avrebbero fatti notare.. :rules: ), tuttavia avverto una totale mancanza di stima nei miei confronti, mi sento sembre controllata dai superiori, e giudicata dai colleghi. In generale mi definisco una persona equilibrata: per 11 anni ho lavorato come unica impiegata in un altro ufficio e non ho mai avuto problemi nel gestirmi.. ma qui sembra che non vada mai bene niente. Forse il problema sono i rapporti con gli altri... Non so...
    Vorrei chiederti come ti vanno le cose adesso, se hai superato le difficoltà iniziali (cosa che ti auguro di cuore), e come hai fatto ad invertire quel meccanismo "sbagliato" che scatta che ci fa sentire così! Ciao!
    PS: Naturalmente mi farebbe piacere condividere queste esperienze con chiunque avesse interesse per l'argomento.

    "I believe that every soul has a song to sing, the spirit's locked in every man waitin' for a wing ... The trick of the dreamer is keeping yourself from the blues ... Everyone's a hero if you want to be, everyone's a prisoner holdin' their own key" (Steve Perry - Running alone)

  • Ciao Escape e benvenuta nel forum!
    Spero che riconoscerti nelle parole di un'altra persona (in questo caso me) ti abbia già fatto sentire un po' meglio :)

    Come sto adesso? Beh, sicuramente passati i primi mesi sono più tranquilla, anche se l'ansia persiste (in particolare a fine mese avrò un periodo particolarmente stressante, pensatemi tutti! :D ), perché ho visto che il mondo finora non è caduto e ho imparato tutti i trucchetti possibili per ricontrollare ogni cosa che faccio, laddove possibile.
    L'insicurezza resta, e mi porta a stare in ufficio più del necessario, a macerarmi nel tempo libero su possibili errori che potrei aver commesso o situazioni che potrebbero capitare in futuro- l'unica strategia che ho imparato per attenuare questi "sintomi" è ripetere a me stessa a voce alta che il senso di pericolo e angoscia che mi sale dipende solo dal mio modo di percepire le cose.

    Mi sembra di capire che la tua situazione sia legata al nuovo posto più che a qualcosa che è dentro di te: hai avuto un'accoglienza un po' freddina e i tuoi superiori sono sospettosi, per questo l'insicurezza, mentre nel passato te la sei cavata bene. Tra parentesi cambiare ambiente e lavoro dopo 11 anni deve essere già bello stressante di per se', ci credo che ti senti spaesata! Forse vogliono testare come lavori sotto pressione, in ogni caso la situazione è antipatica. Forse non sarebbe una cattiva idea provare a parlare, magari non con i colleghi ma direttamente con chi ti "valuta", e chiedere se c'è qualcosa che non va nel tuo modo di lavorare (che è una maniera cortese di dire "mi state rompendo i co***oni per un motivo o solo per sport?").

    Io ho il problema opposto, i cosiddetti capi ci lasciano completamente a noi stessi (da subito) con i clienti, e percepisco un menefreghismo totale, a cui non riesco a uniformarmi! Non mi vengono fatte né critiche né apprezzamenti (io avrei bisogno di una sorta di super-io esterno sempre a dirmi brava brava, ma ho capito che nel mondo del lavoro ciò è fantascienza) ma sento di non essere SEGUITA, e questo mi ammazza. :D

  • Ciao Random, grazie di avermi risposto :) ..beh in effetti il fatto di condividere con qualcuno lo stesso stato d'animo mi ha fatto sentire "normale" .. anche se mi dispiace che ci siano altre persone che soffrono.

    All'inizio i colleghi erano tutti gentili ma palesemente infastiditi dal fatto di dovermi insegnare (anche se mi è parso di capire che era più che altro una "gara" tra di loro a chi era più furbo a scaricare il fardello a qualcun altro). Mi sentivo come una palla al piede, rimbalzata da questo o da quello perché nessuno si voleva sbilanciare nel darmi delle informazioni (per la cronaca: non lavoro nei servizi segreti ;) ), ma mi dicevo "è dura perché all'inizio è tutto nuovo ma poi passerà". Invece nel frattempo mi hanno cambiato / aggiunto nuovi compiti che, pur nella loro semplicità, richiedevano comunque un minimo di formazione = tornare ad essere la palla al piede, con l'aggravante del tempo per cui i miei dubbi sembravano ancora più sciocchi. Paradossalmente ho più ansia adesso che il primo giorno perché sento di non avere più scusanti: ora se sbaglio è perché non ho capito, perché non riesco a tenere il loro passo ecc.

    Capisco comunque anche il disagio che provi nel trovarti senza punti di riferimento (critiche/apprezzamenti). Il menefreghismo in questo caso è deleterio per chiunque: tanto per chi di per sè non ha slanci ma è perfino peggiore per chi avrebbe voglia di fare. E' terribile vedere spegnere l'entusiasmo nelle persone... Tu però tieni duro, ok?

    Ti ringrazio ancora dell' "ascolto" e del tuo suggerimento: è un ottimo consiglio e penso lo metterò in pratica presto!

    Buona notte ed in bocca al lupo per il tuo sprint di fine mese! :hi:

    "I believe that every soul has a song to sing, the spirit's locked in every man waitin' for a wing ... The trick of the dreamer is keeping yourself from the blues ... Everyone's a hero if you want to be, everyone's a prisoner holdin' their own key" (Steve Perry - Running alone)

  • Grazie!
    Tieni duro anche tu... secondo me questi hanno tutti paura che, superati i primi tempi, tu ti dimostri più in gamba di loro e li faccia passare in secondo piano, per questo non si scuciono più di tanto a formarti e a informarti! :D

  • Grazie, sei gentile ... qualche volta anche mio marito mi ha detto la stessa cosa. Mi piacerebbe riuscire a crederci, non per orgoglio ( non mi è mai interessato fare carriera ), piuttosto perché significherebbe avere una corazza di sicurezza a protezione delle critiche e dei giudizi.

    Cercherò di fare tesoro di queste parole per affrontare le situazioni che mi spaventano!

    Buona notte :)

    "I believe that every soul has a song to sing, the spirit's locked in every man waitin' for a wing ... The trick of the dreamer is keeping yourself from the blues ... Everyone's a hero if you want to be, everyone's a prisoner holdin' their own key" (Steve Perry - Running alone)

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