Lavorare in banca

  • Ciao a tutti. Voglio parlarvi della mia storia, del mio ultimo anno di vita e della mia situazione al lavoro. Un anno fa circa ero un ragazzo fidanzato, con molti dubbi sul mio futuro e sicuramente infelice. Ho sempre sofferto di attacchi di ansia e panico in determinati periodi della mia vita, ma son sempre riuscito a rialzarmi. Dopo la laurea, nel 2007, ho però iniziato gradualmente a perdere fiducia in me stesso: ho avuto una prima esperienza sul lavoro decisamente infelice, e piano piano, come su un piano inclinato, le cose hanno iniziato ad andare peggio. Nei due anni successivi ho passato periodi di inattività che mi facevano venire mille dubbi sullo scopo della mia vita e mi sono gradualmente rinchiuso su me stesso, ho ristretto le mie prospettive x il futuro e la mia autostima è precipitata. Sono comunque riuscito a vincere un concorso in banca, e così a dicembre dell'anno scorso ho iniziato questa nuova avventura. Mi hanno mandato a circa trecento km da casa in un piccolo paese, e cosi son partito x vedere cosa sarebbe successo, col mio bagaglio di ansia e preoccupazione.dopo una settimana la mia ragazza, con cui stavo da anni, mi ha lasciato, e mi son sentito crollare il mondo addosso.lavoro nuovo, punti di riferimento persi e nuove responsabilita... È stato un incubo. Piano piano ho cercato di risalire la china, con l'ansia che costantemente spuntava dietro l'angolo, notti in bianco e panico. Ora, dopo circa un anno, mi sembrava che le cose iniziassero ad andare un po' meglio: non ero piu quel perfetto imbranato sul lavoro, assillato da miliardi di paure. Mi sembrava che finalmente qualcosa potesse andare un po' meglio, ancora non bene, ma meglio. Ma in questi giorni in banca hanno iniziato a farmi fortissime pressioni commerciali: dobbiamo vendere vendere vendere, c'è la crisi e ci stanno spremendo. La mia filiale è molto piccola, siamo solo in tre, io son l'ultimo arrivato e le altre due ora hanno deciso di scaricarmi addosso una serie di compiti in più, oltre al mio lavoro attuale (prevalentemente cassa). Una delle due in particolare si comporta con me in modo cattivo, si vede che mi scarica addosso la sua tensione, mi manda i clienti e pretende che io faccia le cose senza che nessuno me le abbia spiegato. Se chiedo mi tratta come uno stupido, e io non so più che fare. Ho paura di deludere me stesso, di fallire, di trovarmi in situazioni che non riesco a gestire e di fare mille errori. Per di più in un ambiente che vedo totalmente ostile. Mi sento scoraggiato, proprio ora che mi sembrava di aver iniziato un miglioramento, mi son stati buttati addosso nuovi problemi, e mi sento come se mi avessero ributtato indietro di parecchi mesi. Sono triste e demotivato, con l'ansia che mi assale la notte e, peggio di tutto, ho le idee confuse sulle mie capacità, io che non sono mai stato uno stupido, e son sempre riuscito a fare bene nello studio e a essere un punto di riferimento per gli altri. Ora sono uno zombie, tormentato da mille paure... Dove sono finito? Chi sono veramente? Vorrei essere felice, trovare nuovamente un mio posto, un mio ruolo chiaro in cui trovarmi a mio agio... Ma mi sembra di aver perso la bussola, e non so nemmeno bene quando sia successo

  • ciao roberto. Io invece, dalla tua storia, penso che sei e dovresti sentirti davvero bravo. Sei andato a lavorare lontano, hai risalito la china dopo essere stato lasciato dalla tua ragazza, hai trovato un modus vivendi con persone nuove, hai sopportato per un anno persone e un ambiente lavorativo ostile... molti, al tuo posto, avrebbero gettato la spugna molto prima perciò ti invito a non dubitare di te ma di essere consapevole delle tue capacità (di adattamento, di ripresa, di resistenza) e da queste ripartire per quella che tu senti la tua strada. Certo, lavorare in banca rappresenta una sicurezza da un punto di vista economico ma se questa sicurezza mi chiede in cambio la salute.... no grazie! Hai provato a chiedere un trasferimento, se questo lavoro ti piace? (ma, non per demoralizzarti, non aspettarti che, cambiando ambiente sarà meglio: ho un'amica che lavora in banca e aveva le tue stesse problematiche, anche dove è stata trasferita. Mi sa che è l'ambiente bancario in generale ad essere malsano...). Oppure perchè non prendi in considerazione di fare ciò che ti piace? In ogni caso, qualunque cosa tu farai, ama te stesso, abbi fiducia in te stesso. Parte tutto da lì.

  • Ciao settepassi, grazie per la risposta. Sono stato due giorni a casa per il weekend, e ora son di nuovo in paese. Domani inizia una nuova settimana e si preannuncia pesante. dovrò imparare queste nuove cose da fare, da gente che non ha nessuna voglia di insegnarmele e che pretende da me che risolva i problemi senza rompere troppo le scatole e cavandomela da solo, in qualche modo, senza avermi dato nessuno strumento per farlo. Inutile dire che l'ansia cresce. Provo a calmarmi, ci riesco, faccio tante considerazioni, le scrivo, ho parlato con un sacco di persone per farmi tirare su; e poi puntualmente l'ansia torna, e faccio fatica a respirare, a mangiare e a dormire.
    Ho fatto domanda di trasferimento, ma per ora è rimasta lettera morta. L'idea di lasciare per la verità in concreto non l'ho presa; mi era già successo di lasciare il lavoro un paio di anni fa, e quella volta avevo proprio avvertito che non era il lavoro che faceva per me. Ora invece qualcosa mi blocca, mi fa dire che c'è qualcosa di buono nonostante tutto. Per cui non me la sento, anche se devo confessare che per la prima volta in questo lungo anno, venerdì mi è passato questo pensiero per la testa per la prima volta.
    Si il lavoro in banca è pesante. Ci sono pressioni contrastanti, da un lato quelle commerciali, dall'altro quelle legali. Due uffici della stessa banca che ti dicono cose diverse. E' come guidare la macchina in una strada dove è vietato guidare a meno di 80 km/h ma con autovelox che ti multano se vai oltre i 50. Ti fanno pressioni: vendi questo prodotto, se non lo vendi non raggiungi il budget, chiama tutti quelli che puoi, metti in risalto i lati positivi e vedi che riesci a spacciarlo. Poi dall'altra un altro ufficio ti dice: attento, se vendi questo prodotto a questo tipo di persona rischi una sanzione, se lo fai son cavoli tuoi e se quello ci denuncia noi non ti proteggiamo. E' un sistema schizofrenico.
    In più tutto questo in un ambiente che non mi gratifica se faccio bene, e dove devo cercare da solo di dirmi: "dai, sei migliorato rispetto al mese scorso... stavolta la stessa operazione l'hai fatta molto prima e meglio e senza troppi dubbi". E nessuno mi riconosce questi meriti. E' frustrante e ti spiazza.. non sai per cosa andare avanti, anche perchè poi esco da là e sono in un posto dove sto trovando molta difficoltà a crearmi una vita, nonostante stia provando con la palestra o altro. Ho gli affetti da un'altra parte, e non trovo quando esco qualcosa di tangibile che mi faccia dire: "ecco, è faticoso, ma lo stai facendo per avere tutto questo quando esci".

  • Ciao settepassi, grazie per la risposta. Sono stato due giorni a casa per il weekend, e ora son di nuovo in paese. Domani inizia una nuova settimana e si preannuncia pesante. dovrò imparare queste nuove cose da fare, da gente che non ha nessuna voglia di insegnarmele e che pretende da me che risolva i problemi senza rompere troppo le scatole e cavandomela da solo, in qualche modo, senza avermi dato nessuno strumento per farlo. Inutile dire che l'ansia cresce. Provo a calmarmi, ci riesco, faccio tante considerazioni, le scrivo, ho parlato con un sacco di persone per farmi tirare su; e poi puntualmente l'ansia torna, e faccio fatica a respirare, a mangiare e a dormire.
    Ho fatto domanda di trasferimento, ma per ora è rimasta lettera morta. L'idea di lasciare per la verità in concreto non l'ho presa; mi era già successo di lasciare il lavoro un paio di anni fa, e quella volta avevo proprio avvertito che non era il lavoro che faceva per me. Ora invece qualcosa mi blocca, mi fa dire che c'è qualcosa di buono nonostante tutto. Per cui non me la sento, anche se devo confessare che per la prima volta in questo lungo anno, venerdì mi è passato questo pensiero per la testa per la prima volta.
    Si il lavoro in banca è pesante. Ci sono pressioni contrastanti, da un lato quelle commerciali, dall'altro quelle legali. Due uffici della stessa banca che ti dicono cose diverse. E' come guidare la macchina in una strada dove è vietato guidare a meno di 80 km/h ma con autovelox che ti multano se vai oltre i 50. Ti fanno pressioni: vendi questo prodotto, se non lo vendi non raggiungi il budget, chiama tutti quelli che puoi, metti in risalto i lati positivi e vedi che riesci a spacciarlo. Poi dall'altra un altro ufficio ti dice: attento, se vendi questo prodotto a questo tipo di persona rischi una sanzione, se lo fai son cavoli tuoi e se quello ci denuncia noi non ti proteggiamo. E' un sistema schizofrenico.
    In più tutto questo in un ambiente che non mi gratifica se faccio bene, e dove devo cercare da solo di dirmi: "dai, sei migliorato rispetto al mese scorso... stavolta la stessa operazione l'hai fatta molto prima e meglio e senza troppi dubbi". E nessuno mi riconosce questi meriti. E' frustrante e ti spiazza.. non sai per cosa andare avanti, anche perchè poi esco da là e sono in un posto dove sto trovando molta difficoltà a crearmi una vita, nonostante stia provando con la palestra o altro. Ho gli affetti da un'altra parte, e non trovo quando esco qualcosa di tangibile che mi faccia dire: "ecco, è faticoso, ma lo stai facendo per avere tutto questo quando esci".

    Ciao Roberto!
    I luoghi di lavoro sono spesso un ambiente dove proliferano tensioni e dove certe persone scaricano la loro frustazione, al punto che vedo che tanti ormai rinunciano a lavorare e vivono con poco sotto l'ala dei genitori. Ti direi non ti curare dei tuoi colleghi mai fai il tuo dovere, ma capisco che è una cosa impossibile. Tu poi magari sarai una persona sensibile quindi è normale che ci resti male per come ti trattano. Personalmente ho avuto la possibilitàanche tramite un corso, di poter aprire una porta verso il sistema bancario. Ma odio quell'ambiente proprio per quello che tu hai descritto. E piuttosto faccio un lavoro piu umile, con meno soldi, ma che mi lascia piu tranquilla e con piu autonomia.

    Ma comunque è capitato anche a me che in posti dove ho lavorato, non mi spiegavano un bel nulla, e dovevo cavarmela da sola e se sbagliavo erano guai. Però scusa, tu stai facendo il possibile, sei onesto e la coscienza ce l'hai pulita, gli hai fatto notare la loro schizofrenia??? Non è che i tuoi superiorio sono Dio, penso sia giusto che tu sia schietto e sincero.
    Io ho imparato che non conviene stare zitti per tenersi un posto di lavoro, a maggior ragione se sei da solo e non hai famiglia, quindi la tua famiglia non rischia nulla.
    Adesso esiste il mobbing, e non esiste che per uno stipendio tu debba sopportare tutto ciò. I datori di lavoro non hanno proprio capito che lavorare in un ambiente carico di ansia rende molto meno che creare un clima di serenità.

    Io penso tu sia una persona in gamba e molto capace, e chi dubita di ciò, penso che non ti conosca abbastanza. D'altra parte la gente è brava a giudicare e puntare il dito.

    Riguardo i rapporti affettivi fuori dal lavoro, purtroppo è un problema che ho anche io, vedo che crescendo ci si allontana, e il ritmo frenetico della vita porta ad un impoverimento dei legami.

  • forza roberto. sei un grande!! hai tutta la mia stima !!!!!!

    Hai cercato di capire .. e non hai capito ancora se di capire si finisce mai.. Hai provato a far capire con tutta la tua voce anche solo un pezzo di quello che sei! Con la rabbia ci si nasce o ci si diventa... e tu che sei un esperto non lo sai... Perché quello che ti spacca e ti fa fuori dentro forse parte proprio da chi sei !

  • Grazie a tutti ragazzi... Domani si replica con vari problemi. Operazioni che non dovrei fare e che mi consiglieranno caldamente di fare. Quando mi oppongo a cose simili mi sono accorto che spesso iniziano a sbuffare e nelle ore seguenti mi vengono dati in malo modo compiti extra e senza spiegazioni di sorta sul come farli. Il bello è che in alcuni momenti, quando cerco di sdrammatizzare e di chiacchierare, salta fuori qualche loro esperienza del loro primo periodo di lavoro.. Mi parlano di come fosse brutto quel paese, o di come fosse antipatico quel collega. Insomma, credo che abbiano vissuto anche loro una fase tipo la mia, e ora più o meno consciamente la stanno facendo subire a me. Cavolo, ma è così difficile capire che in un ambiente di lavoro nervoso si lavora tutti peggio?! A me sembra una cosa così ovvia, se arrivasse un collega inesperto nuovo penso cercherei di fare squadra con lui, non di trattarlo come uno schiavo...

  • ciao roberto, mi allineo a quanto scritto prima dagli altri: sei veramente un grande ad aver attraversato tutto questo ed aver comunque mantenuto uno spirito positivo, quando dici di voler aiutare un altro nelle tue condizioni. resisti e contemporaneamente cerca di migliorare la tua situazione, se diventa insostenibile: esistono mille soluzioni, non smettere di cercarle. in bocca al lupo

  • "Ne Le talpe riflessive ho scritto, riguardo al lavoro, che una programmazione sociale consapevole della diversità degli esseri umani dovrà promuovere negli introversi un progetto di vita fortemente incentrato su attività lavorative autonome. Gli introversi che svolgono un lavoro dipendente in un’azienda o una struttura pubblica sono, in media, coscienziosi, efficienti, competenti e onesti, ma po...ssono facilmente giungere a sviluppare un malessere sia perché l’attività che svolgono è ben poco appagante sia perché l’ambiente li pone quasi sempre a contatto con colleghi furbi, che scaricano sugli altri le loro responsabilità, e con capi che non sono all’altezza del loro ruolo.
    Le scelte di lavoro sono legate a circostanze di vita troppo diverse per potere essere ricondotte ad un criterio univoco. Sono dunque di ordine personale. Posso solo dire, a riguardo, che, negli ultimi venti anni, mi sono imbattuto più di una volta in soggetti “integrati”, che stavano male perché la prospettiva di andare avanti per decenni svolgendo un lavoro soggettivamente insignificante si poneva come intollerabile.
    I vantaggi immediati del posto fisso sono indubbi. Di fronte ad una prospettiva del genere, esaltante oggi per tanti giovani, un introverso deve subordinare la scelta ad una valutazione previsionale: in breve, deve chiedersi se è in grado di tollerare un investimento routinario di tempo che dura alcuni decenni e se esso può essere compensato da un’organizzazione della vita extralavorativa che non si riduca all’aspettativa del week end e della vacanza." (Luigi Anepeta)

  • Ciao Roberto, tralasciando la mia personale avversione per le banche, mi è venuto un suggerimento: contatta un forum per bancari e fatti un amico online che ti spieghi i vari procedimenti senza passare da quella m∙∙∙∙∙∙a di collega che hai (mi scuso di averla chiamata collega). Poi sarebbe bellissimo che tu entrassi nelle grazie della cittadinanza che entra in banca, partecipando a qualche iniziativa, volontariato, aiutando alla festa del paese, per sentirti sempre di più come a casa tua (ci lavori per tutta la settimana, quella è la tua vita, il week end a casa è un giretto...)

    Poi quando sei diventato un duro del paese, uno che aiuta la gente, uno stimato da tutti, apri una banca etica e porti via tutti i clienti :) DAI CAZZOOOOO!

  • La situazione rimane grigia. Si cerca di andare avanti imparando a tentoni, sperando di non sbagliare e senza avere la controprova di aver fatto o meno le cose come si dovevano fare.
    Quello che mi da più fastidio è che mi sento come se mi avessero fatto il lavaggio del cervello per cambiare il mio sistema di valori. Torno a casa stressato, resto in ansia anche il week end, e riprendo il lunedì sempre e ancora in ansia. E tutto per cosa? Priorità e operazioni che fino ad un anno fa non sapevo nemmeno cosa fossero, in un posto che non avevo praticamente mai visto in vita mia e con persone di cui ignoravo l'esistenza. In breve, se tutta questa esperienza la potessi chiudere in una bolla, come un'enorme parentesi di vita, e tornassi da domani a occuparmi di vivere per me, non avrei nessuna difficoltà a farlo, come se niente di quello che mi rende così teso, in ansia e stressato avesse una reale importanza. Anzi, sono sicuro che niente di tutto questo abbia una reale importanza, almeno non per me. Sono problemi che mi sfiniscono e di cui scopro che non me ne importa nulla. E nonostante questo fanno ormai parte della mia vita.
    Insomma mi sento incastrato in un ruolo e in delle responsabilità che, oltre a non padroneggiare per mancanza di istruzioni, esperienza e aiuto, per di più non sento per niente mie. Eppure... come fare a pensare di lasciare un lavoro con uno stipendio alto, certe sicurezze contrattuali e un'intera società che ti dice che per fortuna hai un lavoro, perchè la maggior parte dei tuoi coetanei è a piedi o si confronta con impieghi precari e malpagati?
    E' vero che le persone introverse come me riescono a lavorare meglio da sole, anche se pagano con un maggiore stress. Il mio problema è che mi mancano le chiavi per poter interpretare il mio ruolo lavorativo. Sarei dispostissimo a farmi i cavoli miei in ufficio e tornare a casa, ma continuano a piovermi addosso compiti senza le istruzioni per svolgerli. E ovviamente più uno lavora in silenzio, più ti viene scaricata roba addosso perchè sembra che non si stia facendo nulla. Dovrei fare come la mia titolare, e passare la giornata al lavoro a lamentarmi della mia vita e del carico di stress e delle troppe cose da fare. Che io dico, se almeno la metà del tempo che passa al telefono con le amiche a lamentarsi lo usasse per cercare di risolvere i problemi, ce ne potremmo andare tutti a casa prima.
    Per quanto riguarda l'integrazione in paese, beh, è vero, è un mio punto debole. Sento questo posto come estraneo, e per quanto stia cercando di fare sport quando esco, c'è sempre qualcosa che dentro di me mi fa dire che questa non è la mia vita, e mi fa restare con un approccio di distacco, in attesa del rientro a casa nel weekend, come se la cosa dovesse risolvermi tutti i problemi. Poi puntualmente una volta a casa il venerdì sera o il sabato mattina, mi rendo conto che non ho risolto nulla. E anzi, come oggi che è sabato, mi trovo a parlare dello stress del lavoro e dei casini che mi attendono lunedì già pronti sulla scrivania, generando dei mostri probabilmente più grandi di quelli che si riveleranno essere dal punto di vista pratico una volta che dovrò concretamente affrontare i problemi.

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