Messaggi di ElleG

    Anch'io soffro dello stesso problema ed ho risolto per così dire con una luce sempre accesa se dormo sola. Mi è capitato di addormentarmi in inverno sul divano in tavernetta, che per di più si trova sotto il livello del suolo e la luce, già dal tardo pomeriggio, non filtra più attraverso le bocche di lupo e mi sono svegliata di soprassalto con le palpitazioni. Non saprei dire cosa temo esattamente, non tanto qualcuno che possa entrare in casa ma proprio il buio stesso e cosa possa nascondersi nell'ombra.


    Mi rendo conto che si tratta di pensieri e timori molto poco razionali, ma è qualcosa che mi accompagna sin da bambina ed è possibile si riconduca a qualche trauma rimosso, anche se di certo i miei genitori non mi hanno mai rinchiusa in nessun luogo al buio come punizione o scherzo. Quando succede mi assale un'ansia fortissima, e finché non trovo la luce mi sento terrorizzata. Fortuna che succede molto raramente mi trovi sola in casa di notte.


    Non è precisamente come il tuo caso, ma posso comprendere molto bene il disagio che provi. :orange_heart:

    Ciao, grazie per la tua risposta e la condivisione della tua esperienza. Mi sento molto inerme e impaurita quando mi assalgono quei pensieri, sto cercando di capire se esista un blando sedativo che possa aiutarmi a "spegnere" il cervello in queste circostanze. Mi sento come se potessi morire da un momento all'altro e non vedo l'ora che arrivi mattina del giorno successivo ...

    Ciao a tutti. Mi sento molto a disagio perché da quando sono accadute una serie di cose che hanno intaccato molto il mio senso di autoefficacia e autostima, due anni fa, faccio tanta fatica a dormire in casa da sola. Avevo iniziato sviluppando attacchi di panico, divenuti sempre più invalidanti e trasformandosi lo scorso anno in agorafobia. Ho seguito due psicoterapie, ma hanno fatto poco. Sono in cura farmacologica da fine gennaio e sto decisamente meglio. Conduco una vita quasi normale. Il guaio riguarda però il fatto che se mi capita di dover dormire in casa da sola (sono sempre stata abituata a dormire con la presenza di almeno qualcuno in casa, essendo vissuta sotto lo stesso tetto di familiari o conviventi per anni), nonostante il sonno, avverto un senso di angoscia fastidioso che mi colpisce lo sterno. E si insinuano brutti pensieri (come il fatto di poter morire nel sonno senza aiuto, o avere un attacco epilettico, non so perché ma temo questa cosa). Anche se sono da sola, chiudo a chiave la porta di camera mia e tengo accesa una piccola luce. Temo anche che forse mi sia accaduto qualcosa di traumatico che ho rimosso, legato al trovarmi da sola e al subire delle aggressioni. In terapia era emersa questa possibilità, ma non ci sono certezze. Qualcuno ha avuto esperienze simili? Ha risolto? Di giorno mi sento bene, ma se sono sola prima di dormire no.

    Guarda io penso che ad un certo punto si debba ammettere con sé stessi di aver preso un granchio, anche se lo capisco, è difficile. Tu hai idealizzato questa persona probabilmente perché la vostra relazione non era vissuta nella quotidianità, poi il suo comportamento altalenante ha innescato in te una dipendenza, è una cosa normale e la tua unica colpa è quella di esserti infatuata a tal punto da non vedere razionalmente che quei comportamenti erano di una persona disturbata o che comunque sicuramente non era innamorata di te.


    Anche il fatto che tu stia tentando di darti una spiegazione da sola a fronte del fatto che lui non te l'ha data, è indicativo di come ancora tu non sia giunta a questa conclusione. Probabilmente ti ci vorrà del tempo, ma una volta che riuscirai a vedere la realtà, sarai convinta che con questo tipo di personaggio non è possibile avere un confronto alla pari, anche perché hai già avuto modo di appurare come si svolgono le vostre conversazioni e credo che sia una boccia persa.


    Non vedo un possibile scenario di chiarimento perché non c'è niente da chiarire, quando uno fa finta di tenere a te e poi al contempo flirta o addirittura frequenta altre donne. Non ci sono altre spiegazioni se non quella che si tratta di una persona che non ha avuto rispetto dei tuoi sentimenti, per puro egoismo e obiettivo disinteresse. Malato o non malato questi sono i fatti e spero che tu possa riuscire finalmente a liberarti di lui.

    Hai ragione, ti ringrazio davvero. Ce la mettendo tutta da tanti mesi, va decisamente meglio di prima, ma ho intenzione di stare bene perché non merito cose di questo tipo. Grazie ancora.

    Ciao, mi sentirei di dirti di parlarne con un terapeuta, possibilmente ad indirizzo analitico o cognitivo comportamentale. Il tuo disagio deriva forse dal fatto di non sentirti pienamente accettata e adeguata se non vengono soddisfatti determinato schemi, introiettati proprio a partire dai tuoi genitori. So che non deve essere facile, ma pensa che il tuo obiettivo è riuscire a fare ciò che ti fa stare bene al di là del confronto con gli altri, perché ognuno ha un cammino diverso con le sue croci, e di certo primeggiare per forza in qualcosa non ti sarebbe utile né risolutivo per la risposta alle tue carenze interiori.

    Ciao, in questa situazione il ghosting è giustificato, dunque non comprendo le tue remore ad attuarlo se non con il fatto che forse infondo tu non lo voglia veramente. Credo che dovresti riflettere su quali siano le tue intenzioni, perché ormai dovresti aver capito che tentare di capire le sue non ti porta a nulla se non ad un arrovellamento mentale.


    Oggigiorno se non si vuole essere raggiungibili per qualcuno ci sono innumerevoli mezzi, puoi cambiare il numero di telefono ed email se necessario e/o applicare tutte le restrizioni del caso sul telefono e sui social. Che lui non si arrenda non dovrebbe essere una tua preoccupazione.


    Devi solo trovare la forza di tagliare questo filo che ancora ti lega a lui, perché è assurdo che tu debba andare in depressione per un tizio che visto da fuori sembra essere un poveretto.

    Grazie per la tua considerazione, cercherò di seguire questo consiglio. Purtroppo io anni fa mi ero innamorata di questa persona, che a sua volta mi convinse di volere una relazione con me, cosa che avvenne in un periodo della mia vita particolarmente vulnerabile (disgrazie di vario tipo). Evidentemente vista in questo modo non pare neanche così assurdo che lui si sia voluto avvicinare a me, alla fine. Mi sono sempre chiesta però perché si debba fare così, facendo soffrire qualcuno, per poi fare cucù quando più fa comodo totalmente noncuranti di come l'altra persona possa sentirsi (e nonostante quello che è stato detto). Se analizzo più da vicino la cosa, in fondo mi sarei augurata una spiegazione lineare per questo comportamento (anche un semplice "scusa, non era come credevo", oppure un banale "non ho mai provato niente e l'ho capito dopo"), perché essere rimasta senza mi ha solo acuito il senso di angoscia, già presente dopo essere stata lasciata in modo pessimo, e a distanza. Confesso che a volte temo di avere io qualcosa che non vada che abbia addirittura dissuaso questo personaggio dal volermi fornire una minima spiegazione, ma chi mi è vicino mi dice di non pensare questo, in quanto mi farei solo più del male.

    Ciao, grazie per la tua risposta. Il problema è che io ho cercato di voltare pagina molte volte, e si recente è lui che emerge facendomi sempre delle domande che sembrano presupporre la volontà di "testare" se io sia disponibile. Mi ha già rifiutata in malo modo prendendomi in giro e naturalmente ho preferito, anche di fronte ai disturbi causati da questa dinamica, chiudere i contatti. Che lui cerca sempre di riallacciare. È da inizio anno che ogni tot settimana, nonostante io non gli risponda, mi scrive e millanta cose che sa bene mi fanno soffrire. Nonostante la mia non risposta, perché continua? Gli avevo spiegato la mia posizione ma questo tira e molla lo continua lo stesso. Voglio specificare che non ho mai assunto atteggiamenti da ghoster, prima di chiudere un rapporto per educazione spiego sempre il perché, di modo da non lasciare l'altra persona senza spiegazioni (a differenza di ciò che ha fatto questo individuo con me). I terapeuti a cui mi sono rivolta hanno descritto questa dinamica come breadcrumbing o zombieing, francamente non amo queste etichette ma va da sé che mi sembrano comportamenti non molto rispettosi nei miei confronti, di fronte all'accaduto. Spero di non risultare esagerata nell'espormi in questa maniera, ma non capisco davvero cosa voglia da me una persona che riemerge in questa maniera, sapendo che mi fa soffrire questo modo di agire.

    Avevo aperto un thread analogo tempo fa, in cui spiegavo la mia situazione e il conseguente disturbo nato a causa da un rapporto con un individuo che, alla fine, mi ha causato sofferenza. Ero innamorata di questa persona da tre anni, senza sapere cosa sarebbe potuto accadere dopo. Quando lo conobbi nel 2018, rimasi delusa e addolorata da un suo rifiuto, lo accettai senza troppe insistenze e cercai di andare avanti. Fin lì, tutto nella norma. Finché un anno e mezzo dopo, questa persona mi cercò, dicendo di volermi conoscere meglio. Inizia un periodo in cui mi contatta a periodi alterni, mi fa confidenze molto intime sulle sue sfortune relazionali, dicendomi che stava vivendo un rapporto doloroso portato avanti per consuetudine con una donna più grande. Dopo avermi detto cose del genere, in seguito ad un paio di incontri dove non faceva altro che parlare di sé, iniziò nel 2019 un periodo assurdo in cui diceva spesso di volermi sentire e vedere, senza però che questo accadesse mai: alternava momenti di "corteggiamento" via messaggio a periodi in cui chiedeva di voler stare da solo, senza rispondere mai a miei messaggi, e senza chiamarmi. Ci rimasi male ma lasciai perdere anche quella volta, finché ad inizio pandemia questo personaggio mi cerca nuovamente, illudendomi ancora di volermi parlare meglio per poi, pochi giorni dopo averlo chiamato per sapere come stesse, sentirmi dire che non dovevo scrivergli più perché il suo era un rifiuto. Avevo sofferto come un cane, lo bloccai dopo avergli scritto il mio disappunto, e ricordo poi che mi cercò ancora ad inizio giugno, in un periodo in cui mi sentivo rinascere. Mi scrisse con un nuovo numero di telefono, e ricordo che lo fece iniziando complimenti vari. Di fronte alle sue scuse, che mi parevano sincere, accettai di comunicare ancora con lui. Mi disse chiaramente di volere una relazione con me dicendo che la distanza lo aveva fatto soffrire, motivo per cui si era allontanato. Io gli credetti. Dopo tre mesi di telefonate, scambi vari, ci eravamo incontrati cinque volte, in cui mi mostrava comportamenti oltremodo teneri e sentimentalmente affiatati. Mi diceva che avrebbe voluto cercare casa nella mia città per vivere un po' insieme. Il lockdown di novembre 2020 mi impedì di vederlo, pensavo che mi avrebbe lasciata causa distanze, ma invece per quasi 8 mesi mi chiamava ogni giorno, voleva sentirmi sempre, la comunicazione si faceva sempre più profonda e io ero felice. Tutto questo finché alla vigilia delle riaperture, ad aprile, mi crollò il mondo addosso, perché avevo atteso tutti quei mesi per rivederlo credendo che provasse qualcosa per me, mentre di colpo mi sentii dire al telefono le seguenti parole: "mah sai, a me non sono mai interessate le relazioni stabili, le cose cambiano e ho cambiato idea. Non diventare ossessionata". Mi aveva anche insultata dicendo che i miei sentimenti sono ridicoli, e che lui non mi doveva alcuna spiegazione per il suo comportamento. Ho avuto un crollo che mi ha costretto a seguire ben due psicoterapie, che però non mi hanno guarita. Ho sviluppato una severa forma di disturbo da attacchi di panico, ma grazie al mio percorso farmacologico sto facendo progressi. Il problema è che questo individuo è riemerso ancora cercandomi varie volte, come se niente fosse. Io ignoro e blocco ma salta sempre fuori chiedendomi come io stia e dicendo che vuole vedermi (per poi svanire), e questo mi causa sofferenza. Una mia amica mi ha suggerito di minacciarlo dicendogli che se si fa ancora vivo prendo dei provvedimenti. Cosa mi consigliereste? Grazie e scusatemi per il lungo messaggio.

    E' assolutamente possibile. Nessuna terapia _che non sia di mero "mantenimento"_ può o deve durare 10 anni. Come dici tu: il rischio è proprio quello di calcificare il problema e diventare dipendenti da una terapia che di fatto è inutile.


    Esatto: ci sguazza. Questi sono i casi che il mio mentore (psicologo, psicanalista freudiano) indicava come "il male assoluto", poiché rafforzano il problema, anziché tentare di rimuoverlo. Il paziente si sente discolpato, il terapista incassa soldi all'infinito e appaiono tutti contenti. Ovviamente la peggio è del paziente che pian piano perde tutti gli amici e si contorna solo di soggetti superficiali che fanno da contorno alla terapia deviata.

    Purtroppo va anche valutato il ruolo della "dipendenza da transfert", se così si può chiamare, che per questi soggetti è deleteria. Per una persona depressa ho visto modesti risultati con altre terapie (cognitivo comportamentale in primis), ma proprio in base a quanto è stato sottolineato, alcuni individui rimangono inattivi volutamente scegliendo il percorso che li legittimi a rimanere in quella condizione da cui, alla fine, non si liberano più. E secondo me il ricorso del "discolpare" rimane una lama a doppio taglio: per un depresso la colpa gioca un ruolo cruciale, ma sappiamo bene che la colpa e la responsabilità sono due cose diverse. Nel caso in questione, è abbastanza assurdo vedere come per 10 anni un ragazzo si crogioli continuo rimuginio su quanto sia incapace e immeritevole perché in terapia ha "appreso" questo (accanto al fatto che è X perché la madre è Y). Mi pare aassurdo e dannoso.

    Penso che il tuo discorso sia assolutamente sensato, ma credo anche che, esattamente come con i farmaci, non tutti i soggetti siano predisposti alla psicoterapia, o siano "reattivi" ad essa. Magari esiste anche in questo caso un tempo di latenza, non saprei, non voglio parlare per altri con cui questo strumento è utile. Un amico molto caro soffre da più di diciassette anni di depressione maggiore, è una persona a cui voglio bene ma che è assolutamente incapace di comprendere che, nel suo caso, la psicoterapia non è di alcun aiuto. Credo che nel suo caso il percorso che segue da 10 anni (10 anni! Indirizzo psicodinamico, freudiano, verso il quale non nutro opinioni positive) abbia solo irrobustito la sua nevrosi di base (mi adatto al lessico psicoanalitico a lui molto caro, per capirci meglio), con il risultato che ad oggi si trova "costretto" ad andare alle sedute ogni tot tempo, senza sapere perché ci va, lo fa come un automatismo. Quando lo invito a considerare se questo percorso sia utile, visto che spesso ha ricadute gravi, mi aggredisce verbalmente perché purtroppo tale orientamento fa molto leva sulla responsabilità individuale del paziente per i propri mali, dunque un depresso cronico ci sguazza. In sintesi, esattamente come con i farmaci sono del parere che anche la psicoterapia vada scelta e seguita con molta prudenza.

    Concordo pienamente, sono sulla tua stessa linea di pensiero. Anche io, oltretutto, ho la fobia di salire sui mezzi pubblici, oltre che di spostarmi in luoghi che mi allontano dal mio perimetro di sicurezza. Adesso sto iniziando una terapia farmacologica, ma ti dico solo che nonostante soffrissi come un cane le mie terapeute erano convinte che non servissero farmaci. Con il risultato che sono peggiorata nel tempo, e avrei dovuto muovermi prima.