Mia madre a un certo punto lo ha scoperto. Ai tempi vivevo ancora con i miei e, siccome gli indumenti da lavare li metteva lei in lavatrice, trovò un biglietto dello studio di psicologia con l'appuntamento dimenticato nei miei pantaloni. Mi ricordo precisamente dove stavo, sdraiato su una panca. Mi porse il biglietto e mi diede una carezza sul viso. Non ho ricordi fino a quel momento della mia vita di un suo gesto di affetto, un abbraccio, o per lo meno che niente del genere fosse mai avvenuto in età adulta, né da parte mia nei suoi confronti né da parte sua nei miei confronti. Ebbi come la sensazione di uscire da una campana di vetro, come se ci fosse una trasformazione improvvisa a livello di percezioni. Poi, in giornata, la vidi salire un paio di scale a tre gradini alla volta. La ricordo felice quel giorno e penso che ciò fosse dovuto a questa scoperta, al fatto che avessi finalmente cercato aiuto, perché io credo che un genitore lo veda il disagio, soprattutto se ci vivi insieme.
Poi, ovviamente, il fattaccio: quello che mi era stato sconsigliato di fare e il mio entusiasmo per non sentirmi solo con il mio segreto. Quella voglia di gridare la mia sofferenza uscì fuori come un fiume in piena con una serie di ricordi dolorosi che mia madre non era in grado di sostenere né comprendere, tanto che la mattina dopo la trovai in camera sua a letto fino a tardi. Sembrava una maschera di dolore. Mi confessò di non averci dormito tutta la notte per tutte quelle mie parole.
Ma infatti, all'inizio sono comprensivi, ma poi non lo sopportano.
Poi tua madre, a quel periodo, era pure giovane, quindi in grado di reggere meglio. Mia madre è molto anziana, capisce benissimo tutto, ma non ha la resistenza psico-fisica per accettare minimamente la cosa.