Messaggi di bruce0wayne

    ma state confrontando dei manuali di piscologia o delle cose concrete?? a me sembra assurdo stare qui a parlare di persone che girano nude per casa o scontrini nascosti nelle tasche o di proiezione di quello che il partner ci comunica volontariamnete :) , che segreti sono? mi sorge un dubbio ma siete almeno fidanzai o e' tutta teoria :D

    Ufficialmente sono pareri personali. Il regolamento non concede altro. ;)
    Ovvio che poi quando scrivo "nudi per casa" sto materializzando un opposto del pudore: non intendo realmente "nudi per casa", anche se per assurdo potrebbe essere.


    Per il resto sono tutte cose normalissime. La maggior parte delle persone crede di essere libera, di vivere la vita secondo le proprie scelte, di scegliersi il partner, etc.. mentre in realtà non è proprio così.

    Basti pensare a tutti i casi di separazioni, divorzi, infelicità, tradimenti, ma soprattutto: depressioni e disturbi profondi causate dalla vita di coppia in generale.

    La "vita di coppia" è talmente pericolosa per l'individuo e la mente che ci sono branchie esclusive della psicologia solo per gestire queste eventualità.

    Stiamo confondendo la condivisione totale, con la coltivazione delle proprie attività

    Certe scelte non si possono prendere in libertà se nel nostro cervello c'è costantemente un osservatore esterno. Si finisce per pensare con la testa dell'altro o comunque per cambiare se stessi in funzione della proiezione di quello che il partner ci comunica volontariamente, ma soprattutto non volontariamente.

    E' risaputo che molti (moltissimi) una volta accoppiati finiscono per perdere se stessi e le proprie passioni.

    Un motivo è certamente la mancanza di un minimo di individualismo nella coppia.

    "Segreto" è una parola sbagliata. La parola giusta è "indipendenza", che spesso richiama qualche "omissione", seppur temporanea, che può essere considerata (in qualche modo) un segreto.

    In una relazione matura, non c'è giudizio negativo da parte del coniuge se si tratta di un attività che lo stesso coniuge sa che all'altro fa piacere fare.
    Io non ho conti correnti "nascosti" agli occhi della mia consorte, eppure i soldi li spendo tranquillamente come mi pare e piace, senza alcun timore di giudizi negativi (e altrettanto lei con me).

    Tu però non chiedi i soldi a lei tutte le volte, e lei non li chiede necessariamente a te.
    Non bisogna avere conti correnti "nascosti", bisogna non avere una moglie insuocerita alle spalle ogni volta che spendiamo un euro, oppure lei non deve avere un corvo che le fiata sul collo ogni volta che si compra una cosa personale.

    Bisogna che vi sia indipendenza e che NON vi sia l'obbligo di condivisione per le cose non rilevanti per la coppia.
    Ci sono coppie in cui "per il bene della famiglia" il partner di turno passa al setaccio ogni tasca o scontrino e se ne trova uno omesso parte il pistolotto :rules: .

    Non sarà il tuo caso (e per fortuna non è il mio ;) ), ma tanta gente che professa la condivisoone totale e "in casa si gira nudi" e "non ci devono essere chiavi alle porte", etc. costringe il partner a vivere in quel modo. ...E ci sono partner che pensano che questo sia corretto (!) :huh:

    Non vedo francamente la necessità di tenere segrete piccole spese personali per i propri hobbies... né la segretezza su amicizie non condivise. Alle volte tali segreti finiscono più per insospettire il partner e farlo dubitare della propria buona fede, piuttosto che creare armonia nella coppia.

    Che ognuno possa coltivare attività o amicizie in modo indipendente dall'altro, è cosa sacrosanta... ma non vedo perché volutamente nasconderle, fingendo che non ci siano. In un matrimonio è deleterio, e anche molto difficile. Pensiamo al marito fotoamatore, che si compra la telecamera da 1000 euro e non vuole farlo sapere alla moglie. Al di là dell'infantilismo della cosa, occorre anche nasconderla dentro casa. E a che pro?

    Non ci deve essere la "necessità" di nascondere, ma la libertà di non dichiarare se non necessario o quando può creare inutile astio.
    Se una quota di soldi non è questionabile dal partner si sentiranno entrambi liberi di fare quello che gli pare senza temere giudizi, magari inconsapevoli.

    Il dubbio è normale e oserei dire indispensabile. Deve esistere anche perché di tanto in tanto va "svelato" e perché ci deve essere fiducia tra i due.

    "Nascondere volutamente" non è corretto, ma omettere se non indispensabile il dichiararlo o per non offendere, Sì.

    Il fotoamatore comprerà la fotocamera con la sua quota (non scritta e non "pesata") di soldi non questionabili. Lei non avrà modo di rinfacciare la spesa e poi magari si ritrovano a farsi foto sexy e si divertono entrambi.
    In una coppia a condivisione totale si finisce per non comprarla perché non vale niente per il bene della coppia.

    La coppia è un'entità astratta composta da singoli. Se i singoli non sono a loro agio la coppia non esiste.

    il legame affettivo si distingue proprio per questo, dopo che ognuno di noi ha fatto le sue belle esperienze da singolo poi cerca una nuova espressione nella coppia prima e nella famiglia poi...ma non sono cose da leggere sui libri, si devono provare e non e' un involuzione anzi...ma poi come si fa a pensare di togliere il pane ai figli...forse tu non ne hai per dire questo, vero?

    A parte che io ho scritto "togliersi il pane di bocca per darlo ai figli" e non il contrario :)

    In ogni caso l'uomo è una bestia che vive in branco, ma è individualista. Per istinto cerca di avere per se' il meglio e poi pensa agli altri (partner compreso/a), anche se così non sembra (accade in ogni caso inconsciamente).

    Fa eccezione solo la questione prole, per cui l'individuo mette a rischio la propria esistenza (e anche quella della coppia se serve) per avere la garanzia di aver figli e che essi stiano bene o quantomeno sopravvivano.
    Ma la coppia in se' NON è al di sopra del singolo (e non deve esserlo se non in rari casi!).

    La coppia sussiste solo se i singoli, in autonomia, stanno bene e sono completi (di segreti, anche). Non è corretto, ne' moralmente, ne' legalmente che vi siano dipendenze vitali o condivisioni totali obbligatorie tra i due, se non per argomenti inerenti alla coppia in se'.

    Se non si sta bene con se stessi non si può voler bene agli altri. Chi è pudico deve avere la libertà di non girare nudo per casa e, soprattutto, di non veder girare gli altri nudi per casa: pena la rottura dell'armonia di coppia. Il nudo è di per se una di quelle tipologie di segreti.

    Altre tipologie di segreti o omissioni comuni nella coppia sono le uscite tra amici, le passioni non condivise, le amicizie non condivise, persino le perversioni sessuali non condivise o quello che accade sul lavoro.
    Anche una parte delle spese dovrebbe essere "segreta". Nel bilancio familiare una quota (piccola!) dovrebbe essere destinata alle spese personali non questionabili o ispezionabili dal partner.

    No, non bisogna dirsi tutto. L'individualità dei componenti della coppia è indispensabile per la riuscita della coppia stessa!

    Chi dice sì, chi dice no...

    Ma la discussione resta astratta finché non si specifica di che tipo di "segreti" si sta parlando.

    Eh no. Se specifichi i segreti, che segreti sono? La voglia stessa di sapere quali siano i segreti è sinonimo di voler saper tutto e di possessività.

    ma mi spieghi due persone sposate che segreti dovrebbero avere? soprattutto quando hai figli, dovresti dividere tutto. Se potresti spiegarmi il motivo del nascondere qualcosa potrei capire meglio...

    Perché siamo individui. Il nostro IO viene prima della coppia e di tutto quello che ne consegue. Un marito o una moglie che non mettono se stessi in equilibrio non saranno mai in grado di essere buoni componenti della coppia o buoni genitori.

    Poi uno può anche decidere di togliersi il pane di bocca per darlo al figlio o alla moglie, ma deve essere una scelta di un individuo e non di una coppia.
    Le scelte della coppia sono la mediazione tra i pareri degli individui.

    Quando in una coppia si perde l'individualità dei componenti si sfocia nell'insofferenza e nella noia depressiva più totale (dopo un breve periodo iniziale di estasi).

    La condivisione totale non è sincerità: è spudoratezza.

    in che senso tipo di educazione? Io se vedo qualcuno in difficoltà, che stia male, vomiti, se la faccia sotto, o che altro l'aiuto.
    Però è risaputo che è una cosa imbarazzante vedere qualcuno che si fa la pipì addosso, è un luogo comune... figurarsi in una scuola superiore. A me è venuta questa fissa perchè mi sentivo inferiore, e mi piaceva un ragazzo a scuola mia, quindi avevo una paura terribile di fare figuracce e di essere derisa....
    Come posso risolvere questa dannata fissa?
    Effettivamente è molto diverso dall'aver paura di morire o di star male... questo è un trauma più che altro.

    L'educazione intesa anche come modello che hai preso ad esempio quando eri piccola. Ognuno di noi è il frutto di quanto ha imparato da piccolo.
    Durante l'infanzia si forma il carattere e il modo di pensare in base a quello che prendiamo ad esempio dagli adulti e dalle persone in generale che ci circondano.
    Il tutto poi viene pesantemente interpretato e assunto in base alle esperienze che viviamo nel quotidiano.

    L'ansia da prestazione, i complessi di inferiorità e la paura del giudizio altrui sono cose che si possono imparare da bambini. Un genitore troppo ansioso tende a crescere i figli nello stesso modo, a inculcare loro la paura della morte o del giudizio altrui.
    La paura di fare figuracce si può trasmettere e, proprio per questo, molto comune.

    (faccio un esempio banale e non esaustivo)
    Chi cresce in una famiglia di persone superficiali o che hanno grande stima di se stessi tende a elaborare meglio certe esperienze e a non trasformarle in traumi.

    Io stesso sono cresciuto in una famiglia medioevale con ideali antiquati e talvolta fuori luogo e "la figuraccia" era peggio di fratturarsi tutti e quattro gli arti contemporaneamente! :)

    Ho reagito a questo insegnamento (secondo me sbagliato) con una dose di autostima da far resuscitare un morto, tale per cui sono diventato anche narcisista a tal punto da apparire antipatico.
    Nonostante tutto, però, conservo nel profondo la convinzione che il mio nome debba rimanere il più possibile "pulito" e quando anche sul lavoro mi capita di essere incolpato di qualcosa con cui non ho nulla a che fare: divento una bestia.

    Ne pago ancora le conseguenze, insomma. Guarda te quanto può contare nascere in una culla, piuttosto che in un'altra.

    Ed è ben per questo che scrivevo che dopo 12 anni qualsiasi terapia avrebbe dato esiti diversi, magari anche un ritorno alla psicoanalisi.
    Il tempo e le mutazioni delle reazioni del nostro cervello, talvolta, risolvono (o aggravano) il problema anche senza terapia. E' risaputo che alcuni disturbi post-traumatici da stress (che sfociano in attacchi di panico) tendono ad alleviarsi con l'età anche in mancanza di una vera e propria terapia (di qualsiasi genere).

    Se il paziente avesse le prime manifestazioni del problema a 50 anni e mi dice "a 62 ho risolto tutto bevendo una tazza di caffè" non ci crederei (sono 2 età per cui il cervello cambia poco), ma se il disturbo inizia a 16 anni, quando si arriva a 28 il cervello è come se fosse un altro e _per assurdo_ potrebbe veramente bastare una tazza di caffè! 8) (di fatto sarebbe una mutazione naturale, il caffè non c'entra nulla :thumbup: ).

    Raggiungere l'autonomia nella gestione della fobia (o di qualsivoglia disturbo) è importante ma non risolve il problema alla fonte: è solo uno strumento per poterlo aggirare. Talvolta è l'unica soluzione applicabile e non sempre è possibile (o utile!) risalire al problema, ma credo sia giusto farlo.

    Potrebbe anche essere che la fobia dipenda da un'esperienza vissuta e ricordata, come nel caso di cryformy, ma potrebbe anche essere che _sempre nel caso di cryformy_ l'esperienza che lei ricorda non abbia nulla (o poco) a che fare con la fobia. E' il trauma più semplice da associare a una fobia come quella che descrive, ma proprio per questo bisogna diffidare.
    Spesso la paura di fare brutte figure dipende più da un certo tipo di educazione, piuttosto che dal trauma vero e proprio. Il trauma stesso (forse) non si sarebbe verificato se non ci fosse stata una certa educazione (chiamiamola così) alle spalle.

    C'è gente che se la fa addosso tragicamente.... e ci ride su per 40 anni! Accade perché hanno ricevuto un educazione diversa, non necessariamente migliore o peggiore.


    Il discorso sul cervello che tende alle fobie o ad altri disturbi piuttosto che no, sa molto di razzismo.
    Per certi disturbi neurologici ci posso anche stare, ma per la psiche in generale non proprio.

    per esempio. l'iperattività rafforza la possibilità di cadere in certi disturbi piuttosto che altri, ma in campo psicologico -ricordiamocelo- siamo tutti presunti sani.
    Nel senso che sono le esperienze e l'educazione ricevuta (perlopiù nella fase infantile) a fare la differenza tra un iperattivo con gli attacchi di panico e un altro che va a dirigere un reparto di HR con 10.000 dipendenti.
    :)

    Certo. Io ho seguito un metodo di rieducazione comportamentale e cognitiva che avrebbe funzionato anche 12anni fa.

    Non possiamo saperlo con certezza. L'unica certezza è che quando hai iniziato la terapia comporamentale non avevi la stessa incoscienza e inesperienza del problema che avevi 12 anni prima. Questa differenza di solito si traduce in una terapia più o meno efficace, qualunque essa sia.

    Che la reazione alle terapie sia generalmente personale è un altro dato certo.

    Non è che la comportamentale sia assoluta e funzionale con tutto e tutti, ma proprio no. Ogni persona reagisce in maniera diversa a seconda di quali sono le sue esperienze e le sue tendenze. C'è chi, per esempio, non tollera questo tipo di terapie per la loro propria natura. A queste persone non puoi far leggere, tra le righe, "la comportamentale funziona velocemente, dopo 12 anni di tentativi in 10 minuti sono tornata come nuova", ma proprio no (!!!).

    C'è anche chi sostiene che la comportamentale in molti casi sia una terapia di ripiego, fosse anche solo per le "piccole" fobie; e che alla lunga si torni al problema o a un problema diverso. Un po' come mettere la polvere sotto il tappeto invece che pulire realmente.

    Dipende da qual'è la natura del problema. Non è mai inutile andare a capire la natura della fobia e analizzarla. Può essere che la cognitivo-comportamentale diventi uno strumento per abbattere il problema, ma prima è utile (se non indispensabile) imh(a)o capire qual'è questo problema.
    :hi: