Sono arrivato sul forum trovando, in una ricerca su internet, l'argomento: Le difficoltà di rimanere insieme dopo un tradimento. Vi propongo la mia storia per avere un vostro confronto. Mi sarebbe di aiuto e apprezzo tutte le opinioni espresse con educazione.
Dopo 20 anni di matrimonio, ho scoperto che mia moglie mi tradiva da due anni. Due anni di dubbi, di intuizioni, di percezioni negate. Una storia lunga, che non è nata dal benessere, ma dalla fatica.
Quando abbiamo iniziato, eravamo poverissimi. Io ero un immigrato con 20 euro in tasca, lei insegnante precaria con una dote di 2000 euro, in una città del Sud dove anche solo arrivare a fine mese non era scontato. Ma ce l'abbiamo fatta. Abbiamo costruito tanto insieme, lavorando entrambi. Io guadagnavo di più, ma tutto è sempre stato condiviso. Molte cose le ha intestate lei, perché per me era normale.
Durante quei due anni in cui avevo dubbi sempre negati, le dissi chiaramente: "Se non sei più nel matrimonio, prenditi tutto quello che abbiamo costruito e vai. Io mi occuperò delle nostre figlie, come ho sempre fatto". E lei lo sa: l’avrei fatto davvero. Perché quando dico una cosa, la faccio. Ma mi ha sempre mandato a quel paese, negando tutto con forza, sia la relazione sia l’idea di volersene andare.
Poi, quattro mesi fa, tutto è crollato. Ero preoccupato per un suo ritardo insolito. Mia figlia più piccola, vedendomi agitato, mi ha detto una frase semplice che ha fatto esplodere tutto: "La mamma sta chattando di nuovo con il collega". Quel nome, quel collega, lo avevo nel cuore e nella testa da due anni.
Due anni di dubbi, di intuizioni che lei ha sempre negato con forza. Io avevo percepito una simpatia troppo spinta, ma ogni volta venivo zittito e rassicurato. Quel giorno, senza mettere in mezzo nostra figlia, appena è rientrata a casa le ho detto semplicemente: "So tutto delle chat". Lei è crollata. Un crollo vero, disperato, implorandomi di non lasciarla, di darle una possibilità, di andare in terapia.
Io pensavo si trattasse di messaggi, magari di un flirt verbale. Tanto più che quel collega non lavorava più con lei da oltre un anno. Ma la realtà è stata devastante: non si trattava solo di parole. C'erano stati incontri reali, una decina in due anni, organizzati per cercare "leggerezza", così l'ha definita. Lei cercava una parentesi di leggerezza con un uomo non impegnato, e pagava quei momenti con il sesso.
E c'è di più: dopo quegli incontri, tornava a casa e cercava me. Aveva bisogno di fare l'amore con me per raggiungere il piacere. In terapia ha raccontato anche che, durante gli incontri con lui, spesso vedeva me al posto del suo volto. La terapeuta le ha suggerito di raccontarmelo, e lo ha fatto. Ma invece di consolarmi, questa rivelazione mi ha scosso ancora di più.
La parte che mi ha devastato di più? I rapporti non erano sempre protetti. Lì la rabbia mi ha strappato l'anima. Lei ha detto che avrebbe fatto di tutto per "avere un nuovo primo appuntamento" con me, che avrebbe ricostruito tutto, passo dopo passo. Io in quel momento sono rimasto. Per le nostre figlie. Perché, malgrado tutto, fino al giorno prima, la amavo profondamente. Ma le ho detto chiaramente: il nostro matrimonio è finito.
Dopo la scoperta siamo andati entrambi in terapia. Lei ha iniziato un percorso per capire cosa le fosse successo. Io, dal mio lato, ho fatto lo stesso. E col tempo ho riconosciuto che alcune problematiche profonde, che mi porto dietro da molto prima del matrimonio, mi avevano spinto a iniziare questa relazione con il freno a mano tirato, con paure e chiusure che, anche se non volevano ferirla, alla lunga hanno creato distanza.
So bene che questo non giustifica quello che è successo. Il tradimento è stata una scelta consapevole, reiterata ed egoistica. Ma non voglio neanche cadere nella posizione comoda dell’angelo tradito. Non è la verità. Anche io ho fatto errori, ho chiuso canali di dialogo, mi sono rifugiato nella pornografia, ho cercato il sesso più che l'intimità profonda. Sto lavorando anche su me stesso.
Oggi lei è completamente diversa. C'è, si impegna, si mette in discussione, va in terapia. Dice che mi ama, che mi ha sempre amato. Ma dentro di me il dolore resta. E con lui le domande. La principale è sempre la stessa: perché? Perché ha iniziato? Perché non si è fermata, se davvero non c'era amore, né sesso appagante, né futuro?
Ho cercato di darmi spiegazioni psicologiche, ho analizzato ogni comportamento, ogni parola, ogni silenzio. La mia terapeuta ha ipotizzato anche una fase depressiva non affrontata, con una compensazione narcisistica fragile. Poi qualcosa del tipo: coping disfunzionale o qualcosa del genere. Per un po' questo mi ha aiutato.
Ma poi torno sempre lì: basta tutto ciò per distruggere 20 anni di storia insieme e una famiglia costruita con fatica? Posso davvero fidarmi? Posso davvero ricostruire, se una parte di me non riesce ad accettare fino in fondo quello che è successo?
Pur cercando di essere il più breve possibile, mi rendo conto che nell'altra pagina di discussione venivano richiesti dettagli precisi per poter avere opinioni più approfondite.