E se non passasse più?

  • Ciao Simy, mi permetto di risponderti perché mi hai citato. Non volevo assolutamente aggredirti, se l'ho fatto ti chiedo scusa. Il mio voleva essere uno spronarti, forse sono stata troppo diretta, lo sono anche nella realtà :) . Anch'io non sto benissimo, siamo qua per questo, anche. Ho preso me come esempio, ma mi rendo conto che non tutti siamo uguali. Siamo quasi coetanee, io ho 6 anni in più. Per questo mi sono permessa di parlarti così.


    Quando ci troviamo nel buio più assoluto è difficile trovare la luce. Di momenti terribili e diversi da quelli che conosciamo ce ne spaventano tanti. A me è capitato così da sei anni a questa parte, esattamente dopo i 50 anni, e sono 6 anni che vado in giro per medici perché mi sono venuti tanti disturbi che prima non avevo, anche quello che racconti tu: non riuscivo ad alzarmi neanche dal letto. Ho fatto tutti gli accertamenti possibili perché pensavo di avere malattie gravi e ho iniziato anche a cercare psicologi.


    Quello che voglio dirti con questo è che, anche se ero sola e distrutta, non mi sono fermata. Non potevo uscire? Usavo il cellulare! Mi trascinavo per andare dal medico perché era più forte il non volermi arrendere. Anche io non ho potuto più lavorare perché stavo male. Come riuscivo a sopravvivere? Ho fatto domanda di pensione e domanda per il sussidio.


    Ho letto che hai il diabete, ti chiedo: hai fatto domanda di pensione? Perché ne hai diritto.


    Spero di esserti stata di aiuto, perché questo è il mio intento. Ah, dimenticavo, e mica ho finito qui: a settembre ho un altro accertamento! :)

  • Ciao Simysimy, nessun biasimo, assolutamente. Per esperienza personale - anche io ho 51 anni - mi sono trovato a fronteggiare la difficoltà di non avere un lavoro dal marzo 2024 in poi. Per mia scelta, quasi obbligata peraltro.


    Una crisi di identità - la mia - per verità iniziata già precedentemente. Insoddisfazione, ansia ed altri disturbi motivazionali già facevano capolino. Nella vita esistono pagine che ci ostiniamo talvolta a non voler girare.


    Fortuna vuole che sia stato costretto a dimettermi. Che è stata quasi una fortuna. Come per te, con l'occupazione per tuo padre.


    Capisco esattamente cosa significa perdere la routine, avere giornate senza uno scopo ecc. È stato forse - lo scorso marzo/agosto - uno dei momenti più delicati della mia vita, dove ero aggredito ovviamente dall'ansia, pensieri, rimuginii e un conflitto legale per ottenere riconoscimento del lavoro prestato.

    La testa fuori dall'acqua l'ho messa io. Ho chiesto aiuto. In primo luogo, per spegnere l'incendio a bordo ho contattato un nuovo psichiatra e parlato dei miei disturbi ansiosi.


    Insieme abbiamo concordato per una nuova terapia farmacologica per i sintomi invasivi dell'ansia (dunque paroxetina dimezzata a 20 mg, sostituita poi da escitalopram a 10 mg abbinata a Deniban e EN al bisogno). L'estate scorsa è passata senza scossoni.

    Contemporaneamente ho iniziato una psicoterapia dinamica online con sedute settimanali. Effetti immediati sui disturbi? Zero. Ma non ho mollato. Ho cercato soprattutto un professionista che fosse più "grande" di me. Uomo come me.


    Al momento sto andando avanti con lo stesso. A volte non mi sembra utile, altre non ho voglia, altre invece sì. Insomma, non tutti i periodi sono uguali. Ma non ho mai smesso e stiamo esplorando ancora - piano piano - tutte le mie recondite insicurezze, mancanze di autostima, critica ed altro.


    Accendere il PC e connettermi con lo psicologo è comodissimo. Come andare nella palestra sotto casa. Ogni settimana cerco di non mancare all'appuntamento che costa appena 49€. Ho provato, pagando anche di più, la strategica breve o quella somatica. Alla fine nessuna è efficace.

    Molto dipende dalla nostra propensione e voglia. Per ritrovarla non credo tu debba fare moltissimo. Devi semplicemente ripartire in qualche maniera.

    Dici che il tuo limite è 200 mt. Prova a portarlo a 1 km (è un paradosso). Vai oltre. Rimboccati le maniche e ricordati di osservare ogni tanto il tuo respiro. Non si ferma mai. Fa il suo lavoro costante per farci vivere.

  • LeggeraMente Buon per te al terzo tentativo... Io ne ho fatti 30.000. Sin da ragazzetta spinsi mamma a mandarmi dalla psicologa o in un consultorio, stavo male. Poi, dopo il consultorio, andai da una privata che al telefono rispondeva facendo i cognomi dei pazienti e si tagliava le unghie. Orrore, via. Poi feci tanti anni di analisi con una che aveva un approccio misto freudiano e non solo. Anni su anni, sì, credevo di star meglio, ma erano diverse le condizioni intorno: famiglia, socialità.


    Poi un giorno mi disse che potevamo concludere e che eccezionalmente mi proponeva di diventare amiche. Io rimasi perplessa: non saremmo mai state alla pari. Ma, sedotta dall'idea di valere, tanto che la mia terapeuta mi voleva come amica, tentai. Non abbassando mai la guardia. Ed infatti, lei voleva un'ancella, sapeva che io, per riconoscenza, ci sarei stata. Non sapeva però che, lusingata ok, ma pure capace di farmi rispettare, mi trattavo sempre come paziente e non ci stavo.


    Narcisista da morire. Dopo un po' di tempo le dissi che non mi piaceva il suo modo di fare e, dal venerdì al lunedì, sparì. La cercai, non capivo, non rispondeva. All'ennesimo tentativo si parlava di onestà e trasparenza ed era il minimo da parte sua, che faceva pure questo lavoro. Invece mi disse che non dovevo più farmi viva, mi bloccò sui social, su WhatsApp e non seppi mai i motivi. Rimane un trauma, pure quello.


    Poi, dopo un po', ripresi altri percorsi, con uomini, ma per carità: non fanno per me, meglio una donna. Ad oggi però, ecco che non trovo quello giusto per questi miei problemi. Sono affranta.

  • Simysimy se posso chiedere, che aspettative hai nei confronti dello psicoterapeuta? Cosa dovrebbero fare o dire, secondo te, per esserti d'aiuto?

    Hai provato diversi metodi, cambiato un sacco di specialisti...o sei molto sfortunata, oppure, ipotizzo, non potrebbe essere che, forse, stai cercando qualcosa che non c'è?


    Ti faccio un esempio. Durante una seduta la mia psicoterapeuta mi disse che dovevo prendere l'auto e farmi un giro di 20 minuti. In questi 20 minuti, mentre guidavo, avrei dovuto urlare con tutte le mie forze, urlare a squarciagola. Se l'avesse chiesto a te, come avresti reagito? Avresti fatto quello che ti chiedeva o l'avresti presa per pazza?

    Accettare non significa rassegnarsi - Mai giocare a scacchi con un piccione

  • leila19 Grazie per le scuse ed io ti dico che davvero mi è dispiaciuto e non volevo far arrivare menefreghismo verso i consigli altrui. Riporto solo il mio vissuto.


    La pensione: un po' sciocca e un po' ostinata, non l'ho mai voluta chiedere perché, in primis, non volevo sentirmi o far sapere di essere malata, diciamo così. Volevo che lo Stato mi riconoscesse meriti e opportunità per quello che valevo. Forse stupido, ma l'orgoglio era superiore al diritto di ricevere, perché non ero di salute così performante. L'altro motivo era perché solo mio padre la prende da tempo, mentre mamma per pochi mesi e se andò, mio fratello povero, aveva la visita il giorno che finì in terapia intensiva, senza uscirne. E ho coltivato, ahimè, la superstizione che se dovessi chiederla, pure io... ZAC.


    Se mi dici scema lo capisco, ma non dirlo troppo forte, perché dentro sento dolore e fragilità. Non ci posso far nulla, non lo mando giù: averlo perso a 44 anni.


    Ora, in questi mesi, sto valutando se chiederla succedesse ciò che deve o non deve.


    Sul muovermi non è un non volere o un volere a tutti i costi, ma una enorme paura.


    Oggi, ad esempio, mi sento debole, scarica, mi gira la testa, gambe molli. Non mi sento di provare a camminare. Quando ho potuto, l'ho fatto. Ho sempre tentato di superare dei limiti.


    Ma non ci riesco: c'è un blocco di motivazione ed energia.


    Quando, a giugno 2024, iniziarono i sintomi che mi facevano girare la testa, bloccarmi, stare ferma a un cancello, muro o macchina, per qualche volta ignorai il tutto, ma poi dissi basta, perché l'idea di sopportare tutto ciò per arrivare dove? Al supermercato o alla posta, non lo sopportavo più. Io, col blocco, ho detto no all'uscire, con un groppo di solitudine in cui camminavo sentendomi disperatamente sola per strada.


    Mi accontentavo di fare la spesa, o riportavo un pezzetto di pizza o una canottiera a mio padre, ma ero solissima. Non avevo più un fratello né madre, quando al bar vedevo anziane con figlie a far colazione o aperitivo. Avevo mio padre che stava male, ero stata tre mesi in ospedali, sola. Non mi sentivo né sento amata. Ho messo tanto impegno in alcuni ambiti che mi piacciono, ma vedevo che, poi, finito un progetto, tutti si dileguavano.


    Un amico, a cui volevo tanto bene, illusa io, per due volte mi promise un aiuto: la prima volta scomparve per mesi e anni, senza dirmi perché. Mi implorò di perdonarlo, che ci teneva tanto: lo feci. Mesi dopo, mentre stavo dando una nuova chance al nostro rapporto, mi fece un altro torto, peggiore del primo. Basta, dissi basta.


    Non si è più fatto vivo, stavolta zero scuse. Ok, si deve andare avanti, ma le delusioni rendono fragili e, dopo che hai tutto questo bagaglio di dolore, se ti capita qualcosa come l'operazione in urgenza e tutto il resto, non ce la fai più. La voglia di vivere, di essere libera, c'è, ma ho troppo terrore addosso.

  • Non mi permetterei mai di pensare che tu sia scema, anzi... Il diabete non credo sia una malattia bellissima, dà un sacco di problemi sia fisici che psicologici. Per il discorso pensione, regolati tu cosa fare. Io ci ho provato avendo un po' di patologie non invalidanti come la tua, ma i disturbi d'ansia e di panico sono comunque una scocciatura. L'importante sai cosa penso che sia? E credo tu sia d'accordo con me: è curarsi in qualsiasi modo. Può essere anche che scrivere qui possa comunque aiutarti. Da qualche parte si deve cominciare ;)

  • Tutti voi avete affetti? Siete soli? C'è un ambito in cui siete appagati?


    LeggeraMente Non so, non dico che l'avrei presa per pazza, ma non so se avrei eseguito il suo compito.


    Cosa vorrei? Trovo fuori luogo dirmi di pensare alle poesie, quando mi rammarico per il lavoro o per l'indipendenza, e però loro vogliono i soldi che non sono frutto di una mia entrata.


    O di farmi portare in giro, pure se non posso andarci sola. Perché uno che ti porta costa... i soldi non crescono sugli alberi. Sono assolute c∙∙∙∙∙e di chi ti vuole abbindolare facendoti credere di fare un buon lavoro, mentre invece non sa farlo o non con te.


    Le ovvietà non possono costare care come le loro sedute.

  • Io ho due affetti, uno è mio figlio e l'altro il mio compagno. Ma stai tranquilla, che la solitudine mi fa compagnia lo stesso, perché me la porto dentro da sempre.

    Se mi sento appagata? A periodi, alterno un po' sì e un po' no. Sicuramente trovare medici bravi è difficile. Io ti credo quando racconti di medici incompetenti: io ne ho visti a fiumi e per trovarne uno bravo devi girare.

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