Non ho proprio capito perché hai visto nelle mie parole uno sminuire le sue sofferenze..
Solo per precisione: io non ho visto nulla, nelle tue parole, che sminuisse le sue sofferenze.
Rispondevo a lui che sembrava averle lette in questa chiave.
Non ho proprio capito perché hai visto nelle mie parole uno sminuire le sue sofferenze..
Solo per precisione: io non ho visto nulla, nelle tue parole, che sminuisse le sue sofferenze.
Rispondevo a lui che sembrava averle lette in questa chiave.
Mostra di PiùSolo mia opinione personale: credo che sarebbe importante, da parte di chi sembra chiedere un consiglio, aver chiaro a se stesso (e poi magari chiarirlo anche al prossimo) se lui/lei chieda effettivamente un suggerimento, un punto di vista, uno sguardo terzo e terso, O se invece si attenda solo di essere rafforzato nel proprio convincimento di essere vittima cosmica (in mezzo a un mondo intero di brutti e cattivi) e cercare solo "compagnia" per la frequentazione del muro del pianto.
Nel merito di questo 3d: relazioni importantissime, sia familiari che sentimentali, possono rivelarsi non solo fallimentari ma persino mostruose (ne sono testimone io stessa in ambito familiare, e non parlo di bazzecole).
Possono essere questioni da stronco, e sono comunque e sempre lutti incancellabili.
Le questioni sentimentali, giacchè nascono tra quelli che erano sconosciuti l'uno all'altro, sono sempre e comunque più leggere!
Dinanzi a questi lutti (metaforici, ovvio) c'è chi ne metabolizza il lato "buono", che è nel capire che evidentemente ci si era illusi di una corresponsione e reciprocità che in realtà non è mai esistita, o non è mai esistita nella misura in cui l'abbiamo creduta. E in questo caso il buono è la consapevolezza acquisita, che ...amara quanto vuoi...ha il valore di tutte le consapevolezze importanti, tra cui l'insegnamento a essere meno "speranzoni di default" .
E poi c'è, all'estremo opposto, chi sembra considerare questi "lutti" come frutto di una sorte avversa e maligna, e si rosola nel ricordo di quel che CREDETTE essere e che ha dimostrato di NON essere stato (almeno non esserlo stato reciprocamente).
E non solo, così facendo, non metabolizza mai la discrasia palese tra la vecchia illusione e la (contraria) realtà esperita, ma paradossalmente si tuffa e si rituffa in quel "sublime" che si è rivelato illusorio, rinunciando persino alla fiducia nel potersi dare un qualche di più e meglio, più consapevoli e auspicabilmente più autentici.
Ergo: senza atteggiarmi ad "avvocato" di Laonci' (che non mi pare proprio averne bisogno), suggerire riflessione e riscossa NON equivale affatto a "sminuire l'altrui sofferenza", bensì a cercare di ricordare che si può superarla.
Ognuno elabora i propri "lutti" in maniera differente da chiunque altro. Quello che per te è scontato può non esserlo per qualcun altro.
Riconosco che a volte si rischia di rivedersi nei racconti di qualcuno che leggiamo, nei quali magari inaspettatamente ci rispecchiamo ed in noi scatta un meccanismo di repulsione, poiché magari riaffiorano ricordi e situazioni dalla nostra mente.
La riscossa poi vuole i suoi tempi, non c'è una tabella di marcia da rispettare a qualunque costo.
In verità da persona depressa posso dire che per quanto antipatico, queste sono cose che possono aiutare un depresso.
Potresti provare con qualcuno e vedere cosa ti risponde
In verità da persona depressa posso dire che per quanto antipatico, queste sono cose che possono aiutare un depresso.
La depressione patologica, conclamata e diagnosticata da uno specialista, non è un semplice calo di umore o un momento di tristezza passeggera. Dire a una persona che ne soffre “esci e fai una passeggiata” è un po’ come dire a un diabetico “abbassa la glicemia”.
Al depressso non servono consigli che rischiano solo di sminuire la sofferenza reale, perché non si tratta di una questione di volontà o di non voler “fare di più”, ma di una vera e propria malattia mentale da affrontare in modo adeguato.
purtroppo gli specialisti costano e spesso i buchi liberi nelle loro agende non combaciano con i tuoi momenti liberi dal lavoro o dagli impegni genitoriali
Perdonami se non ho letto tutto.
Mi dispiace molto per la spirale di dolore che stai vivendo, per gli eventi anche al di fuori della relazione terminata che sembrano volerti spingere a fare i più brutti pensieri, come hai scritto tu.
Se senti il bisogno di un supporto, sì, gli specialisti potrebbero essere la via. E sì, non è un percorso proprio economico.
Anche io mi sono trovata a fare le tue stesse valutazioni, con gli stessi pensieri. La terapia è stata fondamentale. Senza, non sarei qui a scriverti. Ho trovato una soluzione abbastanza flessibile a livello di orari in una piattaforma online. Tra l'altro, ulteriore vantaggio, a un prezzo inferiore rispetto a una terapia in studio.
Sono professionisti abilitati, che magari hanno anche il loro studio ma collaborano anche con la piattaforma online per consentire ai pazienti più flessibilità: a livello di spostamenti, orari e anche economici.
Di solito si fa un test preliminare per essere associati al professionista più adatto, di cui puoi scegliere anche il genere. Si concorda una prima seduta conoscitiva per determinare e approfondire il problema principale, che nel caso della piattaforma che uso io (non so se posso specificarla, semmai la moderazione può tranquillamente eliminare questa parentesi — Serenis) è gratuita. E poi si inizia il percorso.
Non dico nulla di nuovo: la fine di una relazione è un lutto a tutti gli effetti. Superarlo non è immediato. Il supporto di persone care e specialisti può rivelarsi determinante.
Questo forum è prezioso, puoi avere un confronto accrescitivo e arricchente, una prospettiva differente. La terapia è fondamentale per conoscersi, comprendersi, almeno un po', e per cambiare quegli schemi che ci legano al passato.
Perdonami se non ho letto tutto.
Mi dispiace molto per la spirale di dolore che stai vivendo, per gli eventi anche al di fuori della relazione terminata che sembrano volerti spingere a fare i più brutti pensieri, come hai scritto tu.
Grazie per la risposta.
Da fine 2012 (poco dopo la morte di mio padre) ai primi mesi del 2022 ho seguito una psicoterapia con una professionista della mia città, che mi ha aiutato molto durante la lunghissima fase della separazione.
Poi a seguito delle difficoltà nei cosiddetti "incastri" tra appuntamenti disponibili e turni di lavoro ho tirato i remi in barca.
Conosco quei siti che mi hai descritto e penso che funzionino abbastanza bene, nonostante diverse recensioni negative qua e là (tipo la psicoterapeuta che conduceva la seduta con la figlia piccola in braccio che parlava continuamente disturbando).
Io però sono per la tradizione, per il faccia a faccia.
La depressione patologica, conclamata e diagnosticata da uno specialista, non è un semplice calo di umore o un momento di tristezza passeggera. Dire a una persona che ne soffre “esci e fai una passeggiata” è un po’ come dire a un diabetico “abbassa la glicemia”.
Al depressso non servono consigli che rischiano solo di sminuire la sofferenza reale, perché non si tratta di una questione di volontà o di non voler “fare di più”, ma di una vera e propria malattia mentale da affrontare in modo adeguato
Ma perché dici a me come dovrei rapportarmi con un depresso? Non capisco, ho forse detto alla persona che ha aperto la discussione che deve uscire di casa e vedere gente?
Non mi risulta. Successivamente ho risposto che un depresso ha bisogno anche di queste cose... Come il diabetico ha bisogno di abbassare la glicemia.
Sinceramente volevo fare un bel gesto con il commento iniziale ma mi rendo conto di essere stata fraintesa, così..senza che abbia detto niente di che.
Non è affatto piacevole come cosa.
Potresti provare con qualcuno e vedere cosa ti risponde
L'ho provato su me stessa durante la psicoterapia.
La depressione patologica, conclamata e diagnosticata da uno specialista, non è un semplice calo di umore o un momento di tristezza passeggera. Dire a una persona che ne soffre “esci e fai una passeggiata” è un po’ come dire a un diabetico “abbassa la glicemia”.
Questo concetto è oggettivamente ineccepibile.
Poi, appunto, si tratta di capire/sapere se nel concreto esista una depressione patologica e diagnosticata, o se ci siano "solo" cali d'umore e tristezze.
Non io, ma gli Psico.addetti ci insegnano che la persona depressa è quella soffre per problemi che nella sua realtà non esistono, e non quella che soffre per problemi che sono vivi e reali e che in chiunque generarebbero sofferenza (come prima o poi accade a tutti, peraltro).
Credo di aver letto tutti i post di Zeta Reticuli e, da semplice lettrice, a me sembra che lui soffra di quelli che sono fattori di oggettiva sofferenza nel reale quotidiano : dalla morte del padre, alla fine di un matrimonio nel quale aveva creduto senza riserve, e fino alla questione disciplinare sul lavoro che gli è stata buttata addosso per pura cattiveria.
Chi, sanissimo, non soffrirebbe - e tanto - per ognuno di questi eventi?
Arrrivo a dire che il soffrirne sia la prima prova di sanità mentale.
A confermarlo (almeno rispetto al narrato) c'è il fatto che a Zeta sia stato sufficiente andare in psicoterapia per conseguire effetti apprezzabili.
Al depressso non servono consigli che rischiano solo di sminuire la sofferenza reale, perché non si tratta di una questione di volontà o di non voler “fare di più”, ma di una vera e propria malattia mentale da affrontare in modo adeguato.
Sì, come detto, questo è vero SE parliamo di depressione clinica e diagnosticata. Come è vero che in questi casi la psicoterapia da sola, nella media, non sortisce alcun effetto .
E non sembra il caso di Zeta.
Ne deriva che su un Forum possa essere ben lecito e solo benevolo, il dire di quell'utente X o Y che inviti a concetrarsi sul presente anzichè rimpiangere quei passati che non torneranno (e che in qualche caso sono stati persino illusori, come può accadere col matrimonio o qualunque relazione di coppia).
E francamente mi sembra un pochino ingrato l'arroccarsi in posizioni del tipo "allora sottovaluti la mia sofferenza!".
Senza contare che - con o senza diagnosi di depressione - essere caramente invitati a guardare al presente per viverlo al meglio, anzichè rimpiangere ricordi belli di ciò che non potrà più essere (= quel matrimonio) , oppure rodersi il fegato su quelle che sono storie di ordinaria cattiveria umana (= segnalazione disciplinare sul lavoro) ma che assolutamente non dimostrano che il mondo sia di soli "brutti e cattivi", ha quanto meno la valenza di favorire un ampliamento della propria visuale, e senza nessunissima "sottovalutazione" della sofferenza altrui.
Io credo che ci sia comunque una predisposizione in molti di noi, per la quale siamo più o meno soggetti a farci piegare dalle disavventure della vita.
Io invidio chi nonostante tutto riesce ad andare avanti a testa alta, perché vorrei anch'io essere così, con le spalle larghe e forti.
Ed invece sono nato "cosà", con la tendenza a rimuginare continuamente, a fasciarmi la testa prima di rompermela.
Hai citato il la questione disciplinare che mi è stata buttata addosso per vendetta, una situazione che dura da poco più di un mese e che domani arriverà al punto cruciale, ovvero l'incontro con la commissione.
Questo mese per me è stato un susseguirsi di tensione, ansia e disperazione, un mese che nessuno mi restituirà, un mese passato con la consapevolezza che esistono persone sicuramente non risolte che non si fanno problemi a rovinare la vita a qualcun altro (avete presente le personalità sociopatiche?) perché incapaci di provare rimorso e di avere scrupoli.
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