Vita sessuale quotidiana con mia madre

  • temo che percepire invece un forte rifiuto da parte della società o della massa delle persone sia ciò che possa generargli un trauma da rifiuto.

    Direi che un rifiuto dalla società è implicito ed invitabile. Diversamente una relazione tra madre e figlio (o padre e figlia), sarebbe vissuta "alla luce del sole"... il che farebbe non poco scandalo e in base ai casi, muoverebbe addirittura i servizi sociali, eccetera.


    Ma non è quello il problema, cioè, cercare un'accettazione della società. La società, come concetto astratto (massa indistinta di persone), non può accettare né comprendere le complesse circostanze individuali in cui avvengono certi fenomeni.


    Detto ciò, un complesso di colpa, purtroppo, avviene nel momento in cui l'individuo assume coscienza di quel che vive. A mio avviso è un passaggio doloroso, ma anche indispensabile per cambiare.


    Se non mi sento in colpa, non ho nemmeno l'input per comprendere quali sono stati gli errori di percorso. Il senso di colpa, quando non è "indotto" tramite manipolazione dagli altri, è il risultato di una errata decodifica, quindi non è un fatto sempre negativo, perché stimola coscienza a cercare una decodifica più giusta e più in equilibrio con sé stessi.


    Un rifiuto, può sussistere da parte di quelle persone (come può essere sul Forum), che vengono a contatto con la confessione e mostrano non comprensione o chiusura, questo è vero.


    L'importante è non confondere la chiusura (che è un giudicare male e farlo a prescindere), con il mettere in discussione gli elementi che emergono. Purtroppo è inevitabile fare da specchio all'opener e mostrargli la realtà percepita dall'esterno.

  • Poi, mi rivolgo a chi dice frasi tipo: "ritrovarsi in un fatto di cronaca". Penso si voglia estremamente esagerare! Non farei del male neanche a una formica, altrettanto lei.

    Ho volutamente esagerato perché, dalla mia esperienza e da quel che ho letto...


    È quando si prende consapevolezza di aver subito un'ingiustizia pesante

    che la disperazione sfocia in rabbia.


    Nel mio caso, mi è capitato più volte il forte desiderio di picchiare qualcuno. Non puoi capire quante volte, dentro di me, ho avuto una rabbia... ma una rabbia di quelle...


    Poi ho capito che stavo "digerendo". Sto digerendo tuttora delle dinamiche tossiche che ho vissuto in famiglia.


    Prima non le capivo. Anche a me sembravano la normalità! Tutto giusto!


    Poi, con depressione, ansia, rabbia che venivano da dentro... ho iniziato ad analizzare.


    Per questo ti dico con il cuore in mano, fatti aiutare il prima possibile da qualcuno. Qualcuno che sa. Uno che si occupa proprio di dinamiche familiari simili...


    Ti mando un grande abbraccio.

  • Direi che un rifiuto dalla società è implicito ed inevitabile.

    Lo è, perché appunto la società ha oramai codificato una morale a partire da quelli che all'inizio erano solo istinti.


    La differenza tra gli istinti e la successiva codifica morale come sovrastruttura artificiale di natura mentale sta appunto nel concetto di colpa.

    Direi che un rifiuto dalla società è implicito ed inevitabile. Diversamente, una relazione tra madre e figlio (o

    Se non mi sento in colpa, non ho nemmeno l'input per comprendere quali sono stati gli errori di percorso.

    Gli istinti sono solo funzionali, non morali. Servono per raggiungere uno scopo biologico: punto.


    Nel caso dell'imprinting genitore/figlio, serve alla sopravvivenza, nel fare sì che un genitore allevi il figlio e che il figlio apprenda le dinamiche di sopravvivenza dal genitore, visto dunque come maestro di vita e non come pari gerarchico, oltretutto ad evitare l'incrocio genetico tra consanguinei.


    Un concetto morale (e tutto umano) di colpa, come hai detto, in questo caso può essere l'elemento che induce a notare un'incongruenza istintiva nei comportamenti di imprinting genitoriali, anche se bisogna tenere conto che la "cattività" è parte della dinamica incongruente, come nell'esempio dei gatti.


    Tuttavia, un'idea di colpa, se da un lato può essere funzionale in questo senso, nel notare le incongruenze nel concetto di imprinting male applicato, dall'altra può essere disfunzionale se rischia di creare trauma. Meglio che quello non si crei, anche perché comunque sia, è vero che oggettivamente non hanno fatto del male a nessuno, a maggior ragione se il figlio non è nemmeno traumatizzato.


    Meglio, a mio avviso, che prenda eventualmente consapevolezza razionalmente dell'anomalia della dinamica, piuttosto che emotivamente attraverso il senso di colpa morale. Perché le emozioni sono scarsamente controllabili e possono anche fare danni.

  • Un'idea di colpa, se da un lato può essere funzionale in questo senso, nel notare le incongruenze nel concetto di imprinting male applicato, dall'altra può essere disfunzionale se rischia di creare trauma. Meglio che quello non si crei, anche perché, comunque sia, è vero che oggettivamente non hanno fatto del male a nessuno, a maggior ragione se il figlio non è nemmeno traumatizzato.


    Meglio, a mio avviso, che prenda eventualmente consapevolezza razionalmente dell'anomalia della dinamica, piuttosto che emotivamente attraverso il senso di colpa morale. Perché le emozioni sono scarsamente controllabili e possono anche fare danni.

    Io non avrei capito dove/come si troverebbe, in questo 3D, un qualunque utente che abbia cercato di stimolare il senso di colpa in Vainar.

    Mi sembra piuttosto il contrario, e cioè che l'impulso dei più sia stato quello di accogliere Vainar con trasporto sincero. Credo sia stato istintivo per tutti, giacché tutti siamo figli, immaginare di "vestire i suoi panni" e provare qualcosa di insopportabilmente forte, con tanta tenerezza nei confronti di chi quel qualcosa lo vive davvero, e anzi è stato portato a viverlo con una "naturalezza" che non sta né in cielo né in terra.

    Non so se a qualcuno dei lettori possa aver fatto un cattivo effetto proprio la naturalezza espositiva di Vainar, quasi a scambiarla per "provocazione da troll".

    Ma se ci fosse tra i lettori chi ha provato questo... non mi pare proprio di poter dire che ci sia nulla di ciò in quanti sono intervenuti.

    Per me, e non credo solo per me, la naturalezza espositiva ha suonato proprio come il vero allarme circa la confusione di valori indotta in Vainar.

    Avessi dovuto riassumerlo in poche parole, mi faceva l'effetto di chi dice: "A me succede questo e non mi sembra una cosa buona, ma persino mia madre mi dice che è normale".

    Quale senso di colpa dovrebbe avere chi è stato forgiato a ciò sin da ragazzino?

    Non stiamo parlando di uno che, sui 30, è tornato a casa un giorno tra i fumi di alcol e sostanze e ha abusato della madre particolarmente avvenente. Proprio no.


    Esclusa (anche radicalmente) l'induzione a qualunque senso di colpa, che sarebbe ancor peggiore del dire alla ragazzina stuprata "se stavi a casa non ti succedeva", personalmente credo nella più limpida coscienza che l'unico modo per far acquisire una consapevolezza a chiunque ne sembri forzosamente deprivato... sia quello di parlarne apertamente e senza edulcorazioni o possibilismi.

    Also perché è naturalissimo che l'imprinting inculcato da una madre formalmente accogliente e accudente abbia sempre il primato rispetto alle eccezioni dei terzi.

    Per cui: l'oggetto della carente consapevolezza o lo si ragiona per quel che è, oppure (per me) è decisamente meglio non parlarne. Nel senso che i possibilismi che non feriscano (sempre per me) rischiano addirittura di affossare ancor più la vittima nel convincimento che "ma sì, dai, alla fine è come dice mamma"!


    Quanto alla sfera emotiva, e già escluso il senso di colpa che nessuno mi risulta aver indotto, a te risulta qualche consapevolezza razionale che non abbia eco sul piano emotivo? A me no.

    Posso scoprire per via del tutto razionalissima che una persona a cui avevo dato piena fiducia mi abbia, invece, tradita (in qualunque senso, ad esempio sul piano finanziario) gravemente per anni. La consapevolezza è del tutto razionale, ma l'eco di questa consapevolezza nella mia emotività comporta la stessa reazione che Laonci' ha descritto su sé stessa. La reazione dipende dai caratteri, ma l'impatto emotivo è garantito in chiunque, e in nessun modo è evitabile. Come già detto, però, è soltanto da questo impatto che può scaturire il convinto "voltapagina".

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Vainar


    posso chiederti cosa ti ha motivato ad esporre qui il tuo caso?


    Una prima parte, salvo tue sacrosante rettifiche, mi sembra chiara.

    E cioè: vivi una situazione a cui sei stato indotto ma che ha i suoi "vantaggi" (vantaggi è da considerare tra due milioni di virgolette) da un lato, e dall'altro ti chiedi se sia sbagliata, checchè ne dica tua madre.


    Il probabile secondo step è altrettanto facilmente immaginabile, nel senso che il fatto stesso che il lato sessuale del vostro rapporto sia da tacere al mondo intero...certo che farebbe insorgere forti perplessità in chiunque. Inoltre non è roba da fini giuristi la consapevolezza che, se determinate attenzioni/provocazioni materne fossero state note a terzi durante la tua minore età, il risultato pressochè certo sarebbe stato l'attenzionamento di tua madre ai Servizi Sociali, esattamente come avviene per i padri che molestano sessualmente i figli minori.


    Oltre questo, però, ci sono aspetti per i quali TU ti senti leso da questa situazione a livello PERSONALE, tuo e della tua vita presente e futura?

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Nel senso che i possibilismi che non feriscano (sempre per me) rischiano addirittura di affossare ancor più la vittima nel convincimento che "ma sì, dai, alla fine è come dice mamma"!

    Se non è traumatizzato, è ugualmente una vittima? E chi lo sa. Convincerlo che è una vittima, a mio avviso, rischia di suggestionarlo a convincersi anche di avere un trauma: "hai subito", ma non è detto che sia vero, perché se nella sua innocenza ha invece vissuto il tutto in naturalezza, senza il minimo giudizio, come lo avrebbero vissuto spontaneamente due gatti in un appartamento in stato di cattività, potrebbe non essere traumatizzato e, questo, è solamente un bene. Anzi, direi che è una gran fortuna.


    Ma se lui sente il giudizio morale degli altri, che giudicano la madre, questo può rendergli l'idea morale che: "Tutto ciò è sbagliato!" e cominciare a chiedersi se anche lui non abbia sbagliato e, di qui, mi ricollego all'idea di colpa di cui penso parlasse Juniz, almeno questo è ciò che avevo inteso.


    Ma un conto è rendersi conto razionalmente, ovvero senza alcun pathos, che: "Ok, biologicamente è sbagliato, perché non è funzionale, in quanto se ci si incrocia tra consanguinei rischia di nascere prole difettata, dunque meglio di no e fine." Un conto, invece, è tirare in ballo il bene e il male morale, con l'emotività suggestionante che racchiude. Quando si parla di vittima, di solito è sottinteso.


    Bene e male morali sono molto diversi da bene e male oggettivi. Se oggettivamente lui non ci sta male, e non è traumatizzato, giusto o sbagliato che risulti moralmente, è ottimo, non è un male oggettivo. Se inizia a riflettere sul fatto che sia sbagliato o meno moralmente, può invece iniziare a starci male. Spesso, meno si riflette, meglio si sta. Almeno io la penso così.


    Lui ora è funzionale, nel senso che è sano, in forze e lavora. Dunque, più che andare in psicanalisi, visto che oggettivamente per ora pare stare bene, io lo inviterei capendo che raziondlmente è errato, ad andare oltre e fine, cioè a trovarsi casa indipendente per uscire dallo stato di "cattività" e poi una bella ragazza della sua età con cui farsi la sua vita, senza stare a scoperchiare vasi di Pandora che potrebbero essere anche semplicemente vuoti se non è traumatizzato. Rischia di stare anni in psicanalisi solo perchè altri lo ritengono moralmente sbagliato.


    Io ci spero che non sia traumatizzato, non lo sembra, e sarebbe meglio, no?

    Modificato una volta, l'ultima da Garden ().

  • Un concetto morale (e tutto umano) di colpa, come hai detto, in questo caso può essere l'elemento che induce a notare un'incongruenza istintiva nei comportamenti di imprinting genitoriali, anche se bisogna tenere conto che la "cattività" è parte della dinamica incongruente, come nell'esempio dei gatti.

    I gatti, come altri animali, sono governati principalmente da istinto, pur avendo un apparato emotivo e uno mentale ma va da sé non è così sviluppato da scaturire nell'autocoscienza (come negli esseri umani). Chiaramente se metti dei gatti in cattività, è possibile che si accoppino tra genitori e figli, fratelli o sorelle di fronte un istinto sessuale che "devia", perché loro hanno principalmente quello.


    Ma negli esseri umani non credo possa dirsi lo stesso. Ritengo sia più complesso.


    Negli esseri umani, non penso si sviluppi (per varie deviazioni di sorta nel caso dell'incesto), un "istinto-imprinting" sessuale verso i genitori che poi non collimerebbe con una morale esterna. Inoltre la morale, che è appunto umana, non è "aliena" dall'uomo stesso...


    A parte i moralismi (regole e precetti conformisti stabiliti a priori e per ragioni culturali), l'essere umano, secondo me, nasce con un senso morale intrinseco, se vogliamo, un suo senso "del giusto". La dimostrazione di ciò è che, quando l'individuo si allontana dal corretto equilibrio, lo sente, ne percepisce gli "effetti". Poi che riesca ad esserne cosciente è un altro discorso, spesse volte infatti, non ne è consapevole.


    Lo sente perché comincia a soffrire, e tale sofferenza non proviene "solo" dalla morale esterna. Diversamente, non ne soffrirebbe, ma ciò accadrebbe qualora si confrontasse con la società e potenzialmente potrebbe stare bene - vita natural durante- nel suo "bozzolo".


    A me non risulta che sia così: a prescindere dalla società e la morale, nei casi di incesto, specie se parliamo di padre-figlia (o figlio addirittura), laddove vi è una forma di violenza sessuale più attiva ed esplicita: ciò viene vissuto con profondo conflitto interiore dalla vittima. Pure se sviluppa un'attaccamento verso il padre e arriverà a percepire come piacevole l'atto. Ma dubito che tale attaccamento o attrazione indotta, sia come un imprinting nel senso di istinto sessuale che "devia".


    Non credo che un figlio provi veramente attrazione erotica e sessuale verso un genitore, anche se così gli può sembrare. Questa dell'attrazione è una dichiarazione da prendere molto con le pinze a mio avviso.


    Non mi voglio inoltrare perché sono cose che per me solo un psicoterapeuta può toccare. Aspetti troppo tecnici riguardanti l'Io e il modo in cui rielabora determinate esperienze e le ripresenta non solo agli altri, ma principalmente a sé stesso.


    Diciamo che alcune affermazioni, quali "sentirsi attratti dalla madre o dal padre" potrebbero essere rielaborazioni sì vere ma alla superficie della coscienza ma che in fondo, nell'inconscio, possono rivelare anche altri sentimenti Gli stessi da cui poi scaturisce il conflitto di coscienza e il senso di colpa, che non proviene solo dalla società.

    DALI :hibiscus:

  • Lo sente perché comincia a soffrire, e tale sofferenza non proviene "solo" dalla morale esterna. Diversamente, non ne soffrirebbe, ma ciò accadrebbe qualora si confrontasse con la società e potenzialmente potrebbe stare bene - vita natural durante- nel suo "bozzolo".

    Non so se non provenga solo dalla morale esterna, perché di fatto è l’esterno che socialmente gli comunica, non razionalmente bensì emotivamente tramite la morale (condizionamento), che è sbagliato. Se socialmente fosse la norma, non so se starebbe qui a farsi tante paturnie. Non mi sembra infelice.


    Se comincia a soffrire, penso sia meglio che vada oltre, ma concretamente, senza soffermarsi troppo a riflettere. Se ora lui oggettivamente lavora e sta bene, è meglio che continui a star bene, proprio per non finire a soffrire inutilmente in infinite riflessioni, per fioretto alla morale giudicante.


    Biologicamente è sbagliato? Ok, meglio darci un taglio e stop, e farsi una sua vita.

  • Non so se non provenga solo dalla morale esterna, perchè di fatto è l'esterno che socialmente gli comunica non razionalmente bensì emotivamente tramite la morale, che è sbagliato. Se socialmente fosse la norma, non so se starebbe qui a farsi tante paturnie.


    Se comincia a soffrire, penso sia meglio vada oltre cincretamente, senza soffermarsi troppo a riflettere, se ora lui oggettivamente lavora e sta bene, proprio per non finire a soffrire inutilmente per fioretto alla morale.


    Biologicamente è sbagliato? Ok, meglio darci uno taglio e stop. Farsi una sua vita.

    Secondo me hai un'idea un po' negativa della morale. La morale non è solo quella Chiesa cattolica o più in generale quella religiosa, regole conformistiche che talvolta non hanno riscontro nel reale e nella natura umana.


    La morale e l'etica sono anche discipline filosofiche che indagano la natura umana.


    Fermo restando che non voglio certamente cercare il trauma con il lanternino se questo non c'è. Infatti è positivo che l'opener abbia mostrato resilienza e che sia lucido, quindi, per me, probabilmente questo sarà "un incidente" da cui trarrà insegnamento. Anche perché era già grande all'inizio di questo rapporto quindi il tutto è avvenuto su una mente già adulta.


    Ma a parte l'opener, non condivido la lettura generale che è stata data al fenomeno dell'incesto (appunto in termini generici), fenomeno che include tante realtà (tra cui l'abuso su minori), che non si possono bypassare puntando il dito contro la morale esterna, o parlando di biologia e di conseguenza relativizzando.


    Se fosse stato un quattordicenne-sedicenne, quindi un minore... varrebbero gli stessi principi enunciati? Spero di no.

  • Secondo me hai un'idea un po' negativa della morale.

    In realtà sì, perché ho avuto necessità di riflettere a fondo sul concetto di morale ed etica per motivi personali e, alla fine, ho fatto una netta (e personale) scissione tra le due.


    Diciamo che, a caratteri molto generali, anche se la morale dipinge qualcosa come un male, se poi – oggettivamente – in realtà non ne soffre nessuno, a livello etico non lo reputo un male come dice la morale.


    Se invece la morale induce sofferenza extra (ed evitabile), guardo ad essa con occhio critico. Dipende molto dai casi. Spiegare nel dettaglio andrebbe troppo OT.

    Se fosse stato un quattordicenne-sedicenne, quindi un minore... varrebbero gli stessi principi enunciati? Spero di no.

    Certo che no, qui si parla di due persone adulte e senzienti, per quanto l'una possa aver avuto forte ascendente sull'altra, causa ruolo parentale, e questo sia assimilabile a un più o meno conscio potenziale di manipolazione.


    L'importante è che lui ne soffra, alla fin fine, il meno possibile, e se, contrariamente a quanto potrebbe ipotizzare il senso comune, proprio non ne soffre, a mio avviso: glielo auguro. Tutto qui.

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