Controllare gli imprevisti

  • Ciao a tutti, per spiegare tutto devo raccontarvi cosa è accaduto stamane.

    Tutto parte dal fatto che devo cambiare il computer. Ho trovato una buona offerta (il sito è di proprietà di un americano che si è sposato recentemente a Venezia: ci siamo capiti...) e ne ho approfittato.

    Il pagamento è stato abbastanza complicato: non andava a buon fine.

    Dopo vari tentativi, comunque, sono riuscito a completare l'acquisto. Una transazione che pensavo di risolvere in massimo dieci minuti ha richiesto un'ora.

    Nel frattempo, ho avuto una crisi d'ansia. Non riuscivo a risolvere un problema (ai miei occhi abbastanza semplice) e mi colpevolizzavo per non riuscirci. Nella mia testa, ronzava la domanda "Quale passaggio sbaglio?".


    Possiamo annoverare tutto questo in quelli definiti imprevisti, quella cosa che - appunto - non fa andare per il verso giusto qualcosa.

    Da qui ci vuole poco a capire: nella mia testa, devo avere tutto sotto controllo, altrimenti panico.

    In psicanalisi uscì proprio questa mia propensione nel tenere tutto sotto controllo.

    Quello che mi piacerebbe avere con voi è un confronto sul controllo: se qualcuno ha avuto questo problema, mi può dire con quale pensiero/strategia/metodo lo ha risolto?

  • Ciao. Io sono sempre stato maniaco del controllo. In psicanalisi, anni fa, venne fuori questa cosa. Con vari esercizi, penso di genere cognitivo-comportamentale, non ricordo, migliorai di molto la gestione dei pensieri e/o fissazioni che mi ancoravano la mente su quella determinata cosa. In poche parole, ho imparato in parte a sbattermene le p...e. ;)

  • Io, per deformazione professionale, devo avere sempre tutto sotto controllo.

    Sono l'unica impiegata in un azienda dove, seppur piccola, gestisco tutto ciò che c'è da gestire in un'azienda.

    Quindi, se non avessi in testa una sorta di "schema organizzato" o di "diagramma di flusso" che mi sono fatta e costruita con gli anni, la gestione del lavoro sarebbe complicata.

    Ovviamente il tutto si riflette anche sulla mia vita privata, sulla mia vita di tutti i giorni, anche se in questi ultimi anni ho imparato e sto imparando a vivere più la giornata, senza organizzare troppo il domani, proprio perchè se poi qualcosa va storto, poi si impatta sulla mia persona, con rabbia e nervoso.


    Per il resto (e qui mi riallaccio al tuo altro thread sulla consapevolezza), sono consapevole che gli imprevisti ci sono, sempre ci saranno, ma che tutto può essere risolto, con la dovuta calma e il dovuto tempo.

    Sarebbe bello se la vita proseguisse sempre lineare, obiettivi raggiunti senza fatica e senza ostacoli.

    Ma non è così, mai sarà così.

    Per quel che mi riguarda, mi faccio un applauso ogni volta che qualcosa va tutto liscio, perchè, oggettivamente, è raro.

    "Niente limiti, Solo orizzonti..."

  • Ciao, quando ero più giovane vivevo tendenzialmente alla giornata ed in maniera piuttosto leggera, anche perché confidavo molto nella mia capacità di affrontare gli imprevisti.

    Con l’avanzare dell’età e l’aumento esponenziale delle responsabilità lavorative e familiari sono diventata una maniaca del controllo ed ho iniziato ad andare in ansia per ogni imprevisto. Un aspetto strettamente connesso al bisogno di avere tutto sotto controllo, che si ricollega all’episodio che hai raccontato, è il fattore tempo. Non sopporto di perderlo, perché non ne ho da sprecare ed ogni rallentamento imposto dall’esterno alla mia affannosa corsa quotidiana mi causava, fino a pochi mesi fa, ansia e rabbia. Parlo al passato perché , in parte, la mia situazione è migliorata, grazie ai farmaci, alla terapia e alla meditazione. Fondamentalmente mi aiuta cercare di essere più indulgente con me stessa e con gli altri, accettare anche le situazioni spiacevoli ed accettare di non essere perfetta.

    Non posso dire che sia facile e che ci riesca sempre, ma ora riesco a rallentare prima che l’ansia mi travolga. E, fatto incredibile, sono riuscita persino a ridere di un contrattempo causato da un mio errore.

  • mpoletti ho il DOC :D. Con me sfondi una porta aperta sul bisogno di controllo! Radici del mio DOC: genitori iperprotettivi ma inaffidabili. Quindi mi hanno insegnato che io non sono capace, ma devo essere capace, altrimenti sono in balia del caos. Tuttora, se si fa qualcosa insieme, attivano la modalità ansia: hai preso l'ombrello? HAI CONTROLLATO PER LA QUARTA VOLTA SE ABBIAMO PAGATO CORRETTAMENTE I BIGLIETTI? E se fa freddo? E se fa caldo? E poi loro, puntualmente, lasciano a casa il documento e hanno mille altre dimenticanze e svagatezze.


    A 20 anni ho iniziato a manifestare una forma di DOC molto invasiva. Ogni volta che ho l'ansia, il mio cervello si illude di placarla mettendo in discussione la scelta del colore delle calze effettuata nel 1997. Più spaventoso è quando l'ossessione riguarda la sfera sentimentale, lavorativa e scelte di vita più importanti.


    Già da bambina controllavo mille volte se la porta di casa fosse chiusa, il gas spento, la banconota da 5 euro ancora nelle tasche, la camicetta ben abbottonata. Però poi c'è stata un'escalation tale che, a 20 anni, controllavo 10-20 volte se il resto della spesa fosse corretto e mi chiudevo in bagno a piangere per mezz'ora se dovevo andare in banca o dal medico, pensando a tutti i passaggi che avrei potuto fallire nel tragitto e mettendo in discussione magari la scelta della scuola media nel frattempo.


    Una gabbia vera e propria.


    La situazione è migliorata drasticamente quando, a 25 anni, sono partita a caso in Polonia, per lavorare e per distaccarmi dalla mia famiglia ansiogena. Ero sola e puoi immaginare quante cose da tenere sotto controllo. Talmente tante che mi sono arresa alla pericolosa eventualità che la cassiera avrebbe potuto rubare 10 centesimi del mio resto e che scegliere la metro invece che il tram avrebbe potuto farmi arrivare con 10 minuti di ritardo in ufficio, se qualcuno avesse forzato le porte automatiche.


    Mettendomi tanto alla prova e conquistando tante piccole vittorie, che molti danno per scontate, ho sconfitto molte paure e abbandonato il controllo.


    Non è bastato ovviamente, sono andata anche in terapia. Il DOC c'è ancora, ma ora so che è scatenato dall'ansia per qualcosa di non correlato col mio pensiero controllante. Per esempio, se mi torturo a capire se la scelta di comprare casa è stata giusta o no, probabilmente ho l'ansia di una scadenza a lavoro. Quindi, quando scatta la tortura autoinflitta, mi chiedo: "Di cosa ho l'ansia?", poi la vivo, mi faccio un piantarello e sto un po' meglio.


    In sostanza, mi ha aiutato l'esperienza (che mi mostra che ce la faccio) e la consapevolezza del funzionamento del mio bisogno di controllo.


    Spero di esserti stata di conforto o di aiuto :)

  • Io non credo di averne ancora consapevolezza. So solo che ad un certo punto mi accorgo di essermi caricata addosso mille situazioni. Tutte le problematiche degli altri (familiari). E vado sotto stress. Questa dinamica ancora non l'ho capita.

  • Spero di esserti stata di conforto o di aiuto :)

    Bulbasaur: eccome!

    Mi sembra di vivere il mio rapporto con i genitori. In un post, hai riassunto ciò che io non sono mai riuscito a spiegare appieno in questo forum (mea culpa!).

    Nel mio caso, la domanda che mi affligge è sempre la stessa "Se faccio una cosa diversa dal solito e/o commetto un errore, quali saranno le conseguenze?"

    Ergo: in molti frangenti ho trovato una ed una sola soluzione per affrontare una determinata questione, senza considerare eventuali alternative. Non parliamo, poi, di quella voglia di trasgredire (chiamiamola così) propria di ogni adolescente: ho dovuto sotterrarla, proprio per la domanda.

    Ah, una cosa che non ho mai detto in questo forum e di cui - forse - parlerò nel thread della mia vita: persone controllanti ne ho conosciute a decine, anche fuori dall'ambito famigliare.

  • [@user='24805']mpoletti[/user] Sulle persone controllanti: fanno presa e suscitano attenzione perché richiamano l'ambiente familiare. Io, per esempio, vedo che sono tutti vittimisti ed egocentrici, perché mia madre è così. Ma non è una rappresentazione oggettiva...

    Potresti fare un esempio pratico di quando ti ritrovi a riflettere sulle eventuali conseguenze?

    Una cosa che mi sta aiutando molto, e che ho appreso solo negli ultimi mesi, è fare errori e chiamarli "ricerca".

    Quando faccio una gaffe, rifletto su cosa è andato male e mi dico che la prossima volta sarò più furba della me di oggi.

  • Potresti fare un esempio pratico di quando ti ritrovi a riflettere sulle eventuali conseguenze?

    Diciamo sì e no, perché gli aneddoti sono molti ed è impossibile scegliere quello più calzante. Me ne viene in mente uno un po' particolare. Una volta, chattando con una mia amica molto spigliata, emerse che lei aveva il desiderio di fare il bagno nuda. Dopo qualche mese, venne fuori che aveva realizzato questo suo desiderio.

    Io ho sempre desiderato provare l'esperienza del nudismo, forse per fare pace con il mio corpo, magari in compagnia di qualcun altro per darmi coraggio.

    Ecco: questo è l'esempio. Parlando in generale, posso dire che - ogni tanto - mi verrebbe voglia di fare delle esperienze un po' fuori dagli schemi, ma non ho il coraggio di farle da solo: è come se avessi bisogno di uno sparring partner

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