Buonasera a tutti, 33 anni ed una vita inutile.
Pochi amici, che vedo pochissimo, pochissime uscite, mai avuto nessuna relazione o rapporto sessuale, posto fisso statale. Ormai da 2 anni sono ricaduto nuovamente in depressione, assumo psicofarmaci e da un anno faccio psicoterapia con risultati nulli. In famiglia, pur vivendo con i miei, mi trovo male e mi sento incompreso: vedo che tra me e i miei familiari non c'è più alcuna comunicazione.
Cinque anni fa diedi il primo concorso pubblico, vincendolo e venendo assunto da una P.A. della mia città. "Di che ti lamenti allora?", direte voi. Per me il classico posto fisso significava riuscire a sfuggire all'attività di famiglia, a cui altrimenti sarei stato condannato, ed è il solo motivo per cui ho dato il concorso. Oggi comincio a trovare insopportabile il mio lavoro che di bello mi fornisce solo l'opportunità di sfuggire al lavoro di cui altrimenti sarei stato costretto e molte tutele su carta (di cui però non approfitto); per il resto: stipendio ridicolmente basso rispetto alle responsabilità assegnate (sono un "funzionario"), ambiente che funziona contro ogni forma di logica (conviene spegnere il cervello prima di timbrare, ma io non ci riesco), possibilità di carriera nulle, adempimenti in costante aumento. Soprattutto non trovo nessuna forma di soddisfazione in quello che faccio. Il mio progetto di vita è il seguente: ritirarmi il prima possibile a vita privata e vivere, spendendo pochissimo, dei soldi risparmiati con il lavoro (ad oggi ho un buon risparmio vivendo con i miei e non spendendo quasi nulla, a parte lo psicologo), ed azzerare tutti i rapporti sociali. All'inizio mi ero dato come orizzonte 20 anni, il tempo di maturare il diritto alla pensione minima una volta raggiunta la vecchiaia. Ad oggi sono sicuro di non riuscire ad aspettare questo tempo e vorrei anticipare la data del ritiro il prima possibile. Ovviamente tutti mi avversano nel mio progetto, psicologo compreso, che, purtroppo per loro, presto o tardi sarà realizzabile per tre motivi: ho già qualche risparmio, spendo pochissimo e vengo da una famiglia abbastanza benestante.
Togliendo il lavoro però, toglierei l'unico momento vivo della mia giornata, visto che dormo quasi sempre nel resto del tempo e non credo avrò mai una famiglia.
Altro progetto è quello di viaggiare, cercando di comprimere il più possibile i costi, fare un minimo di esperienze di vita e togliere qualche anno ad un mostro (la depressione) che, sono sicuro, non mi consentirà di vivere una vita lunga. Anche questo sarebbe fattibile senza morire di fame.
Forse la cosa migliore sarebbe cercare un impiego più interessante, ma non ho la più pallida idea di come riqualificarmi o di cosa andare a fare. Purtroppo, con l'abbandono della comfort zone, ho sempre avuto scarsa fortuna: non sono riuscito a studiare fuori casa all'università (sono sempre tornato indietro), buttando all'aria le varie opportunità che avevo e ad oggi non riesco nemmeno ad andare a vivere per conto mio. Senza contare che in Italia sembra inconcepibile lasciare il posto fisso.
Cosa mi trattiene dal seguire una delle tre opzioni? I miei genitori ed il fortissimo senso del dovere che mi hanno inculcato: uno deve avere un lavoro ed è inconcepibile non lavorare (pur potendoselo permettere).
Mi rendo conto che, sotto molti aspetti, sono un privilegiato, però dal punto di vista sociale e dei rapporti umani la mia vita non ha senso e mi sento l'ultimo tra gli ultimi, augurandomi che la mia vita sia la meno lunga possibile, mi sento morto dentro.
Non che i piani sopra esposti mi riporterebbero in vita, ma almeno vivrei con meno costrizioni ed un po' più soddisfatto.
Non trovo però il coraggio di fare nessuna scelta.