Dipendenza da gioco d'azzardo

  • Ora... se il cervello ha memorizzato quel livello di dopamina (1000), cercherà nel corso dei giorni di tornare di nuovo a quel livello! È un meccanismo automatico! E come lo raggiungi? Semplicemente giocando (e quel 1000, ogni volta che ricominci, non basta più, ne vuoi produrre 1100, 1200, 2000, che corrisponde a un aumento delle puntate, un aumento delle sessioni di gioco). Non è più un discorso di vincere o perdere, ma un discorso chimico.

    Ma la dopamina dovrebbe essere collegata ad un meccanismo di ricerca del piacere e ricompensa, che nel gioco d'azzardo manca perché la ricompensa non c'è, perché sei in perdita.


    Per capire meglio, quando è che un giocatore sta bene per l'effetto della dopamina, e quando inizia a stare male? Immagino che inizi a stare male quasi da subito, quando vede che sta perdendo, e con l'ultima giocata abbiamo già il malessere alle stelle. Se è così, questo meccanismo è molto diverso dalle altre dipendenze classiche da sostanze, che hanno un periodo di down posticipato rispetto all'assunzione.


    Inoltre il discorso del valore dei soldi e della stima delle probabilità non può essere ignorato, perché altrimenti i dipendenti da dopamina potrebbero trovare altri meccanismi simili, ad esempio nei videogiochi o altre attività molto meno costose. Esiste la dipendenza da videogiochi, pure da serie TV, e dipendenze che presumo abbiano la stessa base biochimica. La differenza è che ti fanno sprecare il tempo invece che i soldi. I ricchi che giocano probabilmente non giocano per diventare più ricchi, ma per l'ebbrezza di diventare poveri. E poi ci diventano. Ma questo significa che hanno per forza una concezione del denaro distorta, oltre che delle probabilità, altrimenti saprebbero che l'ebbrezza di diventare poveri è certezza di diventare poveri.

    Attenzione: i miei post possono provocare vertigini, nausea, visione offuscata, allucinazioni.

  • Ma la dopamina dovrebbe essere collegata ad un meccanismo di ricerca del piacere e ricompensa, che nel gioco d'azzardo manca perché la ricompensa non c'è, perché sei in perdita.


    Per capire meglio, quando è che un giocatore sta bene per l'effetto della dopamina, e quando inizia a stare male? Immagino che inizi a stare male quasi da subito, quando vede che sta perdendo, e con l'ultima giocata abbiamo già il malessere alle stelle. Se è così, questo meccanismo è molto diverso dalle altre dipendenze classiche da sostanze, che hanno un periodo di down posticipato rispetto all'assunzione.


    Inoltre il discorso del valore dei soldi e della stima delle probabilità non può essere ignorato, perché altrimenti i dipendenti da dopamina potrebbero trovare altri meccanismi simili, ad esempio nei videogiochi o altre attività molto meno costose. Esiste la dipendenza da videogiochi, pure da serie TV, e dipendenze che presumo abbiano la stessa base biochimica. La differenza è che ti fanno sprecare il tempo invece che i soldi. I ricchi che giocano probabilmente non giocano per diventare più ricchi, ma per l'ebbrezza di diventare poveri. E poi ci diventano. Ma questo significa che hanno per forza una concezione del denaro distorta, oltre che delle probabilità, altrimenti saprebbero che l'ebbrezza di diventare poveri è certezza di diventare poveri.

    Infatti, hanno una concezione distorta del denaro. Per un non dipendente, giocare 10 euro a settimana può essere follia; per un dipendente, 10 euro possono essere 30 secondi o niente (nel senso che la base di gioco porta almeno un altro zero successivo al 10, e dico solo la base).

    Non conosco le altre dipendenze, fortunatamente. La mia la conosco bene e posso dirti che il denaro (e credo che tutti i dipendenti patologici direbbero la stessa cosa) è solo e soltanto il mezzo. Il fine è giocare, raggiungere quel livello di dopamina (vogliamo chiamarla ebrezza o pinco pallo, non lo so) che tu magari non vuoi, ti sei promesso di non volere, ma meccanicamente fai. Salvo poi renderti conto, a sessione finita, del nuovo errore fatto, e riparte il loop. Non è un caso se si parla di dipendenza senza sostanze e, se si parla di dipendenza, un motivo c'è ed è proprio questo.

    Non voglio assolutamente giustificarlo, eh, anzi: più persone ne stanno alla larga, moooolto meglio è, ma di fatto questo accade.

    L'unica gratificazione momentanea per il ludopatico è la sessione di gioco.

    Comunque, mi rendo perfettamente conto che per un ludopatico anche cercare di comprendere è follia pura, ma ne sono assolutamente consapevole.

  • Per me questa spiegazione è un po' giustificare la volontà di non voler smettere. Secondo me non è questione di chimica, è questione di dipendenza psicologica dovuta a non voler lasciare andare il sogno del gioco.

    Se uno volesse, veramente riuscirebbe. Manca la volontà e si mette la scusa della malattia.

  • Nella mia zona i centri scommesse sono pieni di uomini di tutte le età...

    E ho notato due cose.

    Che sono, per l'appunto, soprattutto se non solo uomini... quindi persone di sesso maschile.


    E persone di estrazione sociale medio-bassa.


    Non intendo dire che non possano esserci ludopatici che provengono da delle buone famiglie.

    Ma questi posti attraggono un certo tipo di clientela.


    Posso dedurre che c'è ludopatia... e ludopatia...

  • il denaro (e credo che tutti i dipendenti patologici direbbero la stessa cosa) è solo e soltanto il mezzo. Il fine è giocare, raggiungere quel livello di dopamina

    Quindi se esistessero delle slot machine gratuite, dove vinci soltanto punti simbolici, per i giocatori patologici sarebbe uguale? Io dico di no, il denaro non è soltanto il mezzo, il denaro è centrale nella dipendenza da gioco d'azzardo.


    Il meccanismo che descrivi della dopamina lo concepisco nella dipendenza da videogiochi, da TV, da social, e altre dipendenze del genere. Ma nel gioco d'azzardo i soldi sembra siano fondamentali: errata percezione del loro valore, errata percezione delle probabilità reali in gioco, sogni di svoltare e cambiare vita, eccetera.


    Poi non metto in dubbio che ci sia anche l'aspetto della dopamina, ovviamente c'è pure quello, e pure molto forte. Ma credo che sia comunque secondario.

    Attenzione: i miei post possono provocare vertigini, nausea, visione offuscata, allucinazioni.

  • Non lo so, io non ho la verità assoluta. Ho solo descritto un meccanismo in parole spero semplici, che viene innescato.

    Per me questa spiegazione è un po' giustificare la volontà di non voler smettere. Secondo me non è questione di chimica, è questione di dipendenza psicologica dovuta a non voler lasciare andare il sogno del gioco.

    Se uno volesse, veramente riuscirebbe. Manca la volontà e si mette la scusa della malattia.

    Se uno volesse, veramente riuscirebbe è quello che dicono i non dipendenti. E lo capisco. Ma ti assicuro che non è così, libero di non crederci o di contestare questa frase.

    Giusto avere dei punti di vista diversi, giusto anche pensarla così, ma il meccanismo che si crea nel 95% (potrei dire 99 ma voglio dare un po' di fiducia) non funziona così: voglio smettere veramente e smetto.

    Ecco mentre sul discorso dopamina magari lascio parola agli psicologi o chi del mestiere, magari sanno spiegarlo meglio, su questo punto (cioè che la volontà da sola non basta) sono abbastanza sicuro (ma ripeto rispetto le opinioni altrui ovviamente).

  • Si. Quello è ancora il mondo di anni fa, ma oggi con l' online succedono le vere mattanze. Si ci sono le autoesclusioni, poi ci sono i non aams, i furti di identità, e tante e tante altre cose.

    Mi piacerebbe lanciare un messaggio e che lo stesso fosse scolpito nel cuore, negli occhi e nella testa di chi legge (specialmente se molto giovane) ma so che non è possibile: lasciate perdere, non innescate mai meccanismi simili, è davvero come scavarsi da soli la fossa giorno dopo giorno dopo giorno.

    Magari queste parole allontanassero sul serio le persone (che poi è la pura verità), mi sentirei davvero l'uomo più felice del mondo.

  • non funziona così: voglio smettere veramente e smetto.

    In realtà funziona proprio così, per tutte le dipendenze. Il problema è che voler smettere veramente significa veramente, non "mi piacerebbe smettere se fosse facile farlo". Significa smettere essendo consapevoli di tutti i pro ed i contro. Il primo passo è appunto diventare consapevoli, anche se ovviamente non è facile, perché nelle dipendenze la percezione è alterata.


    Molti sviluppano questo tipo di consapevolezze quando hanno toccato il fondo, ad esempio è pieno di gente che ha smesso di bere o di fumare dopo che gli è stato diagnosticato qualche grave problema medico, a quel punto la morte gli fa più paura del piacere della dipendenza, e smettono. Ovviamente ci sono pure quelli che non smettono mai, in un processo autodistruttivo inarrestabile fino alla morte.

    Attenzione: i miei post possono provocare vertigini, nausea, visione offuscata, allucinazioni.

  • Si, forse mi sono espresso male e quello che dici non è sbagliato. Forse andrebbe espresso meglio: DOVREBBE funzionare così. Ecco, una via di mezzo che è una mezza verità per entrambe le cose che abbiamo detto:

    1) bisogna volerlo per smettere;

    2) smettere solo volendolo è quasi impossibile e ho dubbi sulla parola quasi (vabbè opinione personale).

    Io posso raccontare la mia esperienza e quello che ho visto in 8 anni di dipendenza (ho lavorato in sala scommesse e ho visto un po' di gente). Posso affermare che la pura e semplice volontà non basta, lo sottoscriverei a due mani, e lo dico con tantissimo rammarico.

    Magari uno vuole illudersi che sia così... Anche io nonostante 8 anni di dipendenza tante volte mi sono illuso di smettere con la sola volontà e posso assicurare che per altre cose che non sto qui a dire ho una volontà di acciaio.

    Magari potrei essere visto come un debole (infatti lo sono) o come uno che crede di avere volontà ma in realtà non è così, o uno che non ci ha mai provato veramente (personalmente so quel che ho fatto e che faccio e sinceramente tutto mi si può dire tranne che non ci provi con tutto me stesso) o magari uno che mette avanti solo scuse, che non ha capito davvero niente, che non voglio smettere ecco riassumiamo così.

    Ripeto, per un non dipendente scrivere tutto quello che ho scritto è giustissimo e assolutamente comprensibile.

    Avere la dipendenza addosso purtroppo è tutta un' altra storia, che giustamente tu diverso fai fatica a capire ed effettivamente è incomprensibile. Ma d'altronde se non fosse così non si chiamerebbe dipendenza ma che ne so "problematica" o boh non lo so.

    Io comunque ce la sto mettendo davvero tutta, le cose sono leggermente migliorare negli ultimi 4 mesi... Continuerò a provarci, come ho già detto in un altro post, non bisogna smettere di provarci fosse anche la millesima ricaduta (ovviamente bisogna essere ben consapevoli del problema che si ha).

    Concludo, per oggi sono stato fin troppo prolisso: la volontà è importantissima, a scanso di equivoci, e DOVREBBE bastare a smettere ma di fatto non basta.

  • Posso affermare che la pura e semplice volontà non basta

    Ma io non parlo di volontà pura e semplice. Parlo di una volontà più complessa e più completa.


    Farò un esempio stupido, ma è una volontà più simile a quella di un atleta olimpico, che ogni giorno quando si sveglia alla mattina pensa alle olimpiadi, anche se sono a mesi o anni di distanza.


    Tu alla mattina dovresti alzarti e la prima cosa che pensi dovrebbe essere "oggi non gioco". Fai colazione, e mentre mangi dovresti pensare "oggi non gioco". E mentre ti addormenti pensare "oggi non ho giocato, e domani non giocherò".


    Qual è il problema? Che a giocare ci guadagni adrenalina, mentre a non giocare cosa ci guadagni? È difficile avere una motivazione se non ci sono degli obiettivi precisi e delle motivazioni profonde. A un ludopatico evidentemente non interessa tenersi 100 euro in tasca, non lo considera un traguardo.


    Allora deve cercare lui stesso dei traguardi e delle motivazioni per supportare la sua volontà. Un esempio potrebbe essere porsi come obiettivo quello di non giocare, mettere i soldi che avrebbe giocato in un salvadanaio, e dopo un po' di tempo aprirlo e usare quei soldi per compare un regalo a qualcuno. A quel punto ogni giorno dovrebbe pensare "oggi non gioco e risparmio, per comprare quel regalo a quella persona, e dimostrarle che io valgo, che io non sono più ludopatico". Come un atleta olimpico che ogni giorno pensa al suo traguardo.


    Non è facile, ognuno deve trovare la propria volontà. Alcuni la trovano quando toccano il fondo. Altri non la trovano mai perché sono autodistruttivi e non hanno nulla a cui aggrapparsi, oppure al contrario hanno troppe giustificazioni per continuare in eterno.

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