Assuefatti dell'assurdo

  • Diciamo che ci sono due tipi di lavoro: il lavoro per la società, per migliorare la società e il lavoro su di sè per migliorare sè stessi.

    Credo che se prediligi il secondo fai bene, ma in maniera scontata dovresti ottenere anche il primo. Ognuno può farlo per sé, purtroppo la società non è costituita da individui che perseguono ognuno il proprio miglioramento.


    I Greci antichi... eh... filosoficamente può essere tutto giusto, ma nel pratico si ritorna al problema: alcuni lavorano ed altri oziano (otium inteso alla latina con accezione positiva). Beh, questo crea tensione sociale, e all'epoca dei Greci, dei Latini, nel Medioevo fino ad arrivare ad oggi la distinzione è stata sempre prima fra nobiltà e proletariato, poi decaduta la prima che comunque non lavorava né produceva, tra borghesia e proletariato.

    Purtroppo le società sono produttive. I processi di produzione non sono mai un male, dipende come sono ideati. Ed è per questo che idealmente il principio comunista del lavoratore proprietario degli strumenti di produzione è un concetto giusto. Il discorso meno realistico è mettere in pratica questo concetto. In Russia ci hanno provato facendo degli enormi disastri e manipolando il principio filosofico a propri uso e consumo.

    La società capitalista non la prendo nemmeno in considerazione. Ed è tutto ciò che descrivi nella seconda parte del tuo commento, in cui purtroppo, ahi noi, siamo attualmente immersi.

    Invece, essere proprietari dei mezzi produttivi e dei processi e lavorarci dentro dovrebbe essere già un principio che ridona dignità al lavoro. Ecco perché il concetto di demandare il lavoro a macchine intelligenti non mi stimola per nulla, né lo trovo utile, sarebbe un'ulteriore evoluzione della concezione capitalista.

    La società, dal tempo dei Greci antichi ad oggi, è comunque andata avanti ed è progredita, nonostante ci fossero persone che lavoravano e non oziavano; anzi, spesso il lavoro altrui ha fatto sì che ci fosse un esempio pratico di cosa significasse vivere e quindi non ragionare per astratto sulle idee.

    Infine, la tocco piano ed in maniera evoluzionista... ogni animale è nato per lavorare, se per lavorare si intende procacciarsi il cibo e il sostentamento quotidianamente... perché l'uomo dovrebbe esserne esente e dedicarsi solo all'otium? All'uomo, per progredire, servono entrambe le cose: il lavoro e l'ozio.

    Però ho paura che qui stiamo andando un po' OT, perciò mi scuso con l'opener per la scarsa aderenza al tema del suo Thread.

  • Personalmente non attribuisco valore al lavoro, in quanto sono in accordo con quanto affermavano i greci antichi a riguardo: toglie di fatto energie all'individuo per darle alla società.

    Non c'e' niente di male nel donare le proprie energie per la societa', anzi, e' necessario per poter vivere in una societa' civile ed evoluta, altrimenti si resta all'individualismo della giungla.


    Il problema qui non e' il principio, ma l'applicazione pratica. L'applicazione pratica nella nostra societa' si basa sulle regole del mercato capitalista, a cui siamo assurdamente assuefatti. L'unico valore possibile e' il denaro, percio' chi pulisce i bagni deve farlo bene ed esserne felice, non per una questione di dignita', ma per una questione di rapporto tra costi e benefici.

  • L'unico valore possibile e' il denaro, percio' chi pulisce i bagni deve farlo bene ed esserne felice, non per una questione di dignita', ma per una questione di rapporto tra costi e benefici.

    Per nulla d'accordo, questo è il motore primo dell'alienazione dal lavoro.
    Ricito a tal proposito il film di Elio Petri "La classe operaia va in paradiso" per chi non l'avesse visto, dovrebbe essere disponibile su youtube o le varie piattaforme di streaming. Magari dopo cambia idea.

  • L'unico valore possibile e' il denaro, percio' chi pulisce i bagni deve farlo bene ed esserne felice, non per una questione di dignita', ma per una questione di rapporto tra costi e benefici.

    Io non credo che l'unico valore possibile sia il denaro, anzi il denaro non è nemmeno un valore. Ma serve. E a quello che pulisce i bagni conviene esserne felice, tanto infelice o no se non può cambiare quello continuerà a fare. Tanto vale fare buon viso.

  • Io non credo che l'unico valore possibile sia il denaro, anzi il denaro non è nemmeno un valore. Ma serve. E a quello che pulisce i bagni conviene esserne felice, tanto infelice o no se non può cambiare quello continuerà a fare. Tanto vale fare buon viso.

    Beh, ma a chiunque conviene essere felice. Potremmo mai dire che a qualcuno non convenga?

    Nasci, studi, e vai a lavorare, per comprare quello che non hai, e così ti scordi che sei vivo.

  • Per nulla d'accordo, questo è il motore primo dell'alienazione dal lavoro.
    Ricito a tal proposito il film di Elio Petri "La classe operaia va in paradiso" per chi non l'avesse visto, dovrebbe essere disponibile su youtube o le varie piattaforme di streaming. Magari dopo cambia idea.

    L'uomo ha sempre visto il lavoro come una fonte di alienazione, tant'è che nella bibbia si dice che è una punizione divina conseguente al peccato originale. Tutte le altre idee, come l'etica calvinista per cui il successo sarebbe un segno della grazia divina o il detto "il lavoro rende liberi" sono solo stratagemmi motivazionali per rendere desiderabile una condizione che non lo è. Non caso quella frase era scritta all'ingresso di Auschwitz, ma rendeva liberi solo i tedeschi nazisti.

  • Non caso quella frase era scritta all'ingresso di Auschwitz, ma rendeva liberi solo i tedeschi nazisti.

    Infatti nei campi di sterminio non si lavorava. Ed erano solo gli ebrei a lavorare, non di certo i tedeschi.

    Cerchiamo di rimanere nel discorso, perché questo è un esempio abbastanza estremo e qualcuno potrebbe offendersi. Anche perché quella frase era stata volutamente messa per insultare.

    Per il resto, tutto vero ciò che dici... ma la religione o le spiegazioni che danno le varie dottrine religiose del lavoro a me interessa veramente poco, ritenendolo un costrutto dell’uomo a cui viene data una connotazione extraumana e divina, come poi anche Dio...

    Mi interessa più la parte, se vuoi, filosofico-economica-sociale... lì almeno c’è l’uomo che pensa e ragiona da sé in maniera finita su cose finite, non un Dio che dice devi fare così, così e così perché te lo ordino se vuoi la vita eterna (ammesso che esista).

  • Beh, ma a chiunque conviene essere felice. Potremmo mai dire che a qualcuno non convenga?

    Infatti è cosi, non si può pensare di essere felici solo a patto di vivere in certe condizioni, a un certo punto tentate tutte le strade ci si assesta sull'equilibrio possibile, e quello di Caio sarà diverso da quello di Sempronio. Per me che uno vada in giro arrabbiato col mondo perché non arriva dove vuole non ci sta: non esiste la garanzia di arrivare dove si vuole. La vita dà delle carte e con quelle si fanno i conti, ma certo pensare di sbuffare in faccia al prossimo perché si fa un lavoro noioso o faticoso o malpagato non lo posso proprio considerare giusto o foriero di qualche vantaggio.

  • Infatti è cosi, non si può pensare di essere felici solo a patto di vivere in certe condizioni, a un certo punto tentate tutte le strade ci si assesta sull'equilibrio possibile, e quello di Caio sarà diverso da quello di Sempronio. Per me che uno vada in giro arrabbiato col mondo perché non arriva dove vuole non ci sta: non esiste la garanzia di arrivare dove si vuole. La vita dà delle carte e con quelle si fanno i conti, ma certo pensare di sbuffare in faccia al prossimo perché si fa un lavoro noioso o faticoso o malpagato non lo posso proprio considerare giusto o foriero di qualche vantaggio.

    Ammirevole chi riesce in questa accettazione della propria condizione.

    Tuttavia, buona parte dei progressi sociali che si sono verificati, sono accaduti anche perché qualcuno continuava a non accettare la propria condizione. Uno che oggi sbuffa può essere qualcuno che domani parteciperà a una rivoluzione.

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