Giudicare prima di Comprendere

  • Ciao Cassandra, innanzitutto bentornata! Spero che questa volta la permanenza sul forum sia più piacevole per te.


    In merito al dolore vorrei lasciarti la mia opinione che si basa su una relativamente lunga storia di dolore e l'elaborazione di quattro lutti importanti.


    Quando "siamo" nel nostro lutto, viviamo l'assoluto, siamo fragili ma inarrivabili, inaccessibili. Ogni storia di dolore è un percorso individuale e solitario. Come un viaggio in treno, dove qualcuno sale, qualcuno scende, qualcuno parla, altri guardano o sorridono e alcuni si vedono dai finestrini come ombre. Dentro di te sei fragile e le ombre possono fare male se ti voltano le spalle o anche se escono dal cono di buio.


    Nei miei lutti sono stata molto sola e molto chiusa. Il dolore fisico mi ha aiutato ad ancorare, a dare corpo a quel dolore nell'anima. Ho scelto di condividere poco e nonostante quel poco, alcune parole, alcuni gesti non sono stati utili, anzi, mi hanno fatto male. Ma che ne può sapere uno che sta fuori in che punto del mio viaggio mi sto trovando? Magari quella frase risultante urticante in un altro momento avrebbe avuto un altro effetto.

    namasté

    Love all, trust a few, do wrong to none

  • Non so come si fa a richiamare i mod, ma vorrei segnalare questo commento come manipolatorio @aliene.

    Per le segnalazioni sarebbe preferibile utilizzare l'apposita funzione presente in ogni post (il triangolo con all'interno il punto esclamativo). In ogni caso non rilevo quale sarebbe l'intento manipolatorio nell'intervento di Acronimo. Mi pare semplicemente abbia espresso la sua personale opinione senza fini reconditi, quindi non ritengo di dover intervenire nei suoi confronti.


    Ailene per lo Staff di moderazione


    P.S. per taggarmi comunque il nickname è "Ailene" e non "aliene". Grazie.

  • Ciao Ailene, la frase citata era questa: perdere un genitore a 28 anni implica delle dinamiche diverse dal perderlo a 60), dell'assenza di figli (perdere un genitore quando si è già genitori è diverso dal perderlo quando non hai ancora figli)


    Ed il commento questo: La seconda frase però, perdonami, mi ha un pò spiazzato perché esprime proprio un giudizio rispetto alle situazioni altrui che vengono ridimensionate e "declassate" a dolori di "serie b". Io non credo, anche avendo vissuto personalmente la morte di entrambi i genitori in età diverse, che le cose siano così.


    Il declassamento a dolori di serie b è negli occhi e nella mente di chi legge.


    Esprime proprio un giudizio rispetto alle situazioni: in realtà mette l'accento sul fatto che ci siano situazioni diverse tra loro, il "giudizio" non è chiaramente espresso ma possiamo dire che dal senso generale se ne possano trarre un paio, ovvero che ci siano situazioni in cui è meno difficile superare un dolore (il che non vuol dire che quel dolore sia di serie b).


    Situazioni altrui

    Se si vuole porre l'accento sulla differenza tra situazioni, è chiaro che ce ne saranno alcune che sono "nostre" in quanto vissute da noi, altre saranno "altrui" in quanto vissute da altri. Rimane il fatto che si sta esprimendo qualcosa (che sia un giudizio o considerazione o altro) sulle situazioni, non sulle situazioni altrui.


    Vengono ridimensionate e "declassate" a dolori di "serie b"

    Si parlava di situazioni (e non di dolore, men che meno di dolore di serie a o serie b).


    La manipolazione consiste nel fare passare il messaggio che è stato detto qualcosa di offensivo/sminuente verso qualcun altro (incipit del commento: "La seconda frase però, perdonami, mi ha un pò spiazzato perché") e che quindi sarebbe meglio non esprimere il proprio pensiero in merito o porre in risalto differenze di situazioni.


    In un periodo storico in cui "non si sa più come parlare" leggere un commento del genere mi sembra eccessivo in tal senso.


    Per quanto riguarda eventuali provvedimenti: bastava invitare il commentatore a non distorcere le parole di un'altra persona in modo così evidente da trovarne volutamente messaggi indiretti di tipo offensivo/sminuente.


    Accetto la decisione di non averne presi.


    Ciao e Grazie.

  • reanfipubi Devo innanzitutto richiamarti sul fatto che non si commentano e/o discutono gli interventi di moderazione in pubblico, inoltre ribadisco di non aver rilevato alcun elemento od intento manipolatorio nel messaggio in oggetto e ti pregherei per il futuro di lasciare certe prerogative alla moderazione. Ti ringrazio per la certa collaborazione.


    Ailene per lo Staff di moderazione

  • Non posso però non pensare a tutte quelle persone che chiedono aiuto e che ricevono questi calci nelle loro ferite ancora sanguinanti invece che supporto senza avere strumenti efficaci a supportarle.

    Non ricordo il thread a cui fai riferimento o forse nemmeno l'avevo letto, però mi permetto un commento riguardo questa frase, la quale racchiude un po' tutto il senso del post.


    Capisco il carico emotivo di quanto vai denunciando, tuttavia ci sono un paio di fattori fondamentali da tenere in conto.


    Innanzitutto non è detto che chi legge e risponde in questi luoghi abbia gli strumenti per poter dare supporto. Va da sé che la eventuale risposta potrebbe non essere "misurata" a dovere.


    L'altro fattore è ancora più importante, oserei dire decisivo: il supporto non è sempre fatto di compensazioni, carezze ed empatie, anzi.

    In alcuni casi supportare con incoraggiamenti a fondo perduto aiuta chi legge (l'opener e altri in situazioni paragonabili) per qualche minuto o poco più, poi si ri-sprofonda nel baratro; talvolta ancor più gravemente di prima.


    Un supporto efficiente talvolta è necessariamente doloroso.

    Probabilmente non era il tuo caso, visto che il problema non aveva facili soluzioni, però molto spesso è così.


    Per esempio, empatizzare con un opener che si configura come vittima in modo inconsciamente strumentale per sentirsi autorizzato a compiere passi azzardati che potrebbero compromettere la qualità della sua vita: è il male.

    In questi casi è molto meglio contrastarli, aprirgli gli occhi sull'altra possibile verità (quella sottintesa) e SE chi ha chiesto supporto è abbastanza "integro" da comprendere: più facilmente si salverà o riuscirà ad evitarsi problemi più grandi.


    L'esempio di cui sopra è preso da un caso reale di un thread di pochi giorni fa.


    Avevo spiegato come mi trovassi in una situazione probabilmente di lutto complicato per via dell'età (perdere un genitore a 28 anni implica delle dinamiche diverse dal perderlo a 60), dell'assenza di figli (perdere un genitore quando si è già genitori è diverso dal perderlo quando non hai ancora figli),

    Questa la quoto solo perché ha generato polemica. Vi dico la mia...


    Nonostante concordi in parte con Acronimo, credo vi sia un fondo di verità nel dire che perdere un genitore da genitore è diverso che perderlo da giovani e senza figli.


    Se non altro l'età che fa la differenza, ma anche la presenza dei propri figli è un passo esistenziale che paradossalmente può "alleviare" o se non altro "assorbire" una parte del dolore (solo per alcuni, solo in alcuni casi e tutto il resto dei disclaimer).


    Durante la pandemia sono morte diverse persone che conoscevo e i loro figli senza figli in più occasioni hanno detto (pur non conoscendosi tra loro): "Mi spiace che mio padre non vedrà mai i suoi eventuali nipotini e non potrà giocarci".


    Questa frase, sentita più volte da più fonti eterogenee e distanti tra loro mi ha fatto riflettere e si è stampata nei ricordi eidetici.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Grazie infinite. Tenevo veramente ad affrontare questo argomento per cercare di far riflettere quante più persone possibile su quanto sia importante non affrettarsi a giudicare soprattutto quando ci si trova di fronte persone in uno stato di fragilità, non solo perché come dici giustamente questo stato può alterare la percezione di una critica da parte di chi la subisce, ma anche perché chi giudica può essere tratto in inganno dal modo in cui la persona sofferente si esprime e dai pregiudizi derivanti dalla sua esperienza di vita e dal suo modo di essere (che bisogna ricordarsi sempre essere unico e quindi comunque in parte diverso da quello di un altro). Lo vedo anche nel mio lavoro di medico nell'ambito dei disturbi fisici: più la persona è sofferente più ci si deve soffermare sulla descrizione dei sintomi facendo molte domande e cercando di contestualizzare il racconto proprio perché il grande malessere può indurre il paziente a utilizzare certe espressioni che potrebbero essere fraintese se ci si affretta a fare una diagnosi, magari con qualche pregiudizio di troppo. E' fondamentale farlo per un male fisico, figuriamoci per un dolore della mente e dell'anima...Ci sono persone che hanno già sviluppato questa sensibilità affrontando e facendo tesoro delle esperienze difficili o che hanno questo dono sin da piccoli, ma è un percorso di comprensione del sé attraverso gli altri e degli altri attraverso la conoscenza di sé in cui non si smette mai di imparare. Io stessa ogni giorno mi impongo di accrescere la mia capacità di comprensione e tolleranza nei confronti degli altri e questo mi ha portato a diventare sempre più dolce e protettiva nei confronti di soffre e meno paziente nei confronti non di chi sbaglia, ma di chi calpesta chi soffre con arroganza. Questo è l'unico aspetto che mi sono imposta di non tollerare più negli altri (crescendo con una madre fortemente abusante la tendenza a giustificare l'ingiustificabile era diventata una seconda natura) perchè porta a creare una spirale infinita di ingiustizie in cui ci perdono tutti.

  • Mi spiace se la seconda frase ha dato questa impressione. Non parlavo di una gerarchia del dolore, ma di una DIVERSITA' del dolore. Nello scriverlo pensavo ad esempio a quante persone mi hanno fatto sentire ancora più sola (magari cercando di confortarmi). Quante persone sui 60 anni che avevano perso i genitori non molti anni prima con figli e vite già avviate mi hanno detto cose tipo "dai su che la vita va avanti, non piangerti troppo addosso, so anch'io cosa significa"... d'istinto mi veniva da rispondere "NO, non lo sai".. perché è diverso un dolore di questo tipo a 28 e a 60. Io so che avrei provato un dolore diverso a 60 anni per mille motivi. Mia sorella stessa, di non molto più grande di me, pur amando con la stessa intensità nostro padre è arrivata a dirmi "capisco che per te senza un figlio che ti da la forza di andare avanti sia ancora più difficile affrontarlo perché senza mio figlio questa perdita sarebbe troppo grande da reggere". Mia sorella non mi ha detto "soffro meno", ma ha riconosciuto che per me fosse più difficile AFFRONTARLO, per la mia situazione che è DIVERSA dalla sua. Perchè i gruppi di persone che hanno perso dei cari per un suicidio sono gruppi "a parte". Perchè loro soffrono di più di chi ha perso un caro per un incidente? No, ma soffrono in modo DIVERSO, con percorsi mentali DIVERSI che possono maggiormente esitare in patologia cronica. Spero di essermi spiegata meglio.

    Grazie mille. Mi hai fatto sentire compresa in ciò che tenevo spiegare.

  • Ahimè, io posso capirti in pieno, perchè anche io ho perso mio padre a quell'età, e anche per me era un riferimento affettivo fondamentale.

    E poi la vita mi ha fatto vivere altre esperienze e senza entrare nel merito so cosa voglia dire assistere una persona che ha davanti una sentenza di morte, e il vuoto che poi lascia.

    Credo che nessuno possa giudicare il dolore altrui, l'unica cosa che mi sento di dire però, avendo anni più di te, è che ahimè la perdita di un figlio è altro livello proprio, è una cosa che è davvero inaccettabile perchè "contro natura". Con questo non intendo sminuire il tuo dolore, intendo solo suggerirti di vivere il tuo dolore nella sua profondità senza paragonarlo ad altri che fortunatamente non hai vissuto. Perdere un papà, e anche una mamma, è un dolore devastante, punto, e ognuno ha i suoi tempi per recuperare, non badare a chi ti giudica, ma passo dopo passo ritorn

    Grazie, ma mi sento quasi in dovere di giustificarmi perché sto ancora male proprio perché sento costantemente sminuire ciò che provo. Io penso che dipenda veramente dalle condizioni della persona che deve affrontare il lutto e dalla relazione che c'era con la persona che si è persa e dal momento in cui si è persa. Ognuno di noi è diverso e le nostre relazioni sono diverse anche in intensità e l'intensità si modifica anche in base al tempo della nostra evoluzione personale. Per me la morte del papà è stata "contro natura" perché decisamente prematura (almeno al giorno d'oggi) e non conosco nessuno della mia età che sia orfano di entrambi i genitori. Mia madre fisicamente è viva, ma è come se fosse morta molto tempo fa. La sua presenza nella mia vita è sempre stata nefasta e velenosa e anche questo è decisamente contro natura e fortunatamente almeno questo mi è stato sempre riconosciuto senza se e senza ma come invece accade con il mio lutto.

    Mio padre non era mio figlio, ma quando arrivi ad accudire un genitore a cui sei molto legato ogni giorno, tutti i giorni dello stadio terminale di una malattia simile, arrivi a comportarti e a pensare come se fossi tu il genitore. Il legame si è rinforzato ancora di più nella malattia proprio perché a quel punto io gli stavo restituendo nel modo più spontaneo possibile e senza più riserve o egoismi l'infinito amore incondizionato che lui mi aveva donato fino a quel momento. Sono arrivata al punto che avrei dato qualsiasi cosa per salvarlo...qualsiasi..e anche lì ho ricevuto critiche perché "non è dovere del figlio fare questo per un genitore, ma il contrario". Per gli altri avrei dovuto sbatterlo in una clinica perché un figlio non è un genitore e da lui ci si aspetta che aiuti, ma limitatamente ai suoi impegni. Fossi stato il genitore invece non avrei ricevuto critiche per la mia abnegazione. Ma chi lo decide? Il senso comune? Quanti pregiudizi derivati dal senso comune hanno fatto e fanno dei danni alle persone in qualsiasi ambito?!

    Quando dico che si sbaglia sempre a fare una gerarchia del dolore declassando un dolore a seconda del tipo di legame di parentela che esiste tra due persone lo dico anche perché quando mi chiedo se proverei la stessa cosa per mia madre sono certa di no...se mi chiedo se farei lo stesso per lei sono certa di no e se mi chiedo se mia madre farebbe lo stesso per me o si struggerebbe per la mia morte sono certa di no, pur essendo sua figlia. Ci sono persone che non hanno rapporto con il padre biologico, ma considerano come padre il nonno e quando questo muore magari sentono declassare il loro dolore perché "non è come perdere un padre" anche se per loro lo era. Ci sono persone che non hanno mai avuto figli e non hanno più i genitori il cui mondo è rappresentato dal coniuge. Quando questi perdono il coniuge e rimangono completamente soli al mondo gli andiamo a dire che però non hanno diritto di soffrire come se fosse morto un figlio? Questo vorrei che si evitasse di fare...anche se capisco che molti lo fanno senza alcun desiderio di ferire, ma anzi di confortare. Basta con le gerarchie, basta con le aspettative, basta sminuire, basta cercare di incasellare i lutti pretendendo (pena il disprezzo) che alcuni terminino in 6 mesi, altri in 12 mesi, altri in 10 anni...basta dire "la vita va avanti" ad un altro che magari per ora vuole fermarsi per tutto il tempo che gli serve per rimettersi in moto. Riconosciamoci la diversità interpersonale e intrapersonale almeno nell'evento più tragico della nostra esistenza.

    Modificato una volta, l'ultima da Cassandra13 ().

  • Ecco cosa intendo quando dico che per essere veramente compresi o hai la fortuna di avere a che fare con un individuo eccezionale che pur non avendo provato lo stesso riesce a capirlo (1 su 1 milione) o devi trovare qualcuno che ha fatto un'esperienza del tutto simile. Hai descritto i miei stessi pensieri.

    Grazie...mi sono commossa.

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