Percepirsi inaccettabili è mania di controllo?

  • Grazie 17 TIR, qualcosina mi è capitato di leggere di quello che ha scritto di te, ma ammetto che non ho abbastanza elementi per poterti confermare similitudini, tranne forse in un tipo contesto di natura perbenista?

  • ammetto che non ho abbastanza elementi per poterti confermare similitudini, tranne forse in un tipo contesto di natura perbenista?

    Così ad occhio direi di Sì, poi naturalmente ogni vissuto è unico ed irripetibile.


    Mi sono riconosciuto molto in particolare nel seguente passaggio:

    Chi non si ama perché dovrebbe avere cura di sé? Ho avuto cura di prendere le redini di faccende famigliari ma perché non ero coinvolta solo io, ma non ho mai davvero preso le mie di redini, parlo di responsabilità, ne ho verso gli altri ma non verso me stessa. E ora mi chiedo: di fronte al bivio depressivo a cui mi ha messo di fronte il mio essermi arresa, se sia il caso di lasciarmi scivolare giù dal declivio o di attuare un cambio di rotta, non è così scontato perché ho poca motivazione, sarei stanchina e soprattutto non mi fido della mia costanza a livello di volontà, anche se nelle questioni famigliari ne ho dimostrata parecchia, ma appunto non riguardavano solo me.

    Diversamente da te (forse banalmente per motivazioni incontrollabili come età e genere) ho fatto recentemente il successivo step di assumermi la piena responsabilità di me stesso.

    E' stata una necessità, e paradossalmente mi ha aiutato il constatare che la mia famiglia facesse ancora più schifo di quel che già pensavo.

    E' stato doloroso e decisamente pericoloso, ero davvero ad un niente dal morire.

    Ho reagito in extremis con tutte le MIE risorse disponibili, in primis un irriducibile senso etico, esattamente quello che mi spinge quotidianamente a non arrendermi, a motivarmi, ad ignorare la stanchezza.

    Anche il vedere la fine che stanno facendo i miei aguzzini mi aiuta, ormai annaspano in condotte da sub-umani (i perbenisti! :D), è giusto mera osservazione (e conseguenti riflessioni), non infierisco, non mi vendico anche se ora potrei, mi limito a non perdere un nano-secondo della mia vita per aiutarli, cosa che sarebbe totalmente inutile: sono inaiutabili.

    Ci sono ancora questioni da risolvere, in ambito sia civile che penale, ma me ne occupo indirettamente, se le smazza più che altro il mio avvocato, io agisco solo per "legittima difesa", ma la mia mente ed il mio cuore sono altrove.

    Ci ho messo cinquant'anni, ma ci sono arrivato.


    Quindi mi sento nel mio piccolo di suggerirti cambia rotta, cambia stile, scopri l'anno bisestile (Cit).

  • Io mi rispecchio parzialmente sul prendersi le responsabilità di se stessi. Lo faccio ma non su tutti gli aspetti della vita. Su certe cose ci sono dei momenti in cui mollo tutto e poi devo riprendermi perché altrimenti le conseguenze sono troppo gravi e non posso permettermi di "peggiorare". Ho notato che con i figli questo meccanismo un po' cambia e sei spinto a "tenere duro" un po' di più.

    Bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una stella danzante :glowing_star:

  • Diciamo che forse c'è livello e livello, forse io sono più fortunata di te, nel senso che se pur in passato sono stata altamente conflittuale con le persone di cui parlo, comunque sia in generale non li odio, e anche se effettivamente a livello istintivo tenderei a provare rancore, scelgo almeno all'interno dei frangenti di me dove ho raggiunto un autocoscienza sulle mie emozioni, ossia nel materiale psichico che oramai grazie ad autoanalisi non è più incompreso, e quindi inconscio, di non assecondare per quanto mi e possibile questa mia tendenza "drama", in quanto innanzitutto le mie emozioni rischiano di non essere obbiettive e uscirne gonfiate, e poi il rancore brucia e fa male a chi lo tiene stretto a sé quanto a chi a cui viene rivolto. Insomma si fanno male tutti, meglio non si faccia male nessuno.


    Comunque siccome non li odio, nel mio caso può darsi che si tratti di persone meno aguzzine rispetto a quelle che sono capitate in dotazione a te, infatti ho detto anche altrove che non sono dei mostri, ci sono state delle cose effettivamente pesanti, ma sinceramente io per prima non sono una persona delicata, anche se effettivamente penso di aver incassato più di quello che in fase conflittuale ho restituito. Comunque uscendo da una visione confinata nel sentito soggettivo, mi rendo conto che se il mondo è deterministico ogni cosa era inevitabile, quindi non una colpa, e questo smonta l'autorizzazione al rancore.


    Infatti la mia mente e il mio cuore, per lo meno in forma di senso di responsabilità verso di loro, non sono altrove come nel tuo caso; se posso li aiuto, li vedo un po' come degli animali selvatici: quando prendi un gatto selvatico, anche se lo prendi per aiutarlo, ti graffia perché non si rende conto e qui è la stessa cosa, se una persona tende in molte cose ad avere un basso livello di coscienza può graffiarti anche se stai solo tentando di risolvere un problema che si ripercuoterebbe negativamente su di lei, se tu non te ne facessi carico a quel punto fai come con il gatto, la prendi per il "coppino" anche se "soffia" e l'aiuti lo stesso. Questo perché appunto non li odio.


    Se tu hai del rancore 17 TIR, anche se non ti vendichi e li lasci a sé stessi, hai come un nucleo di negatività che avvelena innanzitutto te, e non so quanto sia salutare. Anche io sicuramente ho ancora delle "sacche" di rancore nascoste, tipo adesso che mi sono resa conto che il mio lasciarmi andare è figlio di ripicca e rancore, e questo fa danno anche a me, è sempre un coltello a doppio taglio per tagliare, ci si taglia. Il mio ragionamento è un po' come nella frase biblica: "nessuno tocchi Caino". Mi rendo conto che sono persone con scarse risorse umane interiori, è un po' come dire: "abbi pietà, non togliere altro e non rendere più miserevole chi ha già uno stato di miseria interiore", così come non ruberesti la coperta ad un povero in inverno per cui, anzi, se posso aiutarli/risollevarli senza riceverne un danno eccessivo lo faccio.

  • Altro dettaglio che aggiungo in autoriflessione al complesso, ho cercato identità nella condanna di me: sei brutta e cattiva è meno instabile di non si sa cosa sei e oggi potresti quindi ricevere una carezza e domani uno schiaffo a tradimento, almeno se sei "insalvabile" sai che devi chiudere baracca con gli altri e non rischi che oggi ti sorridano, tu ti rilassi, ti apri e domani ti dicano che sei da cestino dell'umido, facendo passare la lama sotto allo scudo che avevi abbassato, ti metti direttamente tu nel cestino dell'umido così non devi avere paura. Ma poi odi di essere ridotta come sei e ti ribelli facendo resistenza passiva.


    L'unica volta che sono stata da una psicologa in realtà sono andata da lei per espormi ed essere giudicata, volevo essere condannata definitivamente come inaccettabile, volevo sapere chi ero ma lei non mi ha giudicato affatto, questo mi ha stupito da una parte anche se in effetti non c'era davvero qualcosa da condannare in quanto è solo una mia sensazione verso di me, anzi è anche sbottata dicendomi qualcosa tipo "vorrei ben vedere che la hai", quando ho rivendicato una dignità personale. E' stato frustrante :D

  • Continuo l'autoriflessione. Ho compreso che gran parte del mio odio verso me stessa aveva un origine più semplice e generale di ciò a cui io lo attribuivo. Si è originato con semplicità dall'odiare come ero cambiata e che non avessi la padronanza di me. Comunque anche elaborando la vecchia causa che ero convinta ne fosse l'origine, di fronte alle varie vicende umane che osservo in questo sito e come vengono accolte, la percezione di autoinaccettabilità del mio cruccio originario si sta sgonfiando. Potrei forse rompere la barriera di non autoaccettazione, oggi per un attimo ci ho pensato davvero. Il pesce rosso osserva l'Oceano e l'incrinatura della sua boccia comincia ad apparirgli infinitesimale. Il punto è: sarei in grado di vivere all'infuori della boccia? E mi va? Ho avuto un periodo di attività per vari motivi, ma adesso mi sono passivata. Non nego di avere un filo di depressione, anche se non provando più di tanto un autotormento la considero lieve e non posso lagnarmene.


    Una frase che mi è stata spesso ripetuta in passato è: "esci da quella buca che la guerra è finita". Nonostante io sia stata attiva e abbia anche amici, se devo dire la verità per quanto apparentemente io sia cambiata tantissimo, mi autopercepisco ancora all'interno di quella "buca" da quando, in tempi remoti, andai in tilt. Non mi sento viva. Posso fare tante cose da "non viva" e sembro anche viva, a volte mi distraggo e penso di esserlo, ma in realtà sono ancora dentro al pozzo e ogni cosa che faccio a mia irrazionale percezione è un'illusione statica che simula solamente il movimento. La caverna della cenere che scende lieve come brina dal cielo a mummificare le sagome al suo interno. Se decidessi di rompere la mia barriera questa volta ne uscirei davvero, sarei viva, non sarebbe solo una simulazione di movimento, perché sarebbe annullarne la causa originaria. Devo dire che ne ho paura, sono stata troppo tempo nella "caverna": la boccia del pesce rosso, la trincea. E sì che materialmente si tratta solo di una questione di percezione.

  • Ulteriore riflessione: mi considero così una m***a umana da tenermi istintivamente a distanza dalle relazioni serie, in passato per motivi x pensavo si trattasse di una caratteristica immutabile al di fuori del mio potere di azione, ma questo mi ha portato ad adagiarmi e dunque a far crescere il motivo di auto biasimo. Ora se io prendessi per mano il corollario, probabilmente indirettamente avrei potere di azione anche dove non arrivo, come a dire "puliamo le stalle di auriga" senza scuse né scusanti e poi riponiamo fede nel resto. Scrivere delle intenzioni sono solo chiacchere e non corrisponde ad agire, ma ora non sono più così ko da non poterlo fare, non così tanto, mi sono presa una pausa ma non può durare in eterno. Voglio proprio vedere se mi auto umilierò da persona poco seria quale mi biasimo di essere o se agirò. Quanti tentativi falliti di rimettermi in carreggiata ho fatto in passato? Sono ridicola ma ritentiamo e se ci riesco mi perdono, qualcosa devo pur ottenere in cambio, e non transigo, a maggior ragione che è un perdono di percezione perchè non ho davvero colpe. Il resto proseguirò in cartaceo.

  • Forse ho capito quale è il nocciolo della questione, io non accetto una certa persona a livello emotivo, non odio questa persona, ma effettivamente la rifiuto, ma questa persona è irreparabilmente entrata a fare parte di me, quindi non accetto una parte di me. E verso di me ho meno riguardi che verso questa persona, quindi gonfio il mio autoodio anche per rabbia di non poter essere come voglio. Il nodo rimane sempre di accettazione, ma il fulcro non sono più io. Dentro come fuori, fuori come dentro. Se non puoi risolvere una cosa dentro, risolvila fuori. Se non puoi risolverla fuori, risolvila dentro. Se dentro è irraggiungibile, sposta il fulcro nel suo specchio esterno. Chissà se è solo il mio ennesimo vaneggio.

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