Sempre sul rapporto con la madre

  • Eh, ma le aspettative che tu ritieni legittime lei ti ha ampiamente dimostrato di non essere in grado di soddisfarle, quindi dovresti trovare il modo di fartene una ragione.

    Ora, capisco benissimo che da fuori è semplicistico parlare così, ma per esperienza professionale posso dirti che solo puntando su questo potresti raggiungere una maggiore serenità.

  • Io credo che se generalmente viene consigliato di allontanarsi dalle persone per noi negative la cosa abbia un gran senso in termini terapeutici o anche solo per migliorare la qualità della propria vita. Però credo sia anche tutto molto soggettivo, almeno nel senso che dipende anche da caso a caso. Ho anche io l'esigenza di tentare tutto il possibile: ma dopo che è stato fatto che altro si può fare se non difendersi allontanandosi? Nel mio caso poi mia madre non ha alcun bisogno di me, nè voglia di frequentarmi, sarebbe assurdo insistere in questa direzione...infatti io mi sono limitata a intercedere per facilitare la costruzione di un rapporto con i nipotini, ma se non le interessa nemmeno questo, io non sono nessuno per imporlo. Cionondimeno ne soffro, ma credo impossibile arrivare a non provare nulla.

    Quando si consiglia di allontanarsi dalle "persone negative" senza tentare una elaborazione o una riappacificazione di solito è il fallimento di una terapia.

    Il tutto nasce dall'equivoco per cui "persona negativa" sia sempre realmente una persona negativa. "Negativo" e "positivo" sono termini molto mainstream e molto volgari, ma a livello psichico sono tutt'altro che definiti. Basti pensare che la stragrande maggioranza delle evoluzioni positive che una mente può avere passano necessariamente da una fase "negativa". Se eliminiamo tutta la "negatività" senza criterio, "senza se e senza ma" rischiamo di confinare il soggetto in una bolla illusoria di infantilismo; esattamente come fanno i social network quando ci consigliano solo persone con i nostri stessi difetti e fanatismi.


    Nel tuo caso mi pare siano stati fatti innumerevoli tentativi di elaborazione e riavvicinamento e riappacificazione. Hai tentato tutte le strade possibili. Persino l'intercessione per il rapporto con i nipoti.. insomma: non so se puoi fare altro.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Eh, ma le aspettative che tu ritieni legittime lei ti ha ampiamente dimostrato di non essere in grado di soddisfarle, quindi dovresti trovare il modo di fartene una ragione.

    Ora, capisco benissimo che da fuori è semplicistico parlare così, ma per esperienza professionale posso dirti che solo puntando su questo potresti raggiungere una maggiore serenità.

    Grazie, di questo sono convinta, il problema è proprio riuscire ad accettare questa sItuazione lasciami dire contronatura; peraltro, negli anni ho notato un peggioramento costante, o forse è semplicemente aumentato il mio livello di consapevolezza.

  • negli anni ho notato un peggioramento costante, o forse è semplicemente aumentato il mio livello di consapevolezza.

    Propendo per la seconda.

    Dal cuore e dal cervello ti dico quello che dico a me stessa: diamola "partita persa" e lasciamo perdere.

    Sarà difficilissimo, ma è comunque più funzionale dell'ancora più difficilissimo tentare di evocare sentimenti laddove NON ci sono.

    Non ti annoio con le mie vicissitudini, ma per una fortuita congiuntura astrale sono stata MALISSIMO nel constatare proprio nei giorni scorsi che...non c'è dedizione che tenga, e se dall'altra parte non c'è... non c'è e punto.

    Auguri di pronta guarigione al tuo piccolino, e lascia perdere! Hai la tua vita, la tua Famiglia, le tue Capacità. Hai fatto il possibile e l'impossibile. E un "ora basta" lo devi a stessa, come io lo devo a me stessa. ;)

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Quando si consiglia di allontanarsi dalle "persone negative" senza tentare una elaborazione o una riappacificazione di solito è il fallimento di una terapia.

    Il tutto nasce dall'equivoco per cui "persona negativa" sia sempre realmente una persona negativa. "Negativo" e "positivo" sono termini molto mainstream e molto volgari, ma a livello psichico sono tutt'altro che definiti. Basti pensare che la stragrande maggioranza delle evoluzioni positive che una mente può avere passano necessariamente da una fase "negativa". Se eliminiamo tutta la "negatività" senza criterio, "senza se e senza ma" rischiamo di confinare il soggetto in una bolla illusoria di infantilismo; esattamente come fanno i social network quando ci consigliano solo persone con i nostri stessi difetti e fanatismi.


    Nel tuo caso mi pare siano stati fatti innumerevoli tentativi di elaborazione e riavvicinamento e riappacificazione. Hai tentato tutte le strade possibili. Persino l'intercessione per il rapporto con i nipoti.. insomma: non so se puoi fare altro.

    Esatto quindi nel mio caso il consiglio è corretto. Il problema è riuscire a trovare e mantenere quel delicato equilibrio che mi porta a frequentarla pur di rado senza cadere vittima di aspettative che non saranno accolte. Mio marito, che ha tutt'altro tipo di problemi con sua madre, è maestro in questo: riesce a estraniarsi completamente, a ridurre il rapporto a "come stai? Ti serve qualcosa? No? Ok ci sentiamo" senza che questo causi in lui alcun turbamento. Lui che conosce tutto di me e di quanto soffro per queste relazioni mi dice sempre che dovrei seguire il suo esempio, ma per me è più complicato, forse proprio perché io sento di avere un conto aperto con mia madre mentre lui il conto con la sua l'ha chiuso da anni.

  • Esatto quindi nel mio caso il consiglio è corretto. Il problema è riuscire a trovare e mantenere quel delicato equilibrio che mi porta a frequentarla pur di rado senza cadere vittima di aspettative che non saranno accolte. Mio marito, che ha tutt'altro tipo di problemi con sua madre, è maestro in questo: riesce a estraniarsi completamente, a ridurre il rapporto a "come stai? Ti serve qualcosa? No? Ok ci sentiamo" senza che questo causi in lui alcun turbamento. Lui che conosce tutto di me e di quanto soffro per queste relazioni mi dice sempre che dovrei seguire il suo esempio, ma per me è più complicato, forse proprio perché io sento di avere un conto aperto con mia madre mentre lui il conto con la sua l'ha chiuso da anni.

    Credo che tu a differenza di tuo marito abbia un irrisolto con tua madre. Lui (e io) lo avevamo, ma lo abbiamo elaborato. A un certo punto, per lui, per me e per altri: la "fatica" di star dietro a nostra madre è diventata un problema di vita (mentale, lascia stare i soldi) talmente grande da rappresentare un vero e proprio freno a mano per la nostra vita. Chi prima, chi poi: se ne esce.


    Cosa allora tiene (forse anche te) così attaccati a questa rapporto disfunzionale da cui si prendono solo bastonate?

    Ci sono più risposte possibili e probabili. Di solito si tratta di:

    1. Manipolazione da parte della controparte. Anche se finge di ignorarci o maltrattarci; di tanto in tanto ci da segni di possibile "guarigione" e noi continuiamo a cascare nella trappola per questo e per altri motivi che seguono
    2. Irrisolto. C'è un trauma del passato, uno sgarro insopportabile, un vissuto infantile troppo "pesante" per poterlo dimenticare inconsciamente. Anche se non ce lo ricordiamo chiaramente: continua a modificare le nostre scelte dal subconscio e ci spinge a risolvere nel presente un problema che si è già estinto nel passato.
      Ovviamente è impossibile risolverlo, ma il nostro inconscio non ha la concezione del tempo. Per lui è tutto presente. Per cui ci spinge verso il punto 3
    3. Coazione a ripetere. E' possibile che abbiamo lo stesso comportamento anche in altri ambiti della nostra vita. Insistiamo, insistiamo fino a quando non l'abbiamo vinta o fino a quando il risultato non ci aggrada. Se la battaglia che combattiamo è una "battaglia persa": continuiamo all'infinito.
    4. Vendetta. In taluni casi una porzione "narcisistica" del nostro carattere ci tiene legati al nostro "carnefice" fino a quando non riusciamo a vendicarci di quello che ci ha fatto. E' un po' come se avessimo nella testa un sergente Hartman che urla: "Tieniti stretti gli amici, ma ancora più stretti i nemici!"


    Ce ne sono altre, ma sono più rare. Non voglio annoiare nessuno.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • bruce0wayne: mi rivedo soprattutto nei punto 1 e 2. Riguardo al 2 non so individuare nessun episodio predominante sugli altri, devo dire che fino a 28 anni circa non ho mai avuto alcuna consapevolezza della disfunzionalità del nostro rapporto, e ci ho messo molti anni a capire, in questo sono state fondamentali le mie maternità. Dell'infanzia ho ricordi stupendi a dispetto di lei; non è stata una madre presente, lavorava e anche quando c'era non era dedicata a noi figlie. Mi ha dato tutto dal punto di vista materiale, era il conforto a mancare, e ricordo un'educazione rigida, basata sul non detto, ricordo che se facevo qualcosa di sbagliato non mi parlava più per diverso tempo, non so quantificare perché sto parlando di quando avevo 5-6 anni...ma era una punizione molto dura.

    Nonostante questo i miei ricordi dell'infanzia sono splendidi, l'atmosfera in famiglia era positiva e piacevole e mio padre fantastico, avevo anche una nonna che mi adorava, non posso dire mi sia mancato l'amore. Mi è mancato il suo...e oggi tutti gli altri affetti sono morti e li custodisco nel cuore.

  • L'educazione basata sul "non detto" si presta bene alla manipolazione.


    Sull'irrisolto in effetti avevo pochi dubbi, perché cotanta determinazione può essere data solo da una pulsione inconscia di quella parte che vive il passato come presente.


    Il punto di svolta a 28 anni probabilmente ha coinciso con quella fase della vita in cui diventiamo veramente adulti, ovvero quando mettiamo in discussione i genitori da un punto di vista esistenziale, quando cioè ci rendiamo conto che sono persone fallibili o che hanno sbagliato. E' un momento che dura davvero un istante. Tutto quel che accade dopo è "diverso", come se avessimo "perso" il genitore, come se lo considerassimo (finalmente) un nostro pari e non un'autorità superiore.


    28 anni possono sembrare troppi, ma c'è anche chi non ci arriva mai. Conosco 40enni che ancora sono succubi della madre, nonostante questa viva a 1200 Km di distanza.


    Staccarsi dalla necessità dell'affetto e della conferma genitoriale è (purtroppo o per fortuna) un passaggio obbligato per tutti, anche per chi resta in buoni rapporti con madre e padre fino alla morte di ognuno di loro. E' indispensabile perché configura quella indipendenza di base che ci permette di prendere scelte che sono della nostra personale famiglia e non di quella di provenienza.


    Di solito sono gli uomini a fare questo "errore", ovvero a non staccarsi mai dalla famiglia di origine. Capita più spesso perché per motivi educativi (madre troppo dominante) e genetici (unica fase della vita da 21 anni in poi) i maschi tendono a "non cambiare" se non per motivi di necessità. Le donne invece a un certo punto della vita sentono il bisogno di interrompere e rigenerare un qualcosa di indipendente.


    Tu probabilmente sei rimasta "incastrata" per via dell'irrisolto (magari corroborato da qualche perfezionismo) che ti tiene sull'argomento.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • I 28 anni si spiegano semplicemente: sono andata a vivere fuori casa tra i 25 e i 26, e da lì ho aperto gli occhi, raggiungendo verso i 27-28 una più o meno lucida visione di quanto vissuto in famiglia. È stato un percorso graduale, e proseguito in seguito fino ai miei 36 anni, quando ho avuto la mia prima bimba. Lì c'è stata una vera bomba emotiva, il velo svelato. Oggi, a 43, diventata appena di nuovo mamma...ho unito gli ultimi puntini.

    Noi donne viviamo il diventare madri come un qualcosa che ci riporta dritte al rapporto con la nostra madre, in cui cerchiamo un riferimento per una esperienza del tutto nuova ed estremamente forte. Io ho trovato il nulla assoluto, non ho potuto fare altro che elaborare un modello completamente nuovo e del tutto mio, scartando quasi tutto ciò che ho vissuto io, e che ad oggi mi ha portato ad un rapporto devo dire a dir poco stupendo con la mia bambina, ma la ferita c'è e rimane.

  • Di solito sono gli uomini a fare questo "errore", ovvero a non staccarsi mai dalla famiglia di origine.

    Mi è piaciuta davvero tanto la tua analisi, e ne "contesto" soltanto il punto quotato.

    i maschi, secondo me, sono abilitati da una serie infinita di fattori a sentirsi autonomi. La famiglia può fare comodo (o tornare a fare comodo) nei momenti di emergenza, ma di base , almeno nella media che mi è nota, un uomo "va e fa, salvo tornare sotto lo scudo cosmico familiare in caso di disastri derivati dal suo "andare e fare come condottiero".

    E' al femminile, secondo me e per i mille esempi che mi circondano, che questo affrancamento fatica enormemente a realizzarsi nel concreto.

    E da donna credo che le ragioni "sociologiche" siano spiegabili, mentre ipposam mi sembra decretarne conferma.

    Cerco di essere breve : il solo fatto che una donna possa scegliere di essere madre...collega - comunque la si pensi - ad una serie di accudimenti verso i quali si SA si essere potenzialmente impotenti (oggi più che mai) MA CHE AL CONTEMPO restano per tradizione e per natura nel "mondo della madre". La quale conta su ciò a cui è stata indotta a credere: l'esistenza di una <madre della madre> (che non a caso si definisce <grandmother> in altre lingue!).

    E (mio pensiero) quando realizzi che non c'è nessuna <grandmother> ...non solo resti sconvolta e sola, ma può derivarne la impietosissima conclusione che...non c'è nessuna <grandmother> semplicemente perchè non c'era neanche la <mother> , prima della grandmother..........


    P.S. : io non ho mai avuto i problemi di Ipposam circa l'accudimento di mio figlio neonato e infante.

    Per la verità i miei genitori e suoceri se lo sono amabilmente conteso per <esserci loro>.

    Ma...non è che fosse più ammmmore...Era che loro avevano immenso piacere del diversivo rallegrante portato dal "bimbo". Molto egoico, direi. E lo dicevo anche quando mio figlio aveva tre mesi.

    Ma la s∙∙∙∙∙a ingrata, anche per mia madre, ero io.

    La storia ha dimostrato quale fosse la verità vera.


    Noi donne viviamo il diventare madri come un qualcosa che ci riporta dritte al rapporto con la nostra madre, in cui cerchiamo un riferimento per una esperienza del tutto nuova ed estremamente forte. Io ho trovato il nulla assoluto, non ho potuto fare altro che elaborare un modello completamente nuovo e del tutto mio, scartando quasi tutto ciò che ho vissuto io, e che ad oggi mi ha portato ad un rapporto devo dire a dir poco stupendo con la mia bambina, ma la ferita c'è e rimane.

    :thumbup:

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

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