Sì, immagino la sofferenza, anche se mi riesce difficile credere che una mamma possa disprezzare la propria figlia, che oltretutto l'ha anche gratificata con il conseguimento di quelle tappe che sono importanti per ogni madre (autonomia, propria collocazione nel mondo, formazione della propria famiglia, nascita di nipoti, ecc.).
Magari è solo incupita dai propri orizzonti o - come la mia - è un po' "offesa e indispettita" dal vedere che non la supporti e neanche la avalli nel suo condursi verso l'altra figlia.
Mi lusinga che chiami equilibrio il mio accettare la situazione, ma in effetti...è la situazione ad essersi rivelata inamovibile malgrado ogni impegno, per cui le opzioni possibili per chi è nella posizione tua o mia sono parecchio ridotte: possiamo soltanto scegliere se diventare complici di un progetto malato e fallimentare, o se restare a debita e sempre affettuosa distanza rispetto a chi è liberissimo di non ascoltarci, ma non è affatto libero di imporci la propria regìa in una complicità folle!
L'ultima tua domanda è ...la domanda terribile. Quella che toglie la pace e il sonno, quella che cerchi di rimuovere perchè è disperante su tutti i fronti (affettivo e anche...economico).
Si può apparire venali, ma è certo che un fratello che non abbia mezzi di sussistenza... ha diritto ad averli, in mancanza dei genitori, a carico degli altri fratelli.
Verrebbe dal cuore e senza bisogno di imposizioni legali di offrire questo sostentamento, se si vedesse nel proprio fratello una persona totalmente incapace, oppure che ha cercato di impegnarsi in qualcosa e non c'è riuscito e non ci riesce.
Ma non è questo il mio caso. E impazzisco io all'idea di dover lavorare per mantenere uno che effettivamente non è capace e non è mai stato capace di fare niente di socialmente apprezzabile, ma che poi deve pur riempire le sue giornate, e magari le riempie al videopoker del bar o al poker on-line!!!
Questa prospettiva era devastante anche per mio padre, pensando a me, e si adoperò in tempo utile per indicarmi il da farsi.
Dopo la sua morte fui costretta ad approfondire la questione e - assurdo ma vero - dovetti combattere con mia madre, perchè c'erano tutti i presupposti per farne riconoscere la inabilità al lavoro per patologia psichiatrica, con conseguente quota della reversibilità paterna, ma...mia madre era inorridita all'idea che il figlio "passasse per matto"!
In pratica i ricorsi veri ho dovuto farli in famiglia, perchè qualunque legale, magistrato o psichiatra che venisse a conoscenza del quadro dava per ovvio che ci fossero tutti i presupposti, mentre era a mia madre che dovevo spiegare che... non è che lo si volesse "far passare", ma è proprio sotto gli occhi di tutti quel che è !
Almeno questa parte, alla fine, è andata per il verso giusto, e quindi un minimo sollievo lo ricevo dal sapere che il suo sostentamento quotidiano non graverà su di me.
Quanto a quella che sarà la sua sistemazione logistica quando mia mamma non ci sarà più...non ho proprio idea.
Se imparasse (almeno) a gestirsi potrebbe continuare a vivere nella casa dei miei. La vedo durissima per uno che non sa neanche come si paga una bolletta della luce o come si fa una raccomandata, però mi consolo pensando che è riuscito egregiamente a gestire il proprio conto on-line per il poker...
So che ci sarà da discutere per quanto ci lascerà mia mamma, e l'ultima volta che lei ha aperto la piccola cassaforte domestica...ho guardato con attenzione i gioielli di mia mamma, come chi sa che probabilmente non li vedrà mai più...
Unica certezza è che mio fratello non riceverà inviti per venire a vivere in casa mia. Tra l'altro, sinceramente, ho anche paura di sue derive "psico", come negli ultimi anni di vita dava segno di temerle mio padre, benchè sano-forte-prestante.
Voglio sperare, e credo possibile, che trovandosi solo ma comunque con un tetto e un mensile da amministrare si riveli in grado di fare almeno le stesse cose quotidiane che qualunque diciannovenne universitario fuori sede impara a fare in poche settimane. Anzi : l'universitario è fuori sede, in case estranee e spesso sconfortanti, e ha da studiare; lui, invece, è nella sua città e nella sua casa e non ha niente da fare!
Mi conforta un pochino il caso di una mia amica: situazione simile alle nostre, riguardante il fratello, oggi sessantenne.
Lui lavora, sì (in modo molto particolare e con un animus quasi da ossessivo-missionario), ma il resto del quadro era identico : mamma e figlio in simbiosi perfetta, lui non ha mai coltivato amicizie e men che mai relazioni sentimentali, e quando la loro mamma si ammalò cominciò il terrore della mia amica al pensiero di cosa avrebbe fatto suo fratello che non sapeva convivere con altri che con sua madre, da cui veniva accudito come un infante.
La simbiosi si mostrò fino all'ultimo istante, e questo figlio...se fosse stato possibile avrebbe ibernato la madre pur di non vederla andar via, inoltre (essendo medico) ha realmente forzato l'accanimento terapeutico pur di tenerla...in casa (non mi viene da dire "in vita", perchè questa signora ha passato mesi nella demenza ormai più totale e giacendo nel proprio letto senza più reagire ad alcuno stimolo).
Questo aspetto allarmava ancora più la mia amica (anche lei con propri famiglia-casa-lavoro), che era terrorizzata dal crollo e dalla inettitudine del fratello quando la mamma non fosse stata più in casa.
Ebbene: questo fratello, con assoluta sorpresa di tutti, si è rivelato perfettamente capace di attendere a se stesso, ha cominciato dai primissimi giorni a ringraziare la sorella rifiutando inviti o pasti pronti, e...pare viva serenamente, forse...più di quando c'era la mamma...
Dubbio atroce sul da farsi con la mamma
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Piccola riflessione a margine.
Ieri parlavo della paura che avrei di convivere, un domani, con mio fratello.
Dicevo poi che la stessa paura aveva finito per maturarla anche mio padre, benchè sia stato perfettamente efficiente e vigoroso sino a quando una maledetta complicazione chirurgica l'ha portato via in pochi giorni (non era malato di nulla, mio padre, aveva esami clinici ottimali, ma ebbe un quadro addominale mai meglio spiegato quanto improvviso, nel volgere di poche ore, che lo condusse all'intervento di chirurgia addominale in urgenza, e poi seguirono complicanze sino alla setticemia esiziale).
Ne deriverebbe il quadro di una persona deceduta per una (purtroppo sempre possibile) complicanza chirurgica.
Il vero problema è che, ancor prima della chirurgia e delle sue complicanze, non si sia mai capito cosa lo abbia portato in sala operatoria, in assoluta urgenza e in poche ore, pur essendo appena prima in condizioni generali monitorate e ottimali, e pur non rintracciandosi alcuna neoplasia o altra patologia suscettibile di "esplodere" nel giro di poche ore.
Non nascondo che questa inspiegabilità della genesi mi diede molto da riflettere, e ancor più perchè avevo l'affettuoso conforto e confronto con medici provatamente amici.
Ma...il dubbio mostruoso lo respingevo anche a me stessa, e non osai mai proferirlo con nessuno, preferendo di sentirmi pazza io al solo pensarlo.
Dopo ha trionfato la simbiosi madre-figlio, e ...io non ho mai avuto la percezione che mia madre potesse essere in pericolo.
La escludo anche ora, e più ci rifletto e più la escludo.
Penso (e vedo) che mia mamma è l'autostrada senza pedaggi su cui mio fratello scorrazza a 300 all'ora pur senza avere la patente, con tanto di safety car ed elisoccorso materni sempre disponibili, e...penso sia ovvio che nessuno al mondo si priverebbe con le proprie mani di questo privilegio assoluto.
Per orrida casualità, ieri, vien fuori il "caso di ferragosto" a Roma (la povera Nicoletta Diotallevi).
Oggi sono ammutolita nel leggere le "ragioni" del folle assassino : "chiedevo soldi a mia sorella e lei me li dava... ma mi trattava come un ragazzino".
L'humus è lo stesso che vedo nel mio caso, e che motiva la mia paura : mio fratello non accetta assolutamente di apparire "secondo" rispetto a me e a nessuno.
Ho già scritto che il suo hobby elettivo è di competere con me, su qualunque argomento, per cercare di primeggiare.
Vuole sussidi e sostentamenti, ma poi vorrebbe che gli fossero tributati "perchè lui è geniale e più colto e maturo della media, non perchè è uno sfasato"!!!
Mia mamma non corre pericoli perchè lo coltiva in questa immagine di se.
Mentre non lo faceva mio padre, non l'ho mai fatto io, non lo farò mai io.
E per questo ho paura di lui. -
Va be', è assurdo arrivare a questo.
Per essere giusti e oggettivi: morta mamma, divisione dell'eredità e ognuno per la sua strada.
Se finisce tra i senza tetto, non è un problema tuo.
Mi dispiace la schiettezza ma gravemente sbaglieresti a prenderlo in casa, a dargli sussidi e via discorrendo.
Trancia i rapporti: la maturità è consapevolezza che alcune persone sono solo deleterie. Anche se consanguinei. -
Grazie Ismaele.
Per quel che mi conosco so di vederla esattamente come dici, e so anche di essere determinatissima a comportami di conseguenza.
GRAZIE DAVVERO. -
Sì, immagino la sofferenza, anche se mi riesce difficile credere che una mamma possa disprezzare la propria figlia, che oltretutto l'ha anche gratificata con il conseguimento di quelle tappe che sono importanti per ogni madre (autonomia, propria collocazione nel mondo, formazione della propria famiglia, nascita di nipoti, ecc.).
Magari è solo incupita dai propri orizzonti o - come la mia - è un po' "offesa e indispettita" dal vedere che non la supporti e neanche la avalli nel suo condursi verso l'altra figlia.
Mi lusinga che chiami equilibrio il mio accettare la situazione, ma in effetti...è la situazione ad essersi rivelata inamovibile malgrado ogni impegno, per cui le opzioni possibili per chi è nella posizione tua o mia sono parecchio ridotte: possiamo soltanto scegliere se diventare complici di un progetto malato e fallimentare, o se restare a debita e sempre affettuosa distanza rispetto a chi è liberissimo di non ascoltarci, ma non è affatto libero di imporci la propria regìa in una complicità folle!
L'ultima tua domanda è ...la domanda terribile. Quella che toglie la pace e il sonno, quella che cerchi di rimuovere perchè è disperante su tutti i fronti (affettivo e anche...economico).
Si può apparire venali, ma è certo che un fratello che non abbia mezzi di sussistenza... ha diritto ad averli, in mancanza dei genitori, a carico degli altri fratelli.
Verrebbe dal cuore e senza bisogno di imposizioni legali di offrire questo sostentamento, se si vedesse nel proprio fratello una persona totalmente incapace, oppure che ha cercato di impegnarsi in qualcosa e non c'è riuscito e non ci riesce.
Ma non è questo il mio caso. E impazzisco io all'idea di dover lavorare per mantenere uno che effettivamente non è capace e non è mai stato capace di fare niente di socialmente apprezzabile, ma che poi deve pur riempire le sue giornate, e magari le riempie al videopoker del bar o al poker on-line!!!
Questa prospettiva era devastante anche per mio padre, pensando a me, e si adoperò in tempo utile per indicarmi il da farsi.
Dopo la sua morte fui costretta ad approfondire la questione e - assurdo ma vero - dovetti combattere con mia madre, perchè c'erano tutti i presupposti per farne riconoscere la inabilità al lavoro per patologia psichiatrica, con conseguente quota della reversibilità paterna, ma...mia madre era inorridita all'idea che il figlio "passasse per matto"!
In pratica i ricorsi veri ho dovuto farli in famiglia, perchè qualunque legale, magistrato o psichiatra che venisse a conoscenza del quadro dava per ovvio che ci fossero tutti i presupposti, mentre era a mia madre che dovevo spiegare che... non è che lo si volesse "far passare", ma è proprio sotto gli occhi di tutti quel che è !
Almeno questa parte, alla fine, è andata per il verso giusto, e quindi un minimo sollievo lo ricevo dal sapere che il suo sostentamento quotidiano non graverà su di me.
Quanto a quella che sarà la sua sistemazione logistica quando mia mamma non ci sarà più...non ho proprio idea.
Se imparasse (almeno) a gestirsi potrebbe continuare a vivere nella casa dei miei. La vedo durissima per uno che non sa neanche come si paga una bolletta della luce o come si fa una raccomandata, però mi consolo pensando che è riuscito egregiamente a gestire il proprio conto on-line per il poker...
So che ci sarà da discutere per quanto ci lascerà mia mamma, e l'ultima volta che lei ha aperto la piccola cassaforte domestica...ho guardato con attenzione i gioielli di mia mamma, come chi sa che probabilmente non li vedrà mai più...
Unica certezza è che mio fratello non riceverà inviti per venire a vivere in casa mia. Tra l'altro, sinceramente, ho anche paura di sue derive "psico", come negli ultimi anni di vita dava segno di temerle mio padre, benchè sano-forte-prestante.
Voglio sperare, e credo possibile, che trovandosi solo ma comunque con un tetto e un mensile da amministrare si riveli in grado di fare almeno le stesse cose quotidiane che qualunque diciannovenne universitario fuori sede impara a fare in poche settimane. Anzi : l'universitario è fuori sede, in case estranee e spesso sconfortanti, e ha da studiare; lui, invece, è nella sua città e nella sua casa e non ha niente da fare!
Mi conforta un pochino il caso di una mia amica: situazione simile alle nostre, riguardante il fratello, oggi sessantenne.
Lui lavora, sì (in modo molto particolare e con un animus quasi da ossessivo-missionario), ma il resto del quadro era identico : mamma e figlio in simbiosi perfetta, lui non ha mai coltivato amicizie e men che mai relazioni sentimentali, e quando la loro mamma si ammalò cominciò il terrore della mia amica al pensiero di cosa avrebbe fatto suo fratello che non sapeva convivere con altri che con sua madre, da cui veniva accudito come un infante.
La simbiosi si mostrò fino all'ultimo istante, e questo figlio...se fosse stato possibile avrebbe ibernato la madre pur di non vederla andar via, inoltre (essendo medico) ha realmente forzato l'accanimento terapeutico pur di tenerla...in casa (non mi viene da dire "in vita", perchè questa signora ha passato mesi nella demenza ormai più totale e giacendo nel proprio letto senza più reagire ad alcuno stimolo).
Questo aspetto allarmava ancora più la mia amica (anche lei con propri famiglia-casa-lavoro), che era terrorizzata dal crollo e dalla inettitudine del fratello quando la mamma non fosse stata più in casa.
Ebbene: questo fratello, con assoluta sorpresa di tutti, si è rivelato perfettamente capace di attendere a se stesso, ha cominciato dai primissimi giorni a ringraziare la sorella rifiutando inviti o pasti pronti, e...pare viva serenamente, forse...più di quando c'era la mamma...
Dunque vedo che la tua è una situazione quanto meno indirizzata, quindi secondo me la tua accettazione è qualcosa di vicina ad un possibile equilibrio.
Andando con ordine, la mia situazione è molto meno indirizzata della tua, ma ci sono aspetti forse più positivi.
Parto da quelli negativi; credo che mia madre soia talmente focalizzata sulla protezione di mia sorella da aver sviluppato antipatia e disprezzo verso di me. Di base è una persona molto controllante, autoritaria, prepotente anche. Io sono sempre stata la figlia "diversa", la figlia che seguiva le proprie inclinazioni, la figlia proiettata verso l'esterno; non mi ha mai del tutto accettato. Mi ha pagato gli studi e ogni genere di comfort in linea con il suo volere, ma non mi ha mai spinta all'autonomia, anzi in alcune circostanze mi ha messa in difficoltà, non mi ha mai "festeggiata", non mi ha mai detto "brava" per qualcosa, soprattutto purtroppo non ha mai partecipato emotivamente alla mia vita, né in circostanze dolorose dalle quali si è estraniata completamente, né tanto meno in occasioni felici. Lo studio? Un'opportunità che mi ha dato lei. Il lavoro? Il mio dovere. Il matrimonio? Contenta io......ma perché dovrebbe rallegrarsi lei? Ho già narrato inoltre in questo forum la sua indifferenza di fronte alla mia maternità, che considero il momento apicale della mia fragilità, un momento meraviglioso ma sofferto anche, e in qualche modo rivelatore di molti altri aspetti della mia vita. Insomma mia mamma non è affatto né orgogliosa di me, né felice di me, né credo felice in generale, e questo, chissà, potrebbe spiegare tutto.
Il suo obiettivo sembra sempre e solo tutelare mia sorella, anche in modi discutibili, eventualmente anche da me, eventualmente anche a mio danno; l'ha tutelata al punto da farle credere di "meritare" le stesse cose che altri costruiscono con fatica, pur senza aver fatto altrettanto, e questa è la sua peggior rovina, perché se non avesse la testa riempita di aspettative inadeguate e obiettivi per lei irraggiungibili probabilmente a quest'ora sarebbe una giovane donna come tante, con un lavoro come tanti altri, una vita come tanti altri.
Tuttavia di buono nella mia situazione c'è un aspetto: io voglio molto bene a mia sorella, la proteggerò sempre, a casa mia ci sarà sempre posto per lei. Più che altro sono dispiaciuta di vederla rovinarsi con le sue mani, quando potrebbe condurre un'esistenza normale, autonoma, se solo accettasse se stessa e i propri limiti.
Ciò che invece trovo difficile, per me stessa, è accettare la mancanza di una madre ancora vivente; accettare di non essere amata come una madre ama i suoi figli; accettare di non aver mai sentito in mia madre il calore che provo nel cuore per mia figlia; accettare di non essere un pezzo di cuore per nessuno, e quindi dopo tutto di non valere nulla, e di non potervi porre rimedio in alcun modo perché qualunque cosa io possa fare non servirà a far pulsare una pietra. Credo che solo chi ha vissuto un'esperienza simile possa immaginare la durezza di una simile consapevolezza...di una simile condanna senza appello. Ho passato l'infanzia e la giovinezza a cercare di tirare fuori un affetto che credevo di dovermi meritare, guadagnare, ma ora finalmente ho scoperto che, anche se avessi individuato da sola il bosone di Higgs in terza elementare, mia madre avrebbe fatto spallucce e avrebbe detto che era un caso e che nulla in me era speciale. -
io voglio molto bene a mia sorella, la proteggerò sempre, a casa mia ci sarà sempre posto per lei. Più che altro sono dispiaciuta di vederla rovinarsi con le sue mani, quando potrebbe condurre un'esistenza normale, autonoma, se solo accettasse se stessa e i propri limiti.
E questa è una grande e bellissima fortuna, per tua sorella e per te.
Io ho perso questa fortuna, e non so neanche perchè...
E' soltanto un lontano ricordo quello dei tempi in cui mi illudevo che io e lui ci capissimo con uno sguardo.
Ci sono stati quei tempi, e mio padre ci scherzava compiaciuto e divertito, del fatto che mio fratello ed io ci capissimo anche senza parlare.
Poi...gli anni passati sono tanti e i fatti spiacevoli ancora di più, e davvero non saprei dire cosa sia cambiato, ma è sicuro che - oggi e non da oggi - non credo più assolutamente a nulla di quel che mio fratello manifesta-dice-esprime.
In realtà sembra non ci abbiano mai creduto neanche i vari psichiatri con cui ha sporadicamente dovuto confrontarsi nel tempo, tanti anni fa per questioni di tossicodipendenza e poi, risolta quella, per mai meglio identificate stranezze dall'apparenza molto vagamente depressiva, o anche soltanto per le certificazioni necessarie ad assicurargli un sostentamento.
Mio fratello non "coinvolge" neanche gli psichiatri, così come non coinvolge più me.
L'elemento che scassa tutti, invariabilmente, psichiatri inclusi, è che l'unico tratto che emerge nitidamente è quello che io definirei un "narcisismo-zombie" : mio fratello non ha nessunissima ragione di compiacersi di se stesso, ma è un narciso talmente narciso da essere capace di teorizzare che persino qualunque suo fallimento sia prova della sua superiorità elettiva rispetto ai comuni mortali, e comunque racconta e si racconta le sue impotenze e i suoi fallimenti totali come "scelte geniali" e ovviamente "volute".
A queste condizioni...non si riesce a "voler bene e voler proteggere" nessuno, purtroppo.
Non si riesce perchè non si ha più nessuna idea del contenuto e degli impulsi e della volontà che guidano una persona che ti illudevi di "conoscere" e che invece scopri ad un tempo sia come sconosciuta che come incomprensibile e, oltrettutto, come apparentemente determinatissima a non conoscersi essa stessa nè volersi far conoscere!!!
(non a caso sono arrivata a dire che ho paura di lui, e che prima di me la ebbe mio padre, che per carattere e professione era assolutamente "uomo di mondo" e tutt'altro che facilmente suggestionabile o pavido)
E dunque: purtroppo non posso dire di avere in comune con te questo bel sentimento verso il fratello o la sorella, ma certo è importante e solo positivo che possa viverlo tu.
Sugli atteggiamenti delle nostre madri verso di noi...posso dirti che se copio-incollo quel che hai scritto di tua mamma...manca solo la mia sottoscrizione per essere anche il mio diario!
L'ultima è di qualche settimana fa e te la riporto testualmente.
Il mio lavoro (libero professionale) non è semplice e comporta molte responsabilità, ne sono consapevole, ma lo faccio con passione da parecchi anni e dopo aver fatto anche altri lavori, tutti rigorosissimamente autonomi.
Qualche settimana fa si parlava tra me e mia mamma della possibilità che mio figlio entri nella mia attività, e (qui emerge anche una piega atavica su cui tornerò tra poco) mi fa "ma...è un lavoro talmente complicato che...mio nipote non ce lo vedo, ...anzi...CHISSA' COME HAI FATTO TU A FARCELA!!!"...
Questa frase, ripeto, è di qualche settimana fa, e io vivo di mio da circa 25 anni!!!!
Torno alla "piega atavica" : mia mamma ha voluto lavorare perchè...sotto sotto...di fare la mamma e moglie non le bastava, e poi aveva i suoi genitori come governante + maggiordomo, e quindi...meglio evadere, potendo.
il suo lavoro era di tutto rispetto, ma era un lavoro dipendente, e mai e per nessuna ragione al mondo mia mamma avrebbe avviato un'attività autonoma, e forse ne aveva così tanta diffidenza da non sentirsi completamente sicura neanche con la libera professione di mio padre...
Da questo vicolo tortuoso (perdonami) arrivo al punto dolente (tuo e mio) : abbiamo avuto madri da cui abbiamo atteso per tutta la vita quel "maternage" che noi abbiamo dato istintivamente ai nostri figli; non lo abbiamo mai avuto dalle nostre madri e con la morte nel cuore ci troviamo soltanto a temere il giorno in cui non potremo neanche più coltivare uno speranzoso "ma, vabbè, chissà domani, magari mi stupisce".
Ok.
E' così.
Però...almeno nei loro confronti (delle nostre mamme) io scelgo di coltivare un dubbio assolutorio : posto che nessuno possa donare quel che non ha avuto in dote...queste mamme - chiedo - hanno dato a se stesse quel che noi lamentiamo non abbiano dato a noi?
Io penso assolutamente di no.
Esempio : mia madre svaluta me quando mi dice "chissà come sei riuscita a farcela tu", o - semplicemente - e proprio nella sua forma di amore (che è e resta "vestire i panni dell'amato") non fa altro che AMOREVOLMENTE (e anche ammiratamente) proiettare su me e su mio figlio i terrori e le impotenze che furono/sono suoi ?
Allo stesso modo : noi ce la siamo cavata da sole, altri loro figli no.
Sarà proprio incomprensibile che si immedesimino molto più istintivamente con il figlio che non ce la fa e che ha paura (come in tanti momenti della vita non ritennero loro per loro stesse di potercela fare ed ebbero paura), nella certezza che noi (siccome loro non hanno mai vissuto il nostro modo di essere) siamo per loro giganti autonomi di amianto e granito che non hanno bisogno di nulla?
E insomma Ippo...certamente ci poteva anche andare meglio, ma... salviamoci queste mamme!!!
Siamo adulte e siamo state capaci di essere mamme.
E penso che oggi, dopo tante riflessioni, ci tocchi di capire che è bello per tutti noi riuscire ad essere le mamme delle nostre mamme, forse tanto meno audaci di noi e chissà...forse anche più tenere di noi, anche se non abbiamo mai vissuto quella tenerezza sulla nostra pelle.
Un abbraccio.
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