Dubbio atroce sul da farsi con la mamma

  • Cito da questo thread che invito a leggere:

    Noterai che le storie sono diverse ma mi sembra che questi stralci siano un'ottima risposta.

  • Cito da questo thread che invito a leggere:

    Noterai che le storie sono diverse ma mi sembra che questi stralci siano un'ottima risposta.

    Grande Ismaele! :hail:

    Ho letto attentamente quel thread, ieri, e leggerlo fa proprio male.
    Condivido totalmente le osservazioni di BruceWayne, e grazie a te di avermele sottolineate! :love:

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Sarebbe interessante sviluppare un po' il discorso sul senso di colpa, che è anche la domanda del post iniziale.

    Vero! :)

    Io me ne vado facendo un'idea conturbante, del senso di colpa. Perchè trovo che sia il primo anello di una catena di disgrazie, e al contempo sia l'unico anello che vede la collaborazione perfetta tra chi non riesce poi a cooperare in nessun altro modo, e anzi a disastrarsi la vita.

    Nel caso di cui parliamo : il senso di colpa può fondare soltanto su un capovolgimento di ruoli che è stato improvvidamente quanto inconsapevolmente condiviso dall'alba dei tempi, del tipo : tu madre e io figlia ci assestiamo sul concetto (assurdo) che i ruoli genitoriale e filiale siano invertiti.

    Da questa assurdità inconsapevolmente condivisa...il resto del copione è già segnato.

    A questo non si può, non è lecito, cercare di porre rimedio quando la propria madre ha passato gli 80, e sono d'accordo.
    Sarebbe stato necessario capirlo prima, ma non è stato capito. Mea culpa.
    In realtà avremmo dovuto capirlo almeno in due (mia madre ed io), ma non l'ha capito nessuna delle due, purtroppo.

    Non saprei se piangerne o riderne, e se fossimo in un tribunale porterei a mia attenuante il fatto di essermi ritrovata genitrice di mia madre non per presunzione o saccenza, ma solo perchè mi sembravano anche doverosi quei precettini familiari del tipo "su, forza, una brava donnina fa così e colà!" e poi il perenne "sei la più grande e devi dare il buon esempio!".
    Tutto eseguito.
    Benino, pare.
    Sinceramente non pensavo nè aspiravo a diventare la madre di mia madre.
    Mi ci ritrovo, non me ne capacito, ma so che non è più il tempo di rivendicazioni che suonerebbero, oggi, come sola cattiveria.
    Voglio anche portare questo ruolo indesiderato, a vita, ormai.

    Però - quanto meno - ora che ne sono consapevole lo assolvo come farei da madre : nessuna complicità in quelle derive che nessun genitore avallerebbe, e tutta la vicinanza possibile ai "figli" che siano disposti a riconoscersi nel ruolo di figli.
    E se invece dovessero improvvisarsi "genitori" a piacimento e a fasi alterne...non ho sensi di colpa : sono genitori? E camminino con le loro gambe, come io faccio con le mie (da decenni).

    :)

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Secondo me il senso di colpa non può fondarsi solo sul capovolgimento di ruoli inconsciamente condiviso da tempo immemore, e questo è il caso specifico, ma se tu hai raggiunto questa conclusione alla tua analisi, sarà così.

    Del resto poni inizialmente una domanda a inizio post, per poi autorisponderti con estrema sicurezza dopo tre giorni.

    Il ruolo genitore-figlio si ribalterebbe comunque fisiologicamente indipendentemente dal ruolo "fittizio" che si è avuto, avvallato anche dalla legge. Ma questo è un altro punto.

    Quello che mi piacerebbe sviluppare è "il come uscire dal senso di colpa per aver lasciato _sola_ una madre" qualora questo senso di colpa ci facesse stare male.

  • ... poni inizialmente una domanda a inizio post, per poi autorisponderti con estrema sicurezza dopo tre giorni.

    Buongiorno e Buon Ferragosto, Anastasia :)


    Mi "autorispondo" dopo tre giorni perchè in quei tre giorni ho anche avuto il dono (in questo forum) di opinioni che tutte hanno avuto un ruolo nel mio riflettere (tutte, incluse quelle drasticamente contrarie alla mia condotta).
    Quella che ti appare come mia "estrema sicurezza" , invece, è probabilmente soltanto espressione della seria mia necessità di fare chiarezza a me stessa e poi impormela senza vacillamenti ed esitazioni dannosi per me stessa e per i miei familiari.

    Quello che mi piacerebbe sviluppare è "il come uscire dal senso di colpa per aver lasciato _sola_ una madre" qualora questo senso di colpa ci facesse stare male.

    Non ho questa ricetta , e non la ho almeno per due ragioni:
    A) non ho mai pensato di "lasciare sola" mia madre; il massimo della mia cruenza consisteva nel non partecipare alla sua corte, mentre fermo-limpido-chiaro veniva da me scandito il concetto vero e sincero "io per te ci sono sempre, sono qui, a tre passi da te, pronta a venire io se ti occorre qualcosa, e anche felice di ospitarti da me, quando vuoi, come vuoi."
    B) il mio problema, quindi, non era in senso stretto quello di "lasciarla sola", quanto piuttosto era quello di averle scardinato una rappresentazione quotidiana che so essere importante per lei, che so essere macerante per me, e che - al di sopra di entrambe noi - so essere artata, stupidamente artata, dannosamente artata.

    Ringrazio immensamente tutti coloro che sono intervenuti, e posso serenamente confessare quale sia stato il mio percorso mentale in questi pochi giorni : un solo amico mi invitava al pentimento e alla prosecuzione della recita. Lo faceva sulla scorta del sacrosanto "è tua madre, ti ha data alla luce e cresciuta, devi esserci per lei".
    Io stimo questo concetto, sia chiaro.
    Però appunto : il mio problema non era "se esserci o non esserci", bensì soltanto nel "come esserci" .
    E (sana o matta che io sia) , c'è di vero che sono prontissima ad esserci, ma non sono per nulla pronta (nè vorrei esserlo) ad "esserci secondo copione altrui che non condivido per nulla". E comunque non sarei mai capace (nè vorrei esserlo) di adottare una condotta piuttosto che l'altra "per amor di dogma". Posso anche invidiare chi ne è capace, ma io non lo sono e non desidero esserlo.

    Tutti gli altri amici, che ringrazio e che mi hanno fatto un gran bene, mi sembra abbiano perfettamente compreso quel che scrivevo e, con tanta bella umanità, abbiano dato forza e coraggio e motivazioni ad oltranza per quello che era il mio agito e pensato già prima di postare l'argomento.

    :)

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Buon ferragosto anche a te, Gloria :)

    Io credo che la chiave di lettura sia sostanzialmente riscontrabile in queste tue affermazioni su tua madre:

    "a lei non interessa un rapporto con me"

    "in realtà non ha nè vuole alcuna vera confidenza"

    "realizzo di non aver alcun ruolo nella sua mente"

    "in lei vedo un titano di egoismo nevrotico "

    mio padre è sempre con me

    "Mia madre, invece, sarà il mio lutto

    mancanza di un incontro, agognato per tutta la vita, realizzato mai, realizzabile mai più"



    dalle quali si deduce che , in realtà, il distacco emotivo da tua madre c'è già stato da tempo, ed è stato elaborato in maniera più che sufficiente. Questo è il motivo per cui hai avuto una celere "autorisposta".

    Diverso , molto diverso, sarebbe stato, se al posto di tua madre, ci fosse stato tuo padre.

    PS. Ci tengo a precisare che nel mio invito a riflettere non vi è alcun tentativo di disapprovazione, anzi, se leggi bene sono stata la prima a risponderti ed ad avvallare la tua scelta "razionale" che tu forse temevi non fosse congruente a quella emotiva, postando la domanda iniziale.

  • Premetto un sentitissimo grazie, Anastasia, per la gentilissima attenzione che hai rivolto al mio caso. :)

    Concordo totalmente sulla centralità dei miei passaggi che hai evidenziato, però ne derivo conclusioni parzialmente diverse, che mi fa piacere sottoporti se non ti annoio.

    Anche queste mie conclusioni diverse erano in una mia frase già scritta, laddove dicevo più o meno "io e mia madre siamo diverse ai confini con l'incompatibilità, ma comunque mi sento legata a lei e le voglio bene (forza della natura?) " .

    Quello che chiamavo "forza della natura" penso possa/debba tradursi esattamente con "emotività".
    E' quella che mi lega (e ne sono felice), mentre razionalmente io non avrei nessun motivo al mondo di frequentare e voler bene ad una donna così diversa e inconciliabile con me quanto mia mamma, se non fosse mia mamma.

    Ricucendo un po' tutto, compresi i ruoli genitoriali-filiali, in ordine proprio emotivo : mia madre è anche timida nei miei confronti, e questo mi addolora; mia madre mi ritiene molto più capace di lei, e questo mi dispiace; mia madre - esattamente come me verso lei - sono certissima che mi voglia un gran bene, ma...me lo vuole perchè sono la figlia, e - direi - solo per questo. Non è che sia poco, però è devastante rendersene conto, perchè con la propria madre si agogna quella complanarità che qui manca totalmente e da cui derivano effettive possibilità di confidenza-ausilio-vicinanza reciproci.

    Immagina questo : è da quando avevo 13-14 anni che cominciavo a vedere il mio modo di diventare donna...non per imitazione di lei, ma per contrapposizione al suo esempio!
    Era una bravissima donna, e mi distruggeva l'idea che potesse soffrire, eppure la vedevo soffrire per ragioni superabilissime, mentre la vedevo assolutamente priva di strategia, stima di sè, determinazione ad esistere di vita propria.

    Da ragazzina vedevo mia madre (figlia unica) avere un rapporto di complicità e confidenza soltanto con sua madre (convivente con noi).
    Questo rapporto, che avrebbe potuto avere del buono, era in realtà in danno del suo rapporto coniugale. Una per tutte : mia mamma aveva un lavoro abbastanza prestigioso, ma poichè era il tempo che "una donna lavora per hobby"...solo mia nonna sapeva quale fosse il suo stipendio e come investisse i suoi risparmi! Mio padre non lo sapeva e molto signorilmente non lo chiedeva neanche...

    Negli stessi anni, però, vedevo mia mamma cogliere al volo ogni uscita-gita proposta da mio padre, e capitava che mia nonna (sua madre) rimanesse un po' malino dall'esserne esclusa.
    Mia madre, ovviamente, era in grado di cogliere l'espressione un po' delusa della propria mamma (che era praticamente in servizio H24 della figlia e della di lei famiglia), ma...era proprio mia mamma, appena saliti nell'auto di mio padre verso la gita, o il ristorante, o quel che fosse, a dire a mio padre "uffaaaa!!! mette il muso! ma io veramente sono stanca!" .

    Ho reso l'idea di una sua idea di "complicità" che mi ripugna da decenni? E della sua puerile mancanza di strategia-programma-intelligenza?

    Ecco Anastasia: mia mamma gestisce con lo stesso pressapochismo incauto e "casual" qualunque sua relazione (compresa ovviamente quella con me da un lato e mio fratello dall'altro).

    E' da quando avevo 13 anni che questo mi turba, e poi finisce per farmi una tenerezza senza limiti e confini, perchè finisco sempre col pensare che mia mamma resti la bambina figlia unica a cui una mamma devota e un marito più signore e intelligente della media hanno finito con l'impedire di crescere.

    Oltre dieci anni fa mio padre era in ospedale, su quello che a pochi giorni di distanza si sarebbe rivelato purtroppo il suo letto di morte.
    Spesso ripenso alla frase di mio padre nell'assistere a uno screzio fra me e mia madre.
    L'ospedale era lontano dalla nostra residenza, e mia madre non trova nulla di più intelligente che dire ad alta voce (spiagnucolando) "eh...stiamo qui soli, dimenticati da Dio e dagli uomini...nessuno che venga a fare visita!".

    A parte che non era vero che nessuno venisse a fare visita, malgrado la distanza. Ma trovai del tutto scempio il caricare una persona che sta male anche dell'idea (idiota) di poter essere "sola e dimenticata dal mondo".
    Quindi mi fu inevitabile chiederle se si rendesse conto del portato delle sue esternazioni uterine.
    Lei, ovviamente, cominciò a spiagnucolare dicendo "ma che ho detto di così grave?".
    Mio padre, che come sempre aveva capito tutto, redarguì solo me, sopra le forze, dicendomi quel che credo dover ricordare sempre, e cioè : "lascia stare, non si cambia nessuno a settant'anni, lascia stare!".

    E dunque: mia mamma è la mia bambina problematica.
    Ma non lo è da oggi (che sarebbe anche normale, come dicevi giustamente tu) ma lo è da quando ero ragazzina.

    Le voglio un gran bene, ma credo di dover stare attenta a confinare (almeno confinare) tutto quello che, come diceva mio padre, non si cambia a settant'anni e...figuriamoci a ottanta!

    Ultima notazione e non annoio più: mi segnali che sarebbe stato molto diverso se la cosa avesse riguardato mio padre.
    Sincerissima : questa ipotesi non avrebbe mai potuto riguardare mio padre! Perchè nessuna forza al mondo ci avrebbe potuto condurre a divaricazioni così profonde, annose, radicali.
    Per restare ai fatti di cui parliamo : mio padre aveva molto ben presente quale ipoteca avrebbe potuto rappresentare mio fratello nella mia vita, e ha fatto tutto quanto possibile in vita sua per evitare che mi ritrovassi questa ipoteca. Il resto l'ho proseguito io, quando lui non c'era più, e so io con quante difficoltà, create anche dall'infantilismo di mia mamma!

    Grazie infinite dell'ascolto! :love:

    Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (L. Tolstoj)

  • Il tuo post ha aiutato anche me a riflettere molto. Come ti ho detto ho anche io un problema analogo con mia madre, direi però, alla luce di quanto hai scritto, parecchio più grave del tuo. Mia madre infatti non solo è totalmente concentrata nel rapporto con mia sorella, ma sembra provare disprezzo per me. Puoi immaginare quanto mi faccia soffrire una cosa del genere...trovo che tu abbia comunque un grande equilibrio per accettare la situazione di tua madre così com'è...io non riesco. Come hai fatto? E in che modo pensi di gestire tuo fratello quando tua madre dovesse mancare?

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