La crisi del saper vivere è una crisi delicata, aggravata dall'indebolimento del tessuto sociale e dei meccanismi di collaborazione e fiducia tra individui.
L'uomo, nella società contemporanea, spesso appare come colui che non sa realizzare i suoi progetti, pieno di frustrazioni, subisce gli eventi e non li domina. Non è dunque un eroe (né in senso positivo né in senso negativo) e "non sa vivere".
Incontriamo sempre più persone angosciate, insoddisfatte della propria vita, dalla quale non riescono a fuggire, perché si rendono conto che senza identità non si può cambiare nulla.
Sembra che si viva solo nella propria mente, proiettata nel virtuale, anziché vivere davvero, come dovrebbe essere.
Ci si sente inadatti alla vita, come dei falliti senza speranza.
Molti ragazzi sono caratterizzati da una incapacità d’agire, come se una sorta di freno impedisse loro di vivere la vita che vorrebbero.
Limitati dal mondo che li circonda, troppo veloce e pieno di pretese per loro. Non sentono la necessità di riscattarsi, e dimostrare di essere persone valide; subiscono tutto passivamente fino a vedere nella morte la fine di tutte le sofferenze.
Oltretutto, la crisi economica in corso ha contribuito ad accentuare questa crisi del "saper vivere".
Al di la delle scoperte scientifiche e dell'innovazione tecnologica, il presente è diventato un luogo di incertezza, ansia e sfiducia.
Se da una parte abbiamo avuto la trasformazione di un individuo sempre più libero e autonomo, dall'altra abbiamo un individuo sempre più "isolato".
L'uomo da quando è sapiens, a differenza degli altri animali, ha dimenticato la parte istintuale e ha sviluppato quella culturale/tecnologica con una serie di implicazioni negative sul piano sociale.
La crisi del saper vivere ha accentuato la crisi della comunicazione ed è paradossale che tutto ciò si verifichi in una società globale della comunicazione.
Il pericolo maggiore è quello di continuare ad interpretare ed affrontare, questa situazione così drammatica, con indifferenza e superficialità, sottovalutando il fatto che sta diventando uno dei grandi mali del nostro tempo.
A tutto questo si aggiunge la "paura" : la paura di sentirsi soli, , la paura di non farcela, la paura di non trovare lavoro, la paura di non avere un compagno/a, di non riuscire ad avere un rapporto sessuale, la paura di non piacere e di non essere accettati.
Questa paura ci porta a fare scelte che non vorremmo fare, a sacrificare i nostri interessi a vantaggio di qualcun altro.
L’uomo comune di oggi si può definire un inetto? (senza offesa) .
(Mi riferisco alla figura letteraria introdotta da Italo Svevo, e cioè all'incapacità di adeguarsi alla realtà, di prendere decisioni e affrontare problemi).
La crisi del saper vivere.
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L’uomo comune di oggi si può definire un inetto? (senza offesa).
(Mi riferisco alla figura letteraria introdotta da Italo Svevo, e cioè all'incapacità di adeguarsi alla realtà, di prendere decisioni e affrontare problemi).Il problema dell'uomo di oggi è proprio quello di non fare altro che crederci in questa realtà. Di bersi in un sorso solo le sue favole. Perché così la raccontano: se non ce la fai ad essere qualcuno la colpa è solo tua. E se non ci sei riuscito neanche dopo esserti fatto il mazzo allora non ne avevi proprio le capacità. Il fallimento ricade solo sulle tue spalle deboli dalla nascita. In fondo ognuno ha quel che si merita, no?
Il problema è proprio che si fatica, per usare un eufemismo, a problematizzarla 'sta realtà. Quindi non c'è neanche la possibilità di cambiarla. Ma solo di reiterarla finché si riesce a galleggiare in superficie. Chi ci riesce di sicuro ne esce solo più mediocre e i∙∙∙∙∙∙∙o perché, anche se non se rende conto, intuisce che inseguendola come un segugio a qualcosa ha dovuto rinunciare. E più si va avanti più ci si accorge che quel qualcosa era prezioso.
Come si può imparare a vivere quando per la maggior parte del giorno devi barcamenarti tra gomitate e spallate in questo tugurio di nevrastenici?
Non si impara l'arte di vivere quando a stento sopravvivi. Non mi stupisco affatto se qualcuno finisca, prima o poi, ai pazzi. E anche chi non ci finisce e prova a lottare convive con un malessere oscuro di cui non riesce a darsi ragione.
Piuttosto c'è da chiedersi seriamente come faccia la maggior parte della gente a reggere. Forse è talmente assuefatta dal vuoto che la circonda, anestetizzata com'è di fronte alla propria e altrui miseria, da aggrapparsi, come un mollusco sulle rocce, al proprio peggio. E qualcuno finisce anche per credere davvero che quello sia il meglio. -
Il problema dell'uomo di oggi è proprio quello di non fare altro che crederci in questa realtà. Di bersi in un sorso solo le sue favole. Perché così la raccontano: se non ce la fai ad essere qualcuno la colpa è solo tua. E se non ci sei riuscito neanche dopo esserti fatto il mazzo allora non ne avevi proprio le capacità. Il fallimento ricade solo sulle tue spalle deboli dalla nascita. In fondo ognuno ha quel che si merita, no?
Ciao Vento,
questo è il fallimento della sociètà, delle istituzioni, e perchè no anche della famiglia e non può ricadere sull'individiuo a tal punto da annullarlo o addirittura colpevolizzarlo per un fallimento personale.
Oggi tutto cade sul singolo individuo, si porta sulle spalle, il peso di un fardello che non sempre ci appartiene, che però ci conduce alla deriva, facendoci perdere il senso della vita.Il problema è proprio che si fatica, per usare un eufemismo, a problematizzarla 'sta realtà. Quindi non c'è neanche la possibilità di cambiarla. Ma solo di reiterarla finché si riesce a galleggiare in superficie. Chi ci riesce di sicuro ne esce solo più mediocre e i∙∙∙∙∙∙∙o perché, anche se non se rende conto, intuisce che inseguendola come un segugio a qualcosa ha dovuto rinunciare. E più si va avanti più ci si accorge che quel qualcosa era prezioso.
Hai ragione Vento, si sottovaluta questo malessere. Chi riesce a mettere la testa sotto la sabbia sacrifica molti valori, senza rendersene conto si omologa ad una società che in cambio da ben poco, se non rinunce e frustrazioni.
Si perde nei rapporti individuali, si perde la fiducia, si perde la voglia di vivere.
Da qui anche il conflitto con l'altro sesso, per l'incapacità di relazionarsi, per paura o per sfiducia.Come si può imparare a vivere quando per la maggior parte del giorno devi barcamenarti tra gomitate e spallate in questo tugurio di nevrastenici?
Non si impara l'arte di vivere quando a stento sopravvivi. Non mi stupisco affatto se qualcuno finisca, prima o poi, ai pazzi. E anche chi non ci finisce e prova a lottare convive con un malessere oscuro di cui non riesce a darsi ragione.Come ho gia detto in un altro post, nessuno nasce con il libretto delle istruzioni, la vita è un "gioco" e le regole cambiano ogni attimo, per ogni singolo individuo. E' complicato, però bisogna lottare per dare un senso ai propri giorni e a quello che si fa.
Piuttosto c'è da chiedersi seriamente come faccia la maggior parte della gente a reggere. Forse è talmente assuefatta dal vuoto che la circonda, anestetizzata com'è di fronte alla propria e altrui miseria, da aggrapparsi, come un mollusco sulle rocce, al proprio peggio. E qualcuno finisce anche per credere davvero che quello sia il meglio.
E' così, che secondo me ( e sottolineo che questo è un parere strettamente personale e non offensivo), questa società genera "inetti" illudendoli di essere :
uomini inadatti alla vita, insoddisfatti, incapaci di cogliere i momenti importanti dell'esistenza per approfittarne e goderne.Uomini sconfitti e vittime di sé stessi
L'inetto cade dunque nella trappola costituita dalla società, che lo schiaccia e gli impedisce di vivere veramente. -
Il problema dell'uomo di oggi è proprio quello di non fare altro che crederci in questa realtà. Di bersi in un sorso solo le sue favole. Perché così la raccontano: se non ce la fai ad essere qualcuno la colpa è solo tua. E se non ci sei riuscito neanche dopo esserti fatto il mazzo allora non ne avevi proprio le capacità. Il fallimento ricade solo sulle tue spalle deboli dalla nascita. In fondo ognuno ha quel che si merita, no?
quoto integralmente il pensiero di vento e mi permetto di aggiungere solo un elemento. Leggo spesso sul forum concetti quali "bisogna imparare ad amarsi e bastarsi"....Non attacco questi pensieri, ma trovo siano insufficienti. Credo che l'uomo sia anche, se non soprattutto, relazione. Soddisfatti i bisogni fisiologici primari (anch'essi messi in discussione in gran parte del mondo), il bisogno diventa amare ed essere amati. Parlo di tutte le declinazioni dell'amore (sentimentale, famigliare, amicale). Rotta l'identità comunitaria, poi quella di classe, poi tutte le altre, stiamo diventando cellule separate che cercano un surrogato aggregante nel virtuale. In fondo il nostro parente più prossimo su questa terra è il bonobo. Come vive? tutti pensano alla intensa attività sessuale promiscua, che è un aspetto, ma il bonobo è un animale fortemente sociale, coccole, gioco e sesso. Si è evoluto in modo invidiabile superando tutti i conflitti. Poco tempo fa è stato aperto un interessante thread sulla religione. In quell'occasione mi sono dimenticato di dire che un bisogno che soddisfa la religione è anche quello di non sentirsi soli. C'è un Dio o degli Dei con noi, vero o falso che sia. Oggi molti alzano gli occhi al cielo e cercano UFO...per non essere soli, Potremmo costruire città sottomarine, raggiungere Marte e curare tutte le malattie, ma se saremo soli saremo comunque "inetti".
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Buongiorno ragazzi ... E ragazze
Non ho molto da aggiungere, questo argomento si mette in contatto con la mia stanchezza, e la mia stanchezza ha a che fare con l'argomento in questione ...
Quando sono gli altri a decidere per te, magari solo in parte ma l'azione/reazione degli altri è comunque necessaria, la tua vita invece che essere un fatto individuale diventa una sorta di fenomeno collettivo, dove vari attori si agitano sulla scena, fosse pure quello che legge il tuo curriculum e non ti conosce ma sta decidendo per te.
Di sicuro questa società e l'unione europea non sono fatti per l'interesse dei cittadini (cara Elettra noi lo sappiamo di chi potrebbe essere lo zampino, forse a sei dita :D) perché non posso spiegarmi l'umiliazione che la Grecia ha subito, e l'impoverimento generale che riguarda anche noi.
Sono d'accordo quando dite che questa società pretende troppo dall'individuo, e lo si vede proprio negli annunci di lavoro: max 30 anni, ottima esperienza, due lingue, capacità di problem solving, capacità di reggere lo stress, ottime capacità comunicative, disposto a viaggiare.
Che altro?
Concludo dicendo una cosa, su cui rifletto in questo periodo: le regole esistono, ma sono scritte per gli altri, perché chi vuole 'alzarsi da terra' non le rispetta, agisce a prescindere da tali regole che sono scelte da altri esseri umani e restringono la tua vita. Poi l'ipocrisia del mondo gli cadrà addosso, a tali persone, ma queste hanno capito come funziona.
Magari capirlo da giovani ... -
Io non sarei così pessimista. L'attuale società ci permette di parlare con moltissime persone, e valutare i loro punti di vista. Questo, se adeguato alle capacità di comprensione del soggetto. Non manca nemmeno il contatto fisico, visto la facilità sociale in cui siamo immersi.Certamente questo non sarebbe avvenuto 50anni fa, dove la comunità virtuale era condensata in poche persone con pochi interessi.
Oggi perfino un ignorante puo' avere informazioni e dialogare con ignoranti come lui. Quindi direi che c'è spazio e possibilità per tutti di intessere relazioni di qualsiasi genere. Nobile o ignobile che sia.
Anche l'aspetto sentimentale ne è condizionato, potendo mantenere legami a distanza di natura amorosa passionale, famigliare, amicale o di intrattenimento. Se si andava al bar per scambiare quattro chiacchiere, ora si siede davanti al video, parla con più gente e diversifica la sua performance. Cosa manca? il contatto fisico, che si può anche trovare. Basti vedere le coppie o i gruppi che si sono formati negli ultimi annni, e come possono organizzarsi per vedersi e conoscersi anche di persona e fisicamente.
Di certo si deve essere prudenti, perché i pericoli in rete sono amplificati, e i maggiori esposti sono bambini e adolescenti. Quindi questi vanno controllati, come si fa quando un bambino o un adolescente esce di casa per giocare o sentirsi parte di un gruppo. Siamo tutti più esposti, ma bastano norme di prudenza per limitare i pericoli.
In pratica, credo che i problemi di adattamento siano sempre i soliti, e chi ha delle difficoltà ad inserirsi in modo attivo, le ha per motivi personali, non sociali, che fanno solo da sfondo. Impariamo percio' a colmare le nostre lacune scolastiche, informative, di occupazione lavorativa pratica e confronto con gli altri, e la società smetterà di essere vista come la colpa di tutti i problemi, ma come una risorsa a cui attingere opportunamente, ricordando che il valore di un'idea, un fenomeno, un'opera viene giudicata da i risultati che da.
Se nopn si è contenti di noi, miglioriamoci, se si è contenti diamo anche agli altri. I risultati diranno se stiamo facendo bene o male. -
Ciao Doctor
Ma la questione - a mio avviso - non è soltanto psicologica, ma anche in termini molto più concreti - diciamo così - e poi questo finisce comunque per incidere sulla psiche.
In questo paese, se vuoi avventurarti in attività 'personali' e rispettare le regole devi pagare una montagna di tasse, sottostare ad una burocrazia esasperante e sperare che nessun malvivente incroci la tua strada perché lui verrebbe tutelato più di te in caso di scontro.
In tutto questo io ci vedo un soffocamento della vita individuale, con ricadute emotive, cioè non immediatamente una crisi personale, ma di riflesso. -
Come se i motivi personali non dipendano da quelli sociali.
Il sociale, le istituzioni, l'economia, i codici normativi... non è che sono disgiunti dall'individuo. Piuttosto vanno inquadrati in un sistema che permea per osmosi ogni soggettività in uno scambio reciproco continuo.
Ecco perché volere è potere è un balla colossale: si assume la forza dell'individuo, con le capacità che da solo deve costruirsi, come in grado di agire contro le forze di un mondo che, come è evidente a tutti, mi si oppone.
Ecco perché poi quando non ce la si fa, si viene considerati, e peggio ancora ci si considera, dei falliti senza appello.
Quello che frega tutti quanti è il continuare a credere di dovercela fare da soli. Non è così. Non sarà mai così. -
Ecco perché volere è potere è un balla colossale: si assume la forza dell'individuo, con le capacità che da solo deve costruirsi, come in grado di agire contro le forze di un mondo che, come è evidente a tutti, mi si oppone.
Ecco perché poi quando non ce la si fa, si viene considerati, e peggio ancora ci si considera, dei falliti senza appello.
Quello che frega tutti quanti è il continuare a credere di dovercela fare da soli. Non è così. Non sarà mai così.sono sempre più d'accordo con Vento... aggiungo solo un estratto da un articolo del sole24ore che sembra contraddire chi afferma la felicità e la bellezza dei nostri giorni
"Calcolando il numero dei suicidi tra i giovani tra i 15 e i 25 anni nel 1971 e nel 2011, si nota che, in rapporto a una popolazione calata di circa il 30 per cento in quella fascia di età, c’è stato un aumento percentuale dei suicidi di circa il 10 per cento. E il dato non cambia se si considerano i due decenni nel loro complesso. Un aumento non catastrofico, certo. Ma comunque una crescita preoccupante. Perché ogni vita ha un valore inestimabile." -
Ciao Vento
Chi ha deciso consapevolmente di non rispettare le regole - oltre a chi è costretto se vuole sopravvivere - ha una marcia in più, e se lo si capisce da ragazzi, forse anche la vita successiva diventa più scorrevole. Forse.
Mi viene sempre in mente Robin Hood: "quando una legge è ingiusta e cattiva verso la popolazione, il fuorilegge emerge dal tessuto sociale e ha piena dignità di esistere".
Del resto, se consideri che chi fa le leggi gode di stipendi da diecimila euro al mese più rimborsi spese e poi magari con questi soldi ci compra il regalino all'amante mentre tu per pagare quella tassa ti sei dovuto privare di molte cose e ti sei fatto rodere il fegato, beh allora tanti applausi al fuorilegge, lo dico senza ipocrisia.
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