Nella vita è un po' la stessa cosa, pur trovandosi ad aver vissuto esperienze simili, ognuno cerca di cavarsela come meglio può talvolta anche sgomitando sull'altro, quasi come dire: qualcuno ce l'ha fatta, l'altro meno, quell'altro no..
Entra in gioco anche la competitività, certo, che viene esaltata da molti quasi fosse un valore o per lo meno una prova alla quale sottoporsi obbligatoriamente. Io non sono competitiva, al di là del fatto che mi sento inferiore e quindi perdente in partenza, penso che comunque lo spazio per realizzarsi ci sia o dovrebbe esserci per chiunque. Se poi tutti corrono per lo stesso trofeo anziché cercare se stessi ovviamente si sviluppa la giungla e tutto quel che ne consegue, per chi perde ma anche per chi vince che deve mantenere lo status o vincere sempre di più. La mia psico dice che le persone davvero sicure di sé si tolgono dalla competizione, ci sto riflettendo.
Altri ancora non restituiscono perchè quando per loro le cose finalmente iniziano a girare per il verso giusto e riescono ad uscire dal proverbiale baratro, non hanno semplicemente voglia di avvicinarsi di nuovo ad una "nuvola nera" anche se non è la loro, per cui si allontanano. Anche se, nel momento in cui loro erano pervasi da quella medesima "nuvola nera" hanno ricevuto sostegno e aiuto.
Quello che hai scritto descrive pari pari una mia amica, diciamo più conoscente, che finchè sta male è solidale con tutti per sentirsi dire che è una bella persona. Non appena si è pompata a sufficienza l'autostima o le cose girano a suo favore, sparisce dicendo che sentire i problemi degli altri la scombussola e lei vuol mantenere l'equilibrio che le è costato tanta fatica ( fa sentire quindi in colpa le persone che eventualmente la chiamano... oppure tira fuori dal taschino il solito evergreen che bisogna vivere la realtà anziché farsi delle paranoie ( poi quando ce le ha lei le paranoie diventano importanti problemi esistenziali che meritano il massimo rispetto ). Ed è una che vuol fare la psicologa.