Quelli come me

  • Nella vita è un po' la stessa cosa, pur trovandosi ad aver vissuto esperienze simili, ognuno cerca di cavarsela come meglio può talvolta anche sgomitando sull'altro, quasi come dire: qualcuno ce l'ha fatta, l'altro meno, quell'altro no..

    Entra in gioco anche la competitività, certo, che viene esaltata da molti quasi fosse un valore o per lo meno una prova alla quale sottoporsi obbligatoriamente. Io non sono competitiva, al di là del fatto che mi sento inferiore e quindi perdente in partenza, penso che comunque lo spazio per realizzarsi ci sia o dovrebbe esserci per chiunque. Se poi tutti corrono per lo stesso trofeo anziché cercare se stessi ovviamente si sviluppa la giungla e tutto quel che ne consegue, per chi perde ma anche per chi vince che deve mantenere lo status o vincere sempre di più. La mia psico dice che le persone davvero sicure di sé si tolgono dalla competizione, ci sto riflettendo.

    Altri ancora non restituiscono perchè quando per loro le cose finalmente iniziano a girare per il verso giusto e riescono ad uscire dal proverbiale baratro, non hanno semplicemente voglia di avvicinarsi di nuovo ad una "nuvola nera" anche se non è la loro, per cui si allontanano. Anche se, nel momento in cui loro erano pervasi da quella medesima "nuvola nera" hanno ricevuto sostegno e aiuto.

    Quello che hai scritto descrive pari pari una mia amica, diciamo più conoscente, che finchè sta male è solidale con tutti per sentirsi dire che è una bella persona. Non appena si è pompata a sufficienza l'autostima o le cose girano a suo favore, sparisce dicendo che sentire i problemi degli altri la scombussola e lei vuol mantenere l'equilibrio che le è costato tanta fatica ( fa sentire quindi in colpa le persone che eventualmente la chiamano... oppure tira fuori dal taschino il solito evergreen che bisogna vivere la realtà anziché farsi delle paranoie ( poi quando ce le ha lei le paranoie diventano importanti problemi esistenziali che meritano il massimo rispetto ). Ed è una che vuol fare la psicologa.

  • Me lo sono chiesto anch'io perché chi ha sofferto non riesce ad essere solidale con qualcun altro che sta male. Ad un certo punto confesso di essermi chiesta se è colpa mia, se sono io a tirare fuori il peggio dai miei pari, ma vedo che no, è un problema anche di altri.
    Frattanto che cercavo di non sentirmi completamente sbagliata, mi sono data varie spiegazioni, alcune già affrontate qui: lo fanno perché ne sono usciti e non vogliono perdere l'equilibrio infilandosi nelle sofferenze altrui, lo fanno perché ognuno è arrivato al proprio dolore attraverso un percorso di verso e non è in grado di capire quello dell'altro. Lo fanno perché si instaura una specie di competizione tra persone che hanno svariate problematiche incisive anche sulla qualità della vita sociale. Del tipo "non sarò io quello che sta peggio dei due, stavolta". Forse è anche questo. Penso che una cosa che non valutiamo subito è che, posto che le persone possono arrivare a soffrire di qualcosa in modi diversi, generalmente i percorsi di riconducono a due grandi categorie: o il dolore è partito da dentro di noi, o è stato generato da situazioni (violenze, problemi di salute, difficoltà economiche) esterne a noi. Mi è capitato di osservare che la differenza tra i due sta nel fatto che chi ha subito è sempre sulla difensiva e meno incline - ovviamente - a quel genere di solidarietà di cui si parla qui, mentre chi ha difficoltà per proprio conto tende ad approcciarsi con chi riconosce come affine con troppa fiducia, facendosi anche trattare "male" a lungo prima di capire che in quel trattamento non c'è comprensione né solidarietà. Quando sono due persone così a incontrarsi e a stabilire un rapporto, ci si fa male anche più di quando una di queste due persone incontra qualcuno psicologicamente "sano". Perché a quello sano in fin dei conti non sa proprio di cosa si parli, ma da uno che ha capito cos'è la sofferenza ti aspetti un minimo di empatia, e invece no.
    Tutto questo discorso ovviamente suppone che a relazionarsi siano persone che sono in una fase della loro vita in sui riescono ad essere anche percettive, cioè a capire i sentimenti dell'altro e ad avere sufficiente lucidità mentale da capirli. Tante volte credo che invece siamo talmente presi dai nostri problemi da esserne accecati e non capire che l'altro ha bisogno di altrettanta comprensione. E può capitare di incontrare qualcuno che è in quella fase lì. Purtroppo fa parte del gioco delle relazioni umane, ma noi lo dimentichiamo perché non facciamo parte della sceneggiatura di "Anche i > piangono". :)

  • La cosa fondamentale, secondo me,è che siamo tutti essere umani.

    Solidarietà? elemento raro e per pochi.

    Il resto? Non centra nulla psicologicamente " tranquilli" o " fragili". Le persone anche quando potrebbero capire ed aiutare non hanno voglia. Non è misantropia, è puro realismo.
    Non prendertela, cerca di fare il meglio che puoi tu, in prima persona. Fare del bene porta del bene, prima o poi. E comunque fa stare bene.

    E non c'è niente niente al mondo che mi salva.

  • Se posso aggiungere un'ultima cosa credo di condividere molto il pensiero di maya. Essere positivi e solidali per primi, senza aspettarsi nulla, sempre nel limite delle proprie capacità e dello stato in cui ognuno si torva ad affrontare la vita. Questo significa non immolarsi sull'altare del martirio solidale pur di essere sempre e comunque di sostegno agli altri, pensare prima la proprio benessere, in senso prioritario e poi dare solidarietà all'altro, avere una buona misura ed essere la persona di cui vorremmo fosse il pieno il mondo. Prima o poi, qualcuno di diverso si incontra. Ma la soddisfazione non viene dall'aver finalmente incontrato qualcuno di solidale ma nell'essere riusciti ad esserlo disinteressatamente senza farsi toccare dall'atteggiamento negativo e approfittatore di quegli "alcuni" che oggi rappresentano la maggior parte della popolazione. Quando riuscirò a raggiungere questo equilibrio, non so voi, ma credo che potrò dirmi abbastanza soddisfatta del modo in cui riesco ad affrontare la vita e il mio rapporto con gli altri.

    Tornando al discorso di origine, ci sono altre due ipotesi: la proiezione di chi vede nel periodo nero dell'altro il proprio, magari da poco superato, e sente una specie di rifiuto proprio per questo, per cui va nella direzione opposta, spesso cercando di minimizzare lo "star male" altrui. E anche questo tipo di persone fa scattare il senso di colpa, aumentato dal fatto che moto spesso ti dicono esattamente che le tue sono solo paranoie (quindi non stai male, non hai bisogno di aiuto o sostegno, sei solo una lagnosa che si fa le pippe mentali, eh!).

    Quelli che invece vedono tutto come una competizione (c'è la possibilità che esista anche una componente egocentrico-narcisista di cui tenere conto): loro stanno male, tu stai male, sì, ma loro di più. E il tuo star male non è minimamente paragonabile. Anche perchè tu non hai i loro stessi invalidanti sintomi, non prendi a fiume i loro stessi farmaci, per cui dici di star male ma mistifichi: LORO stanno male. Per cui anche lo scenario "stiamo male insieme per darci sostegno" diventa invece una trappola disagevole e controproducente.

    Perchè è utile parlare di tutto ciò? Io credo serva a riconoscere il tipo di persone che frequentiamo o di cui ci attorniamo, fosse anche per un breve periodo.
    Io fino a qualche tempo fa non ne ero assolutamente capace e avere intorno questo tipo di persone è un peggiorativo di cui tutti credo possano fare volentieri a meno.

    You can lie to your friends, you can lie to your family, but you can’t lie to your bathroom mirror.

  • Sì sicuramente coltivare un atteggiamento positivo a prescindere dagli altri sarebbe una conquista. Prima certo bisogno imparare a riconoscere, attraverso l'osservazione e il confronto con le esperienze passate, le persone e capire quando aprirsi o tendere la mano e quando starsene fuori per non trovarsi invischiati in dinamiche che poi lasciano l'amaro in bocca, specialmente in momenti di fragilità.


    Oltre a quelli che minimizzano che è sempre sbagliato perché anche se una persona ti racconta un episodio di ordinaria amministrazione, non puoi mai sapere cosa ci sia dietro e perché ci stia male, prestare attenzione anche a quelli che ti tendono la mano ma che in modi sottili o diretti te lo rinfacciano se non li riempi di complimenti o ringraziamenti, io con la studentessa di psicologia di cui sopra mi sono trovata in una situazione del genere , probabilmente non sarò nemmeno l'unica.

  • Questa ragazza ve la vorrei descrivere, un po'per sfogarmi perché per un certo periodo della mia vita ha avuto un'influenza pesante su di me e un po' perché sento che a distanza di anni ce l'ho ancora con lei, quindi è ancora una figura irrisolta.
    Questa ragazza studiava psicologia e ne parlava come se fosse una sorta di vocazione, dicendo che il suo scopo era aiutare le persone che avevano sofferto come lei (aveva avuto problemi pesanti a suo dire brillantemente superati ).
    Spingeva o comunque incoraggiava le persone a confidarsi con lei, facendo credere di tenerci a te, di sentirsi solidale con chi aveva i problemi che ha avuto lei e ovviamente quando stai male e incontri una persona che ti tende la mano provi ad aprirti. Per me poi, all'epoca ancora più ingenua di adesso, era una novità assoluta.
    Lei aveva questo atteggiamento un po'con tutti. Molte persone, me compresa, la ringraziavano per l'aiuto, le facevano complimenti per il suo buon cuore e le dicevano che sarebbe stata una brava psicologa, per lei credo fosse molto gratificante.
    Ho notato poi che, quando non condividevi i suoi punti di vista, diventava dura e ti rigirava le cose in modo da far sembrare te in errore con frasi tipo: "perchè sono cose che tu non vedi" "sono cose che non sei ancora pronta ad affrontare" "lati della tua personalità immaturi". Il tutto dall'alto della sua triennale di psicologia presa da non frequentante perché lei delle lezioni non ne aveva bisogno e studiava meglio a casa. Questo perché diceva che era sempre stata molto portata per la psicologia fin da piccola. Non so come ci si accorga di essere portati per la psicologia da piccoli, ma lei se lo diceva da sola.
    Nei rapporti umani quando c'era un conflitto era sempre colpa tua che non ti fai rispettare/allontani gli altri/ sei paranoica ecc. Quando i conflitti li aveva lei erano gli altri che sbagliavano perché erano cattivi , superficiali e stupidi.
    Col tempo mi sono allontanata, non mi confidavo più con lei perchè la trovavo giudicante e altezzosa. Un giorno, evidentemente piccata dal mio mutato atteggiamento, mi elargì un giudizio non richiesto inserendosi in un discorso in cui non l'avevo interpellata e quel giorno avevo la luna storta e le dissi a chiare lettere che da lei non mi sentivo capita e che mi faceva solo stare peggio alla faccia della sua vocazione per la psicologia. Apriti cielo! Ha iniziato a rinfacciarmi il suo aiuto ( che non mi era mai servito, anzi e che era stata lei ad offrirmi per pomparsi l'autostima ) e dire che l'avevo ferita. Io lo so che a dirle che non era una brava psicologa l'avrei ferita, l'ho detto apposta perché ero stufa di sentirmi dire sotto varie forme che ero una persona limita e comunque inferiore a lei. Purtroppo quando la gente mi porta all' esasperazione divento un po'bastarda . Dopo lei ha voluto un chiarimento in cui per quieto vivere ci siamo venute incontro e dopo è seguito un rapporto in cui io la tenevo a distanza e lei mi pungolava perché voleva sentirsi dire ancora che era brava e sensibile ma io non le ho mai più dato soddisfazione.

    Di sbagli ne ho fatti anch'io sicuramente ma ancora non capisco perché mi abbia portata all' esasperazione in questo modo, di persone egocentriche, ambiziose, convinte di aver sempre ragione ne conosco anche altre e nessuna di esse mi è simpatica ma nemmeno mi fa andare fuori dai gangheri in questo modo. Grazie a chiunque vorrà darmi un parere.

  • probabilmente io sono la persona meno adatta a risponderti su queste cose perché come te soffro le persone egocentriche, i maestri di vita saccenti. nel passato cercavo di discutere, mi confrontavo ora invece capita raramente perché ho visto che questi confronti mi tolgono solo energia, tempo e vitalità. per cui per me ho detto basta: appena mi viene anche il lontanissimo dubbio del tipo di persona, gli do ragione e sto zitta.

    da questo mio punto di visto non posso che vedere la tua reazione come del tutto coerente e legittima, insomma ci sta tutta con una persona che si è comportata così

    namasté

    Love all, trust a few, do wrong to none

  • Entra in gioco anche la competitività, certo, che viene esaltata da molti quasi fosse un valore o per lo meno una prova alla quale sottoporsi obbligatoriamente.

    Entra in gioco sempre in qualsiasi ambito..C'è la sana competitività e quella non sana..La prima solitamente può portare a lavorare con più voglia ed entusiasmo, la seconda può distruggere, poiché dettata da un'insana ambizione nel voler arrivare per primi a tutti i costi anche schiacciando gli altri...Quando dico che può distruggere mi riferisco sia a chi la mette in atto, sia a chi la subisce..

    Se poi tutti corrono per lo stesso trofeo anziché cercare se stessi ovviamente si sviluppa la giungla e tutto quel che ne consegue, per chi perde ma anche per chi vince che deve mantenere lo status o vincere sempre di più

    Che enorme peso...Poi ne consegue l'ansia da stress con vari disturbi psicosomatici..

    Io non sono competitiva,

    Anch'io non sono mai competitiva o almeno non nella misura che vada oltre quella "giusta" che mi spinge a mettermi in gioco, scendendo in campo..

    penso che comunque lo spazio per realizzarsi ci sia o dovrebbe esserci per chiunque.

    Mi trovo d'accordo..

    "Some people feel the rain. Others just get wet."

  • Ci sei rimasta male perché fondamentalmente nemmeno lei, che per di più è psicologa, è riuscita a darti un aiuto concreto. Se non ci si può fidare nemmeno di chi i problemi della psiche li studia....è normale abbattersi.

  • probabilmente io sono la persona meno adatta a risponderti su queste cose perché come te soffro le persone egocentriche, i maestri di vita saccenti. nel passato cercavo di discutere, mi confrontavo ora invece capita raramente perché ho visto che questi confronti mi tolgono solo energia, tempo e vitalità. per cui per me ho detto basta: appena mi viene anche il lontanissimo dubbio del tipo di persona, gli do ragione e sto zitta.

    da questo mio punto di visto non posso che vedere la tua reazione come del tutto coerente e legittima, insomma ci sta tutta con una persona che si è comportata così

    Sì, in generale le persone egocentriche mi suscitano sentimenti di fastidio e nei casi peggiori rabbia. Faccio fatica a sopportare quelli che si ergono a maestri di vita cercando di creare rapporti in cui loro stanno un gradino sopra, ma mi sono resa conto che non riesco a tollerare serenamente nemmeno quelli che si vantano di essere X (belli, bravi, capaci, determinati ecc . ) o sbandierano i loro successi come dimostrazione del loro valore.
    Ho notato che le persone veramente di valore, che hanno qualcosa da trasmettere, o addirittura insegnare agli altri, non si pongono come maestri e non sbandierano le loro vittorie, parlano semplicemente e la loro saggezza emerge senza doverla sottolineare.
    Eppure a volte cerco di razionalizzare e di dirmi che in molti casi si può trattare di semplici insicurezze, di persone che in passato sono state svalutate e che cercano di compensare creandosi questa immagine grandiosa di sé però non riesco a rimanere serena e tranquilla, ci sarà qualcos'altro che ancora non ho capito...

    Anch'io non sono mai competitiva o almeno non nella misura che vada oltre quella "giusta" che mi spinge a mettermi in gioco, scendendo in campo..

    Cosa intendi per giusta misura? Te lo chiedo perché non riesco a vederci nulla di positivo nella competitività ma non solo a livello emotivo perché mi scatena tutti i complessi e le insicurezze ataviche all'ennesima potenza, ma anche a livello di evoluzione personale. Competere significa comunque scendere in campo e voler dimostrare , anche con mezzi leciti, anche affidandosi onestamente alle proprie capacità, di essere migliori di una o più persone. Come se il sovrastare altri desse un valore in più ai propri risultati.
    Preferisco vederla nell'ottica di fare dei progressi rispetto a me stessa, essere oggi una persona più capace di quella che ero ieri, a prescindere da ciò che fanno gli altri. Ci sarà sempre qualcuno più bravo di me a cui magari ispirarmi, come in qualcosa potrei dimostrarmi più capace di altri ma non credo che questo debba pomparmi l'Ego, ma semplicemente scivolarmi addosso perché il mio obiettivo esula dal confronto.

    Ci sei rimasta male perché fondamentalmente nemmeno lei, che per di più è psicologa, è riuscita a darti un aiuto concreto. Se non ci si può fidare nemmeno di chi i problemi della psiche li studia....è normale abbattersi.

    Non è una questione di validità o meno dei consigli , non mi aspetto che nessuno abbia soluzioni in tasca nemmeno se fosse un consumato psicoterapeuta, figuriamoci lei che all'epoca era ancora studentessa. Un gesto di vicinanza, una parola buona vanno più che bene e sono sempre grata quando una persona mi si dimostra solidale.
    Quello che mi faceva male era il suo atteggiamento con il quale cercava di mettere in atto un gioco di potere in cui lei era quella f∙∙a, realizzata, con nobili obiettivi e tu la poverina da tirar su dalla melma e dalla quale si aspettava gratificazione e riconoscimenti.
    Qualche anno fa ho rivisto un'altra amica dell'epoca, un'altra delle "poverine" a cui la tipa sopra si dedicava. Questa ragazza mi diceva che l'atteggiamento, il tono di questa tipa, rendevano indigesti ed inaccettabili i suoi consigli a prescindere dal contenuto.

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