Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose

  • Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi” (A. Einstein)

    Non so da dove iniziare. Mi sembrava significativo iniziare da questa citazione che mi risuona nella testa da qualche tempo ma, così facendo, mi rendo conto d’essermi già dato la risposta, inficiando inevitabilmente l’utilità di questo mio intervento.

    Eppure continuo a fare le stesse cose, vivendo nell’apatia, nella noia, nell’insoddisfazione. Sono passato per la crisi, più volte, ma non mi ha mai dato la spinta necessaria per fare un cambiamento sostanziale.

    Non c’è quasi niente che mi dia felicità. Se resto in casa mi sembra che la vita mi scivoli via di mano, di star sprecando le grandi potenzialità che la mia giovane età mi offre. Se esco mi trascino per le strade per inerzia, senza che nulla smuova interesse in me. Ho alcuni amici ma non ho il piacere di stare in loro compagnia.

    Non riesco ad interagire con il mondo. Vorrei mescolare la mia esistenza con quella delle altre persone, come tutti, ma non lo faccio. E non lo faccio per una mia “deficienza” di socializzazione, per pigrizia, perché ormai mi sono abituato all’idea che le cose vanno così da sempre. I rapporti che ho con il mondo sono sterili, alienanti, “derealizzanti”. Le persone hanno la consistenza di sagome di cartone che costeggiano il mio percorso eternamente ciclico.

    Riesco ad arginare il vuoto e dare un po’ di spessore alla mia vita solo grazie alla passione e alla dedizione che ripongo nei miei studi che ad oggi, forse, sono una delle rare fonti di soddisfazione che mi restano. Eppure anche questa soddisfazione non è che un “costrutto” della mia coscienza che mi distrae dall’angosciosa ed opprimente sensazione di un futuro che mi è negato. Nebbia imperscrutabile sul mio avvenire. Non riesco ad immaginarmi il momento che, laureato, dovrò iniziare a lavorare e vivere autonomamente.

    E’ un limbo senza sfumature. Cammino per il mondo senza lasciare impronte del mio passaggio. Tutto mi scivola addosso. Fino a qualche anno fa questo mi deprimeva tantissimo; adesso, invece, mi sono quasi abituato alla mia situazione. E la cosa mi spaventa. Ho paura di isolarmi ad un punto tale da non poter più fare ritorno, cioè di compromettere la mia capacità di interazione con il mondo irreversibilmente. Ho paura di diventare un reietto che osserva da lontano la felicità delle altre persone. O peggio ancora di impazzire per l’eccessiva alienazione. Ho paura che non troverò mai nessuno che possa capirmi o che possa farmi star bene (uso impropriamente il termine “trovare” che presupporrebbe l’azione del “cercare” da parte del sottoscritto, cosa che non è: sarebbe più corretto dire “Ho paura che mai nulla/nessuno cali dal cielo”…). Non ho abbastanza carattere, personalità, autostima per domare la mia vita.

    Dovrei smettere di pensare troppo alle conseguenze e obbligarmi a vedere la realtà meno negativa di come me la rappresento, invece “continuo a fare le stesse cose”.

  • E' proprio vero, fare sempre le stesse cose genera depressione, come anche la solitudine e l'assenza di speranza.
    Cerca di fare qualche piccolo passo al di fuori dell'abitudine. Almeno una passeggiata di buon passo, l'attività fisica aiuta molto. E' vero che è difficile uscire da soli e che non ci dà la socializzazione, ma almeno ci fa stare meglio.

  • Bella la citazione di Einstein e volendo come detto da te la risposta la tiene..........non ho capito quanti anni hai, ma ti posso capire per la situazione che stai attraversando (non avere voglia di uscire, stare in casa vedere amici) ti posso solo dire che per esperienza le persone se non provano le stesse emozioni e sensazioni non potranno mai aiutarti dalle mie parti si dice che la persona con lo stomaco pieno non crede quella che non ha mangiato..........non ho capito bene la tua storia ma capendo la tua giovane età la citazione è GIUSTA...........:
    Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose...............................

  • Non è che in sè magicamente la crisi apra nuovi scenari e nuovo modo d'essere, nuova capacità di interpretare la propria vita. La crisi interiore è sicuramente una grande opportunità, perchè non insorge casualmente, perchè la frattura che segna col lineare solito procedere è espressione di volontà profonda di stringere a sè l'attenzione, di entrare nell'intimo vero, di cominciare a prendere coscienza di come si procede e del senso o non senso di ciò che si sta facendo, del modo abituale di interpretare la propria vita. La sofferenza interiore è specchio per vedersi, per intendere come si è, per riconoscere ciò che c'è e che non c'è nel proprio modo di vivere. Da qui potrebbe iniziare un percorso per dotarsi di proprie risposte, per trasformare ciò che di sè è posticcio, finalizzato solo a convincere gli altri e non se stessi, ripetendo senza sapere, imitando e basta o finalizzato solo a farsi galleggiare senza preoccuparsi di sapere, fuggendo tutto ciò che interiormente è difficile, impegnativo, imbarazzante da riconoscere. Insomma la crisi è grande opportunità di cambiamento, per non tornare ad essere quelli di sempre, pur casomai con qualche abitudine o scelta di frequentazione nuova, che in sè non cambiano la sostanza del proprio essere e modo di procedere. Cambiare è faccenda più interna, di consapevolezza, di modo di vedere, di rapportarsi a ciò che vive dentro se stessi, dissociati spesso tra pensare e sentire. La crisi è segno di forte spinta profonda alla presa di coscienza, senza sconti e senza omissioni, di spinta a porre in primo piano ciò che si è, che manca, che va costruito dentro se stessi, rispetto al tirare avanti comunque, paghi solo di essere normali e non da meno di altri. Se la crisi segnasse l'inizio di un lavoro su se stessi, casomai, se ritenuto necessario, con l'aiuto di chi sappia accompagnare nella ricerca, allora sì le cose potrebbero cambiare, prima dentro se stessi, dotandosi di nuovo patrimonio di consapevolezza e di conoscenza, di intesa con se stessi, poi anche fuori di conseguenza. Se il nuovo invece equivale a cercare qualche diversivo e cosa già pronta da consumare allora il nuovo ce lo si può scordare. Pierangelo Lopopolo

  • Ciao Giovane Holden ;)

    Il tuo intervento mi ha colpito, perché prima di tutto la frase di Einstein (la prima parte, in particolare) secondo me è molto vera: ripetere sempre gli stessi percorsi mentali, le stesse esperienze già vissute, ma soprattutto non scoprire mai un pensiero o una emozione nuova, è uno spreco di vita, e genera frustrazione. Questo dipende in parte da cose che non possiamo influenzare, e lì pazienza, ma credo che per quanto concerne il nostro piccolo raggio d'azione sia proprio il caso di intervenire attivamente e cercare di scuotersi un po'. Non è una risposta al tuo post, ma è una considerazione generale.

    In secondo luogo il tuo intervento mi ha colpito perché descrivi solamente delle sensazioni, quasi come se queste fossero il nocciolo del problema: ma come saprai non è così, perché ciò che senti è solo un riflesso, una risposta derivata dalle situazioni concrete.
    Magari potremmo aiutarti (o meglio, potreBBERO aiutarti, visto che io non saprei che dirti perché mi trovo in una situazione simile alla tua) se descrivi i tuoi problemi più esplicitamente (sempre che tu voglia aprirti), anche perché generalizzare nel modo che fai tu non è che un altro "ripetere" gli stessi pensieri.... forse!

  • Guarda il tuo stato è tipico dell'ansia e della depressione.
    Bellissima la frase di Einstein, solo se viene messa in pratica altrimenti è l'ennesimo fumo negli occhi.
    Per prima cosa devi vedere cosa ti motiva, cosa ti piace, prenditi del tuo tempo e mettilo per iscritto
    tralasciando che se il tuo trascurarti perdura è bene contattare un medico professionista.
    Ringrazia Dio che sei giovane perchè cosi' hai più chances di guarigione !
    Vedi dentro di te la tua motivazione e inseguila...cotruisci anche perchè più ti isoli più ti isolerai per via del meccanismo d'abitudine degli essere umani.
    Come diceva Einstein, tutto è un risultato e cioè un risultato di azioni.
    Per cambiare risultato, cambia azioni se le tue azioni attuali non ti danno benessere e felicità.
    Ma ripeto è bene che tu ti faccia vedere da un medico altrimenti aggravi la situazione, non c'è da scherzare con le malattie

  • E’ un limbo senza sfumature. Cammino per il mondo senza lasciare impronte del mio passaggio. Tutto mi scivola addosso. Fino a qualche anno fa questo mi deprimeva tantissimo; adesso, invece, mi sono quasi abituato alla mia situazione. E la cosa mi spaventa. Ho paura di isolarmi ad un punto tale da non poter più fare ritorno, cioè di compromettere la mia capacità di interazione con il mondo irreversibilmente. Ho paura di diventare un reietto che osserva da lontano la felicità delle altre persone. O peggio ancora di impazzire per l’eccessiva alienazione. Ho paura che non troverò mai nessuno che possa capirmi o che possa farmi star bene (uso impropriamente il termine “trovare” che presupporrebbe l’azione del “cercare” da parte del sottoscritto, cosa che non è: sarebbe più corretto dire “Ho paura che mai nulla/nessuno cali dal cielo”…). Non ho abbastanza carattere, personalità, autostima per domare la mia vita.

    ecco il consiglio è stai icompagnia finchè puoi... perchè la solitudine è la tomba

  • Grazie a tutti per aver speso un po' del vostro tempo ad interessarvi della mia situazione e per le vostre parole che sicuramente sono state da stimolo per le riflessioni che hanno accompagnato questo mio momento di particolare "debolezza" e scoramento!

    Avevo perso di vista il mio faro.

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