Messaggi di Ludo88

    lui aveva avuto solo quella storia, nata quando era piccolo e finita solo perché lei l’ha lasciato.


    [...]


    Mi è capitato di vedere delle sue vecchie foto su Instagram con questa ragazza, da adolescenti poco più che bambini fino all’età adulta, e non posso non soffermarmi su quello che le scriveva, sulle parole piene di dolcezza e quasi venerazione, su tutte le miriadi di foto che hanno insieme, fatte nei posti più random, sul sorriso che aveva in quelle foto (ho fatto una comparazione con le poche che abbiamo noi e non mi sembra che sia lo stesso).

    Ciao, secondo me dovresti anche considerare la sua diversa età nelle due situazioni: nelle foto con la ex vedi un ragazzo molto più giovane, probabilmente ancora pieno di entusiasmo spensierato e con meno "bagaglio" emotivo (non aveva ancora affrontato una rottura sentimentale). Magari questo può contribuire almeno in parte a spiegare quella che tu rilevi come differenza nei suoi comportamenti.

    Parli di tua madre ma tuo padre? Non vedeva? Lo assolvi così?

    Mio padre era un piccolo imprenditore e lavorava dalla mattina alla sera, spesso lo vedevo solo qualche minuto alla sera, quando lui tornava per cenare e io e i miei fratelli invece avevamo già cenato e dovevamo già andare a dormire.


    È stato quindi un padre piuttosto assente.


    Quando era presente era affettuoso e giocoso, ma ora da adulta capisco che era anche abbastanza disinteressato: quando era a casa non voleva problemi (ne aveva già abbastanza al lavoro) e voleva sempre vederci tutti sorridenti, senza mai cercare di capire come stavamo veramente.


    Molte volte fin da quando ero bambina cercai di parlargli di quanto mi faceva soffrire il comportamento di mia madre, ma senza successo: minimizzava sempre e forse non ha mai compreso (o non ha mai voluto comprendere) davvero la situazione.

    Ti invito anche a rileggere le tue descrizioni delle tre situazioni: secondo me è nelle prime due situazioni che traspare più un senso di paura (nella prima situazione dici proprio “mi spaventa”), mentre nella terza situazione parli di “equilibrio” che, benché “incerto”, non trasmette a chi legge una sensazione di paura.

    Ma voglio che la mia scelta nasca da me, non da ciò che temo.

    Razionalmente so che non dovrei rinunciare a un’opportunità così… Ma poi mi fermo a pensare a cosa vuol dire davvero ricominciare da capo, di nuovo, e mi sento crollare dentro. Ho paura di non farcela, di non avere più la forza, né l’energia, per rimettere insieme tutto un’altra volta.

    Ciao, ti invito a riflettere su queste tue parole. Se non vuoi che le tue scelte siano dettate da paura dovresti probabilmente cercare di non ascoltare la paura del nuovo e del dover ricominciare.

    Ciao Leila, mi spiace.

    Per quanto mi riguarda, ho provato per decenni a parlare con mia madre.

    Quando le faccio una critica puntuale su una cosa specifica, lei parte all’attacco citando tutti i miei difetti e le mie mancanze da quando sono nata.

    Quando le ricordo episodi del passato, lei nega tutto, dicendo che non si ricorda, che avevo capito male, che lei non potrebbe mai fare una cosa simile, o che se per caso ha fatto una cosa simile è perché io l’ho portata a comportarsi così.

    Per questi motivi, e per i mille episodi successi (con sue urla, derisioni, accuse ingiuste, eccetera eccetera eccetera), anni fa ho smesso di voler cercare di avere un rapporto costruttivo con lei. Ho contatti minimi, derivanti dal mio voler mantenere rapporti con il resto della famiglia.

    Con tristezza, ammetto che quando non la sento non mi manca. Ciò che mi manca è la madre che non ho mai avuto, una madre comprensiva, accogliente e amorevole.

    Stavo ripensando, forse il momento in cui sono riuscita a pensarci meno è stato il momento in cui mi sono trasferita al mare (dove abito tuttora), molti anni fa.


    Era un mio grande sogno a prescindere da tutto, e contemporaneamente mi aveva consentito di mettere molti km tra me e la mia famiglia. Mi sembrava un nuovo inizio, vedevo così tante possibilità all’orizzonte.


    Eppure, nel tempo ho visto quante mie risposte automatiche (e controproducenti) agli eventi derivavano da come ero stata cresciuta, quanta ansia avevo nella vita quotidiana, quanto appariva impossibile cambiare - anche cercando aiuto nella terapia - e credo che tutto ciò abbia riportato sempre più a galla quel sentimento di aver subito un’ingiustizia.


    Avevo anche pensato che quel sentimento persistente fosse in parte dovuto al fatto che, anche se a molti km di distanza, sentivo spesso mia madre per telefono, e avevo con il suo comportamento di allora un promemoria costante di ciò che avevo passato anche da bambina. Ma appunto, come dicevo in un messaggio precedente, da qualche anno la sento di rado eppure quel sentimento di aver subito un’ingiustizia non si è affievolito.

    C'è stato un periodo della tua vita in cui ti sono sembrati piu sopportabili?

    No, purtroppo direi di no.

    Speravo che sentendo meno mia madre le cose sarebbero migliorate - anche perché il suo atteggiamento nei miei confronti è rimasto tale e quale anche quando io ho raggiunto l’età adulta, e speravo che riducendo i contatti con lei sarei stata meglio, lontano dalla sua critica costante. Ma è da qualche anno che sono low contact con lei e le cose per me non sembrano essere migliorate.

    Vi ringrazio per le risposte.

    Ho fatto anni di psicoterapia con diversi psicoterapeuti; uno di questi percorsi comprendeva la terapia EMDR. Purtroppo nessuno di questi percorsi mi ha fatto stare meglio, e non ho mai trovato uno psicoterapeuta con cui mi sia sentita veramente capita. Con l’ultimo psicoterapeuta, poi, a fine percorso mi sentivo peggio che all’inizio…

    Ora mi ritrovo "nel mezzo del cammin di nostra vita", con una vita che non sento del tutto mia. C’è sempre più fatica nel vivere la vita quotidiana (ho dei notevoli problemi di ansia e, anche se nessuno me l’ha diagnosticato, personalmente penso di avere tutti i sintomi di un complex PTSD, derivante da come sono stata trattata durante l’infanzia) e vedo sempre meno opportunità all'orizzonte

    (quando ero più giovane almeno avevo mille sogni, anche se poi ne ho concretizzati ben pochi, ora mi sembra di non avere nemmeno più quelli).

    Quel concorso era il mio obiettivo. Per anni ci ho creduto, con tutte le mie forze. E alla fine ce l’ho fatta.

    Secondo me dovresti valutare di partire: non perché devi, ma perché puoi! Ti sei guadagnato questa possibilità! Non far sì che le tue paure ti facciano scivolare dalle mani ciò che hai duramente conquistato. Te lo dice una persona che si è lasciata sfuggire tante opportunità per paura, che in varie situazioni ha fatto il 90% per poi mollare. Tu hai già fatto il 99%!


    Secondo me dovresti anche chiederti questo: certo, molto probabilmente passeresti di nuovo lo stesso esame, ma come ti sentiresti, se per qualunque motivo accadesse il caso contrario, a non aver sfruttato l’opportunità che avevi?


    E tutto il tempo che comunque dovresti dedicare a raggiungere nuovamente un obiettivo che già hai raggiunto, non potresti sfruttarlo in modo migliore per te?

    Come scrivevo altrove, ritengo di aver subito una grave ingiustizia per come sono stata cresciuta da mia madre.


    La mia crescita è stata segnata dal suo disprezzo, dalle sue urla, dai suoi silenzi punitivi, dalle sue reazioni spropositate rispetto a ciò che accadeva, dal suo (seppur raro) lancio di oggetti. Da notare che, anche se in casa c’erano anche i miei fratelli (tra cui una sorella) e mio padre, il capro espiatorio della rabbia di mia madre ero sempre solo io. Con mia madre, da anni, ho pochi contatti proprio perché non ritengo giusto il modo in cui mi ha cresciuta.


    Il mio carattere, con tutti i suoi difetti, penso derivi molto anche da tutte quelle situazioni.


    E, pur volendo io ora vivere una vita migliore, non riesco a lasciar andare la memoria di quel passato.


    Penso che una delle cose che più mi fanno male sia il fatto che nessuno riconosca questa ingiustizia che ho subito.


    Mia madre si ritiene sanissima, in quanto è andata a fare una (sì, una!) visita da uno psicologo e questi non le ha rilevato nulla. Tuttavia, dubito che lei si sia messa a urlare o a tirare oggetti durante la seduta...


    Mio padre e i miei fratelli, pur riconoscendo il non semplice carattere di mia madre, non dicono altro e mi fanno pesare la decisione di voler avere pochi contatti con lei.


    Le amiche a cui ho raccontato alcuni episodi mi guardavano un po' allibite e mi hanno incitato a "risolvere le incomprensioni" con mia madre. Avrei voluto vedere se gli stessi episodi avessero avuto per protagonista non una madre, ma, per esempio, un ipotetico fidanzato, se mi avrebbero lo stesso consigliato di riappacificarmi o mi avrebbero magari detto in quel caso di scappare a gambe levate... Nessuna mi ha più chiesto nulla successivamente.


    Mio marito mi ascolta sempre quando racconto episodi del passato e mi dà ragione, ma mi sembra poco interessato all’argomento, e so che pensa che dovrei lasciarmi tutto alle spalle e guardare avanti.


    Ma com'è possibile accettare l’ingiustizia di essere stati cresciuti così?


    Non voglio dimenticare perché mi sembra farei uno sgarbo alla me bambina. Io lo so cosa ha vissuto, io non la dimentico.


    Certo, per la me di adesso è probabilmente un atteggiamento controproducente, perché distrae energie dal presente e dal futuro. In effetti, ragionandoci ora mentre scrivo, non so se la me bambina, vedendomi ora, sarebbe contenta di me.


    Qualcuno di voi ha vissuto situazioni simili?


    Siete ancorati alle ingiustizie del passato o riuscite a vivere una vita focalizzata sul presente?