Quello di questo thread è un argomento che mi sta piuttosto a cuore in quanto riguardante una delle principali caratteristiche del mio stile di vita: la reclusione. Non ricordo un periodo nel quale io non l'abbia agognata, cercata, e, soprattutto negli ultimi anni, realizzata. Il lockdown è stato il colpo di grazia che ha annullato le pochissime occasioni di uscita (i.e. lezioni universitarie), uscite che, nonostante la loro esiguità, non sono ancora oggi rimpiante dal sottoscritto, il quale ha (ho) abbracciato una condizione da pieno recluso, rammaricandomi però che la crisi depressiva e esistenziale che mi ha travolto abbia rovinato una eventualità altrimenti ben accolta. Forse vi era un tacito equilibrio che vedeva nelle poche uscite (e nell'altrettanto poca socialità) un correttivo, un fattore stabilizzante dell'umore che non faceva pesare il mio isolamento.
Se osservo gli anni della mia crescita e sviluppo a ritroso, mi rendo conto che l'ambiente domestico abbia rappresentato innanzitutto un rifugio dai coetanei, un rifugio da un ambiente esterno che mi ha sempre visto "diverso", in quanto più sensibile, più introverso, meno "chiassoso". Alla fine, questa era la mia visione di quel mondo al quale non sentivo in cuor mio di appartenere. La mia curiosità intellettuale mi portava a esplorare mondi (letterari, virtuali, ecc.) che costituivano un'evasione dal contesto in cui mi trovavo, e mi rassicurava in maniera decisiva: il mio non era il migliore dei mondi possibili, parafrasando il Candido di Voltaire, al contrario si trattava di qualcosa da superare, un velo di Maya da squarciare, e per farlo bastava attendere, costruirsi un futuro in linea con la mia indole, che mi avrebbe portato altrove, in un ambiente a me più congeniale.
In quegli anni, complice la mia attitudine studiosa, ho reciso quasi tutti i legami con l'esterno, dedicandomi allo studio "matto e disperatissimo" e riporre (segretamente) le speranze di una socialità più soddisfacente più in là con il tempo. Ma in tutti questi anni, questa condotta di vita non ha rappresentato affatto un motivo di sofferenza. Al contrario, dell'ambiente domestico notavo solo i pregi: una maggiore libertà, tempo libero in abbondanza (a causa della mancanza di incombenze mondane) per dedicarmi a passatempi culturali di natura prevalentemente solitaria, controbilanciati ovviamente da occasioni di uscite saltuarie e la mia presenza (comandata) in contesti sociali (liceo, università, ecc.), dalle quali uscivo, da buon introverso, alquanto drenato di energie, che ricaricavo non appena tornavo alle mie attività solitarie che mi riservavano varie intime soddisfazioni.
Questo equilibrio, me ne rendo contro solo a posteriori, era molto più fragile di quanto pensassi: è bastato il minimo scossone (un vero e proprio burnout al quale è seguita la clausura del lockdown che ha un po' "cristallizzato" tale condizione) per ripensare questo modello e rivedere alcune priorità. Per la prima volta, infatti, non guardo con timore o ritrosia le occasioni di socialità, ma anzi, quasi mi rammarico per la loro assenza (o per meglio dire, rifiuto) negli ultimi anni. Ma poi mi guardo attorno, e mi rendo conto il motivo per il quale ho rinunciato ad uscire di casa: l'ambiente, le persone, sono rimaste le stesse, con la stessa mentalità di paese, dove la sensibilità, la cultura e la creatività sono viste con sospetto, sono quasi un disvalore. Questo distacco si è acuito man mano che l'isolamento si è protratto nel corso degli anni, durante i quali inevitabilmente il mio percorso e quello degli altri divergeva sempre più, creando un circolo vizioso e ancora un maggiore isolamento.
Non mi pento affatto delle mie scelte, sono diventato ciò che sono (con i miei pregi e difetti) grazie alla conduzione di questo stile di vita che, inter alia, mi ha permesso di guardare dall'esterno le dinamiche sociali e sviluppare un distacco tale da possedere una weltanschauung critica e razionale, che dubito avrei ottenuto frequentando certi buzzurri che ronzano per le strade del paesello (senza offesa per il paesello, che è molto grazioso e rinomato presso i turisti, italiani e non
). Ora resta da recuperare l'equilibrio perduto e fondarlo su basi più solide. A questo punto non posso fare altro che mettermi a lavorare per un futuro personale migliore, che possa portarmi a frequentare persone più affini in contesti nuovi, dove dunque possa in qualche modo togliermi alcune soddisfazioni e realizzazioni anche nel campo della socialità. Non credo ci sia molta scelta 