Mostra di PiùIo potrei essere un po' la tua nemesi, persona responsabilizzata che ha scelto di non deludere le aspettative e i desideri dei genitori e ha ascoltato in primis loro e ora abbastanza in crisi perché vorrei ascoltare me stessa e faccio fatica a farlo e a immaginarmi al di fuori di questa vita, che comunque mi piace, ma inizia a starmi stretta perché non l'ho scelta consapevolmente io per me stessa ma in qualche modo è come se mi ci fossi lasciata trascinare.
Perciò quando leggo le storie come la tua, un po' provo quella sana invidia di chi avrebbe voluto aver quel coraggio.
A te piace la tua vita? Se i tuoi genitori non ti rimproverassero la tua lontananza, saresti contenta?
Addirittura?!
Cosa ti piace della tua vita?
Anche io ero una bambina adultizzata e faccio molta fatica a prendere scelte fino in fondo.
La decisione di prendere una strada diversa da quella tracciata dai miei è nata dalla disperazione. Stavo molto male psicologicamente. Il pensiero di vivere vicino casa loro mi fa stare malissimo. Mi piacerebbe dire che sono stata coraggiosa, che ho fatto quello che volevo in barba a tutti, ma non è andata così. Ero psicologicamente instabile e le ho provate tutte, compreso lo scappare di casa.
Mentre pianificavo la mia fuga, ho conosciuto in Italia il mio attuale compagno. Lui è un tipo internazionale e voleva andare all'estero per delle esperienze lavorative.
Sento un po' di averlo imitato, per diventare quello che mi piace di lui, che è leggero, libero e ambizioso.
Fatto sta che, tra carriera e relazione, la vita all'estero non somiglia più a una fuga, ma a una scelta programmata e consapevole, e non sono completamente in grado di sostenerlo.
Posso dire che mi piace avere finalmente piena indipendenza. A 25 anni ero completamente in grado di sostenermi. In Italia avrei dovuto rimanere con contratti e contrattini e contare sempre sui miei (che mi fanno pesare tutto e si sentono in diritto di giudicare ogni singola scelta).
Ho sentito datori di lavoro prendermi in giro perché stavo ancora a casa con i miei, mentre mi pagavano 700 euro al mese e mi chiedevano perché non chiedessi aiuto alla famiglia per andare a vivere da sola.
Mi piace la mentalità del posto dove sono: zero omofobia, zero xenofobia.
Mi piace la cultura del lavoro. In Italia ho avuto a che fare solo con ambienti tossici e micromanager.
Mi piace la sicurezza dell'uscire di casa di notte da sola, che gli uomini non mi vedano come un pezzo di carne, che potrei diventare madre e fare carriera allo stesso momento, che nessuno mi scocci se lavoro da casa perché ho le mestruazioni e mi fa male la pancia.
Non mi piace l'idea di aver studiato nel mio paese e non poter contribuire alla sua crescita.
Non mi piace avere amicizie di una vita lontane migliaia di chilometri.
Non mi piace il fatto che non possa prendere una macchina e guidare qualche ora per raggiungere la mia famiglia, qualora avessero bisogno di me.