Come si prende coscienza di sé?

  • Il mio problema principale: non ho alcuna consapevolezza su chi io sia.

    È emerso nelle ultime sedute. Non riesco a dare una definizione di me stessa, se non in relazione agli altri. E non solo è un problema a livello di relazioni, è di natura esistenziale in senso stretto: senza gli altri, non sento di esistere e anche in relazione agli altri esisto in forma manchevole, inadeguata, insoddisfacente.


    Il punto è semplicissimo ed estremamente arduo: come si prende coscienza di sé?

    "Jesus died for somebody's sins but not mine"

  • Il mio problema principale: non ho alcuna consapevolezza su chi io sia.

    È emerso nelle ultime sedute. Non riesco a dare una definizione di me stessa, se non in relazione agli altri. E non solo è un problema a livello di relazioni, è di natura esistenziale in senso stretto: senza gli altri, non sento di esistere e anche in relazione agli altri esisto in forma manchevole, inadeguata, insoddisfacente.


    Il punto è semplicissimo ed estremamente arduo: come si prende coscienza di sé?

    Ciao! Mi sembra un affermazione molto radicale ma, mi chiedo, quanto realistica? Esistono infiniti gradi di consapevolezza ma credo che nessun individuo possa esserne totalmente privo. Definizione di te stessa, dici, ma di che tipo? Verbale? Nemmeno io la so dare di me, e non lo trovo un problema. Forse è solo una questione di terminologia.


    La cosa più concreta che hai scritto, o forse la sola che riesco a comprendere è quel "senza gli altri non sento di esistere", questa è molto forte, descrive un vissuto, e di sicuro va approfondito.

    Ciao.

  • Definizione di te stessa, dici, ma di che tipo? Verbale?

    Non solo verbale.

    Solo qualche esempio.

    Non so quanto di quello che faccio o dico sia per compiacere gli altri e risultare impeccabile o perché realmente voglio farlo/dirlo.

    Non so quanti e quali strati indosso nelle varie relazioni, se esistono persone con cui mi sento realmente libera di toglierne qualcuno e di quali mi spoglio in solitudine.

    E, penso a causa di questo, non so stare nel presente, non so lasciar andare.

    Esistono infiniti gradi di consapevolezza ma credo che nessun individuo possa esserne totalmente privo

    E hai ragione: questo è il mio livello di consapevolezza.

    "Jesus died for somebody's sins but not mine"

  • Il mio problema principale: non ho alcuna consapevolezza su chi io sia.

    È emerso nelle ultime sedute. Non riesco a dare una definizione di me stessa, se non in relazione agli altri. E non solo è un problema a livello di relazioni, è di natura esistenziale in senso stretto: senza gli altri, non sento di esistere e anche in relazione agli altri esisto in forma manchevole, inadeguata, insoddisfacente.


    Il punto è semplicissimo ed estremamente arduo: come si prende coscienza di sé?

    Mi chiedo se non possa trattarsi di frammentazione dell'io, adattarti/specchiare gli altri perchè non vi è un io preciso sempre presente.

  • Ciao, anche a me interessa questa tematica e ti passo un po' quello che ho trovato io in ambito psicologico.


    Uno da poter leggere è Winnicott, che cito: Il vero sé coincide con il sentirsi creativi, il falso sé è finalizzato alla costruzione di una protezione da un ambiente che si è mostrato incapace di accogliere le richieste del bambino. Winnicott ha in mente un bambino che esprime bisogni che ha necessità di essere confermato da parte di chi si prende cura di lui.


    Qui invece ti cito il libro Figli adulti di genitori emotivamente immaturi di Gibson:


    Come i genitori influenzano lo sviluppo del sé recitante:

    Un esempio di questa dinamica è la madre insicura che rinforza le paure di un figlio ansioso ed eccessivamente dipendente per affermare il suo ruolo centrale (Finalmente qualcuno ha davvero bisogno di me). Un altro esempio è il padre che non ha risolto i suoi sentimenti di inadeguatezza e sminuisce il figlio per sentirsi forte e capace al confronto (Sono io quello competente che deve correggere tutti gli altri). O forse sono entrambi i genitori a chiudere un occhio sul proprio egocentrismo e sulla propria irascibilità per sottolineare invece i medesimi tratti nel figlio (Noi siamo amorevoli, ma nostro figlio è cattivo e irrispettoso). Ben pochi genitori vogliono consapevolmente minare il futuro dei figli, ma l’ansia li può portare a vedere in essi le loro stesse qualità negative e indesiderate (Bowen, 1978). Si tratta di un potente meccanismo di difesa che va oltre il controllo cosciente. Se da piccoli avete trovato un ruolo che si adattava perfettamente alle esigenze dei vostri genitori, con ogni probabilità è diventato il vostro sé recitante. Il vostro vero sé è gradualmente scomparso, e vi siete trasformati in ciò che era necessario all’interno del sistema famiglia. Disinvestire nel vero sé può sabotare l’intimità emotiva in età adulta, perché non è possibile instaurare relazioni profonde e soddisfacenti dalla posizione del sé recitante. È necessario esprimere una parte sufficiente del vero sé perché l’altra persona abbia qualcosa di reale con cui rapportarsi. Se ciò non avviene, la relazione è semplicemente una messa in scena tra due personaggi.


    Questo libro approfondisce anche la tematica vero sé vs sé recitante con anche qualche piccolo esercizio per chiarirsi le idee a riguardo.

    We are whispers from the past fading into the future.

  • Mi chiedo se non possa trattarsi di frammentazione dell'io, adattarti/specchiare gli altri perchè non vi è un io preciso sempre presente.

    Potresti ampliare il tuo punto di vista? Lo trovo molto pertinente e vorrei capire meglio.

    Mi risuona molto. Ed è anche qualcosa che è venuto fuori con la psicologa. Non ancora completamente riconosciuto né approfondito. Ma sicuramente è una direzione che abbiamo intrapreso.

    "Jesus died for somebody's sins but not mine"

  • LucyInTheSky non so quanto il mio contributo possa esserti utile. Però. Mi è capitato, per una serie di motivi, di vivere dei periodi di profonda solitudine e isolamento sociale e ricordo che avevo questo pensiero "ma io, esisto? "Questo perché siamo esseri sociali e, al di là di casi molto particolari, abbiamo sempre bisogno di specchiarci nell'interazione con gli altri. Poi, che socialmente indossiamo un po' tutti una maschera è pacifico, vuoi per difesa, vuoi per auto protezione, vuoi per desiderio di essere accettati, insomma lo facciamo un po' tutti. Io sinceramente non so che intendi per autocoscienza, da me stessa mi aspetto tutte le sorprese possibili, non ho un'idea precisa di me, in realtà non so come sono, tranne per alcuni tratti che sento davvero miei. Tipo, come ho sempre detto ai miei amici "se mi vedi fare del male a un animale portami alla neurodeliri perché significa che sono impazzita". :)

  • LucyInTheSky non so quanto il mio contributo possa esserti utile. Però. Mi è capitato, per una serie di motivi, di vivere dei periodi di profonda solitudine e isolamento sociale e ricordo che avevo questo pensiero "ma io, esisto? " Questo perché siamo esseri sociali e, al di là di casi molto particolari, abbiamo sempre bisogno di specchiarci nell

    In realtà credo che tutti i contributi siano utili, in qualche modo ci si sofferma a riflettere e questo fa prendere in considerazione o escludere la porta da aprire.


    Nel mio caso, di solitudine nel senso di stare fisicamente soli ne ho davvero poca. Sono sempre a lavoro e sto quotidianamente in compagnia di qualcuno. E la maggior parte delle volte, alla sera, quando mi trovo in solitaria sono perlopiù grata di esserlo.

    È anche vero, però, che questa settimana ho avuto 2 giorni di ferie. Due. E avrei voluto che fosse davvero l'ultimo giorno su questa terra, perché il passato, recente e lontano, mi ha travolto.

    Passato che però in un certo senso contribuiva alla mia identità.


    Detto questo, nell'ambito della comprensione delle mie dinamiche relazionali, con la psicologa è emersa la mia incapacità di pensarmi, sentirmi, come essere individuale.

    Il lavoro, lo studio, per esempio, riempiono quei vuoti interiori che, essendo tali, non riesco a toccare, a vedere, ad attraversare.

    E allo stesso modo, evidentemente, mi comporto nelle relazioni. Divento complementare alle forme delle personalità altrui, come se fossi duttile e non avessi una forma mia.

    "Jesus died for somebody's sins but not mine"

  • Potresti ampliare il tuo punto di vista? Lo trovo molto pertinente e vorrei capire meglio.

    Vediamo un po'... ho letto una sorta di fiaba una volta.


    La Luna e il Sole vivevano assieme in forma umana in un giardino, il Sole amava la Luna ed era felice di essere in sua compagnia, era la compagna perfetta, che sapeva cogliere ogni sua esigenza, spesso sedevano sotto un albero a chiaccherare per ore, un giorno il Sole dovette allontanarsi dal giardino, e chiese ad Ade di sostituirlo e vegliare sulla Luna, ma quando Ade arrivò nel giardino, la Luna non c'era, perchè essa non esisteva se non come riflesso luminoso del Sole. Tornato nel giardino e saputa la verità, il Sole non risciva più a guardare la Luna con lo stesso sguardo, capì che in quel giardino fin dall'inizio dei tempi, vi era stato solo lui, e la profonda consapevolezza della solitudine del Sole scese sul giardino, facendo sparire gradualmente la Luna, fino alla notte di luna nuova, dove rendendosi conto di aver perso la Luna, il Sole realizzò che era l'amore del sole a renderla reale, e la Luna iniziò a ricomparire.


    Tante volte noi dobbiamo indossare delle maschere fino a perdere il nostro vero io per sopravvivere, diventare perfetti e amabili per gli altri, come la Luna per il Sole, se il contesto in cui si è vissuti avesse accettato il nostro vero io e lo avesse amato, quell'io sarebbe diventato reale, e non frammentato e inesistente per seguire il capriccio delle correnti emotive altrui.

  • Detto questo, nell'ambito della comprensione delle mie dinamiche relazionali, con la psicologa è emersa la mia incapacità di pensarmi, sentirmi, come essere individuale.

    Il lavoro, lo studio, per esempio, riempiono quei vuoti interiori che, essendo tali, non riesco a toccare, a vedere, ad attraversare.

    E allo stesso modo, evidentemente, mi comporto nelle relazioni. Divento complementare alle forme delle personalità altrui, come se fossi duttile e no

    Non sono psicologa ma la tua sembra essere una spinta ad adattarti agli altri, che non è sempre un male, ma effettivamente sembrerebbe il sintomo di un'assenza di identità interiore. Per dire, quando io parlo con un mio amico, che ha idee, anzi ideologie che non condivido, lo ascolto, cerco con tutta la mia apertura e onestà intellettuale di accogliere le sue idee. Ma niente, non riesco, qualcosa dentro di me mette un muro, ti rispetto ma per me è no way. Mi chiedo, ti capita?

Unisciti a noi!

Non sei ancora iscritto e vorresti partecipare? Registrati subito ed entra a far parte della nostra comunità! Ti aspettiamo.

Thread suggeriti

    1. Topic
    2. Risposte
    3. Ultima Risposta
    1. Come comportarsi quando c'è qualcuno più bello di te? 29

      • Lu_Ca
    2. Risposte
      29
      Visualizzazioni
      888
      29
    3. Andre73

    1. Crisi di identità di genere, cosa dovrei fare? 11

      • Lumen
    2. Risposte
      11
      Visualizzazioni
      507
      11
    3. Lumen

    1. Standard fisici più ricercati 1.1k

      • Ortles
    2. Risposte
      1.1k
      Visualizzazioni
      83k
      1.1k
    3. Horizon

    1. Vigoressia 44

      • aconito
    2. Risposte
      44
      Visualizzazioni
      2.2k
      44
    3. la huesera

    1. Sono autistico? 67

      • Oblomovista
    2. Risposte
      67
      Visualizzazioni
      3.6k
      67
    3. Alba Cremisi

    1. L'accettazione mi sta rovinando la vita 32

      • mpoletti
    2. Risposte
      32
      Visualizzazioni
      1.6k
      32
    3. Andrea70