Ho avuto sempre un rapporto conflittuale con mia sorella, la quale ha evidenti sintomi di disturbo della personalità (dal bordeline al narcisismo). I miei genitori si sono sempre adoperati per lei, trascurandomi. Soprattutto mia madre. Ho perso anni di scuola nella prima fase adolescenziale a causa della trascuratezza e inadeguatezza nell'affrontare le sfide della vita. Mi sono tuttavia rimboccato le maniche, ma non è stato facile perché i ripetenti hanno uno stigma sociale che compagni e insegnanti non hanno freni nel far sentire.
Diversi insegnanti hanno messo in dubbio le mie capacita negli anni di liceo, alcuni negando certi miei risultati. L'ultimo anno di liceo è stato molto difficile, ebbi un forte episodio depressivo (ingrassai moltissimo, non andavo più a scuola, piangevo quasi ogni giorno e soffrivo). Un periodo che andò a determinare pesantemente anche il voto finale alla maturità. Ciononostante, mi ripresi e vidi nell'università una possibilità di riscatto. Università che ho sempre voluto fare, e alcuni (pochi, illuminati) docenti, capaci di guardare oltre, erano ben contenti della mia scelta di proseguire gli studi.
Mia sorella, che viveva in un'altra regione ben distante da casa, quando seppe della mia intenzione di iscrivermi all'università, iniziò a tartassare mia madre di telefonate, manipolandone il pensiero, cercando di convincerla di opporsi alla mia scelta di studiare. Così mia madre si oppose, in maniera così fredda e con un così tale distacco emotivo da farmi sentire inadeguato e di scarso o nullo valore. Ho cercato di fare valere le mie ragioni, ma dall'altra parte c'era assoluta strafottenza dei miei bisogni e noncuranza del mio futuro: dovevo andare a lavorare, possibilmente per essere sfruttato economicamente da mia madre, da mia sorella o da entrambe.
Mio padre, mi chiederete, cosa faceva? Niente, assecondava quasi incapace di fare altro. Lui d'altro canto è sempre stato negativo col sottoscritto: ogni cosa che facevo era meglio non farla. Mai un incoraggiamento, mai una parola positiva. Ebbi uno scoppio di rabbia e crollai in un pianto disperato, perché mi sentii impotente: non avevo alcuna facoltà di farmi ascoltare e i miei bisogni venivano UMILIATI.
Urlai loro che mi facevano (e fanno) schifo. Non solo mia madre non ha compreso nulla, ma si è anche sentita offesa per questa mia reazione.
Mi iscrissi comunque all'università un anno dopo, con i miei soldi. Ebbi ottimi risultati e profitti importanti, ma a pochi passi dalla laurea ecco ritornare mia sorella e instaurare un clima di odio, continue frecciatine. Il tutto condito da maltrattamenti verso suo figlio quotidiani (pianti, urla, minacce fisiche etc.) che rendevano vivere in quella casa in maniera serena IMPOSSIBILE.
Non ho potuto finire i miei studi, dovendo iniziare a lavorare e restando in quella casa. Vero motivo del mio blocco universitario. Ed ad oggi mi pento solo di questo: di non essermene andato prima. Perché non lo ho fatto? Perché mia sorella non avrebbe lasciato nemmeno gli occhi per piangere ai miei genitori. E per tutelare suo figlio, che per un periodo ho praticamente cresciuto ed educato io. A prezzo della mia serenità e della mia vita, purtroppo.
Adesso ho 39 anni. Ho ripreso gli studi, probabilmente avrò anche un lavoro tra qualche mese che mi consentirà di essere totalmente indipendente e vivere degnamente da solo.
Perché oggi scrivo qui? Non riesco a perdonare mia madre, e anche mio padre. Mia sorella non riuscirò a perdonarla mai. Vorrei tanto trovare il modo di perdonarli, ma non ci riesco. Tutte le volte che rinfaccio loro questi fatti, fingono di non ricordare, o negano. O si scusano, ma di quelle scuse niente affatto profonde.
Io dal profondo vorrei che si vergognassero, e soffrissero almeno solo un'ora quanto ho sofferto io. Poi li guardo, vedo che sono due vecchietti, due fessi, che hanno riversato verso loro figlio la frustrazione della loro vita e tutelato sempre la figlioletta prediletta.
Figlioletta a cui l'università fu offerta, e da lei ovviamente rifiutata. E a me però è stato impedito di farla.