Esiste una via d'uscita?

  • Ciao a tutti... mi ritrovo in molti post e commenti. Soffro di ansia credo da sempre, fin da piccola. Sicuramente sarà stata scatenata da un evento traumatico vissuto, uno dei tanti. Già a 11 anni soffrivo di comportamenti ossessivi compulsivi, a 14 anoressia, seguita da bulimia, a 18 ne esco, barcollante ma in piedi. Non posso scrivere tutto quello che ho vissuto ma, a 42 anni, mi chiedo dove sia la via d'uscita.


    L'ansia è un problema di tanti, ognuno di noi rivede se stesso leggendo da questo forum. La sensazione è quella di un labirinto infinito.

    Sensazione o realtà? È questa la domanda che vi faccio. Ci siamo costruiti un labirinto pensando di costruire una comfort zone, e adesso abbiamo dimenticato dove si trova l'uscita. Possibile che la nostra mente sia così potente da ingannare il corpo? Evidentemente sì. Per lo stesso principio, prima o poi dovrebbe mostrarci la chiave. Perché invece è un susseguirsi di situazioni "assurde", difficili da spiegare a chi ci ascolta. Perché sentirsi a disagio manifestando pensieri che prendono forma. Attacchi di panico, di ansia, depressione, manie alternati a momenti di relax assoluto e proprio durante quei momenti arriva un nuovo sintomo.


    Farmaci? Mah. Terapia? È utile, a volte fondamentale. Confronto? Un balsamo per l'anima. Condividere ci fa sentire meno soli, meno strani, meno giudicati quando sappiamo perfettamente che i primi giudicanti siamo noi. Non so se riuscirò mai a vincere le mie paure, le mie ansie, le mie debolezze. Ci convivo da tanto. Ma a volte mi chiedo come sarei senza. Che tipo di persona si cela dietro alla paura. Sono convinta che molti di voi, come me, dentro si sentano ko, mentre fuori riescono a dare l'immagine della forza. Sì perché gli ansiosi sono forti, presenti, sempre sul pezzo. Nella vita privata, nella vita lavorativa, nel tram tram quotidiano, splendono. Spesso sono punti di riferimento.


    È per questo che mi chiedo come sia possibile sentirsi così fragili pur dando forza agli altri. Diamo troppo? Fingiamo troppo? Si tratta di accettare le proprie debolezze? O troppo bravi a fingere? Me lo chiedo spesso. Grazie per la possibilità di condividere con voi questi pensieri.

  • Qubit

    Approvato il thread.
  • Ciao Skye, purtroppo lo sbaglio principale che fanno in molti e facevo anch'io è evitare l'ansia, cercare di cacciarla via invece di ascoltare il messaggio che ci vuole comunicare e agire di conseguenza.


    Sicuramente saprai già cosa fare ma forse preferisci rimanere ferma dove sei perché è piú facile, ma distruttivo; io sto iniziando a fare qualche passo in avanti, rispetto a prima ho diminuito di molto lo stress e l'ansia, come? Ho abbandonato un lavoro a tempo indeterminato e ben pagato ma a livello personale mi annientava, ho lasciato tutto dopo 5 anni senza avere un'alternativa, con affitto e bollette da pagare e senza disoccupazione, non è stato facile ricominciare, ma da adesso la mia nuova ambizione è fare piú esperienze possibili, cambiando più volte lavoro in diversi settori.


    Non lo so perché ma prima avevo anche una paura irrazionale di perdere il lavoro che mi consumava ma adesso non ho più paura, anzi non vedo l'ora.

  • Farmaci? Mah. Terapia? È utile, a volte fondamentale. Confronto? Un balsamo per l'anima. Condividere ci fa sentire meno soli, meno strani, meno giudicati quando sappiamo perfettamente che i primi giudicanti siamo noi.

    Dici una grande e coraggiosa verità: i primi giudicanti sono proprio quelli più sensibili all'argomento, ovvero gli ansiosi o peggio: gli ex ansiosi.


    Per poter "odiare" o essere infastiditi dal comportamento o atteggiamento altrui bisogna conoscerla almeno in buona parte.


    non so se riuscirò mai a vincere le mie paure, le mie ansie, le mie debolezze. Ci convivo da tanto. Ma a volte mi chiedo come sarei senza. Che tipo di persona si cela dietro alla paura. Sono convinta che molti di voi, come me, dentro si sentano ko, mentre fuori riescono a dare l'immagine della forza. Sì perché gli ansiosi sono forti, presenti, sempre sul pezzo. Nella vita privata, nella vita lavorativa, nel tram tram quotidiano, splendono. Spesso sono punti di riferimento.

    E' la tipica rivalsa di chi ha una costante sensazione di "non essere abbastanza" o "non essere come gli altri".


    Attenzione però: perché non sempre questo "splendere" è reale altruismo. Spesso è solo uno sfogo narcisistico, un modo per stare al centro dell'attenzione, per avere la propria parte di "fama".


    È per questo che mi chiedo come sia possibile sentirsi così fragili pur dando forza agli altri. Diamo troppo? Fingiamo troppo? Si tratta di accettare le proprie debolezze? O troppo bravi a fingere? Me lo chiedo spesso. Grazie per la possibilità di condividere con voi questi pensieri.

    La fragilità che porta all'ansia tipicamente non è sociale. L'ansia sociale è una conseguenza di altri livelli ansiosi che vengono prima. L'ansia può essere causata da una miriade di fattori, molto spesso dalla semplice iper-sensibilità, quindi un fattore basale del proprio essere. In altri casi è causata da un trauma o un vissuto irrisolto che si trova nel passato e non può essere quindi realmente "riparato".


    Splendere nel quotidiano, quindi nel presente, oppure aiutare gli altri: è un modo per alleviare il dolore. Aiuta perché il confronto con gli altri può riempire dei vuoti di consapevolezza, può portare a consigli importanti. Comprendere le dinamiche di determinati disturbi può sfatarne il mito di irremovibilità. Capire i meccanismi può aiutare le menti più coscienti a risolvere in parte il problema o imparare a conviverci. La condivisione, se non diventa ossessiva e rimuginante può essere considerata come fosse parte della cura.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Sì perché gli ansiosi sono forti, presenti, sempre sul pezzo. Nella vita privata, nella vita lavorativa, nel tram tram quotidiano, splendono. Spesso sono punti di riferimento.

    Vero, questo succede molto spesso.

    Gli altri mi vedono così, sempre pronto, sempre rilassato, disponibile, sempre sul pezzo, come dici un punto di riferimento.

    Malgrado non si riesca ad aiutare se stessi si prova il desiderio di aiutare gli altri.


    È per questo che mi chiedo come sia possibile sentirsi così fragili pur dando forza agli altri. Diamo troppo? Fingiamo troppo? Si tratta di accettare le proprie debolezze? O troppo bravi a fingere? Me lo chiedo spesso.

    Io ho sempre pensato che fosse una maschera, per fingere, per non essere "scoperti" e quindi giudicati.


    Eppure togliere questa maschera non può che far bene.

    Mettere una maschera vuol dire non accettarsi, e quindi non essere in grado di affrontare i nostri problemi.

    Cominciare a togliere la maschera, anche se non necessariamente doversi subito accettare, è un passo fondamentale.

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