Stanchezza del mondo

  • Già,ma si torna al problema iniziale: come raggiungere un proprio benessere interiore quando ci si ritrova nella condizione esistenziale da Allegro mestamente descritta? Sembra difficile,se non impossibile.
    Purtroppo chi è diverso è chiamato a percorrere la sua strada fino in fondo. a compiere il suo destino. Non credo che,una volta presa coscienza di come sia la gente e di come sia il mondo,si possa regredire,si può solo andare più avanti,o per meglio dire,più a fondo della questione,cercando di approfondire la propria interiorità(e credo che tutti quelli che si trovano nella tua situazione ne abbiano una forte).
    Da come scrivi penso che tu studi o abbia studiato filosofia e letto diversi libri,se non hai letto H.Hesse,ti consiglio vivamente di leggere "Demian" e "Il lupo della steppa",in entrambi i romanzi troverai spunti di riflessione sull'argomento discusso.

  • tutto è vano sul divano .tutto e vita nella vita .ma se per uscire si deve respirare e nubi tossiche e vedere zombie a migliaia davver non si trae giovamento per la mestizia .Ma Adesso si risvegliano gli istinti con la primavera .sarebbe meglio avvicinarsi a luoghi il più possibile naturalie incontaminati.in mancanza di donne.un lago, il mare , montagna.campagne.

  • Invidio chi riesce a trovare pace nella natura,assaporando la bellezza della vita anche nella solitudine. Purtroppo io credo di essere troppo assuefatto all'ideale borghese da cui siamo bombardati:obiettivi,soldi,prestigio.Avere qualcosa da esibire è fondamentale.Dovrei assolutamente raggiungere degli obiettivi personali per potermi sentire felice,ovviamente durerebbe dei giorni,delle ore forse,poi tornerebbe a parlare quella vocina stridula,che non è mai soddisfatta,che vuole sempre di più.Ma,in fondo,credo che sia comunque fondamentale raggiungere degli obiettivi e delle competenza per se stessi,sono le uniche cose che non ci abbandoneranno mai,salvo malattie che implicano la perdita di memoria o il declino delle facoltà.

  • Allegro mestamente. Già il tuo nick spiega la tua personalità` contradditoria come la vita. A differenza di molti altri che postano tu non hai sofferto di depressione hai un lavoro,ed una sensibilità`spiccata. Ti è chiaro che la vita di per se stessa E` monotona. Questa è la realtà è tu L hai percepita.

  • Allegro mestamente, non abbatterti.Per la gente che hai così bene descritto, cerca di provare comprensione e pietà. Sono persone deboli che la società ha trasformato a suo uso e consumo.Sii te stesso, coltiva il buono che c'è in te e sii disponibile al dialogo con tutti. Hai tante qualità (si capisce da ciò che scrivi), quindi non ti devi arrendere. Buona Pasqua

  • Anzitutto ringrazio tutti quelli che hanno risposto seriamente.

    Poi aggiungo: ho sospeso indeterminatamente gli studi (in cui già ero molto indietro) causa malessere, sono disoccupato e fondamentalmente un derelitto. Vivo di quel minimo che mi è sufficiente per sostentarmi (eccettuata qualche occasionale spesa voluttuaria, ad esempio. per internet). Mi procurerò i libri di Hesse, non li ho letti. Anche se purtroppo ultimamente non riesco a concentrarmi su attività ricreative perché il pensiero si rivolge sempre alla precarietà della mia condizione.

    Infine, per le persone io sento già una sconfinata pietà, non meno di quanta ne percepisca per me stesso. Trovo quella dell'uomo necessariamente una figura patetica (in senso etimologico). Non c'è scampo.
    Eppure si vuole fingere non sia così, ci si erge una barriera perfino contro se stessi pur di ingannarsi di essere più che miserabili (anche questo, nel senso etimologico del destare compassione).
    Questo mi sconforta: non è possibile un dialogo se non ci si pone con trasparenza verso il prossimo. È nocivo per tutti se ci si rifugia nell'orgoglio, nella vanità, nell'aggressività. Credo bisognerebbe invece tentare d'essere sodali, non rimane che questo per far fronte alla comune miseria. Vedere come i rapporti umani che mi attorniano siano puntualmente regolati dai principi suddetti (ché poi talvolta, mio malgrado, ne vengo coinvolto anch'io) lo trovo opprimente.

  • A mio avviso non ci si pone con trasparenza per la paura,la paura di risultare inferiori,e di conseguenza si ingigantiscono sterili successi personali e si propinano discorsi autoreferenziali uno in coda all'altro,o la paura di risultare diversi, strani,io l'ho provata spesso, e mi terrorizza ogni volta constatare quanto io sia differente da tanti miei coetanei, in certe situazioni non posso che rifugiarmi in un goffo tentativo di cercare di assomigliare al gregge,oppure gettare la spugna e autoisolarmi,così che io possa almeno mantenere la dignità di aver preso da me la decisione.
    Il senso di isolamento e solitudine che hai descritto,che anche io provo,credo lo provino in tanti,solo che io e te ne siamo schifati e vorremmo correggere questo errore madornale,gli altri si adattano:indossano maschere,si disinteressano del prossimo perchè pensano che nessuno si interessi a loro,manipolano e sfruttano perchè si aspettano che gli altri lo facciano nei loro confronti.Noi abbiamo avvertito l'erroneità che sta alla base della nostra società,gli altri la vivono come una cosa normale,scontata,naturale,ineluttabile.è così,non posso cambiarlo,non mi resta che fare lo stesso.E in questo modo la catena non si spezza mai.
    Il pessimismo viene evitato a tutti i costi,viene visto quasi come una malattia,eppure quando si parla di interazioni sociali,ho sempre di più la netta sensazione che coincida con un lucido realismo.
    Mi dispiace alimentare un malumore già di per sè forte in questa discussione,ma dico quello che penso.Grazie al cielo la vita rimane un dono prezioso,che viene intaccato solo in parte da rapporti umani tanto inquinati.

  • "...e l'infinita vanità del tutto."
    Complimenti Allegro mestamente, ottimo esercizi di stile. Sono convinto che non te la passi così male dopotutto, dal tuo testo deduco che godi di almeno un paio di grosse fonti di soddisfazione narcisistica:
    1) il tuo ricercato virtuisismo stilistico e lessicale (un piacere di natura meramente masturbatoria; ma una sega ben fatta non è roba da poco dopotutto!)
    2) Il sottile eppure intenso piacere che derivi dal tuo egoico senso di superiorità verso l'inconsapevole carne da cannone che descrivi.

    Stai giocando al filosofo maledetto ed annoiato..e va bene, purchè tu non abbia raggiunto ancora i vent'anni!

  • Può essere che tu abbia in parte ragione,in parte a me sembra superficiale ridurre tutto il pensiero che ha espresso al fatto che secondo te stia giocando al filosofo maledetto.

  • Caro Belfalas, quanto dici mi ferisce molto, ma dev'essere colpa mia che evidentemente non so esprimere in maniera efficace i miei sentimenti.

    Sono sempre stato titubante a partecipare in comunità virtuali, e quindi non sono pratico di queste cose. Non lo so come ci si comporta, quale debba essere lo stile, cosa è accettato e cosa passa per pretenzioso. Non mi sono neanche posto il pensiero, sinceramente. Al momento di scrivere quell'intervento sapevo solo di provare un malessere intenso e ho cercato di esternare il dissidio che sento con la realtà che mi circonda. L'ho fatto d'impulso. Pensavo che potesse accadere più o meno lo stesso anche ad altri e ho creduto che magari avrei ottenuto dei suggerimenti su come affrontarlo senza patirne come mi succede.

    Ma ho evidenziato subito che, oggettivamente, credo siano problemi insignificanti i miei, come del resto sono insignificante io stesso (e non so, questo dettaglio forse ti è sfuggito). E io l'avverto tutta, questa insignificanza. La sua consapevolezza mi pervade al punto da impedirmi di vivere una quotidianità serena. Ma pur essendo una questione banale (però, di nuovo: non saprei quale questione umana non lo sia), se mi provoca malessere non so cosa devo fare. Non mi fa piacere, altrimenti non cercherei una soluzione.

    È vero però che non sono insicuro (il che comunque non implica che mi compiaccia di una cosa come scrivere su un forum a degli sconosciuti: sarebbe proprio ingenuo, per non dire idiota). Sono stato sociofobico, evitante e patologicamente ansioso per anni e fondamentalmente ho capito che il timore, le remore, ecc. sono delle colpe nel relazionarsi agli altri. Bisogna estirparle perché portano alla discomunicazione (prevalenza di un contenuto implicito, interpretabile ad arbitrio, su quello esplicito) e, quindi, a una comunicazione inefficace. Perciò cerco di essere molto specifico quando scrivo: uso dei termini che non lascino margine di fraintendimento. Vanità significa, nella sua accezione etimologica, inconsistenza. Io questo vedo, poi la parola che si usa è solo un simbolo: l'una vale l'altra, basta che il suo significato sia quanto meno ambiguo possibile. Non lo so, non ci vedo virtuosismi.

    Trovo incredibile, comunque, questa malafede. E mi scoraggia molto. Ripeto: per me ogni emanazione della mia mente è irrilevante, ovvia, consunta. Pensata già da altri e meglio. Però è quello che ho nella mia testa, e posso esprimere solo quello. Il punto era semplicemente che questi pensieri che faccio mi provocano malessere e mi chiedevo se c'è un rimedio.

    In ultimo, riguardo la carne da cannone: non perché descrivo una condizione miserabile io mi credo meglio di nessuno. Pensavo fosse implicito nel dire che sono irrilevante nel quadro d'insieme, ma lo ribadisco adesso: io ho di me la percezione di un'entità completamente inutile al mondo. E a se stessa. Non traggo reale appagamento da niente che io faccia, da niente che io dica, da niente che io viva. Da niente. È questo che intendo nello scrivere che mi appare tutto vano. Di nuovo: ho aperto la discussione per sapere se altri si trovano nella stessa condizione e possono dare consigli.

    Aggiungo ancora sulla carne da cannone: non provo assolutamente alcun disprezzo per le persone che ho descritto, al contrario sento una sconfinata empatia. Perché davvero siamo uguali: siamo nella stessa situazione. Perché davvero siamo tutti uno. È questo che fa la massificazione. L'unica differenza è che mentre altri hanno accolto il fatto di doversi illudere per ottenere una parvenza di benessere, io non riesco ad accettare una realtà così crudele. Non posso che oppormi pervicacemente all'idea che la lotta quotidiana contro la demotivazione serva solo a condurre un'esistenza simile.

    E, precisiamolo, non mi sento più furbo per questo. In effetti, è un comportamento disadattivo e, quindi, in termini evolutivi semmai sono meno intelligente.

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