Forte senso di confusione, non riesco a dare un senso alla mia malinconia

  • Ne ho scritte così tante di queste lettere.. Mi trovo rinchiuso in una prigione, sopra il tetto del mondo da qui sopra ho una visione bellissima, un caleidoscopio di luci e di giochi e violenze, inferno e paradiso, come quello che vedeva William Blake (Doors of perception, l'ammirazione che ho verso quest'uomo è incommensurabile, il suo stupore, la sua energia di vita, egli fu il primo a scoprire la vera gioia Del vivere) ma da qui sopra la discesa non è possibile.. Non mi resta che aspettare e scrivere queste lettere malinconiche , registrare su carta i miei pensieri sapendo che non potrò mescolarmi tra quei bellissimi colori sottostanti e partecipare anch'io al felice gioco della vita. Mi vengono in mente le parole dell'astronomo Carl Segan sul Pale Blue dot (l'astronomia è un'esperienza formativa di umiltà) A volte mi chiedo per cosa sto soffrendo.. Che ragione dare ai miei turbamenti, se è legittima la sofferenza ma queste domande non so darmi risposte. Guardo gli altri e mi chiedo come fanno, Come fanno a vivere così leggeri quando invece sembra che io mi porti il peso del mondo sopra. Quale sorta di pazzia può portare l'uomo ad allontanarsi dalla tranquillità dell'animo?Io capisco o almeno provo a comprendere il valore di una vita tranquilla e normale. Dio se l'apprezzo, cosa c'era di più poetico di un povero contadino medievale! Colui che conduceva tutta la sua vita nei campi conduceva una vita monotona è vero, cosa poteva esserci aldilà della sua collina non lo interessava. Nessuna paura esistenziale, niente di niente Dio era una certezza, il mondo era quello è da sempre era stato rivelato. La sua vita veniva condotta in tal modo, e al termine dei suoi giorni andarsene salutando la morte come una cara campagna, quella era stata la sua vita, non v'era niente da dover rimpiangere o altro da dover aggiungere . Solo chi cammina nella stessa tortuosa strada in cui mi sono perso può conoscere davvero il mio animo. Io vorrei solo trovare una giustificazione per il mio dolore.. L'unica cosa che riesco a fare è quella di ripetere paranoicamente l'ideazione della mia morte. Vivo in tal modo, essere ad un piede dell'abisso senza toccarne mai il fondo. So benissimo che non avrò mai il coraggio di farla finita, lo so troppo bene, ma questo non fa altro che deprimermi sempre di più. So anche che non andrò mai da uno psicologo, non ci riesco, non posso farlo. Solitamente le paranoie suicidiarie nascono mentre sono a scuola, quando torno a casa invece ho solo un forte senso di confusione, non mi sento per niente lucido in questo stato desidero solo dormire. Mi accorgo che ogni giorno peggioro di più, io che amo la letteratura non riesco nemmeno a leggere (è come se avessi sviluppato una dislessia latente), riesco a scrivere solo dopo enormi sforzi cancellando e rivedendo continuamente ciò che ho scritto precedentemente. È probabile che soffra di disturbo borderline, percorrere la fune che separa la ragione dalla pazzia . Vivere in un perenne stato di insicurezza ed ansia tale è la mia vita. Non temo di essere folle. Se solo sapessi vivere i miei sentimenti sarei felice, anzi sarei il più felice degli uomini, invece mi pare che ciò che provo io sia lontano ed estraneo al mondo, mi disilludo ed illudo continuamente su cosa valgo , sulle mie relazioni. Ma adesso basta, chiudo qui questa lettera, non riuscirei a scrivere altro, mi sento come se la mia testa dovesse esplodere. Grazie di Tutto!

  • Certo la vita è nel complesso un affascinante brulicare di eventi ed incontri, ma se invece di guardare gli altri come una massa pressochè indistinta avessi la possibilità di prenderli caso per caso e cogliere i loro pensieri uno per uno allora avresti secondo me un'idea diversa della loro "leggerezza".
    E' vero che un'oceano di persone non pensano neanche un millesimo dei pensieri di cui parlavi tu, certi non li concepiscono proprio, ma di altri hanno il terrore. Ovvero sono sì dominati dalle passioni, ma sono anche terrorizzati dal dover spalancare le ante dell'armadio che tengono in un angolo. E guardare in faccia la morte, il senso della vita, la sofferenza. Evitano il tutto. Non è poi così leggero no?
    Ogni volta che ho pensato di parlare ad uno psicologo della mia ossessione per la morte, intesa come angoscia di non esistere più per il resto dell'eternità mi sono fermato. Mi chiedo sempre cosa mai potrà dirmi questo psicologo? Potrebbe davvero aiutarmi? Non ci ho mai creduto. Ma per uno stato emotivo deflesso, per problemi di relazione, lì potremmo avere più fortuna con uno psicologo.
    Anch'io ho pensato spesso alla vita sperduta e serena di un contadino ad esempio del 1700. Un mondo molto più semplice, dove Dio non era ancora morto. Ma siamo davvero sicuri che questa vita più semplice e monotona lo rendesse tanto immune dalle "nostre" sofferenze? Non credo che essere "ignoranti" renda più felici o di cuor leggero.
    Credo che la mente di certe persone come me sia come un coltello: se la rivoltiamo contro di noi ci facciamo a pezzi, se riusciamo a metterlo avanti invece ci possiamo aprire la strada. Questo non risolve i problemi esistenziali, ma possiamo vivere meglio. Riuscire, forse come facevi riferimento tu, a saper vivere i propri sentimenti.

  • Sono d'accordo con te, so benissimo che la felicità del contadino medievale non è altro che un mito, che il buon selvaggio non è che un sogno e che noi portiamo le stesse angoscie da sempre. È vero, le persone che conosco vivono una felicità povera, come se l'immagine della morte guardasse da dietro ogni loro gioia ed io lì capisco benissimo, il modo in cui si divertono spesso cela una angoscia opprimente e di questo non ne ho dubbio.. Ma loro reagiscono, riescono a vivere, trovano sempre qualcosa da fare, riescono a sostenere delle ideologie, vivono di ogni giorno, sono tuttavia felici.. Io un tempo amavo una ragazza così, non era superficiale, anzi ti dico che era molto sensibile. Mi ricordo che una volta a scuola ero molto triste, avevo deciso che costi quel che costi l'avrei fatta finita non mi interessava più nulla, al diavolo tutto, volevo scappare volevo che uscendo da scuola un camion mi sfraciellasse al suolo, me ne volevo andare senza dire niente di niente, solo la morte avrebbe arrestato quella opprimente sensazione di prigionia. Era una scelta folle, un'illusione non c'è dubbio, ma io incantato com'ero da quel sentimento l'avrei fatta finita. Presi il mio zaino e me ne tornai in classe solo (eravamo in palestra). Non so per quale ragione, ma lei venne da me e senza dire nulla mi abbracciò, potrei dire che gli altri mentono, che vivono una vita finta, ma non con lei, la felicità che ha questa ragazza per la vita, le sua voglia di vivere mi lascia senza fiato, lei è il mio opposto lei era tutto quello che desideravo essere. Mi chiedevo cosa avevo fatto per odiare così tanto la vita, se essa era in grado di darmi simili gioie non poteva che essere qualcosa di meraviglioso. Le voglio un mondo di bene ma non la amo più, come ti dicevo la gente come me porta una maledizione, ho ragione di credere che la gente comune provi tutti i giorni quello che provai io nell'esempio di prima, la gente comune ama la vita ed è per questo che non riesce a comprendere cosa possa spingere l'uomo ad un suicidio. Io resto però convinto che se fossimo in grado di vivere i nostri sentimenti potremmo elevarci agli altri, vi fu un tempo in cui non pensavamo alla morte e questo era quando eravamo bambini, quando fremevamo dal vivere, quando avevamo curiosità per il mondo ed esso ci appariva come qualcosa di sconfinato, pieno di cose meravigliose da conoscere . Non posso che citarti sempre William Blake quando scriveva "Se le porte della percezione fossero aperte all'uomo il mondo apparirebbe come è realmente : Infinito" Dirai che da bambini ancora tutto ci è possibile mentre a 18 anni abbiamo già un'idea di cosa sarà la nostra vita ed è per questo che ci invade il morbo della morte ed ad ogni anno passato questo pensiero diventa sempre più invivibile . A questo non sò darti una risposta

  • Sono d'accordo quasi su tutto quello che hai scritto. Sul fatto che da bambini il mondo è pieno di vita e così intriso di emozioni. Io a 14 anni mi sono improvvisamente reso conto di cosa significasse non esistere più per il resto dell'eternità. E da allora mi porto dietro questa angoscia. Molti con cui parlo non hanno mai fatto questo passaggio. Non mi piace tanto l'idea di "elevarsi agli altri", ma indubbiamente ci avvicineremmo agli altri. Io in parte lo faccio, ma per me è artificioso. Un adattamento.
    Continuo a non vederli felici, per me sono semplicemente "non angosciati" per quello che non comprendono o non vogliono affrontare.
    Una volta ho passato un paio d'ore con la mia ragazza del tempo e una sua amica (molto bella anche lei). Era così sorridente e felice, piena di gioia ed entusiasmo per quello che la circondava, entusiasta con me, entusiasta della città in cui viveva in quel periodo. Eravamo a casa della mia ragazza, ed io uscii un momento sul balcone. Quando mi girai scorsi fra le tende della finestra di una camera lei che piangeva, pensando di non essere vista. Di felicità apparenti, di fragilità di questo tipo, ne ho viste spesso e continuo a vederle.
    Quello che voglio dire è che anche se io purtroppo non ho una ricetta per vivere bene, ritengo di non aver mai visto una ricetta molto migliore della mia.
    Anche i vari santoni, monaci, capi religiosi... per me il 70% della loro illuminazione è tutta scena. Forse sono miope io, ma la vedo così.

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