Persone, città e solitudine

  • Ciao a tutti.

    Da un anno a questa parte mi sono trasferita da un piccolo paese in una città (per motivi di studio). Non vedevo l'ora che accadesse, l'ambiente del paese non è mai stato adatto per una persona come me, mi ha sempre soffocato ed ostacolato, ed ero certa che la mia solitudine fosse legata in primis all'ambiente in cui vivevo. Le relazioni che ho tentato di tessere da piccola fino ai miei diciannove anni sono state insoddisfacenti; ogni volta che ritornavo per le vacanze incontravo solo due o tre persone, a testimonianza che non avevo costruito nulla di solido durante l'infanzia e l'adolescenza (o quantomeno, nulla che potesse durare). Già questo bastava a buttarmi giù.
    L'ambiente della città, invece, mi sembrava il paradiso: pensavo che, in un posto pieno di persone, le mie occasioni di costruire dei rapporti con persone simili a me sarebbero state molte di più.
    All'inizio dello scorso anno, quindi, sono partita (stranamente) ottimista e sicura. La realtà, invece, o meglio, le persone, hanno distrutto nel giro di poco questo proposito... Mi spiego meglio con degli esempi.
    Ogni volta che si creava un'occasione di conversazione (a lezione, in biblioteca, in un gruppo studio) io cercavo sempre di buttarmi, andando anche contro la mia timidezza, ma le persone non sembravano propense a conoscermi... o meglio, al massimo si prendeva un caffè, si usciva una volta o due, e poi neanche ci si salutava più. Spesso mi sono sentita anche usata: le persone mi scrivevano solo per chiedermi appunti o libri, e questo mi faceva male...
    Inizialmente mi sforzavo di non pensarci, attribuivo la colpa al mio carattere, e continuavo a provare... Uscivo in gruppo quando qualcuno mi invitava (perché qualcuno, dopotutto, sono riuscita anche a conoscere), cercavo di iscrivermi a qualche associazione, aiutavo tutte le persone che mi cercavano... Nessuna di queste cose però andava in porto come avrei voluto ed io tornavo a casa ancora più frustrata e sola, perché mi sentivo fuori luogo ovunque e con chiunque.
    Quando succede con una persona, ti dici "va beh, andrà meglio con qualcun altro", ma quando ha cominciato ad accadere con quasi tutti... mi sono fermata un attimo a farmi qualche domanda.
    Cos'ho che non va? Possibile che una persona a cui non piace il divertimento "estremo" (sballarsi fino a stare male, frequentare le discoteche, bere) debba per questo motivo restare da sola? Possibile che sia solo colpa del mio carattere? Oppure: perché non incontro quasi mai persone con cui trovarmi a mio agio?
    Ho tentato anche con il mondo dei social network e ho avuto poco successo. Sono giunta alla conclusione che non mi piace l'idea di costruire qualcosa che si fermi ad uno schermo; io vorrei costruire qualcosa di vero nel posto in cui sto o quantomeno con delle persone presenti fisicamente.
    Da quest'anno ho cambiato totalmente atteggiamento. Ho smesso di sforzarmi a fare qualunque cosa. Ho smesso di costringermi ad uscire, di intessere relazioni "forzate", di fare cose contro la mia volontà... Il problema è che la situazione non sta migliorando e il risultato è che passo molto del mio tempo da sola (a parte qualche rara eccezione in cui esco in compagnia). Vedere le persone in compagnia e più felici di me mi fa stare male, più di quanto lo faccia stare da sola. Spesso, quando sono da sola, il pensiero del suicidio mi sfiora la mente e questo mi spaventa molto... Sto già valutando di iniziare un percorso psicoterapeutico, perché questa situazione sta diventando insostenibile e non voglio che influenzi il mio rendimento universitario - ma più di tutto la mia vita in generale - più di quanto lo stia già facendo.


    Spero che riusciate a darmi qualche consiglio, a portare la vostra esperienza, e vi ringrazio se siete riusciti a leggere fino a qui.

  • ok, allora ti potresti dire: "non è che se non commetto più questo errore le cose vanno un po' meglio?"

    ...così almeno hai una speranza...

    da oggi potresti, quando ti viene da dire "beh, non importa, fare l'opposto

    Nasci, studi, e vai a lavorare, per comprare quello che non hai, e così ti scordi che sei vivo.

  • ciao alicia,
    ho letto il tuo racconto.anch'io come te,ci sono delle situazioni simili alle tue.io provengo da un piccolo paese della calabria,e da 16anni vivo in brianza.avevo 22anni,quando lasci il paese e la mia famiglia.anch'io ho avuto situazioni difficili in casa.all'inizio ho creduto anch'io che cambiare citta' avrebbe migliorato tanti aspetti con le persone.ma adesso che tra poco ho 38anni,mi sono reso conto che dove vai le situazioni sono le stesse.all'inzio ero ingenuo con le persone,soprattutto con i colleghi di lavoro,credendo che fossero veri amici,ma quando ci sono gli interessi di mezzo, c'e soltanto falsita'.quindi adesso mi guardo con attenzione dalle persone che sembrano amici ma con lo scopo di ottenere qualcosa dai miei confronti.comunque ho consciuto anche gente brava in questi anni,che ogni tanto mi vedo.l'unica cosa che mi ratrista e che non mi sento realizzato con la vita,soprattutto quella personale,vivo da solo e non ho nessuna persona vicina quando magari per un bisogno o necessita'.comunque cerco di non abbatermi e di affrontare la vita con serenita nonostante tutto quello che mi presenta la vita.spero che il mio racconto ti puo' essere di aiuto...comunque cerca di reagire alle situazioni che ti presentano,e non perdere la fiducia.ciao!

  • Per esperienza avrei pensato che non riuscire ad allacciare relazioni nell'ambito universitario dipendesse da un certo livello di selettività.
    In 5 anni ho trovato accettabile fare amicizia con due sole persone.
    Io per esempio non ho voglia di fare le cose tanto per farle, a partire dal lavoro fino ad arrivare alle relazioni umane.
    Infatti ho un numero di amici limitatissimo.
    Se devo stare con qualcuno tanto per scacciare la solitudine me ne sto da solo...è la soluzione "meno peggio".
    Non si tratta di sentirmi chissà chi, piuttosto di una ricerca di un minimo di armonia.
    Se devo stare con qualcuno mi vorrei sentire libero di potermi esprimere con una certa libertà. Se davanti ho una persona che so già in partenza non comprendere una virgola di quello che dico che ci sto a fare?
    Poi i signorini di città hanno un pò la puzza sotto il naso...quando poi sono i primi ad essere "proviciali" (questo è il termine che viene erroneamente utilizzato).
    L'ideale sarebbe trovare conoscenti (non ho scritto volutamente amici...perchè quelli non si cercano, si trovano se si è molto fortunati) con i quali condividere le attività extra universitarie che ti aggratano. A quel punto se il tutto sfocia in amicia bene altrimenti...amen.
    E' vero quello che dici circa determinati gruppetti di pochi "eletti" (quasi mai tali) impermeabili all'esterno; il mio consiglio, se puoi stanne tu alla larga.
    Infine ti vorrei fare riflettere sul fatto che oggi l'Università, con tutto il livello di competizione che si è creato, è un luogo praticamente di lavoro dove l'amicizia fa molta fatica a farsi strada i mezzo a meccanismi inutilmente dannosi.
    Pure io di amici (così mi consideravano, mentre io sapevo bene che così non era) ne avevo 4-5 agli ultimi due anni.
    Poi una volta laureati ognuno per la propria strada. E' vero pure che non è che li abbia più cercati però almeno li definivo "colleghi".
    L'ipocrisia ormai ci sommerge. Visione troppo catastrofica? Forse :-)

    Per aspera ad astra

  • in questa societa' che noi viviamo,mi viene definirla che non c'e SOSTANZA.i veri rapporti sono quelli che danno benefici interiori,ma se la societa' e' malata di poteri,falsita',interessi,la persona che ci vive non si nutre di armonia e di stima.

  • in questa societa' che noi viviamo,mi viene definirla che non c'e SOSTANZA.i veri rapporti sono quelli che danno benefici interiori,ma se la societa' e' malata di poteri,falsita',interessi,la persona che ci vive non si nutre di armonia e di stima.

    Faccio un pò l'avvocato del diavolo e quello che scrivo lo dico in primis a me.
    La società siamo noi...facciamo qualcosa per migliorarla.
    Di la però, nei post di Misamm e Dolphin, si spinge molto sul concetto di "adattamento" a qualcosa di palesemente (almeno per me) insensato.
    Capisco che sia altrettanto "pericoloso" un certo immobilismo. Bho???

    Per aspera ad astra

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