Messaggi di Aliros

    Purtroppo sono situazioni durissime che può comprendere davvero solo chi ci è passato. Lo psicologo è utile per sollevare da senso di colpa e altri vissuti di dolore legati al rapporto e anche alla specifica relazione. Il consiglio pratico varia da caso a caso, ognuno trova la sua strada per affrontare il tutto, anche perché a livello di supporto pubblico c'è pochissimo. So che vari enti erogano fondi legati alla disabilità, ma spesso si ha diritto solo arrivati a situazioni di invalidità certificate al 100% o Alzheimer in stadio avanzato, e comunque difficilmente sono sufficienti a pagare l'assistenza necessaria. Certamente è fondamentale la delega e soprattutto potersi fidare di chi si occupa del nostro familiare, è pieno di gente inumana che lavora in questo settore: alcune cliniche sono paragonabili a lager, ma oggi grazie ad internet si possono scoprire facilmente i posti a cui non rivolgersi.

    Capisco.

    Per delega cosa intendi esattamente?


    Cioè, un adulto lavoratore, che vive in un'altra città, da solo o con propria famiglia, come fa a sostenere la persona disabile, legge 104 a parte?

    Deve licenziarsi, tornare alla città d'origine, sperando di trovare lavoro in loco?


    Lo chiedo perché sono un giovane adulto lavoratore che inizia a porsi certe domande.


    Mi chiedo inoltre se vivere e lavorare lontani da casa d'origine, in generale, sia una buona cosa.

    Si perde la rete famigliare/parentale/amicale che soprattutto in Italia rappresenta la prima linea di supporto per chiunque.

    Friggitrice ad aria + forno a microonde e sei a posto.


    Poi piatti e posate di plastica.


    Vasetti di yogurt in frigo.

    Cotolette di pollo panate e pane congelati, come riserva.


    Il mio tempo medio tra preparazione, ingurgitazione e sparecchiamento è di 15 minuti.

    Non è salutare ma in questo periodo ho perso totalmente voglia di cucinare.

    Stessa situazione.

    Madre sessantenne, progressivamente sempre meno autosufficiente, fino ad arrivare a un'autosufficienza pari a zero.


    Io, trentenne, vivo fuori regione.

    Faccio fatica a lavorare e a portare avanti la mia vita, e quando esco con gli amici del posto, mi sento un alieno e anche invidioso dei loro sorrisi e della loro leggerezza.


    A parte lagne varie e pacche sulla spalla, qui servono consigli pratici da parte di chi ci è passato e anche da psicologi, che in teoria dovrebbero saper dare spunti su possibili modi di vivere la situazione.

    Io ti consiglio di trovare un altro lavoro e poi dai le dimissioni! Un lavoro qualsiasi... possibilmente in linea con i tuoi ultimi impieghi. Questo è il futuro che ci aspetta quindi... pensa bene se non conviene tornare dai tuoi...

    Non posso tornare dai miei.

    Ho un genitore gravemente malato da un paio di anni e, in breve, la mia famiglia ormai è andata, a causa di ciò.

    Non c'è un buon clima.

    C'è un clima dove si respira malessere, per quanto i miei mi vogliano bene.

    E non potrebbe che essere così.


    Sul cambiare lavoro, sì, ovvio che la soluzione sia quella.

    Anzi, le persone "normali", fuggono a gambe levate e in tempo relativamente breve.


    La ragazza che frequento ha vissuto una situazione simile: 4 anni in azienda tossica + mobbing, poi un anno senza lavoro (sia per sfiducia nel mondo aziendale sia perché stava giù a causa di problemi familiari e della rottura con l'ex ragazzo).

    Poi ha cambiato azienda e sta molto bene: ha un buon ruolo, le danno molta fiducia e la pagano strabene.

    Ciao carissimo, secondo me prima ancora dei contatti umani è necessario che tu riprenda a funzionare correttamente e, per fare questo, bisogna che tu dedichi del tempo a a te stesso.


    Come ti ha suggerito zizifo sarebbe opportuno che tu valutassi un periodo di aspettativa o in alternativa un periodo di malattia. Sei arrivato al punto da trascurare la tua igiene personale e dici di far fatica a concentrati su cose, tutto sommato, abbastanza semplici come uscire di casa per fare la spesa e, pur non essendo medico, questi aspetti sono spia di un disagio piuttosto forte. Prima ancora di fare attività alternative o relazionarti con le persone ritrova il tuo centro: riposati, leggi un libro, fai lunghe passeggiate o qualsiasi altra cosa possa rigenerarti. Molto spesso pensiamo di dover reagire subito, ma non dobbiamo dimenticarci che siamo come delle piante: abbiamo bisogno di acqua, sole e vento sennò siamo destinati ad appassire. Un grande abbraccio :)

    Al momento sono seguito farmacologicamente per tentare di riuscire ad avere un livello base di funzionamento.


    Ho parlato col mio capo del mio malessere a lavoro e "intimato fra le righe" a cessare il comportamento aggressivo.


    Al momento sembra abbia dato risultati.


    Ogni tanto scendo nel mio paese di origine per stare con mio fratello e qualche brandello di amico rimasto.


    Sto facendo psicoterapia perché sono totalmente bloccato nel cercare lavoro.

    Principalmente perché ho la più totale sfiducia nel mondo del lavoro privato.

    Ma è un bias: conosco infatti persone e amici che sono contenti di lavorare nelle loro aziende seppur ovviamente non sia tutto rose e fiori.

    L'altro motivo è che temo di aver fatto carriera in un settore che non mi piace e/o per il quale non sono portato ovvero competitivo e mentalmente faticoso (seppur molto stimolante).


    Infatti sto cercando di capire come fare un salto laterale e cambiare ramo del mio settore.

    Ma non lo ho mai fatto, e mi sto informando in giro su storie concrete di persone che lo hanno fatto e ci sono riuscite.

    Ciao, ho 33 anni e lavoro in una multinazionale italiana. Vivo da solo, lontano da casa. Da 6 mesi sto lottando contro un burnout lavorativo che non accenna a passare e sono dentro un tunnel che mi toglie energie fisiche e mentali. La causa è il mobbing e una mole di lavoro che mi schiaccia sempre di più. Ho perso la cognizione del tempo e sono già in trattamento con farmaci.


    Mi sto logorando, mi sto spegnendo progressivamente e sto avendo problemi cognitivi, di memoria e capacità di pensare a come uscire dal problema. Sto faticando persino a fare la spesa per mangiare. Ho smesso di lavarmi regolarmente e vado in ufficio non conciato bene. Sto smettendo di uscire e ho preso contatti con una psicoterapeuta, ma il mio stato di salute è troppo compromesso per riuscire a concentrarmi durante le sedute.


    Vi chiedo che cosa devo fare nella pratica prima che sia troppo tardi ed arrivi a un punto di non ritorno. Posso farmi spostare immediatamente di reparto? Devo contattare il referente sindacalista interno all'azienda? Mi devo licenziare? E una volta licenziato, come trovo supporto?


    Più che economico, intendo che mi ritroverei con intere giornate vuote, angosciato in casa. Depresso e angosciato per trovarmi di botto con tanto tempo libero (vuoto), solo e lontano dalla società. Posso chiedere un qualsiasi supporto ai servizi sociali o a delle associazioni?


    In caso mi licenziassi, avrò bisogno di contatto umano, di fare cose, di non rimanere solo in casa o, per esperienza, so che cadrei in depressione. Vi chiedo davvero delle direzioni pratiche per sapere a chi devo chiedere aiuto. Grazie mille.

    Da quanto tempo eri ferma in quell'ambiente tossico?


    E, sempre per curiosità, prima di accettare questo lavoro in questa nuova azienda, eri in qualche modo riuscita ad avere elementi sulla sua non tossicità?

    Scusa Aliros sei un medico?


    Stai parlando di farmaci che appartengono alla categoria degli inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 (PDE5) che devono essere prescritti da un medico e usati con cautela, soprattutto in presenza di altre condizioni mediche come malattie cardiache o ipertensione, dato che possono interagire con altri farmaci e causare effetti collaterali, come mal di testa, arrossamento del viso, disturbi visivi e, raramente, erezioni prolungate (priapismo) che necessitano di intervento medico per la mia

    Ovviamente parlavo della mia esperienza personale e di come, seguito da andrologo e psichiatra, sono riuscito a tornare ad avere relazioni amorose, con grosse ripercussioni positive sulla mia psiche.


    Tutto corretto quello che dici sui sides.


    L'andrologo fa una valutazione dello stato specifico del paziente, prima di prescrivere.

    Per il priapismo, è un evento estremamente raro.

    Ma, essendone al corrente, sapevo che in tale eventualità, dopo tot ore sarei dovuto andare in ospedale.

    Io, quando ero in terapia con SSRI e poi sono passato agli SNRI, avevo in ogni caso pesantissimi effetti sessuali. Fare sesso era vicino all'impossibilità talvolta. Dunque, ho dovuto chiedere l'utilizzo del Viagra (galenico. Lo pagavo un niente). Ha aiutato, ma era molto casuale. Troppo. Infatti, per funzionare, questi farmaci hanno comunque bisogno della presenza dell'eccitazione e... gli SSRI uccidono la libido. Quindi siamo punto e a capo.


    Il Cialis è diverso, e a mio parere più efficace, seppur la classe farmaceutica sia la medesima. Ora lo spiego: va usato a medio-alta dose nei pressi di un rapporto sessuale, poi a bassissima dose quotidianamente, durante una frequentazione stabile. Esso ha una emivita lunga ed effetti collaterali pressoché impercettibili. In questo caso hai aumentata sensibilità quotidiana al pene, per cui senti miglioramento lato sfera sessuale e smetti di preoccuparti su di essa. Puoi fare sesso tranquillamente con la tua ragazza. Ovvio, se senti che ti serve, ti prendi la solita pasticca a media dose.


    Overall, il recupero della sessualità, sì, è possibile recuperarlo sotto SSRI. Altro punto. Oggi esiste il Brintellix (Vortioxetina), che fino a 10 mg (dose standard) non impatta la sessualità. E non ho capito perché nessuno ne ha parlato.