Messaggi di nonloso1989

    Assolutamente sì, si può mettere massa anche a 45 anni!

    Ti porto la mia esperienza (sono uomo, ma penso possa esserti utile).


    Ottobre 2024: 1,70 m x 53 kg. Ho iniziato con nutrizionista e palestra: 2 allenamenti a settimana, poi sono arrivato a 5.

    Maggio 2025: 64 kg. Poi ho mollato un po' e ho perso 3 kg.

    A settembre riparto con un obiettivo chiaro: 70 kg entro giugno 2026.


    Quello che ho imparato è che l’età non conta: contano costanza e determinazione.

    Il corpo risponde sempre quando lo alleni e lo nutri nel modo giusto. Non serve avere fretta: i progressi arrivano e motivano a continuare.

    Si sta allontanando perché mi ha chiesto diverse volte di uscire, ma non l'ho ancora accontentato. Mi dispiace ma d'altra parte mica gli posso dire quello che penso...

    Scusami, ma credo sia normale: quando si prova più volte a organizzare qualcosa e dall’altra parte non c’è apertura, è naturale che l’entusiasmo piano piano si riduca.

    Figurati, nessuna offesa. Forse quei tre aggettivi mi descrivono, ma non raccontano tutto di me.

    Ho un cuore grande. Quando si apre, lo fa senza calcolare. In amicizia o in amore, do tutto. Sempre. A volte fin troppo.


    Il mio orgoglio è una spina, lo so, mi blocca quando dovrei andare oltre. E non è facile lavorarci.

    Con i miei genitori, tutto si è incrinato nel momento peggiore: ero a terra, dopo la fine della mia relazione. Cercavo supporto, ma ho trovato attacchi, parole pesanti, giudizi, solo per scelte che riguardavano la mia vita.


    E poi c'è una scena che non riesco proprio a dimenticare. Mio padre, accecato dalla rabbia, che cerca di mettermi le mani addosso. Io, che con la violenza non ho nulla a che fare. Io, che se un insetto entra in casa, mi ingegno per farlo uscire vivo.


    Da allora è passato più di un anno. Da parte loro ci sono state scuse, lacrime, tentativi di ricucire.

    D’altronde, non ho mai dubitato del loro amore per me.

    Ma il mio orgoglio non mi lascia passare sopra.

    E forse, così, sto facendo male anche a me stesso.

    Ti aggiungo una piccola chicca:


    A volte capitava che registrasse le sedute, sempre dopo avermi chiesto il permesso.

    L’ultima seduta, prima che andasse in vacanza, mi ha fatto riascoltare alcune frasi che dicevo.

    Una in particolare mi ha fatto sorridere.

    Mi aveva chiesto:

    «Ma almeno hai fiducia in me?»

    E io, senza esitare, avevo risposto:

    «Io non mi fido nemmeno di me stesso… figurati di uno sconosciuto come te.»


    Risentire quelle parole oggi mi fa ridere, ma anche riflettere: erano la fotografia perfetta di come mi sentivo allora.

    Ti parlo per esperienza personale.


    Quando ho iniziato la psicoterapia, ero a pezzi. Una storia finita male, un vuoto che mi pesava addosso come cemento. Pensavo che sarei andato lì solo per parlare di lei, di noi, di quello che era successo. Invece, già dalla prima seduta, il mio terapeuta continuava a riportare tutto ai miei genitori.

    E io non capivo, mi infastidiva e mi arrabbiavo.

    Glielo dicevo: “Ma che c’entrano loro? Io sono qui per un’altra cosa!”. Dentro di me pensavo: non ha capito niente.


    Alla fine ho mollato e ho interrotto. Ho pensato: “Basta, non fa per me”.

    Poi, dopo un paio di mesi... non so, è come se qualcosa dentro si fosse mosso. L’ho richiamato e ho ripreso il percorso.

    E la cosa assurda? Stavolta ero io a parlare dei miei genitori. Ero io a scavare, a collegare fili che non avevo mai visto. Ogni seduta era una ferita che si apriva e una parte di me che respirava di nuovo. Ho capito che certe cose non le puoi affrontare stando in superficie: devi andare a fondo, anche se fa male.


    Oggi so che quelle prime domande, quelle che mi facevano arrabbiare, erano in realtà le chiavi per aprire porte che tenevo chiuse da anni. All’inizio non vedevo il senso di niente... e poi, pian piano, ogni pezzo ha trovato il suo posto. Come un puzzle che non pensi di finire mai, finché all’improvviso l’immagine diventa chiara.


    Per le sedute, sì, durano 45-50 minuti anche per me, ma non ho mai avuto la sensazione che stesse lì a cronometrare.

    E per quel “tesoro”? Diglielo senza giri di parole. A volte, la verità detta così com’è è più che sufficiente.

    Riprendo questo thread per non aprirne un altro.


    Quando ho deciso di partire, non l’ho detto subito ai miei genitori.

    Loro sapevano della scadenza… così, il giorno prima, me l’hanno chiesto.

    E io ho risposto che avevo accettato.


    La loro reazione? Semplice:

    «Lo volevi dire prima? Ci hai fatto stare con l’ansia per giorni. Comunque, è la scelta giusta.»


    Niente “Come stai?”.

    Niente “Come ti senti?”.

    Nessuna domanda sul perché di questa decisione.

    Silenzio sulle emozioni, come se non esistessero.

    E io… stavolta non ci sono rimasto male. È strano da dire, ma ormai so che loro sono così. Non mi aspetto più altro.


    Negli ultimi giorni, però, hanno cambiato atteggiamento.

    Mio padre si è offerto di accompagnarmi, di fare il viaggio con due macchine per aiutarmi.

    Ho rifiutato, preferendo arrangiarmi e magari fare due viaggi da solo.


    «Dicci di cosa hai bisogno, te lo compriamo.»

    «Non ho bisogno di niente.»


    «Questa volta ti veniamo a trovare.»

    «Non vi permettete. Sono stato via tanti anni, avete avuto mille occasioni… e non l’avete mai fatto.»

    La loro giustificazione?

    «Ma tu stavi in compagnia ed eri felice.»


    A volte penso di essere troppo duro.

    Ma ci sono parole che ti restano cucite addosso, e non importa quanto tempo passi: bruciano ancora.

    Vorrei buttare giù questo muro tra di noi... aprire una breccia... far entrare un po’ di calore. E invece, spesso, la loro presenza mi pesa. E ogni volta che succede, mi sento in colpa.


    Forse il muro che ho costruito per difendermi è lo stesso che mi impedisce di avvicinarmi?

    Ok, capito, grazie. Avevo frainteso io il percorso di terapia che avevi accennato e pensavo che tramite quello non ti interessasse più provare a mantenerli.

    Immagino i commenti di amici/e non richiesti che farebbero meglio a tacere alcune volte. L'importante è inseguire quello che vogliamo noi.

    No, con la psicoterapia ho imparato a non darci più peso.

    In questo momento il trapianto non è più un'ossessione né una priorità. Poi magari, tra qualche anno, lo farò per completare il lavoro :)

    Secondo me, insistere per parlarle ora sarebbe controproducente.

    Quando una donna prende una decisione, difficilmente torna indietro… e se mai dovesse farlo, sarà lei a farsi viva.


    Piuttosto, prova a prendere un foglio e scrivere tutto quello che senti in questo momento: la rabbia, la nostalgia, la delusione, perfino le speranze.

    E poi, quando avrai finito, decidi tu cosa farne: strapparlo, bruciarlo o conservarlo come una parte di te.


    A me ha aiutato tantissimo… perché a volte, liberare le parole è il primo passo per liberare anche il cuore.