Messaggi di Aniba

    Molto interessante questo dibattito.

    Io sono sempre stato per la sincerità assoluta, una trasparenza imbarazzante e spesso reputata patologica da altre persone, mi riferisco al fatto che per me bisognava dirsi tutto tutto tutto, ma proprio tutto. Se non succedeva questo, allora c'era un pericolo secondo la mia mente: la relazione non era fondata sull'onestà e ciò sarebbe stato fattore predittivo di un sicuro tradimento futuro, che poi fosse un tradimento di natura intima o addirittura finanziario (cioè gente che ti mette nei guai e tu non ne sai assolutamente nulla - scoprendolo solo all'ultimo momento quando si è con l'acqua fino al collo) poco importava per me.

    Avevo un'urgenza, quasi come fosse il dover andare in bagno a espellere i propri bisogni, di dire tutto quello che pensavo.
    Alla fine questa cosa, invece di fare bene alla coppia, ha distrutto le mie passate relazioni (e so di avere parte di responsabilità), perché portava l'altra parte all'esasperazione.

    Oggi? Non lo so.
    Penso ancora sia bello comunicare, sapere di conoscere veramente la persona che ci sta accanto, ma ritengo pure che a volte meno si comunica e meglio si stia.

    Non ho ancora una risposta, motivo per cui non mi sento pronto a riprendere in mano la mia vita sentimentale, perché non ne avrei la maturità adeguata, mancandomi illuminazioni accettabili in tal senso.

    Mi è successo di esperire qualcosa di simile, ciò perché ero molto legato ad alcuni miei familiari, al limite della simbiosi. C'è da aggiungere e specificare, però, che alcune di queste persone erano malate e non stavano bene, quindi ero particolarmente in fibrillazione di fronte a queste situazioni. Già se manca qualcosa di simile, per dire, l'ansia dovrebbe essere minore.


    Quando decisi di trasferirmi lontano da loro una seconda volta (ebbene sì - perché non era la prima volta - ma quella prima volta ero single e dunque il problema non si poneva), come te in un'altra regione per lavoro tra l'altro, io accettai di farlo dietro consiglio proprio dei miei cari e della persona con cui stavo all'epoca.


    Non posso negare che mi ritrovai a vivere, purtroppo, il solito tracollo emotivo: crisi di pianto ogni giorno per la distanza dai miei parenti, cosa che il mio partner a parole diceva ovviamente di poter comprendere ma, nei fatti, mi sembrava fosse sempre più distante, come se io preferissi comunque la mia famiglia e fossi infelice in sua compagnia.


    Spesso infatti si litigava perché io volevo ripartire il fine settimana per andare a trovare i miei parenti, cosa che ovviamente capisco non sia il massimo in coppia (perché si rischia di oscurare l'altra persona e metterla praticamente in secondo piano).


    Che posso dire? Consigli in realtà non ne ho se non per dirti che, un pochino, alle distanze ci si abitua nel tempo e le reazioni di sofferenza in effetti diventano senz'altro meno intense e frequenti. Solo che sarei ipocrita a scrivere altro, perché io ho sempre avuto questo malessere dovuto alla lontananza dalle persone che amo. Ho partecipato a questo thread più per "vicinanza" e per dire "non capita soltanto a te", avendo poi notato nessuno ti avesse ancora risposto.


    Il consiglio che tuttavia posso darti è il seguente: di questi tempi, purtroppo, è fondamentale accettare le buone occasioni che arrivano, sia lavorativamente che sentimentalmente parlando intendo, perché esse non solo sono preziosi momenti di crescita oltre che avanzamento nella vita, ma anche ottimi trampolini di lancio per provare a trovare un proprio senso di indipendenza, in quanto prima o poi si deve accettare una possibile lontananza anche dal proprio "nido di origine". Infine, non da meno in importanza, queste circostanze diventano utili banchi di prova per la tua relazione, a me ad esempio è servito per portare a termine la mia convivenza in serenità.


    Ti auguro il meglio! :quatrefoil:

    Buona fortuna

    Ciao, lungi da me far diagnosi, ma per quello che mi fu spiegato da specialisti la tua potrebbe essere una somatizzazione dovuta a una forma di disturbo ossessivo-compulsivo, in quanto io ho sofferto di qualcosa di simile e si nota tanto il carattere ansioso e rimuginativo in ciò che hai scritto, con la voglia di ricercare una rassicurazione che non arriverà mai, perché questo problema causa un loop inarrestabile alimentato dalla fobia. Un elemento che tradisce il tutto è che parli di questa situazione che dura già da alcuni anni, senza che però si sia mai verificato realmente il vomito tanto temuto. Spero tu possa risolvere tramite l'aiuto, eventualmente, di un professionista :quatrefoil:

    A qualcuno per caso è successo di sentirsi molto solari, creativi e sempre ottimisti pure anni dopo sospensione totale delle terapie farmacologiche?


    Approfitto per fare questa domanda (comunque inerente a quella di Betilla) perché a me, ad esempio, è accaduto proprio ciò.


    Volevo sapere se fossi o meno l'unica persona qui ad aver notato questo effetto di enorme cambiamento, considerata la mia tendenza passata a vedere tutto nero e pensare costantemente al sui*****.


    È stato veramente incredibile questo rinascere così, quasi una neo-infanzia.


    Grazie a chi potrà rispondermi, eventualmente!


    :daisy:

    E come hai fatto ad uscirne?

    Psicoterapia ad hoc (la mia ad esempio apparteneva a un indirizzo di terza generazione, cioè un mix tra cognitivo-comportamentale e mindfulness, si chiamava terapia ACT) e, non posso nasconderlo, farmaci specifici. Nel mio caso, l'unione di psicoterapia e farmacoterapia è stata la chiave di volta nella mia ripresa. Ovviamente io posso esclusivamente parlare del mio personalissimo caso, sia chiaro! :rainbow:

    Ottimo punto di vista, totalmente condivisibile per me.
    Solo sull'ultima frase, la domanda di chiusura, mi riservo di pensare che magari altre persone sono semplicemente "diverse".
    Lo dico proprio prendendone le distanze, nel senso che io sono l'opposto, però appunto la teoria della mente lascia sempre ampi margini di riflessione: quelle persone son diverse, non per forza stupide o inferiori.

    Ciao, mi spiace tanto per il calvario che hai passato, avendo io non solo sofferto d'ansia, ma pure di mobbing a lavoro.

    Il Risperdal può dare tremori e irrequietezza in alcuni soggetti, pertanto la Quetiapina viene preferita spesso come via alternativa, perché suddetto farmaco (lo dicono le linee guida di prassi clinica internazionale) è brillante sotto vari aspetti di sicurezza, considerato quindi quasi un "gold standard" terapeutico nei disturbi d'ansia dove, più che "delirio" o "psicosi", la tensione è così forte da sfociare nell'agitazione irrazionale e paurosa.

    Fatta questa premessa e specificando che qui nessuno di noi può sostituirsi al tuo specialista, confermo che la Quetiapina ha questo svantaggio però di causare, per contro, problemi di incremento ponderale (in virtù dei suoi spiccati effetti antistaminici e bloccanti i recettori 5-ht2 della serotonina - cosa che aumenta l'umore e riduce l'ansia, ma incrementa il senso di "fame chimica"). Bloccando pure l'istamina, neurotrasmettitore che gestisce sia il blocco dell'appetito dopo il pasto ma pure lo stato di allerta, si ha sì calo dell'agitazione, ma pure ridotto senso di "sazietà". Spero di averti illustrato la farmacologia del tuo medicinale, perché sapere significa imparare a valutare come muoversi poi e non avere paura.

    Io purtroppo sarei ipocrita a scrivere altro, perché sono un responder positivo alla mia adorata Quetiapina, che mi ha salvato a lavoro (anzitutto perché avevo smesso di dormire e non potevo più abusare di sedativi quali Xanax etc) e, in modo ridicolo, a me ha sempre causato inibizione dell'appetito, perché su di me evidentemente agisce maggiormente un altro effetto farmacodinamico su differenti bersagli (alfa1-bloccante), tant'è che spesso ho riportato ipotensione e di conseguenza senso di nausea quando assumo tutt'oggi la Quetiapina per l'insonnia di alcuni periodi, ma sono problematiche molto leggere chiaramente nel mio caso. Ormai ogni volta già so che, quando faccio un ciclo di Quetiapina pure di pochi giorni, perderò qualche kg.

    Penso sinceramente tu debba, dunque, aggiustare i dosaggi col tuo specialista: solo lui può darti una risposta sicura, ricucita sul tuo specifico caso, eventualmente riducendo quantità o addirittura cambiando farmaci. Ci sono mille vie, insomma, da sperimentare.

    Non ti abbattere, dunque, fidati di chi ti sta curando perché SA quello che sta facendo. :daisy:

    P.S.: aggiungo che, per garantirsi maggiori possibilità di guarigione sul lungo periodo, un buon percorso di psicoterapia cognitivo-comportamentale potrebbe fare la differenza. Con me è successo ciò, almeno!

    Inoltre è normale (credo di sì) avere la sensazione che il tempo passi molto velocemente? Che da che sei a pranzo, ti ritrovi a sera e ti domandi come abbia fatto il tempo a passare così in fretta e ti viene il panico?

    Da ex paziente sofferente di derealizzazioni e depersonalizzazioni causate da disturbi d'ansia cronicizzati, oltre a confermarti quello che hai scritto qui e che ho messo in evidenza adesso, valido pure quanto ti ha spiegato già con solita precisione Repcar.

    Ti auguro di risolvere i tuoi disagi, pian piano, perché è possibile :cherry-blossom:

    Io mi trovavo molto bene con gli estratti fluidi totali di passiflora ed escolzia, le quali tendono a mimare parzialmente proprio gli effetti degli ansiolitici, compresi effetti distensivi della muscolatura o quelli spasmolitici. Agiscono sull'ansia e la tensione nervosa, inoltre tendono a indurre il sonno, con una migliore qualità e durata di quest'ultimo.