gloriasinegloria
Il blocco "insormontabile" è solo nell'uscire in pubblico con persone di sesso femminile. Non che io sia in grado di stare sempre a mio agio e in contesti non "formali" o non lavorativi, con le donne; ma, soprattutto con il passare degli anni, sono maturato nella gestione di me stesso durante quest'ultimo tipo di interazioni, anche se comunque ancora oggi tendo qualche volta a non essere me stesso e a fare gesti o concepire battute un po' infantili.
Il telefono o il PC, tramite i quali interagivo, hanno le password, Gloria. Davvero, da questo punto di vista, credo sia tutto qui.
Posso solo aggiungere che nelle occasioni in cui mi è stato proposto di vivere un rapporto, anche amicale, dal vivo, ho avuto l'impressione che i miei difetti potessero essere anche tollerati in tutto l'insieme. Prendere coscienza di questo, una, due, tre volte sicuramente mi ha dato la sicurezza che acquisisce chi sa che non è necessario essere perfetti per fare determinate cose o avere determinate esperienze. Tuttavia, il punto è proprio questo: perché allora non andare avanti, nonostante basti andare in un bar, in momenti in cui ci sono anche coppie o gruppi di amici, per vedere che i comportamenti grotteschi che tu hai avuto e temi di avere ancora alla fine ce li hanno tutti? Perché non andare avanti nonostante sia ormai consapevole del fatto che è meglio rinunciare a un po' della mia presunta impeccabilitá per vivere certe esperienze? E, soprattutto, la cosa più assurda di tutte, perché questo capita sia con donne dalla cui personalità ero un po' intimorito, sia con donne di cui apprezzavo qualità diverse dalla "forte personalità" (mi è capitato di stare bene, a qualsiasi livello, con le une e con le altre)?
È come se, come dicevo ieri, ci fosse un mix fatto di paura della donna in quanto donna, paura del giudizio della stessa e degli altri, paura di essere inadeguato a prescindere da tutto, paura di capire che non sono poi il "migliore di tutti", cosa che troppo spesso aspiro a essere. Ma questa, sempre come dicevo ieri, mi sembra l'apparenza di qualcosa di diverso, perché se riconosco che sbaglio a credere di poter essere il migliore o sempre adeguato alle cose, non può che esserci qualcosa che si nasconde dietro queste "false" consapevolezze mie.
la huesera
Non è solo il timore di dire quello che si pensa, né solo il timore della "violenza" di chi ti deride, ma è l'atteggiamento di chi considera che un certo tuo approccio alle cose sia semplicemente inutile, una perdita di tempo. Chiaramente, poi, col tempo, essendomi isolato molto, sempre più per noia o fastidio che per paura, ho perso ogni capacità di interagire con gli altri al di fuori di un certo contesto (quello del lavoro). È come se avessi perso un po' di contatto con la realtà dei rapporti non lavorativi, dei rapporti che si hanno nel condividere momenti di svago, ma anche dei semplici rapporti che ti portano ad avere un contatto con un amico per un favore o per un consiglio.
Zephyr
Quando la cosa (la condivisione di un momento "dal vivo" con qualche amica donna incontrata per caso nella città dove lavoro, diversa da quella in cui vivo) è capitata occasionalmente, senza programmazione e in un contesto nemmeno ambiguo, ho avuto sensazioni simili a quelle che temo di vivere nella mia zona in occasioni "organizzare" e inserite in un contesto diverso. C'era comunque il rischio che venissi visto da conoscenti, ma era minimo, e comunque - dato che ho usato la cosa un po' per "testarmi" - avvertivo che avrei avuto simili sensazioni anche se il rischio fosse stato ancora più basso, perché anche se ero circondato da sconosciuti, mi guardavo lo stesso intorno di continuo, provavo a scorgere nei loro occhi cose, percezioni, ironia, ecc.. Non succedeva, ma questo non mi ha tranquillizzato.