Messaggi di Nemecsek

    Sì, ci penso alle paure che incuto, ma è troppo doloroso, nel senso che avverto una fortissima sensazione di malinconia, del fatto che tutto sia una sorta di occasione persa per creare qualcosa di bello, del fatto che dovrei fare qualcosa e non riesco a capire cosa e, soprattutto, una forte sensazione di tristezza per quello che può provare l'altra persona. Quindi distolgo lo sguardo, perché fa troppo male, e in ogni caso una naturale mia diffidenza verso i sentimenti altrui non mi consente di riuscire veramente a impedire che questa tristezza si annacqui senza costrutto, diciamo così.

    Ovviamente, anche qui sembra esserci un evidente tendenza a sviluppare un meccanismo di difesa tanto più forte quanto più apparentemente volto a confermare una mia nobiltà d'animo e la possibilità che l'interesse altrui possa esserci, in fondo. Però ci sto male davvero, questo sì, per le altre persone.

    Ti posso raccontare che la mia esperienza, Ivan_Fedorovic, è un po' simile alla tua per l'aspetto legato al fatto che tendo quasi naturalmente (ma sto lavorando su questo per trovare un mio giusto equilibrio) a non badare al richiedente, ma alle priorità che percepisco come oggettivamente più pressanti per la qualità complessiva del servizio reso. Questo inevitabilmente può creare quelle conseguenze sull'inaffidabilitá di cui parli tu, perché è come se il mio lavoro, che provo a fare diventare sempre "di sostanza", non venisse riconosciuto (per seguire il tuo esempio, alla fine se uno fa un'altra cosa e l'email viene mandata dal tuo capo alla fine si raggiungono due obiettivi, anche se non metti tu la bandierina).

    Io mi sono interrogato su questo, per mesi e ti do il seguente spunto di riflessione: non è che la tua sia una forma d'ansia che attenui dando più importanza alla sensazione di avere comunque tutte le attività sotto controllo piuttosto che al fatto di concentrarti a concludere le cose una per volta, non potendo evidentemente concludere sempre tutte insieme per ovvie ragioni di tempo?

    Rispondo sia a la huesera, sia a gloriasinegloria con un unico messaggio.

    Riconosco di non avere empatia, è vero, e forse è proprio perchè riconosco di avere quantomeno alcuni tratti narcisistici, che è come se divorassero, a un certo punto, anche l'affettuoso e naturale trasporto che ciascuno può avere nel chiedere a una persona come stia e cosa abbia fatto in una giornata.

    Effettivamente la scarsa empatia e, di rimando, ciò che mi arriva dall'altra parte che comincia a non sentirsi capita o apprezzata in pieno, a un certo punto, potrebbe inibire qualsiasi mio moto volto a vincere le paure. Forse è davvero una banale questione di costi e benefici, chissà: non vale la pena di fare tanta fatica perché tanto prima o poi emerge sempre una distanza fondamentale e incolmabile tra me e qualsiasi donna.

    Non tendo, tuttavia, in generale, a mettere in gioco facilmente le risorse umane di cui parla la huesera. Questo sia perché il mondo in generale sta rivelando meccanismi di fondo di un'assurdità tale che sembra essere veramente inutile sprecare certe energie, sia perché la medesima assurdità si è rivelata anche nei rapporti medesimi, in alcuni passaggi essenziali che alle volte sono sembrati davvero sorprendenti nella loro incomprensibilità. Questo sicuramente complica molto le cose, perché la naturale volontà di interagire con le persone interessanti si sta spegnendo nella misura in cui sembra che non ci sia più nessuno di veramente interessante (e anche qui, forse, torniamo al bisogno che ho di sentirmi sempre il migliore).

    gloriasinegloria

    Il blocco "insormontabile" è solo nell'uscire in pubblico con persone di sesso femminile. Non che io sia in grado di stare sempre a mio agio e in contesti non "formali" o non lavorativi, con le donne; ma, soprattutto con il passare degli anni, sono maturato nella gestione di me stesso durante quest'ultimo tipo di interazioni, anche se comunque ancora oggi tendo qualche volta a non essere me stesso e a fare gesti o concepire battute un po' infantili.

    Il telefono o il PC, tramite i quali interagivo, hanno le password, Gloria. Davvero, da questo punto di vista, credo sia tutto qui.

    Posso solo aggiungere che nelle occasioni in cui mi è stato proposto di vivere un rapporto, anche amicale, dal vivo, ho avuto l'impressione che i miei difetti potessero essere anche tollerati in tutto l'insieme. Prendere coscienza di questo, una, due, tre volte sicuramente mi ha dato la sicurezza che acquisisce chi sa che non è necessario essere perfetti per fare determinate cose o avere determinate esperienze. Tuttavia, il punto è proprio questo: perché allora non andare avanti, nonostante basti andare in un bar, in momenti in cui ci sono anche coppie o gruppi di amici, per vedere che i comportamenti grotteschi che tu hai avuto e temi di avere ancora alla fine ce li hanno tutti? Perché non andare avanti nonostante sia ormai consapevole del fatto che è meglio rinunciare a un po' della mia presunta impeccabilitá per vivere certe esperienze? E, soprattutto, la cosa più assurda di tutte, perché questo capita sia con donne dalla cui personalità ero un po' intimorito, sia con donne di cui apprezzavo qualità diverse dalla "forte personalità" (mi è capitato di stare bene, a qualsiasi livello, con le une e con le altre)?

    È come se, come dicevo ieri, ci fosse un mix fatto di paura della donna in quanto donna, paura del giudizio della stessa e degli altri, paura di essere inadeguato a prescindere da tutto, paura di capire che non sono poi il "migliore di tutti", cosa che troppo spesso aspiro a essere. Ma questa, sempre come dicevo ieri, mi sembra l'apparenza di qualcosa di diverso, perché se riconosco che sbaglio a credere di poter essere il migliore o sempre adeguato alle cose, non può che esserci qualcosa che si nasconde dietro queste "false" consapevolezze mie.


    la huesera

    Non è solo il timore di dire quello che si pensa, né solo il timore della "violenza" di chi ti deride, ma è l'atteggiamento di chi considera che un certo tuo approccio alle cose sia semplicemente inutile, una perdita di tempo. Chiaramente, poi, col tempo, essendomi isolato molto, sempre più per noia o fastidio che per paura, ho perso ogni capacità di interagire con gli altri al di fuori di un certo contesto (quello del lavoro). È come se avessi perso un po' di contatto con la realtà dei rapporti non lavorativi, dei rapporti che si hanno nel condividere momenti di svago, ma anche dei semplici rapporti che ti portano ad avere un contatto con un amico per un favore o per un consiglio.


    Zephyr

    Quando la cosa (la condivisione di un momento "dal vivo" con qualche amica donna incontrata per caso nella città dove lavoro, diversa da quella in cui vivo) è capitata occasionalmente, senza programmazione e in un contesto nemmeno ambiguo, ho avuto sensazioni simili a quelle che temo di vivere nella mia zona in occasioni "organizzare" e inserite in un contesto diverso. C'era comunque il rischio che venissi visto da conoscenti, ma era minimo, e comunque - dato che ho usato la cosa un po' per "testarmi" - avvertivo che avrei avuto simili sensazioni anche se il rischio fosse stato ancora più basso, perché anche se ero circondato da sconosciuti, mi guardavo lo stesso intorno di continuo, provavo a scorgere nei loro occhi cose, percezioni, ironia, ecc.. Non succedeva, ma questo non mi ha tranquillizzato.

    Zephyr


    Lo schema che si è ripetuto negli anni è questo: incontro una donna, comincia la prima fase della conoscenza reciproca (solitamente a distanza, tramite chat) che dura pure molto tempo, poi si arriva alla proposta di uscita "vera", sempre dell'altra persona. Di norma è avvenuto che l'altra persona ha iniziato a "rispettare" i primi miei dinieghi, fino al punto in cui essi sono diventati, per così dire, non più "rispettabili" (e ovviamente a giusta ragione, come dicevo nel primo post).


    Il fattore che sembra denotare che ciò non sia dipeso dalle persone è che questo schema si è ripetuto, praticamente inalterato, sia in adolescenza, sia nel periodo della cosiddetta "giovinezza", sia da adulto. È cambiato il modo di concepire me e gli altri, è cambiato il mio stile di vita, sono forse cambiate anche alcune mie necessità, ma questo schema non sembra essere cambiato di una virgola.

    la huesera

    Ho sviluppato effettivamente, con l'adolescenza e un ambiente scolastico abbastanza "selettivo" alle superiori, una tendenza a essere intimamente incapace di esprimermi. Più volte ho avuto episodi in cui è stata sottolineato un mio scarso valore in discussioni, prese di posizione, ecc..

    Questa cosa me la porto dietro ancora adesso, sia perché ancora tendo ad avere sensazioni di ansia nello stare in pubblico in un certo modo, sia perché sento di non essere in grado di poter sostenere tutte le "normali" situazioni in cui può trovarsi un uomo maturo.


    gloriasinegloria

    Sono d'accordo sul fatto che effettivamente il mio blocco sia legato all'"educazione interiorizzata" in modo profondo, ma il fatto che saperlo non mi aiuta è dovuto alla sensazione che quanto dici a proposito dell'esperienza di tuo fratello non valga per me. Nel senso che io sono razionalmente convinto (non sono figlio unico, per farti capire, e quindi ci sono precedenti che non riguardano me) che probabilmente se mi fidanzassi i miei ne sarebbero molto felici. Ne ho avuto segnali, e li ho avuti in un modo che non denotava una loro esigenza di condizionarmi.

    Il blocco, quindi, è mio. Ho pensato che quanto dicevo a la huesera è parte del problema, perché potrebbe essere la mia ansia profonda di competizione a impedirmi di esprimermi. Ma allora, se così fosse, sicuramente non dovrei avere paura di passare del tempo con donne che non richiamino le mie paure liceali o familiari (legate essenzialmente al fatto di non essere sufficientemente intelligente, colto o sveglio).

    E invece no, quando provo a capire mi sembra quasi di essere stato abbandonato in un deserto e di non riuscire ad andare da nessuna parte. E, come dicevo nel primo messaggio, questa cosa mi impedisce anche di capire i miei sentimenti e le mie emozioni, perché parto sconfitto in partenza, per via del blocco.


    Paoletta90


    Soprattutto da qualche anno a questa parte, i confini sono ben netti. Riconosco una mia maggiore autonomia in tante cose, anche nel modo di esprimermi in famiglia per le decisioni da prendere, da condividere, ecc.. Tuttavia, ciò non basta per la specifica questione di questo post, ed è per questo che credo che lasciare la casa sia inutile in questo senso, nel senso che comunque continuerei ad avere una famiglia, che inevitabilmente verrebbe comunque a conoscere le cose salienti della mia esistenza.

    Fermo restando sempre il carattere estremamente soggettivo e precario di questa mia opinione, mi sento di dire, anche basandomi sull'osservazione degli altri (e non solo di quello che provo io), che non sempre la naturale spinta verso certi dettagli, parti del corpo, aspetti dell'altro possa inequivocabilmente indicare un interesse "definito" o "concreto" di un certo tipo. Uno stesso gesto di quel tipo (guardare labbra, ecc., con un certo tipo di sguardo) può, secondo me, voler dire varie cose; considerando anche che spesso certi gesti sono involontari e che le persone possano ritenere non necessario stare sempre all'erta per "controllarli", in qualche modo. Ci sono molte persone che sono inconsapevolmente attratte, anche fisicamente, da altre (manifestando con espressioni corporee questa loro attrazione), ma che, altrettanto "inconsapevolmente", riescono spesso a non andare oltre un certo limite.

    Io credo che è come se ci fosse una matrice di espressioni fisiche comune a diversi tipi di "interesse" diverso. Poi, è chiaro che l'interesse può mutare, può svilupparsi, può crescere, ecc.; semplicemente, non credo sia necessario che ciò avvenga e che determinate espressioni fisiche debbano per forza evolversi in un certo modo.

    Mi rivedo molto nella tua descrizione, anche a me creerebbe disagio doverlo dire ai miei genitori anche se si tratta di un timore stupido se ci pensi bene, dato che alla nostra età la stragrande maggioranza delle persone ha una relazione, famiglia ecc..

    Secondo me come punto di partenza è necessario che ti stacchi dalla tua famiglia, se hai la possibilità vai a vivere da solo. Anch'io ho intenzione di farlo, entro un anno. Imparerai ad avere più sicurezza e potrai gestire questi aspetti con più tranquillità.

    Ed è possibile, sì, che non tu abbia incontrato la persona giusta che ti ha fatto innamorare veramente, è l'innamoramento che sprigiona la forza e il coraggio di un individuo, senza quello non si va da nessuna parte.

    Evelyn, non sei la prima a darmi questo consiglio.

    La possibilità oggettiva non c'è, ma, dopo i consigli di cui ti dicevo, ho riflettuto anche su come una possibilità del genere potesse smuovere determinate cose.

    Posso solo dirti che, a pelle, sento che sarebbe un passo inutile, almeno per questo scopo. Poi, è chiaro, come più o meno dicevo prima, una sicurezza così forte è forse sintomo di qualcosa di diverso che, sotto, fa da matrice sia al blocco legato alle uscite, sia a qualsiasi blocco legato a una maggiore autonomia.

    E' come se, arrivato a un certo punto, la mia mente diventasse preda della confusione più assoluta. E la sensazione è che ci sia qualcosa di più profondo del semplice "cambiamento forte" da attuare.

    Al di là di ogni nostra congettura e riflessione, non credi che ci siano comunque alcuni di quegli elementi da interpretare oggettivamente come significativi di un'intesa particolare? Tutto questo. E a questo si aggiungono quei segnali percepiti come attrazione, magnetismo, ma non so quanto 'alterati' dalle mie belle e piacevoli sensazioni di feeling. Ecco... Spero di essermi spiegata meglio...

    Sicuramente e, infatti, sempre rimanendo sul piano degli "spunti di riflessione", posso solo dirti che credo che la stessa natura umana tenda spontaneamente ad esprimersi anche a livello più fisico in contesti in cui, per portare a termine le attività quotidiane, si riesce ad agire con maggiore carica o creatività (anche magari in virtù delle particolari caratteristiche delle persone che ci affiancano).

    Ritengo, tuttavia, che qualsiasi tipo di gesto "involontario" o "inconsapevole" (anche quelli che hai indicato tu), preso in sé (e, quindi, al di fuori del contesto, che nella fattispecie puoi conoscere solo tu), difficilmente possa avere interpretazioni incontrovertibili.

    La consapevolezza sulla struttura del mio rapporto con mia madre e, in generale, con tutte le figure in qualche modo "autoritarie" è sicuramente cresciuta rispetto al passato, tant'è che ho la convinzione che non ci sia più nulla da sapere. Tuttavia, spesso simili convinzioni sono tanto più forti quanto più illusorie, tramutandosi nel peggiore dei tranelli perché possono costituire una sorta di ennesimo meccanismo di difesa che non consente di vincere certi blocchi.


    E' come se lo sviluppo di una consapevolezza, che tendenzialmente dovrebbe portare a risolvere certe cose, in realtà nel mio caso si sia tramutato nel più astuto o beffardo dei colpi di genio maligni.

    Qualcuno potrebbe semplificare, forse non andando tanto lontano dal vero, dicendo che non ho ancora incontrato nessuna donna così straordinaria da farmi avere il coraggio di buttarmi. Tuttavia, alle volte mi chiedo come sia possibile che avendo avuto a che fare con molti contesti anche diversi tra loro e avendo anche provato determinate emozioni, io sia ancora qui, fermo come quando avevo quindici anni.