Le fluttuazioni dell'ansia

  • Buongiorno a tutti. E soprattutto buona domenica.

    Vorrei introdurre un argomento di discussione e di esperienze con voi: le fluttuazioni dell'ansia. Sono sicuro che emergeranno aspetti interessanti e rassicuranti per molti di noi.

    Parto da una premessa: è circa una settimana che sento maggiormente un ritorno dell'ansia. Strano (ma non troppo, poi spiegherò perché), dato che la settimana precedente non era presente. Non esiste un motivo scatenante. È così, punto e basta.


    Per semplificare, l'ansia in questo momento la sento con un valore 3 o 4/10. Modesta ma presente. La settimana scorsa? Avevo notato fosse 1/10. Uso questo sistema di dare una dimensione al disturbo (imparato dalla psicoterapia).

    In questi tanti anni di convivenza (+25) con la mia ansia aspecifica (un sottofondo sordo di leggeri: irrequietezza, vago senso di smarrimento, stringimento al petto) ho notato la sua ciclicità. L'ansia va a periodi, dove è più presente e altri dove è meno. La psicoterapia e la farmacologia non hanno risolto, ma certamente mi hanno aiutato molto nella coesistenza. Questo dimostra una semplice verità al positivo: noi non siamo tutti i giorni uguali. La vita è dunque un percorso fatto di costanti cambiamenti. Cosa che noi ansiosi vorremmo contrastare, perché ci destabilizza :D


    Il passaggio più importante è emerso con il tempo. Ovvero, alla presenza dei disturbi, mi posiziono con l'assecondarli, ovvero non fasciandomi la testa ma continuando a fare le cose quotidiane, tenendo conto della mia essenza. Ovvero, ho cominciato a considerare il messaggio non come qualcosa proveniente da fuori, ma come parte di me.

    Paradossalmente questa comunicazione con l'ansia ha creato talvolta la condizione che... quando non c'è, quasi quasi mi manca la mia ansia. Una cosa è certa: l'ansia, la mia ansia, mi ha regalato un senso diverso alla vita: mi ha fatto scoprire cosa è la profondità. Mi stimola a dare pienezza alla mia esistenza. Cosa che pensavo fosse di default, oppure riconducibile a falsi miti: viaggiare, lavoro, soldi. Si scopre con l'ansia che è invece la nostra postura, il nostro modo di "stare nel quotidiano" a dare LEGGEREZZA, senso di pienezza. E dunque frangenti di felicità.

  • È vero, l'ansia è ciclica. Quando sono ritornata dalla psicologa e ho raccontato cinque mesi di attacchi d'ansia forti, almeno due alla settimana, mi ha chiesto: "Cosa è successo in quei cinque mesi?" Ho dovuto fare mente locale per alcuni secondi per ricordare e ho ricordato, non subito, ma mi ci è voluto almeno il giorno successivo.


    Mi è successo di tutto, situazioni stressanti tutte insieme a cui non avevo affatto dato peso in quel periodo. E ne ho dedotto che mi sovraccarico di problemi, spesso non miei, e il mio sistema nervoso va in tilt.


    Da quando ho ripreso la psicoterapia ho avuto solo un attacco d'ansia forte l'1/8, che poi ho visto il perché in terapia ed è rientrato. Ora lo so.


    Questa settimana lieve 1/3 e ho visto cosa me lo ha provocato, o meglio l'emozione. In psicoterapia lo analizzerò la prossima settimana.

  • Ciao Pulmino73 , buona domenica!


    L'ho notato anch'io questo andamento ciclico, tanto che, nel periodo della psicoterapia avevo un foglio excel dove segnavo l'andamento :)


    Ho anche notato che dopo il valore massimo di 10/10 del periodo 2019, gli attacchi successivi di ansia calavano sempre più di intensità. Ad oggi non posso più definirla ansia, è più un senso di 'agitazione'...è una sensazione diversa, meno angosciante (per fortuna).

    Negli ultimi anni ho avuto qualche episodio, sempre lieve e di breve durata. E sempre associati a senso di sbandamento o pseudo vertigini, l''unica somatizzazione (delle tante che avevo) che ancora non riesco a controllare del tutto, e che probabilmente mi porterò dietro per sempre.


    Comunque è poca cosa mai invalidante, inoltre ogni episodio mi da la possibilità di crescere in consapevolezza, di capirmi un pò di più...prendiamola come una palestra per allenarsi :)

    Accettare non significa rassegnarsi - Mai giocare a scacchi con un piccione

  • Esattamente così LeggeraMente. Non è proprio ansia, ma "senso di agitazione".

    Questo mi pare permanere, una volta conosciuto il disturbo. Forse come taglio del carattere.


    Forse perché il nostro sentire è più "sensibile, abituato" a monitorarci. Come uno status ordinario del vivere. Lo abbiamo fatto per molto tempo e probabilmente ci viene normale. Almeno credo.

    Il lato positivo in tutto ciò è che abbiamo e stiamo lavorando per migliorarci. Non è mai troppo tardi. Fruire i disagi come trampolini per essere migliori.
    Secondo il mio psicologo c'è comunque una spiegazione: ho avuto traumi da piccolo (mio padre professore faceva abuso di alcol e medicinali, morto precocemente e soprattutto continui litigi con mia madre, per le sue condizioni non sobrie). Traumi di un vissuto infantile di incertezze, discussioni e senso di impotenza.
    Secondo lo psicologo, di approccio psicodinamico, è da questi traumi infantili che sono ricollegabili i miei disagi odierni. In realtà sapere questo - seppur utile - non è che mi sia di grande aiuto nel presente a sciogliere la mia ansia/agitazione e i disagi del presente :D. Certamente è una spiegazione plausibile in termini di imprinting. Ma finisce lì.


    Porto a ritenere invece che questa elaborazione sia utile a scoprire e giustificare me stesso. I miei disturbi. Per i quali mi sono spesso disperato di soffrirne, quasi fossi una dannazione capitata a me.

    Il cambiamento di postura - nel presente - non è dunque automatico, dalla conoscenza del passato. Rileggerlo non mi sembra cambi il presente. Al massimo può dare soddisfazione al quesito: "Perché ho questi disagi?".

    La parte più importante - della missione individuale - credo sia imparare a vivere dentro i disagi e con essi. Cioè considerarli (accettarli?) come parte integrante di noi e della nostra complessità. Un messaggio antico che si fa presente. Non un conflitto contro di noi, come abbiamo considerato o tendiamo a considerare per troppo lungo tempo. L'auto-infliggerci ulteriori sofferenze oltre i fastidi, insicurezze, autocritica, timore di base.

    Questa nuova postura naturale, aperta a tutti i lati del prisma - alla quale dovremmo allenarci - credo ci porterà a vivere meglio la nostra Vita. In pienezza. Semplicità. Ma anche leggerezza!


    Ho fatto un discorso abbastanza lungo. Spero comunque di essermi spiegato.

  • Porto a ritenere invece che questa elaborazione sia utile a scoprire e giustificare me stesso. I miei disturbi. Per i quali mi sono spesso disperato di soffrirne, quasi fossi una dannazione capitata a me.

    La scoperta del 'perchè', è un qualcosa che mi ha aiutato molto. Credevo di essere 'malato', in alcuni momenti di essere 'matto'.

    Scoprire che la causa del mio malessere era esterna (e risalente alla giovane età), mi ha dato un sollievo incredibile. Non ero io sbagliato, era sbagliata la situazione nella quale avevo vissuto. Credo sia stato uno dei momenti più importanti nel percorso di psicoterapia.

    Accettare non significa rassegnarsi - Mai giocare a scacchi con un piccione

    • Nuovo

    Ciao Pulmino, ho letto il tuo messaggio e la cosa che mi ha più colpito è il fatto che dai una votazione del livello di ansia anche quando è bassa. Secondo me questo è sbagliato, perché anche quando non ce l'hai è come se avessi costruito un meccanismo dentro la testa per cui, anche quando stai bene, devi per forza dare un voto al tuo stato d'animo che, anche quando è sereno, invece di godertelo in semplicità, gli dai un voto perché per forza un minimo di ansia deve sempre esserci a prescindere, dando quindi voto 1/10.


    Pensa a quanto bello sarebbe se invece potessi goderti il momento di pace dando voto 0. Fino a che darai il voto, l'ansia sarà sempre presente, perché se in normalità sarebbe voto 0, pensando di dover dare il voto l'ansia si presenta nuovamente.

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