Mostra di PiùLeggeraMente la parte del tuo messaggio che ho citato si è manifestata nel week-end, assieme al controllo.
Premetto: mio padre compirà 76 anni a metà ottobre.
Ieri stavamo parlando del più e del meno. Ad una mia domanda mio padre ha risposto "Ho 76 anni: devi pensare anche a quando io non ci sarò più!".
È una frase vera, probabilmente dettata dal fatto che nessuno di noi ha ancora superato la morte di mia madre, avvenuta nel 2022. Stamattina, invece, quando l'ho sentiton al telefono, abbiamo parlato di regali (per il titolo: da un estremo all'altro). Questo per dire che non è un argomento ossessivo da parte sua.
So che la morte mi fa mortalmente paura: se non si tratta di tanatofobia, poco ci manca.
Dal particolare (la morte) al generale, il passo è breve. Temo gli imprevisti più di ogni altra cosa. I motivi sono sostanzialmente due:
1. Temo di avere un attacco d'ansia: mi comporto come una persona che ha una qualsiasi allergia alimentare non mortale. Se non si è masochisti, quell'alimento non si mangia. Siccome so che certe cose possono causarmi ansia, le evito. Da anni non ho attacchi d'ansia bloccanti, ma il ricordo del malessere è alto.
2. Non posso essere preciso, sia perché non siamo nella sezione privata, sia perché non ho trovato una risposta dentro di me. Ogni tanto vorrei fare esperienze particolari, possibilmente in compagnia di qualcuno. Se qualcuno mi chiedesse quale esperienza mi piacerebbe fare, non saprei rispondere. Il mio cervello non memorizza l'informazione, che passa alla velocità di un fotogramma sullo schermo. Per dargli un nome, chiamiamo l'azione X. Ecco: il pensiero dell'azione X sbatte contro il muro della domanda "Se faccio X, cosa penseranno gli altri di me?".
Per rispondere alla tua domanda
Assolutamente sì. Sono nato in una famiglia con regole molto rigide, sono stato oggetto di bullismo. Questo ha fatto sì che sia a scuola, sia a casa, se facevo un qualsiasi errore venivo ripreso o schernito.
Sul porvi rimedio, so cosa mi ci vorrebbe a livello pratico: io lo chiamo uno sparring-partner. Una persona più o meno mia coetanea, più spigliata di me, ovviamente amica, che capisse queste mie difficoltà e che mi aiutasse a sbloccarmi.
Forse esagero, ma sarebbe meglio di qualsiasi psicologo. Le sedute hanno il difetto di essere - in questo senso - piuttosto teoriche: io ho bisogno dell'esperienza pratica e della compagnia di qualcuno. Potrei parlarne per anni con lo psicologo, ma poi sarei io a dover agire. Non è solo una questione di coraggio: cosa fare e con chi farlo è un altro problema, molto più pratico e meno psicologico.
Un'ultima cosa, LeggeraMente: qualsiasi cosa penserai, ti devo ringraziare. Erano cose che volevo esprimere. Forse ce l'avrei fatta anche aprendo una discussione, ma la tua domanda mi ha reso il tutto più semplice.
Prego!
Leggendo questo tuo ultimo messaggio, ho avuto una sensazione, e cioè che dentro di te ci sia il tuo vero io, che scalpita per avere il proprio spazio. Cioè quella parte di te stesso che avrebbe voglia di uscire, anche di fare un pò di 'casino' (in senso buono), insomma di vivere mollando un pò il freno.
Freno che invece è ben tirato a causa delle tue esperienze da bambino e adolescente.
Anche il tuo desiderio di avere un amico più spigliato che ti possa aiutare a sbloccarti, forse è perchè, se prendessi direttamente tu l'iniziativa di lasciarti un pò andare, avresti una responsabilità che invece deleghi a qualcun altro.
Magari sbaglio ma tu hai già un amico così...è dentro di te, il problema è come aiutarlo ad uscire.
Queste sono solo mie sensazioni che ho provato leggendoti, quindi prendile per quello che sono, magari sto sbagliando tutto