Però, Gloria, il novantenne pieno di patologie non fa molta statistica: può morire di listeriosi (che in un corpo mediamente sano avrebbe provocato solo un mal di pancia), come di un qualsiasi virus influenzale.
Sì, vero. Poi, a titolo solo personale, a me accade che ogni giorno porto a mia madre - ultranovantenne, appunto, e non afflitta da un "pieno di patologie" - gli stessi due pasti principali che preparo anche per me.
Sinceramente e davvero senza nessuna polemica, giuro, mi ha sempre fatto ribrezzo la sufficienza con cui alcuni riuscivano a dire, anche sotto pandemia: "E sì, vabbè... ma il vero rischio è per i fragili e per i vecchi".
Lungi da me rievocare quegli scenari, e mi limito a dire che non li ho mai condivisi.
A questo punto, riprendo la scherzosità seria di molti già intervenuti, e allora invocherei anch'io una etichettatura del tipo "Questo cibo (insaccati, salmone, carni cotte e vendute fredde e affettate anche a giorni di distanza dalla loro cottura) può contenere batteri dannosi alla salute di persone immunodepresse", ma a caratteri cubitali come sui pacchetti di sigarette.
E questo, comunque, non risolverebbe affatto il problema, mentre quasi certamente comporterebbe il crollo delle vendite di prodotti che hanno la loro grande dignità, e che si possono beatamente consumare con quelle piccole cautele che pongono al riparo da ogni rischio.
E (importante) non risolverebbe il problema perché - particolarmente se parliamo della listeria - oltre a potersi trovare per natura in alcuni alimenti come il salmone affumicato, può poi trovarsi teoricamente, data la sua diffusione in natura, in qualunque cibo che sia stato conservato in condizioni igienicamente carenti o inadeguate, tanto da chi ce lo vende ai banchi gastronomia quanto da noi, in casa nostra!
Io ancora mi indigno per il "caso botulino" di una zuppa di verdure per la quale morì mesi fa una signora anzianetta, e fu ripresa per i capelli la figlia adulta che di quella zuppa aveva assaggiato solo un cucchiaio, grazie alla perspicacia della dottoressa che l'ebbe in cura all'ospedale.
Quelle zuppe avevano un successone, perché erano comodissime, e bastava passarle per pochissimi minuti al microonde, nel loro contenitore, per avere un pasto che era gradevole e teoricamente salutare per milioni di persone ogni giorno, compresi salutisti che se lo portavano sul posto di lavoro.
Quel caso accertato di botulismo ha comportato una rapidissima nuova normativa di Stato che ne ha letteralmente stravolto il mercato, perché sulle confezioni sono state inserite le precauzioni di legge (scaturite in tutta fretta da quel caso) secondo le quali le zuppe DEVONO essere consumate previo travaso in pentola e bollitura per almeno 5 minuti!
Mai più acquistate da allora, ma penso con orrore a quale "marmellata di zuppa" si ottenga dopo 5 minuti di ri-bollitura, e a come il prodotto sia diventato del tutto disfunzionale a chi lo acquistava per portarlo al lavoro, contando sul solo microonde dell'ufficio, e che certamente non ha né il tempo, né l'attrezzatura, né la fantasia di mettersi a spentolare in ufficio! (E infatti: prima andavano a ruba, mentre oggi sono in perenne "offerta", ma restano quasi tutte lì!)
Parlando seriamente: il botulino è botulino per tutti!
E sarà mai possibile che, in una serie di lotti del prodotto, il botulino si sia materializzato in una sola confezione?
O non sarà invece che la povera signora ne abbia consumato quella porzione di due che (se ben ricordo) le era avanzata da giorni prima, magari "arricchendola" con qualche preparazione domestica e malfatta, che in tante regioni italiane potrebbe essere anche il peperoncino sott'olio fatto "alla buona"?