Non mi sento realizzato

  • È una storia molto lunga e dettagliata, quindi vi dico da subito in sintesi il problema: non riesco a trovare un ruolo adatto a me. Per alcuni ruoli ormai mi rendo conto di essere troppo grande e che quindi mi stia troppo stretto, mentre per altri non mi sento troppo giovane, ma che mi stiano troppo larghi. Non c’è una via di mezzo. Mi sento in un limbo, come se vivessi una seconda adolescenza.


    Lavoro da due anni e guadagno bene, faccio teatro e sono anche iscritto all’università, e faccio ogni tanto altre attività. Eppure ho la sensazione che tutto questo ancora non basti e mi sento come se avessi ancora un vuoto da colmare, perché sennò la mia mente si riempie di paranoie assurde. Non riesco a vedere un futuro perché in molte situazioni mi sembra che quello che ho o non produca abbastanza o non produca più niente perché ormai ha fatto il suo tempo.

    La situazione che vedo è questa.


    La casa al mare dove vado da sempre e a cui sono affezionatissimo non mi dà le emozioni che mi ha dato per tanti anni e l'estate, che dovrebbe essere per me una stagione fantastica, negli ultimi 5-6 anni, l'inizio di giugno lo sento in salita, mentre agosto lo vedo come se tutto fosse in discesa, quando invece dovrebbe essere il contrario. In quest'ultima estate volevo godermi la vacanza pensando a tutte le belle esperienze che avevo fatto negli ultimi mesi (teatro con un bel gruppo che mi è piaciuto tantissimo; gli amici di circolo di volontariato; il gruppo del corso di scrittura che faccio in via telematica) eppure non ho pensato a niente di tutto questo. Mi sembrava che tutto quello che avessi fatto finora non fosse servito a niente e ho avuto la mente concentrata su paranoie assurde, banali e futili. Da lì ho cominciato a dirmi che non mi sentivo realizzato.


    In famiglia sono in buoni rapporti con i miei genitori, ma non sento più lo stesso rapporto di complicità di una volta, ma questo penso sia normale essendo ormai cresciuto. A volte non mi piace quello che fanno, dicono o pensano e ho la sensazione di essere bastian contrario o che certe tesi che io voglio portare avanti loro invece non le vogliano più seguire. Idem con mia zia (la sorella di mia madre) con cui ho un ottimo rapporto, ma anche con lei i rapporti si sono un po’ ridimensionati e a volte ha degli atteggiamenti che io comincio a sopportare di meno. Ciò non vuol dire che io non le voglia bene.


    Nel mettere su famiglia o di cercarmi una casa non ne sono entusiasta. Non tanto per paura, ma perché nel trovare casa la voglia e l’entusiasmo non mi vengono in modo spontaneo, oltre al fatto che ho traslocato tre anni fa dopo l’ultima ondata di pandemia del Covid in un periodo molto travagliato, che ancora mi fa un po’ male. Nell’avere figli ho tanto, troppo pessimismo. Desidero sì averli, ma non ho lo stesso ottimismo ed entusiasmo che avevo fino a qualche anno fa. Provo insofferenza a tutto: all’ecografia, alla sala parto, il periodo post parto e tutto lo stress che si prova appena si diventa genitori. Per non parlare poi degli altri che ti fanno i complimenti e che ti dicono “Che tenero bambino!” e mi viene da pensare, in modo piuttosto irritato, “Che frase sdolcinata!”.

    Lo so che sembrano discorsi di una persona superficiale e immatura, ma mi dovete credere, anni fa io non avrei mai pensato queste cose. Solo che ho assorbito una visione pessimistica. Anche con il fidanzamento ne ho una visione negativa, oltre al fatto che non ho mai avuto una ragazza e non ho nessuna progettualità. Il ruolo fidanzato e marito mi sta troppo largo, oltre al fatto che per la poca autostima che ho penso di non averne la stoffa.


    Molti miei amici e colleghi in questi mesi si sono fidanzati, sposati, sono diventati, o stanno per diventare, genitori, mentre io sto qui o a rimestare perché a me non è ancora accaduto o a cercare successo in campo artistico. Sembra strano, ma un successo artistico (uno spettacolo, una mostra, la pubblicazione di uno scritto) mi dà più soddisfazione di un successo in vita sentimentale.


    In teatro le cose vanno bene, ma ho paura che tutto finisca perché il teatro che frequento l’ho trovato un po’ per caso e ci sono andato dopo aver finito una scuola di teatro a cui tenevo molto. Dopo la fine del secondo anno ho avuto il vuoto, oltre che alla perdita di un gruppo a cui ero molto affezionato. Mi sono iscritto lì per non restare fuori dal ramo, ma un altro posto oltre a quello non riesco a trovarlo. Il posto mi piace e mi ha regalato (e continuerà a farlo) tante bellissime esperienze e le attività che si fanno sono belle, ma allo stesso tempo voglio dare anche lì una svolta. È vero che non ho mai fatto provini e questo è criticabile e discutibile, ma mi sto rendendo conto che non riesco a stare giorni e giorni ad aspettare che il telefono squilli in attesa di un provino sapendo che ho poche speranze di essere preso. Mi piace fare teatro per passione, però fatto seriamente. La svolta che voglio dare è quella di riportare in scena qualche mio scritto (l'ho già fatto qualche anno fa). Il teatro potrebbe concedermi lo spazio per metterlo in scena e ci avrei anche gli attori (i miei compagni di laboratorio), però non ho molta fiducia in me e non penso di avere il carisma per convincerli.


    Infine, per quanto riguarda l’università, anche lì ho dei dubbi. Sono contento di essermi iscritto; inoltre, con il lavoro che faccio riesco a pagarmi da solo le tasse universitarie e le materie di studio mi piacciono molto. Solo che a volte faccio fatica a studiare perché torno a casa stanco dal lavoro e quindi devo dare gli esami un po' a rilento. In certi momenti ho la sensazione che il ruolo di studente mi stia stretto e mi vengono i dubbi se ho fatto la scelta giusta.


    Scusate la lunghezza, ma la lista è lunga e ho cercato di sintetizzare il più possibile perché ci sarebbero molte altre cose. Per ulteriori approfondimenti vi dirò tutto nelle risposte se ce ne sarà bisogno. Grazie in anticipo a tutti.

  • Ciao!

    Credo di aver compreso cosa provi, anch'io ho la sensazione di non sentirmi realizzata e di aver raggiunto uno steady state dal quale non riesco a sbloccarmi, né in positivo né in negativo.

    Posso chiederti quanti anni hai?

  • Lavoro da due anni e guadagno bene, faccio teatro e sono anche iscritto all’università, e faccio ogni tanto altre attività. Eppure ho la sensazione che tutto questo ancora non basti e mi sento come se avessi ancora un vuoto da colmare, perché sennò la mia mente si riempie di paranoie assurde. Non riesco a vedere un futuro perché in molte situazioni mi sembra che quello che ho o non produca abbastanza o non produca più niente perché ormai ha fatto il suo tempo.

    La situazione che vedo è questa.

    Cito questa frase perché volevo approfondire questo dettaglio. Ho fatto un po' di riflessioni al riguardo e ho la netta sensazione che, ora che siamo arrivati al 2025 e quindi a metà di questo decennio, almeno per me, sia scarso e poco producibile.


    Io ho vissuto dagli anni '90 agli anni 2010 (almeno fino al 2017, poi dal 2018 due anni prima della pandemia di Covid) tante esperienze, grandi o piccole, e quando una ne finiva ne iniziava un'altra. Della serie "morto un papa se ne fa un altro". Adesso quando muore un papa non si fa più niente o si fa poco o ci si accontenta del poco che è rimasto.

    Faccio un esempio che sembra banale, ma che ha una sua importanza: i bar. Quando ero bambino o adolescente andavo, sia per abitudine o un po' per caso, con amici e familiari in tanti bar che erano vicino casa, intorno al quartiere, dall'altra parte della città o addirittura in collina. Adesso niente: o si va nel primo che capita o i miei genitori vanno in quelli vicino casa.


    La stessa cosa dico per quando facevamo la festa di Natale: invitavamo a casa nostra persone di ogni gruppo, lingua, nazionalità, età. Adesso, dal 2019, la festa non la facciamo più (un po' anche per la pandemia) e nella casa dove abitiamo non c'è abbastanza spazio e alcune di quelle persone che ci venivano non le frequentiamo più. Un po' perché hanno preso strade diverse o perché magari capita meno spesso di vederci e qui lo potrei anche capire, però mi fa rabbia che io, che sono cresciuto in questo ambiente "multinazionale" (sono figlio di padre straniero e madre italiana), adesso tra amicizie mie e quelle dei miei familiari abbia amicizie quasi interamente italiane.


    Un'altra cosa che mi delude è che non sento più la fiducia, la gioia e la spensieratezza di un tempo. Provo una sensazione di vuoto e scarsezza da una parte e di pessimismo dall'altra. Quando sono in famiglia (tra amici almeno per ora no) ho la sensazione che si tenda a recensire troppo e a dare importanza anche alle cose più banali che, se tornassi indietro di 10 anni, erano l'ultimo, ma proprio l'ultimo dei pensieri, o erano addirittura impensabili.

    Al giorno d'oggi sento che ci sia troppa intolleranza.


    Quello che voglio dire non è un classico discorso da nostalgici perché anche negli altri decenni ho vissuto momenti bui, ma poi ne sono uscito e si sono aperte nuove parentesi. Quello che ritengo sbagliato è che oggi ci sia solo quello: quel poco che è rimasto e quel poco di nuovo che si riesce a produrre adesso.

  • A me sembra che il tuo sia un disagio fisiologico legato all'età che vivi e al momento di passaggio all'età adulta che caratterizza il lustro intorno ai 30. I cambiamenti che descrivi sono cambiamenti di percezione prima ancora che reali; intendo dire che non è tanto, o non solo, il mondo intorno a te a cambiare, ma la percezione che hai di esso. Ed è tutto normale; è l'urgenza (giusta) di vivere che ti mette addosso questo malessere.

    Cosa puoi fare? Vivere... fare le tue mosse, cercare la tua strada e, una volta che l'hai trovata, seguirla fino in fondo.

  • Ti capisco; anche io ho avuto una profonda crisi con l'avvento dei 30 anni... Come dice Ipposam, penso sia normale, forse addirittura auspicabile, mettere in discussione il passato e costruire il futuro in linea con le persone che siamo diventate. Ovviamente, questa persona va scoperta e interrogata sui suoi desideri e aspettative. Anche la malinconia per un passato ormai andato penso sia un sentimento molto normale... Sei in un momento di passaggio; non abbatterti; le gioie di cui parli nel tuo messaggio le ritroverai anche in futuro, solo in forma diversa.

  • I cambiamenti che descrivi sono cambiamenti di percezione prima ancora che reali; intendo dire che non è tanto, o non solo, il mondo intorno a te a cambiare, ma la percezione che hai di esso. Ed è tutto normale; è l'urgenza (giusta) di vivere che ti mette addosso questo malessere.

    Sì, il tutto è cominciato con l'assorbimento di una percezione negativa che poi mi ha portato ad avere una visione pessimistica di molte cose che invece dovrebbero essere una gioia. Ci credo molto meno rispetto a una volta.

    Ieri sera, per esempio, mi sono visto con un gruppo di amici con cui non mi vedo molto spesso e si è parlato inevitabilmente di matrimoni perché uno di loro si è appena sposato e un altro sta per sposarsi. Io mi sono sentito il meno realizzato del gruppo, visto il mio curriculum di vita sentimentale imbarazzante, e anche un po' fuorigioco, visto che si è parlato di alcuni argomenti in cui non riuscivo a toccare palla.

    Mi sono sentito frustrato per non essermi espresso al meglio e non preso abbastanza in considerazione.

    Io ho una visione pessimistica di molte cose: un po' dell'amicizia, ma soprattutto dell'amore. Sono profondamente incavolato perché agli altri succede e a me no e lo percepisco come un traguardo inaccessibile per me (sebbene io mi senta, sotto sotto, felicemente single e questo mi sembra una logica quasi paradossale) e anche come una sorta di abbandono e di voltafaccia da parte degli altri. So che è brutto dirlo, ma io sento questo dentro di me.

  • Lo so che sembrano discorsi di una persona superficiale e immatura, ma mi dovete credere, anni fa io non avrei mai pensato queste cose.

    Io direi il contrario, che sono discorsi di una mente matura e che ha un approccio più concreto sulle cose.


    Siamo più o meno coetanei e ti capisco benissimo. Anch'io rispetto al passato mi sento molto meno disillusa e credo che sia normale.


    Da giovani abbiamo pochi elementi psicologici e poche esperienze a cui rifarci per approcciarci alla vita. Nei rapporti ci facciamo andare bene un po' tutti perché siamo come delle spugne, ci imbeviamo di tutto ciò che ci circonda, siamo curiosi e nutriamo un forte desiderio di conoscerci anche attraverso il prossimo. Con l'età le cose cambiano, perché comprendiamo il valore del tempo, abbiamo già maturato delle esperienze che ci hanno meglio fatto capire chi siamo e di cosa abbiamo bisogno, e tanto per iniziare non riusciamo più ad andare d'accordo con tutti, ma solo con chi ci è effettivamente più affine. Forse diventiamo più selettivi, magari abbiamo sofferto più del dovuto. Le motivazioni sono tante. Emil Cioran scriveva che "più facciamo progressi interiori, più diminuisce il numero di coloro con cui possiamo realmente comunicare". Devo dire che mi trovo molto d'accordo su questa frase. Non che non possiamo effettivamente parlare con nessuno, anzi, io stessa in gruppo parlo con chiunque, ma un conto è parlare, un altro è aprire il proprio mondo interiore.


    Negli anni ho tagliato fuori molte persone dalla mia vita, tra amicizie che non potevano essere definite tali (a 15 anni definiremmo "amico" anche uno conosciuto il giorno prima) e parenti per delle dinamiche che non sto nemmeno qui a raccontare.


    Lo stesso succede con i rapporti di coppia, se non abbiamo accanto una persona con cui davvero sentirci liberi e a nostro agio, allora forse non si tratta nemmeno di un rapporto di coppia. E praticamente tutte le coppie che conosco hanno un non so che di disfunzionale, tra chi è geloso marcio, chi impone la sua visione, chi dice all'altro cosa deve fare, chi deve controllare ogni aspetto della vita del partner, chi non sopporta amici e parenti dell'altro, chi è costretto ad adeguarsi e indossare una maschera, salvo poi "scoppiare" quando non è nei radar del partner. Risultato: sono coppie che non avrebbero nemmeno motivo di stare in piedi. Il matrimonio per fortuna è sempre più raro, ma quasi tutti i miei amici o cugini che si sono poi sposati hanno finito col divorziare. Dal mio punto di vista è un investimento di tempo e denaro inutile, ma proprio perché molto spesso questi passi vengono fatti senza alcun criterio logico e quando le red flag cosiddette erano già belle che evidenti. E poi c'è la scappatoia facile, il divorzio, e spesso non c'è nemmeno una vera e propria volontà di venirsi incontro e sistemare le cose.


    Se la via adulta deve essere necessariamente uniformarsi a certi schemi per essere più socialmente accettati, io passerei. Se deve esserci una discrepanza tra certi traguardi e lo stato d'animo che ne deriva, ha più senso aspettare e fare questi passi se e quando ce ne sarà davvero modo.


    Credo che l'essere umano di base conservi sempre quel pizzico di insoddisfazione anche quando riesce a realizzarsi in taluni aspetti della vita. Una volta raggiunto un traguardo è già alle prese con qualcos'altro che lo fa sentire inadeguato, ma quel senso di inadeguatezza per me viene dal costante confronto col mondo esterno, che non sempre rispecchia i nostri tempi e i nostri reali bisogni.

  • Se la via adulta deve essere necessariamente uniformarsi a certi schemi per essere più socialmente accettati, io passerei. Se deve esserci una discrepanza tra certi traguardi e lo stato d'animo che ne deriva, ha più senso aspettare e fare questi passi se e quando ce ne sarà davvero modo.


    Credo che l'essere umano di base conservi sempre quel pizzico di insoddisfazione anche quando riesce a realizzarsi in taluni aspetti della vita. Una volta raggiunto un traguardo è già alle prese con qualcos'altro che lo fa sentire inadeguato, ma quel senso di inadeguatezza per me viene dal costante confronto col mondo esterno, che non sempre rispecchia i nostri tempi e i nostri reali bisogni.

    Sottoscrivo.

    Anche a me sembra di vedere attorno molte coppie disfunzionali, tanto che spesso mi chiedo come possano essere scesi a certi compromessi, io non lo farei mai... evidentemente la paura di restare soli e la conseguente cattiva considerazione sociale sono considerate bestia nera molto più di una relazione poco soddisfacente.

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