Se ti riferisci a chi avrebbe il ruolo di dare un consiglio, per me la convenienza starebbe (sta) proprio nel dare il consiglio più efficace e logico per tutti i coinvolti, e qui per come la vedo io sarebbe questo di dire la verità.
Non vedrei convenienza personale nel consigliare a qualcuno, in una vicenda in cui tra l'altro io non c'entro, di non dire niente e continuare a vivere nella menzogna - a maggior ragione se la persona già sta male e ha sensi di colpa, ma pure se stesse bene.
Il consiglio più logico di tutti in questi casi è "mollare l'osso", ovvero lasciare la persona tradita e confessare. Oppure confessare, ben sapendo che una delle più probabili conseguenze è l'interruzione del rapporto. Poi magari va a finire in altro modo.
E' che c'è un problema di "attaccamento" per cui la soluzione di "lasciare" è considerata dalla persona che tradisce come "impossibile". Ovviamente sappiamo tutti che non è così, ma dal punto di vista di chi vive l'attaccamento la sensazione è solida.
Il fatto è che in questo modo la persona tradita lo è un po' due volte.
Ho la stessa identica situazione con un mio amico; però penso che probabilmente lo tradisca anche lei, solo che a me lo viene a dire solamente lui visto che lei non è mia amica. In questi casi è meglio non prendere una posizione altrimenti si rischia di perdere un amico, passare per infame a cui non si può raccontare nulla e in più far soffrire per avergli dato una brutta notizia che potrebbe prendere assai male.
Confessare un tradimento altrui è _in parte_ una azione infame, se (SE) questa confessione scavalca il diritto alla riservatezza che c'è normalmente tra amici.
Se lo vieni a sapere e quello che lo fa non è un tuo amico: è diverso. Passi per ficcanaso, ma in certi termini l'avvertire la persona tradita ci sta.
La cosa brutta però, visto che sono una persona sincera, sono i sensi di colpa quando mi invitano e parlo con lei, mi sento come se la tradissi anche io, è una sensazione bruttissima, soprattutto quando ti affezioni alla vittima.
Ho la stessa sensazione anche io.
Tendo a restare ai margini della discussione, qualunque essa sia. Partecipo poco. Sono in stress come se avessi tradito io.
Provo empatia (o qualcosa del genere, suppongo) verso il traditore quando dico che ritengo che continuare a vivere nella menzogna sarebbe peggio che dire la verità, con tutti i rischi che ciò comporterebbe, perché penso che vivere con i sensi di colpa sia una tortura. Stessa cosa ovviamente per il tradito, che avrebbe meno vantaggi ad evitarsi il dolore ma rimanendo in una relazione finta, o quantomeno in una dove non ha autentica capacità decisionale.
La stessa empatia che provavo io e che si è "raffreddata" quando ho capito che non è un sentimento così "puro" a spingere questa persona nel restare nella relazione.
Dopo aver capito che è più una questione opportunistica ho iniziato ad empatizzare con la persona tradita.
Ho un codice morale che non ammette tradimenti in alcun caso, ma tale codice sono innanzitutto tenuta a seguirlo io, poi chi sta con me.
Con tutti gli altri, poiché non ho la pretesa di conoscere sempre tutto, a seconda dei contesti posso essere di maglie più larghe.
Il tradimento è sempre una scelta sbagliata, ma in alcuni casi è la più "conveniente".
I casi in cui ha senso avere le maniche larghe sono quelli estremi. Ne ho visti anche di quelli.